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Istanbul food, cosa assaggiare a Istanbul… Il cibo è protagonista tra le strade della capitale turca

Come era da immaginare, inizio a documentare il mio viaggio in Turchia dal punto di vista gastronomico: cosa assaggiare a Istanbul.

Cosa assaggiare a Istanbul?

Qui potrete mangiare a qualsiasi ora, il cibo da strada è diffusissimo anche con proposte davvero interessanti.

Occorre dire che nella parte europea si trovano in linea di massima (vedremo che non è sempre così) proposte più turistiche, l’immancabile kebab la fa da padrone. È dal lato asiatico del Bosforo, all’apparenza più moderno e all’avanguardia, che abbiamo assaggiato piatti più particolari ed esotici.

La colazione

Quella turca tradizionale è un connubio di piatti salati e dolci, proposti assieme: al commensale la scelta da quale iniziare.

La nostra colazione tradizionale è stata al Moda Van Kahvalti con questo vassoio (era per una persona) dove si trovavano pomodori e cetrioli, formaggi tipici, olive, crema di sesamo e di nocciole, yogurt, miele e diversi tipi di pane. Con il miele viene servito il kaymak, prodotto caseario simile al burro o alla clotted cream inglese, con grassi al 60% e letteralmente delizioso con i cibi molto dolci. Viene spesso accompagnato alla baklava o al kunefe… per dire…

Assieme a questa ricca proposta abbiamo scelto di assaggiare altri due piatti tipici da colazione, il menemen, da raccogliere direttamente dal pentolino con il pane e preparato con uova, cipolla, peperoni e pomodori e talvolta con l’aggiunta di un salume turco, e il kuymak anche detto muhlama, preparato con formaggio, farina di mais e burro.

Il cibo da strada

Se attraversate il Bosforo vi capiterà di certo di incappare al molo dei traghetti in questi venditori di simit: sono ciambelle coperte di sesamo, croccanti fuori e soffici all’interno, che vengono vendute in appositi banchetti ambulanti, assieme ad altri prodotti da forno.

Parlando di street food non si possono non menzionare i venditori di caldarroste, che le aprono ad una ad una rendendole infinitamente allettanti;

i venditori di panini con il pesce, il balik ekmek, farcito sul momento con un filetto di orata o branzino alla piastra, insalata e cipolla;

i venditori di frittelle, dette lokmada, letteralmente “bocconcino”, leggerissime e immerse in miele e pistacchi;

i venditori di cozze, che non sono crude come possono sembrare: sono polpettine di cozza e riso poste sul guscio e vendute anche singole, come cibo da passeggio.

Se fa caldo sarà facile rinfrescarsi con una soda, semplice acqua frizzante, ma che ha la sua versione aromatizzata in quella al limone e che si acquista in queste bottigliette di vetro.

Se fa freddo meglio puntare sulla boza, bevanda diffusa anche in Kazakistan, Bulgaria, Albania, Romania, Montenegro e paesi vicini. Quella turca è a base di grano fermentato ed è più dolce e densa, mentre quella bulgara e albanese è più diluita.
La percentuale alcoolica è solo dell’1%, quindi è consentita anche ai musulmani. È però incredibilmente energetica, perciò veniva fornita ai soldati per riscaldarli e rinforzarli.
Noi l’abbiamo assaggiata in un locale tipicissimo vicino alla Moschea di Solimano.

Lo street food più estremo? Teste di capra arrostite e con il cranio opportunamente aperto per gustarne il cervelletto…

A tal proposito ci sono mercati in cui è facile che il cibo cucinato sia vicino a quello esposto: ad esempio noi ci siamo trovati nel mercato nella zona della torre di Galata e tra i pesci in vendita crudi si diffondeva anche il profumo di quello fritto o arrostito. Così come la frutta, venduta intera o in frullato o su stecco.

Pide, parente della pizza

Veniamo alle pide: simili alla nostra pizza, ma l’impasto è molto sottile. La versione più famosa è il lahmacun, una pide farcita di carne trita, di solito di agnello ma anche di manzo, a cui vengono aggiunti noci e prezzemolo o a volte coriandolo.

Altre pide di rilievo sono quelle al formaggio, qualcosa di molto simile al kachapuri georgiano per la forma a occhio e per la consistenza del ripieno.

Poi ci sono quelle arrotolate: la carne tritata qui si trova all’interno.

La carne, non solo kebab

Avrete capito che la carne arrostita è il piatto forte turco: spesso si tratta di una carne tritata, poi ricomposta su lunghi spieghi che vengono messi sulle braci. Questo garantisce una cottura uniforme, fondamentale nei paesi dal clima caldo, ma anche la possibilità di condirla perfettamente prima della cottura. Sono pietanze estremamente saporite, ricche di aromi e spezie, ben salate e pepate. Vengono accompagnate, nelle infinite declinazioni, simili eppure diverse, da verdure fresche e ricche di acqua, lattuga, cetrioli e pomodori; altre volte l’accompagnamento è riso pilaf, bianco ma gustoso grazie al metodo di cottura, oppure grano.

Anche in questo caso c’è la versione dentro una crosta di pane arrotolata, completata da semini e noci.

In tavola viene portata anche una focaccia bassa e poco saporita, proprio adatta a essere accostata alla carne così gustosa. In una specialità la carne arrostita viene posta su una base di questa focaccia tagliata a pezzettini e bagnata nello yogurt.

Zuppe

Onnipresenti sono le zuppe di lenticchie rosse, passate, ridotte in una crema poco densa, arricchite da pomodoro.

Un’altra zuppa in cui siamo incappati è di carne di pecora, molto untuosa e saporita, completata da abbondantissimo succo d’aglio.

Dulcis in fundo

Per digerire tutto ciò, ma anche per rinfrescare il palato dalle tante specie, per dissetare e reintegrare sali minerali è uso abituale consumare dell’ayran al pasto: si tratta di una bevanda a base di yogurt della quale vi avevo già parlato qui.

I dolci sono tanti anche se hanno tutti qualcosa in comune, l’uso del miele e dello sciroppo per irrorarli e renderli davvero dolcissimi e l’utilizzo di paste sottili, come la fillo o la kataifi.

Vi nominiamo la baklava, conosciutissima che viene farcita con il pistacchio o la noce e il kunefe, meno noto ma a mio parere ancora più buono. Si tratta di uno strato di pasta kataifi condita con burro fuso e miele o sciroppo, uno strato di formaggio di capra e un altro di pasta kataifi. Il tutto viene messo in forno e servito caldo, a volte accompagnato, come la baklava, da kaymak.

Una sorpresa invece è l’abitudine di servire a fine pasto la frutta candita, che talvolta è verdura candita: piccole zucche o melanzane o altre verdure in minuatura, sottoposte a canditura e poi portate in tavola, ormai prive del colore e sapore iriginario, ma sicuramente bizzarre.

Il caffé turco è molto forte e denso: un rituale lento che prevede che il fondo si depositi lentamente nella tazzina.

Così il chai, té molto carico, servito nei bicchierini tradizionali e lentamente sorseggiato più volte al giorno.

 

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