ai fornelli, ricette tradizionali

Tartiflette, e il calendario “La France à table”

Il nuovo anno comincia alla grande.
Lo scorso gennaio iniziavo timidamente ad usare questa reflex di seconda mano, con poche nozioni di base e, devo dire, una certa diffidenza… i primi scatti e poi 

P { margin-bottom: 0.21cm; }«no, no, no…non mi piace affatto

P { margin-bottom: 0.21cm; }» e il consueto rifiuto che le novità provocano in me, abitudinario segno di terra, con le radici ben affondate nel solido terreno, anche se il vento mi agita i capelli.

Eccoci ad oggi. 
La diffidenza si è trasformata in amore per questo strumento con cui amo giocare. Certo la strada è ancora lunga, inizio solo ora a prendere confidenza con la luce, quella del mio cortile, quella che entra in cucina verso l’ora di pranzo.
Questo è il primo frutto di questo percorso, ed insieme è un’idea per passare insieme tutto l’anno.
http://issuu.com/ricettedicultura/docs/la_france_a___table_-_calendario_20
P { margin-bottom: 0.21cm; }

Per
ogni mese troverete un piatto della cucina tradizionale francese
, cucinato e talvolta rielaborato da me, con una
piccola curiosità sulla sua storia; la ricetta invece sarà sul blog ogni 1° del mese.
Se
vorrete seguirmi nell’avventura, mi piacerebbe se provaste a
reinterpretare il piatto del mese, a modo vostro, tutte le volte che la
ricetta vi ispirerà
. Se l’avete già cucinato in passato segnalatemi nei commenti la vostra versione…così potrò creare per ogni ricetta una
personalissima raccolta di versioni diverse.
Eccoci alla ricetta del mese di gennaio.

Perdonatemi se dopo i bagordi di Natale e Capodanno non pubblico un piatto detox. D’altronde siamo a gennaio, fuori fa freddo, ed è il momento giusto per i caldi piatti della cucina di montagna.

La tartiflette è un piatto nato negli anni ’80, messo a punto dal Syndicat Interprofessionnel du Reblochon, per promuoverne la vendita e l’utilizzo. I francesi dell’Alta Savoia probabilmente non l’avevano mai mangiata prima e se la sono trovata davanti, riproposta in tutti i ristoranti d’alta quota, posti ai limiti delle piste da sci.

Il Reblochon, per contro, è un formaggio molto antico; pare sia stato prodotto in Alta Savoia, in particolare nella zona del massiccio dell’Aravis, già dal XIII secolo, e la storia racconta che la sua “invenzione” sia legata ad una furberia degli allevatori.
Essi dovevano pagare un affitto, per gli alpeggi che occupavano, che era calcolato proporzionalmente in base al latte prodotto. Il giorno in cui era stabilita la misurazione delle “quote latte” essi mungevano un po’ di meno le proprie mucche, per ingannare il proprietario sulla quantità di latte che potevano produrre. Quando i proprietari, concluse le misurazioni, si allontanavano, gli allevatori effettuavano una seconda mungitura, anticamente detta il re-blochait: con questo latte producevano questo formaggio.
Nel 1958 il Reblochon ottiene la AOC, oggi trasformata in AOP, appelation d’origine protegée.
Si tratta di un formaggio a latte crudo, con una pasta morbida color avorio e una crosta dalle sfumature giallino-arancio. Ha un odore molto intenso, come molti formaggi di questa tipologia.
Ne esistono due qualità: il Reblochon latier, prodotto da più partite di latte, e il Reblochon fermier,  più pregiato, perchè prodotto dal latte di una sola fattoria. Inoltre il Reblochon può essere prodotto solo dal latte di alcune razze bovine: Abbondanza, Tarina e Montbéliarde.
Nella stagione dell’anno in cui le vacche sono in alpeggio e si nutrono di erbe, il sapore del Reblochon prodotto è arricchito dagli aromi dei fiori di montagna e dell’erba fresca e grassa dell’estate.
Come spunto per l’elaborazione della tartiflette, dal nome  patois della patata, la tartiflà, è stata scelta un’antica ricetta tradizionale, la pelà: si trattava di patate tagliate a grossi cubi, di solito senza togliere la buccia, e rosolate in padella con cipolla e pancetta, ricoperte poi da Reblochon e fatte cuocere a lungo finchè il formaggio non era sciolto e dorato e il cuore delle patate ben cotto. La preparazione prende il nome dalla padella in cui veniva cotta, la pelà, appunto, una grossa padella con un lungo manico.
Nella tartiflette troviamo gli stessi ingredienti, ma le patate sono prima lessate in acqua, poi sbucciate e tagliate a rondelle. Vengono alternate a strati di cipolla e pancetta e ricoperte infine da uno strato di Reblochon, che in forno andrà a sciogliersi, mentre gli strati si fonderanno ed insaporiranno.
Questo piatto è di una semplicità disarmante e per questo è così buono.

La ricetta: Tartiflette
(per due persone)
2 patate medie
1 grossa cipolla
50 g di pancetta  
circa 1/3 di una formetta di Reblochon
olio evo
sale, pepe
Far lessare le patate in acqua, già sbucciate e tagliate a rondelle, per qualche minuto in modo che si ammorbidiscano, ma restino sode.
Nel frattempo tagliare finemente la cipolla e farla ammorbidire, senza che scurisca, in un paio di cucchiai d’olio. Quando hanno assorbito l’olio, aggiungere la pancetta tagliata a cubetti e mescolare per qualche minuto, a fuoco vivace, assieme alla cipolla.
In due cocottine da forno ho messo le patate a strati intervallati da cipolla e pancetta. In cima ho completato con fettine di reblochon, con tutta la buccia, fino a coprire completamente le patate sottostanti.
Ho infornato a 180° per circa 20 minuti, fino a doratura.

Ed ora che aspettate a provarla?

L’hanno reinterpretata:
Irene di Stuzzichevole: con la verza e la fontina.






 

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