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Cookies con riso croccante e la Vercelli Riso Expo 2013

Stamattina ho aperto la finestra ed ho trovato una “luce d’autunno”. 
Se al mattino l’aria è freddina, durante la giornata sono ancora evidenti gli strascichi dell’estate e il té caldo lascia ancora un po’ spazio a quello freddo.
Io ho imparato da Carlotta a fare l’infusione a freddo: si immergono le foglie di té in acqua fredda e si lasciano in infusione per 3-5 ore. Il risultato è un té dalla giusta intensità, ma senza le note amarognole che a volte vengono risvegliate dall’acqua bollente. 
Poi mi sono venuti in mente questi biscotti: farina bianca e farina di farro in uguali quantità e le pepite croccanti di crunchy rice al lampone di Gli Aironi. Il crunchy rice, come dice il nome stesso, è riso croccante, non soffiato, sottoposto ad una sorta di affinatura con aromi e spezie naturali. Quello al lampone non è dolce, ma conferisce solo il colore e il sapore del vero frutto. è perfetto con i formaggi freschi, ma anche nei biscotti ha dato enormi soddisfazioni, soprattutto se li si abbina ad un té ai frutti rossi, caldo o freddo, che richiama ancora il gusto dolce-acidulo del frutto.

Vi offro questi biscotti semplici e speciali in occasione della Vercelli Riso Expo 2013 che si svolgerà tra il 27 e il 29 settembre a Vercelli. Su EatPiemonte troverete qualche dettaglio in più e tanti link per approfondire il discorso sul riso e su tutto ciò che gli gira attorno.

La ricetta: Cookies con farina di farro e crunchy rice al lampone “Gli Aironi”
ingredienti:
100 g di farina 00
100 g di farina di farro
65 g di zucchero semolato
65 g di zucchero Muscovado
70 g di burro fuso
1/2 cucchiainodi bicarbonato di sodio
1 pizzico di sale
1 uovo piccolo
i semini di 1/2 bacca di vaniglia
crunchy rice Gli Aironi al lampone

Ho sbattuto con la forchetta il burro fuso e freddo con lo zucchero e i semini di vaniglia.
Ho aggiunto l’uovo e mescolato bene.
Ho aggiunto le due farine, il bicarbonato e il pizzico di sale, aggiungendo anche il crunchy rice a piacere, impastando fino ad ottenere un composto asciutto.
Ho ricavato palline tonde della grandezza di una noce e le ho messe distanziate su una placca da forno. 
Ho cotto a 170° per circa 10-12 minuti, tenendo d’occhio il grado di doratura.

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Tortelli di melanzana di Rotonda e pane di Matera, al ragù di polpo con briciole croccanti di pane e peperone di Senise

Ed ecco finalmente anche la mia ricetta per il contest #iochef che mi ha dato la possibilità di conoscere la cucina lucana e ad alcuni dei suoi prodotti. Di Basilicata si parla davvero poco ed approfondire il discorso non fa male quando si possono incontrare in questa terra alcune vere eccellenze.

L’occasione per assegnare alla cucina lucana il giusto posto che merita, sarà il 27° congresso nazionale della Federazione Italiana Cuochi (FIC), organizzato dall’Unione Regionale Cuochi Lucani, che si svolgerà a Metaponto dal 7 al 10 ottobre.

Per elaborare una ricetta avevamo a disposizione questi prodotti, arrivati via posta:  
Pane di Matera IGP
Olio evo di Oliva Majatica
Cacioricotta o ricotta lucana
Melanzana rossa di Rotonda DOP
Crema di melanzana rossa di Rotonda DOP
Fagioli di Sarconi IGP 
Ceci neri di pomarico
Pomodoro secco Cietticale di Tolve 
Ficotto di Pisticci
 
Peperone di Senise IGP.
 

La ricetta doveva contenere obbligatoriamente almeno uno di questi pesci di stagione:
Mormora
Seppia
Cefalo
Gallinella
Sauro
Pesce serra
Sciabola o bandiera
Triglia agostinella
Polpo
Pettinessa
Palamita
Rombo
Lucerna o pesce prete

Per il mio piatto ho scelto la melanzana rossa di Rotonda DOP, la mollica del pane di Matera IGP, un peperone crusco di Senise IGP sbriciolato, l’olio extravergine di Oliva Majatica e il polpo.
Quando ho condiviso l’immagine della melanzana rossa di Rotonda IGP sui social network molti sono stati ingannati dal colore e hanno creduto di avere davanti un pomodoro. Se la si osserva da vicino, la melanzana di Rotonda ha anche delle sfumature verdi, e tagliata ha una polpa soda e chiarissima, più chiara di quella delle melanzane violette, che non annerisce ed è ricca di semini. Questo ortaggio ha giustamente un’aria un po’ selvatica ed esotica, poichè è stato importato dall’Africa e reimpiantato nel Parco del Pollino, agli inizi del ‘900 da alcuni contadini lucani che avevano partecipato alle missioni coloniali. La sua coltivazione è rimasta a tal punto circoscritta da essere “riscoperta” solo nel 1992 dal CNR. Intorno a Rotonda, invece, è la melanzana per eccellenza dalla quale si ricava anche una deliziosa conserva in crema.
Il pane di Matera IGP si è guadagnato il podio tra i pani più buoni d’Italia; forse merito del lievito madre e della ritualità dell’impasto, forse merito del grano duro utilizzato. Nel 1636 Tommaso Stigliani diceva che Matera “in certi tempi dà grano a tutto il Regno”. La storia racconta di un’economia di stampo feudale dove vigeva ancora il latifondo e dove i contadini e i pastori abbandonavano i paesi per quindici giorni per lavorare nelle immense distese di campi. Ogni due settimane tornavano dalla famiglia per fare un cambio di biancheria e per il pane, che doveva poi mantenersi buono per altri quindici giorni. Per queste ragioni la cura e la ritualità nel fare il pane era ed è importantissima e quasi magica: la lievitazione avveniva nel letto matrimoniale, dal lato dell’uomo, addetto alla “crescita” della vita.
Il peperone di Senise IGP ha la particolare caratteristica di essere molto adatto all’essicazione naturale al sole, in primis perchè ha una polpa molto sottile, in secondo luogo perchè il peduncolo non si stacca neppure con l’essiccazione. Oltre che semplicemente essiccato in caratteristici grappoli a spirale, che raggiungono a volte i due metri di lunghezza, veniva conservato anche già sbriciolato; in dialetto il termine Zafaran rievoca proprio quello del prezioso zafferano. I peperoni di Senise vengono anche fritti per pochissimi secondi in olio bollente: in questo modo diventano “cruschi”, uno snack antelitteram!
L’olio extravergine di oliva Majatica rappresenta uno stretto legame con il territorio, poichè questo particolare tipo di ulivo attecchisce solo in terra lucana. Si è già provato ad impiantarlo altrove ma senza successo. Il sapore dell’olio è particolarmente delicato, secondo me adatto ad un consumo a freddo, soprattutto su piatti di pesce. Nella mia ricetta l’ho usato anche per cucinare. Da ricordare anche l’oliva nera al forno, sempre di Majatica, presidio SlowFood e prodotte fin dal XVIII secolo.
 
Per la mia ricetta sono partita dal presupposto di un incontro nord-sud in cucina.
La
pasta ripiena del nord Italia, ma con una sfoglia a base di solo grano duro
del sud si riempie e si condisce con i prodotti tipici della Basilicata e
viene impreziosita da un ragù dal sapore intenso a base di polpo. Le note croccanti sono date dalla  mollica di pane di Matera fritta e dalle briciole di peperone di Senise IGP.

La ricetta: Tortelli di melanzana di Rotonda e pane di Matera, al ragù di polpo con briciole croccanti di pane e peperone di Senise.
per il ragù di polpo:
mezzo polpo (circa 400 g)
5-6 pelati
1 spicchio d’aglio pelato
olio extravergine di oliva Majatica
vino bianco 
sale

per la sfoglia:

200 g di semola di grano duro
sale
acqua tiepida
per il ripieno: 
5 melanzanine di Rotonda
farina
due-tre cucchiai di sugo del ragù di polpo (senza polpo)
una fetta di pane di Matera spessa 2 cm
olio per friggere
sale

per la guarnizione:
1/2 fetta di pane di Matera da sbriciolare
1 peperone crusco
1 cucchiaiata di melanzane fritte in precedenza

Ragù di polpo:
il polpo era decongelato e quindi non ho avuto bisogno di batterlo. 
Ho fatto dorare uno spicchio d’aglio in due cucchiai di olio di oliva Majatica. Poi ho messo il polpo in pentola e l’ho fatto rosolare a fuoco vivace. Ho sfumato con due dita di vino bianco e poi aggiunto i pelati tagliuzzati piccoli con la loro acqua. Ho lasciato cuocere, aggiungendo un poco d’acqua quando necessario, a fuoco molto basso per un’ora e mezza. Poi ho assaggiato il sugo e regolato di sale. Ho spento il fuoco e fatto raffreddare.
Tolto il polpo dalla pentola, per eliminare la pelle più dura della testa e dei tentacoli più grossi, e l’ho tagliato a pezzettini piccoli. 
Ho aggiunto un poco d’acqua al sugo e vi ho immerso una fetta di pane di Matera per ammorbidirla e l’ho tenuta da parte.
Ho mescolato nuovamente i pezzettini di polpo al sugo e tenuto da parte fino al momento di condire i tortelli.

Ripieno:
ho tagliato le melanzane a dadini, cosparse di poco sale e lasciate riposare per 5 minuti, mentre preparavo l’impasto per la sfoglia; poi le ho passate nella farina e fritte in olio di arachidi. Ne ho tenuto una cucchiaiata da parte per la decorazione, mentre ho mescolato le altre con la mollica di pane ammollato e sbriciolato e un cucchiaio di sugo del polpo.

Sfoglia di grano duro:
ho messo la semola sulla spianatoia, con un pizzico di sale, ed ho aggiunto acqua tiepida mescolando prima con una forchetta e poi con le mani fino ad ottenere un impasto consistente, lavorabile, ma asciutto. L’ho fatto riposare mentre friggevo le melanzane e ultimavo il ripieno.
Ho steso la sfoglia sottile con la macchinetta e vi ho ricavato dei cerchi da 8 cm di diametro.
Ho formato i ravioli con questo metodo:

Finitura:
Ho rotolato in un padellino alcune briciole di mollica di pane di Matera in un cucchiaino di olio di Majatica fino a che non era croccante.
Ho cotto i tortelli in acqua bollente e salata e li ho conditi con il ragù di polpo, rotolandoli in una padella larga, con delicatezza per 1 minuto, aggiungendo un filo di olio di majatica per inumidire.
Ho completato il piatto con briciole di pane di Matera fritto in padella, le melanzanine tenute da parte e un peperone crusco sbriciolato.

Con questa ricetta, come detto sopra, partecipo al contest “Io Chef”

ai fornelli, buffet salato, ricette tradizionali, verdure e contorni

Parmigiana di melanzane o melanzane alla parmigiana?

Nell’approcciarsi a questa ricetta che è senza dubbio ai primi posti (forse al primo) tra le mie preferite, bisogna identificare innanzitutto le questioni fondamentali.
1. spiegare l’origine del suo controverso e oscuro nome
2. svelare la ricetta tradizionale, prima di avventurarsi in estrose varianti
3. scoprire qualche indizio sulla sua regione di origine
 
Premesso che di certo e certificato, come spesso accade in molte ricette tipiche italiane, abbiamo quasi nulla, di sicuroci resta tra le mani una fetta di uno dei piatti cardine della tradizione, forse a parimerito con la lasagna, che lascia colare un po’ di sugo di qua, un po’ di formaggio fuso di là e ci disegna un antipatico rotolino sui fianchi mentre ci regala attimi di pura gioia.
 
Cerchiamo di affrontare un problema alla volta.
 
Partiamo dall’origine del suo nome. Deriva dalla
città di Parma? O dalla parmiciana, che in Sicilia indica la persiana,
che ricorda coi suoi listarelli di legno sovrapposti  il sovrapporsi di
strati di melanzane e condimento? Qualcuno dice addirittura che
melanzane alla parmigiana, si chiamino così perchè fatte con il
parmigiano… 
No, niente parmigiano!
Chi
se ne intende dice che la spiegazione etimologica più probabile sia
“melanzane cucinate all’uso della città di Parma”, dove nel Medioevo
nacquero le torte parmigiane, formate di tanti strati sovrapposti e
farciti. Come questa preparazione sia migrata da Parma fino in Sicilia attraversando secoli e reinventandosi con ingredienti nel medioevo ancora non conosciuti lascia indizi lungo lo stivale che assomigliano alle bricioline di Hansel e Gretel.
 
E dunque qual è la ricetta più antica o quella originale? Da quando questo modo di cucinare la melanzana venne chiamato proprio così? Se la ricetta ispiratrice è medievale, d’altro canto il pomodoro ci arriva dall’altra parte del globo solo dopo la scoperta dell’America e la melanzana, che invece veniva anche dall’Africa, conquistò la fiducia dei palati solo nel tardo Settecento. 
Alcuni ipotizzano che le prime “parmigiane” fossero composte di strati di zucche o zucchine e che quindi la ricetta sia nata ben prima, ed abbia in seguito trovato con la melanzana la sua versione meglio riuscita. 
Lo stesso discorso si può fare con i formaggi che vi si trovano. C’è ci suggerisce la mozzarella fiordilatte, ben scolata: questo indicherebbe una diffusione pugliese; c’è chi dice che il piatto si confeziona con la mozzarella di bufala, ma io che adoro il gusto pungente di questo formaggio, non me la sentirei di imprigionarlo tra strati di melanzana e sugo; c’è chi suggerisce la provola affumicata, che secondo me rappresenta un buon compromesso, perchè è un formaggio asciutto ma molto saporito. Qualcuno aggiunge del prosciutto cotto, qualcun altro la salsiccia stagionata di Napoli, salame piccante che quando diventa troppo asciutto trova riutilizzo in diversi piatti cotti, tra cui la parmigiana e il gattò di patate.
Le melanzane, invece, come vanno cotte? Fritte senza dubbio, ma l’infarinatura preliminare consente, invece di appesantire il piatto, di renderlo molto più leggero, perchè in questo modo le melanzane non assorbono molto olio e restano più asciutte e croccanti.
La cottura in padella è sicuramente spiegata dal fatto che i forni di un tempo erano molto differenti da quelli odierni e la cottura su fuoco consentiva un controllo maggiore di un cibo che praticamente era già cotto.
Ma a quale regione si può attribuire la paternità di questo piatto? A seconda di quel
che ci si mette dentro molte regioni di mezza Italia se ne arrogano
l’invenzione. Ed è un po’ vero ogni volta: la melanzana petonciana lunga di Sicilia, la provola affumicata o la Mozzarella di Bufala, il salame di Napoli e qualche fetta di prosciutto cotto e persino una spolverata di Parmigiano, se non avete a disposizione il caciocavallo stagionato. Anche la Puglia e la Calabria ne preparano una loro versione…e, se l’avete assaggiata anche una sola volta nella vita, volete dar loro torto? 
Qualsiasi massaia e qualsiasi regione abbia raggiunto e conquistato, la prima versione per iscritto è quella di Ippolito Cavalcanti in “Cusina casarinola co la lengua napolitana” del 1839:

Melanzane alla parmigiana,

 

« … e le
farai friggere; e poi le disporrai in una teglia a strato a strato con
il formaggio, basilico e brodo di stufato o con salsa di pomodoro; e
coperte le farai stufare.
 »
[Ippolito Cavalcanti, “Cusina casarinola co la lengua napolitana, Cucina casareccia in lingua napolitana]
[fonti: 
http://www.lucianopignataro.it/a/perche-la-parmigiana-si-chiama-parmigiana/13687/
http://www.lucianopignataro.it/a/ricette-cult-la-parmigiana-di-melanzane/13053/
http://it.wikipedia.org/wiki/Parmigiana_di_melanzane]
 
 

Ed io dalla ricetta napoletana parto per la mia versione, dopo aver scartabellato in rete mille alternative…

 

La ricetta: Parmigiana di melanzane
3 melanzane lunghe medie
300 g di pelati
1 pezzo di salsiccia di Napoli
150 g di provola affumicata
2 fette sottili di prosciutto cotto
farina
olio per friggere
olio evo
sale
caciocavallo grattugiato grossolanamente (4-5 cucchiai)
4-5 foglie di basilico

Senza sbucciarle ho tagliato le melanzane a fette di 1 cm. Le ho salate e messe a perdere acqua sotto un peso.
Ho preparato il sugo, rosolando uno spicchio d’aglio in un pentolino con 4 cucchiai d’olio evo. Ho aggiunto i pelati tritati grossolanamente con coltello e forchetta. Ho lasciato cuocere per un po’, aggiungendo anche una foglia di basilico.
Ho asciugato le fette di melanzane con un panno pulito e ho messo l’olio per friggere a scaldare sul fuoco. Quando era caldo ho fritto le fette di melanzana, passando ognuna in un piatto di farina da entrambi i lati. Le ho messe a scolare un po’ d’olio su fogli di carta assorbente.
nelfrattempo ho tagliato il salame a dadini e la provola a fettine sottili.
Ho preso una padella del diametro di 22 cm. Ho unto il fondo e versato qualche cucchiaio di sugo.
Poi ho cominciato con uno strato di melanzane e a seguire gli altri ingredienti alternati, una volta il salame e una volta il prosciutto e uno strato sì e uno no il caciocavallo, riservando per ogni strato, però, sugo e provola. esaurite le melanzane ho coperto il tutto con il restante caciocavallo grattugiato e ho coperto.
A fuoco dolcissimo ho lasciato “pipiare”, ovvero ho lasciato che il coperchio si sollevasse leggermente per il vapore, per una decina di minuti, giusto il tempo che tutto il formaggio si sciogliesse.
Far raffreddare un poco prima di tagliare a fette. Si mangia tiepida (così si distingueranno tutti i sapori,), oppure anche fredda!

 
 

 

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Blåbärssoppa, una zuppa di mirtilli dalla Svezia…di corsa…

Finalmente, dopo essermi persa tanti appuntamenti, riprendo a partecipare all’Abbecedario Culinario d’Europa, questo mese ospitato da “Un Uomo dal Bagno alla Cucina“.
Vi accennerò soltanto che nel vedersi approssimare il periodo Svezia ho preparato
un delizioso lax-pudding prima di controllare quale fosse la ricetta
riservata al blog ospitante l’iniziativa…era quella naturalmente, L come lax-pudding, ed ho dovuto cercare un’altra ricetta. Non che fosse difficile, ci sono diversi spunti, soprattutto tra i dolci, profumati di spezie, cardamomo e cannella in particolare.
La scelta però è caduta su una bevanda molto particolare, che ho scelto per il suo ingrediente principale, il mirtillo, che nella ricetta originale svedese è il mirtillo selvatico, più piccolo ed asprigno del suo “collega” coltivato.
La blåbärssoppa è anche la bevanda ufficiale della Vasaloppet, la più antica e lunga gara sciistica della storia. La prima edizione moderna di questo evento si è svolta nel 1922, ma la leggenda dice che la gara si ispiri alla fuga di Gustavo Vasa dai nemici danesi. 
Facciamo un salto temporale fino al 1520, epoca sanguinosa e violenta. 
Cristiano II
Il danese Cristiano II, (non a caso soprannominato Cristiano il Tiranno) appena incoronato sovrano di Svezia, dopo una guerra lunga e sanguinosa, e dopo essersi formalmente impegnato ad avere nella sua amministrazione soltanto funzionari svedesi, voleva eliminare rapidamente e definitivamente i molti oppositori al suo governo e , soprattutto, voleva accaparrarsi il diritto di ereditarietà in una monarchia che fino al quel momento era stata elettiva. 
Cristiano cercava un metodo sbrigativo per togliersi il fastidio e così invitò al suo castello tutti i nobili svedesi, con il pretesto di discutere le condizioni di una pace. Nel bel mezzo del banchetto le truppe fecero irruzione nella sala, prelevando alcuni dei nobili presenti. Poi accadde ancora e ancora, nell’agitazione generale. Il bilancio dei tre giorni di “banchetto” fu di 82 nobili e funzionari decapitati. L’evento passò alla storia come “Il Bagno di Sangue di Stoccolma“.
Insomma Cristiano II aveva un senso dell’umorismo quantomeno discutibile…
Gustavo I Vasa
Nel mentre Gustavo Vasa, i cui parenti si trovavano imprigionati alla “corte” di Cristiano I, fuggì sugli sci, nella neve, attraverso la regione storica della Dalarna, per guadagnare la salvezza e la libertà in Norvegia. A metà del suo percorso riuscì a convincere un gruppo di svedesi ribelli a far partire una rivolta che riportò gli svedesi al potere e Gustavo Vasa sul trono di Svezia nel giugno del 1523. 
La Vasaloppet, gara sciistica di fondo e a lunga percorrenza, tra le città di Sälen e Mora, 90 Km in tutto, vuole proprio ricordare la corsa di Gustavo Vasa verso la Norvegia e l’impennata d’orgoglio degli svedesi contro l’occupazione danese. 
La prima gara moderna si è disputata nel 1922, e la più recente nel 2013, vedendo vincitore lo sciatore norvegese Jørgen Aukland.

La tradizione vuole che all’arrivo i partecipanti alla gara vengano rinfrancati con una blåbärssoppa calda-calda. La stessa bevanda può essere bevuta anche fredda d’estate e vi assicuro, avendo provato entrambe le versioni che risulta davvero dissetante, pur essendo zuccherata.
Per enfatizzarne il gusto ho utilizzato una certa quantità di mirtilli freschi e una parte di succo di mirtillo selvatico, quelloc he trovate in bottigliette. L’ideale sarebbe utilizzare un succo di mirtillo non zuccherato, oppure regolare la quantità di zucchero a vostro piacimento, assaggiando la blåbärssoppa durante la preparazione.
Su alcuni blog stranieri l’ho vista decorata con biscottini o con un ciuffo di panna…a voi la fantasia di renderla speciale.

La ricetta: Blåbärssoppa
375 ml di succo di mirtillo
125 ml di acqua
2 cucchiai di fecola di mais
2 cucchiai di zucchero chiaro di canna
2 fette di limone
100 g di mirtilli freschi
Ho messo in un pentolino il succo di mirtillo con l’acqua e metà dei mirtilli freschi. Ho aggiunto lo zucchero di canna e due fette di limone. Ho portato ad ebollizione e nel mentre ho mescolato in una tazza a parte la fecola con qualche cucchiaio di succo di mirtillo caldo, eliminando ben bene i grumi. Ho aggiunto la fecola sciolta nel pentolino ed ho fatto inspessire un po’ la blåbärssoppa prima di togliere dal fuoco.
Ho eliminato le fette di limone e versato in bicchieri, aggiungendo in superficie i mirtilli restanti, ben lavati e spolverando leggerissimamente di cannella nella versione calda.



ai fornelli

Pomodorini sott’olio, il sapore dell’estate è al sicuro!

Chi mi segue su Facebook, lo sa!
Venerdì ho essiccato i pomodorini e poi li ho messi sott’olio con gli aromi. Tra qualche giorno si potranno già gustare, ma potrò anche decidere di conservarli in dispensa, ben coperti di olio, per qualche mese e di ripescare più avanti, a sorpresa, il gusto di questa strana e fresca estate.
Per chi si fosse perso il procedimento, e per tenerne traccia qua, pubblico le foto con i semplici passaggi.
L’essicazione in forno è lunga, ma prepararli è facilissimo. Purtroppo la resa è poca, ma danno tanta soddisfazione…quindi se per una volta volete levarvi questo sfizio, fatelo. Se invece avete la fortuna di possedere un terrazzo ben esposto al sole, potete essiccarli direttamente lì, come si faceva un tempo!! 😉
La ricetta: Pomodorini sott’olio con semi di finocchio e peperoncino

Vi
servono un Kg di pomodorini maturi ma sodi (anche 2 se avete tempo, pazienza e un forno capiente),
sale grosso, semini di finocchio, olio extravergine di oliva, uno o due
peperoncini secchi.

 

Scaldate il forno a 120° C. Tagliate a metà i pomodorini ben lavati e disponeteli su alcune placche da forno. 

Una volta disposti sulle teglie con il lato
tagliato verso l’alto cospargeteli di sale grosso e metteteli ad
asciugare in forno. Ci metteranno diverse ore…

Quando cominciano ad avere un aspetto più asciutto rigirarli con un mestolo e lasciarli seccare ancora…

 

Ora che i pomodorini sono completamente essiccati, lasciarli raffreddare e intanto portare ad ebollizione un pentolino d’acqua.

Mettete i pomodorini in un recipiente e copriteli con l’acqua bollente. Lasciateli macerare per 10 minuti. 

Passati i dieci minuti scolateli su un panno
coperto di carta da cucina e asciugateli con la carta. ..intanto
schiacciate qualche cucchiaio di semini di finocchio

 Condite i pomodori asciutti con i semini, il
peperoncino tagliato a pezzi e l’olio.
 

Poi si possono mettere nei
vasetti, colmando con olio, e conservare in dispensa.

ai fornelli, storia & cultura

Gnocchi di melanzane con mazzancolle e pomodorini

La melanzana è una delle regine (a mio parere si contende il titolo con il peperone) dell’orto estivo. Versatilissima, può essere cucinata in ogni modo e sempre conserva sapore e carattere! 
Già ne avevo raccontato la storia qui: stavolta riporto le parole di Pellegrino Artusi che in “La Scienza in Cucina” ci spiega come a quel tempo ci fosse ancora un poco di diffidenza nei confronti di questi deliziosi globi violetti.
 «399. Petonciani.
Il petonciano o melanzana è un ortaggio da non disprezzarsi per la ragione che non è né ventoso, né indigesto. Si presta molto bene ai contorni ed anche mangiato solo, come piatto d’erbaggi, è tutt’altro che sgradevole, specialmente in quei paesi dove il suo gusto amarognolo non riesce troppo sensibile. Sono da preferirsi i petonciani piccoli e di mezzana grandezza, nel timore che i grossi non siano amari per troppa maturazione. Petonciani e finocchi, quarant’anni or sono, si vedevano appena sul mercato di Firenze; vi erano tenuti a vile come cibo da ebrei, i quali dimostrerebbero in questo, come in altre cose di maggior rilievo, che hanno sempre avuto buon naso più de’ cristiani. I petonciani fritti possono servire di contorno a un piatto di pesce fritto; fatti in umido, al lesso; in gratella, alla bistecca, alle braciole di vitella di latte o a un arrosto qualunque.»
Qualche perplessità mi deriva dall’utilizzo del termine “ventoso”…forse Artusi voleva dire che le melanzane non provocano aerofagia…? O_o’
Senza approfondire ulteriormente, io le apprezzo in tutti i modi esse vengano cucinate…dalla magra e malinconica melanzana grigliata, alla cicciona e sorridente parmigiana (occhio che nei prossimi giorni arriva la versione campana di questo superbo piatto!), e dunque sono capitolata anche davanti alla proposta di Paola, ormai mia paladina dei piatti veloci, tanto che dovrebbe diventare un hashtag: #nastrodirasorecipe. Avevo questa ricetta in serbo da tanto e finalmente l’ho provata. 
Per ottenere un sapore più intenso ho lasciato l’impasto molto morbido e l’ho tuffato nella pentola di acqua bollente a cucchiaiate. Son venuti fuori degli gnocchi dalla forma irregolare ma una volta cotti, perfettamente sodi, dal gusto marcato di melanzana, perfetti, a mio gusto, con i crostacei e pomodorini freschi.
La ricetta: Gnocchi di melanzane con mazzancolle e pomodorini
2 melanzane medio-grandi
farina 
sale
basilico
1 uovo
6-8 mazzancolle 
una manciata di pomodorini
1 spicchio d’aglio
Ho lavato e bucato le melanzane con la forchetta. Poi le ho messe a cuocere in forno, finchè non erano morbide e sgonfie. Io ho ottenuto circa 200 g di polpa strizzata (forse però non l’ho strizzata abbastanza, perchè l’impasto è rimasto comunque molto morbido)
Ho aggiunto gradulamente farina, fino ad arrivare al peso della polpa delle melanzane. Ho mescolato a questo composto un uovo (piccolo) con un pizzico di sale e tre foglie di basilico tritate finemente.
Ho messo l’acqua a bollire e nel frattempo ho preparato il condimento: ho fatto dorare lo spicchio d’aglio in tre cucchiai d’olio, ho aggiunto le mazzancolle e i pomodorini tagliati in quarti.
Quando l’acqua bolliva, l’ho salata e vi ho tuffato dentro l’impasto di melanzane, prevelandone piccole quantità con un cucchiaino. Ho girato bene per non farli attaccare al fondo e li ho scolati dueminuti dopo che erano venuti a galla.
Li ho fatti girare in padella con il sughetto per un minuto ed impiattato.
 
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Blueberry pies – le tortine di mirtilli

Ecco una delle torte anglosassoni per eccellenza, da me eletta, a Ferragosto, torta dell’estate. Ho preso spunto dalla ricetta di Sonia, omettendo le mandorle nel ripieno e preferendo anch’io la presentazione in monoporzione, perchè in questo modo tutti possono gustare la stessa quantità di crosta croccante e di morbido scuro ripieno, anche se ritengo che questa torta e le pies in genere conservano un certo fascino anche preparate in versione classica, con il ripieno adagiato in un contenitore da forno, magari un vecchio piatto di ferrosmalto, e la copertura di croccantissima pastafrolla: guardate qui.
La ricetta: Blueberry pie
(per otto tortine del diametro di 9-10 cm)
200 g di farina 00
100 g di burro
80 g di zucchero
2 tuorli
1 pizzico di sale
250 g di mirtilli
1 limone
2 cucchiai colmi di zucchero di canna
foglie di menta fresca 

Per prima cosa ho sciacquato e asciugato i mirtilli. Li ho messi in una ciotola e vi ho aggiunto le foglioline di menta tagliate a pezzettini, lo zucchero di canna e le zeste di limone. Ho coperto con pellicola e lasciato aromatizzare.

Nel frattempo ho preparato la frolla, facendo prima sabbiare il burro ocn lo zucchero e la farina e l’ho fatta riposare per una mezz’oretta in frigo.
Ho steso la frolla molto sottile, con l’aiuto di un po’ di farina e ho ritagliato 8 cerchi di grandezza tale da foderare degli stampini da muffin di silicone. Ho messo in ciascuno stampino un oezzetto di stagnola e una manciata di fagioli per far cuocere i fondi in bianco. Ho infornato a 180° per 15 minuti circa.
Mentre cuocevano le basi ho preparato i coperchi e ho inciso il centro di ognuno a croce, con la punta di un coltello.
Ho riempito i gusci precedentemente infornati con i mirtilli e ho sigillato il coperchietto di pasta alla base. Ho spennellato su ciascun coperchio un poco di latte e un pizzico di zucchero di canna. Ho ri-infornato per altri 15 minuti a 180°.
ai fornelli, eventi&co

La #SummerSocialDinner e il mio primo uovo poché

Vi voglio raccontare di una serata speciale in una cucina speciale. 
Il 19 luglio ha avuto luogo la prima Scuola&Lavoro – Social dinner, una cena fatta apposta per dialogare del mondo social, negli spazi della Scuola&Lavoro di Torino.
Assieme a me, ai fornelli, Valentina BaronePaolo Agus, mentre Dario Ujetto ha contribuito all’organizzazione della serata.
Ecco, di solito a questi eventi le foodblogger indossano un grembiule e con lo smartphone in una mano e qualche ortaggio nell’altra danno un aiuto in cucina. Invece appena arrivata sono stata calzata e vestita da una divisa da chef e poi sono stata subito catapultata ai fornelli! Questo è il mood di Scuola&Lavoro, dove gli studenti imparano in soli sette mesi molto più di quel che può imparare uno studente dell’Istituto alberghiero in 5 anni! In quel caso è colpa dei programmi ministeriali, ma buon per noi!!
Qui il merito va agli insegnanti, alle ore passate quasi totalmente in cucina e alle attrezzature professionali.
Io in una sera ho imparato a legare l’arrosto, a cucinare le uova pochè e a preparare la crema di parmigiano.
Qui sotto alcune foto, scattate da Francesco Gallarini di Nuove Officine Fotografiche, le altre le trovate qui
il mio primo sgangherato uovo poché
immortalo il tutto…non sia mai che mi perda qualcosa!!
all’opera con Paolo Agus e con il nostro allievo-maestro per una sera!!
con Valentina Barone mentre impaniamo le uova prima di friggerle
uovo croccante su radicchio stufato con crema di parmigiano
qui alla consegna del ricordo/premio by Inciso.it, la mia immagine incisa dentro ad un parallelepipedo di cristallo
Alla social dinner però non si è solo cucinato (e mangiato), ma anche parlato…ed ognuno aveva qualcosa di interessante da apportare all’incontro. Tante domande sono state poste a noi blogger, su come la nostra passione si stia trasformando in lavoro. 

Esaurienti e precisi, ma molto chiari e semplici, Tin Hang Liu e Yuki Liu hanno spiegato nel loro intervento come sia importante l’immagine social che le aziende forniscono ai loro clienti/utenti. Un aspetto del marketing che sta diventando ogni giorno più significativo.
Un grazie di cuore a chi ci ha dato da bere: Balbiano, Cristina Oddero, Balbi Soprani; e un grazie a Marco Passerone che ha fatto gli onori di casa.

La serata è stata condotta magistralmente da Sergio Chiarla, che ha saputo creare le giuste sinergie tra i partecipanti, stimolando gli scambi di opinione e riuscendo a coinvolgere tutti nonostante la tavolata fosse particolarmente numerosa. E poi ci ha preparato lo zabaione al moscato!!
Vi lascio una ricetta, con le uova poché, naturalmente, non fritte ma servite così al naturale su una crema di peperone, con roselline di prosciutto oppure con quadrettini di pane tostato.
La ricetta: Uovo poché su crema di peperone rosso
per 2 persone
2 uova
3 cucchiai di aceto di vino
1 peperone rosso
1/2 cipolla
olio
sale
maggiorana (o basilico)
Tagliare a pezzettini il peperone. In padella mettere la cipolla tritata e due cucchiai d’olio, far insaporire un po’ e poi aggiungere i peperoni. Lasciar cuocere finchè non sono morbidi. aggiungere le foglioline di maggiorana (o basilico) e regolare di sale.
Tenere da parte una cucchiaiata di peperoni come decorazione e frullare il resto con l’aggiunta di poca acqua per ottenere una crema liscia. Conservare al tiepido. 
In una pentola larga e con il bordo alto 10-15 cm, portare l’acqua ad ebollizione con l’aceto (dovrebbe essere circa l’1% della quantità d’acqua, ma nel dubbio abbondate un po’: aiuterà l’uovo a solidificarsi senza spargersi nella pentola)
Quando l’acqua bolle leggermente abbassate il fuoco e formate un vortice con un mestolo bucato. Al centro del vortice depositate delicatamente l’uovo, precedentemente sgusciato in una tazzina. Con il mestolo cercate di raccoglierlo il più possibile. Dopo un paio di minuti si può tirar fuori e deporre delicatamente su un piatto. 
In ogni piatto da portare in tavola, mettere un mestolo di crema di peperone tiepida e adagiarvi sopra l’uovo pochè. Decorare con foglioline di maggiorana (o basilico) e con i peperoni a pezzetti tenuti da parte.
A piacere aggiungere roselline di prosciutto crudo o cubetti di pane tostato.
ai fornelli, foodblogging, news

Crema tiepida di zucchine con menta, code di gambero e zeste di limone, per il Besiosa di Crocizia

Io non conoscevo i network di acquisto. Avevo sentito parlare dei gruppi di acquisto solidale, ma non avevo mai avuto modo di approfondire il discorso.
Qui in casa ci piace abbinare il vino ai piatti che cucino…è un vizio di famiglia…e quando possiamo visitiamo le cantine di diverse zone del Piemonte per acquistare vini di cui abbiamo modo di approfondire il processo di produzione e dei quali ci è stata raccontata la storia.
Per conoscere i vini di altre zone d’Italia i nostri pochi viaggi non bastano e quindi ci dovremmo affidare a chi ha fatto della scelta dei “buoni produttori” il proprio mestiere.
Goodmakers.it è un network d’acquisto che si basa su un principio semplicissimo: più persone decidono di acquistare un vino, più il prezzo scende, per toccare delle punte di sconto del 20% sul prezzo iniziale. Sulle schede si trovano tutte le informazioni ed ogni curiosità è soddisfatta…manca solo la faccia del produttore, ma chissà che non arrivi presto anche quella!
Le
vendite su Goodmakers.it non fanno concorrenza alla vendita di tipo
tradizionale in quanto ogni prodotto viene proposto per una sola volta e
per periodi di tempo limitati, dando voce ad infinite realtà produttive di qualità.
Alla base c’è il concetto di condivisione sui social
dei propri acquisti, così da stimolare gli amici a fare lo stesso e far
scendere il prezzo. Ogni mese c’è tempo fino al giorno 20, poi si cambiano produttori ed etichette.
Grazie a Goodmakers.it io ho conosciuto un vino della provincia di Parma, dell’azienda vinicola Crocizia: Besiosa, termine che in dialetto indica una donna «pignola, determinata e un po’ pedante, dal
carattere forte, puntiglioso e grintoso, cresciuta tra i boschi
dell’Appennino parmigiano
».
Questo vino è prodotto da uve Malvasia di Candia Aromatica, vinificate in secco. Viene fatto fermentare in bottiglia e nel momento in cui si stappa rivela tutta la sua carica vitale di bollicine, proprio come una donna che ha tenuto la bocca chiusa per un po’ e sbotta, finalmente, inarrestabile. 
Il colore è carico, quasi aranciato e il profumo è fruttato, fresco, quasi tendente al dolce, di albicocca e pesca, con note agrumate.
All’assaggio poi si svela un gusto pieno, secco, ma fresco e potente al tempo stesso, forte anche della carica alcoolica, 12% vol.
Io ho pensato che fosse perfetto per una verdura estiva, grazie alle sue note fruttate, per un piatto fritto, grazie alla sua carica di bollicine, e per i crostacei, grazie alla pulizia delle sue note aromatiche.
Così nasce questo piatto: una crema di zucchine, servita tiepida, delicata ed erbacea, che viene resa più briosa dalle zucchine fritte adagiate in superficie, dalle code di gambero e dalle zeste di limone.
La ricetta: Crema tiepida di zucchine con menta fresca, code di gambero e zeste di limone
(per 2 persone)
2-3 zucchine medio-grandi
un rametto di menta fresca
1/2 cipolla
1 patata (circa 140 g)
1/2 bicchiere di latte
10-12 code di gambero
la buccia (solo il giallo di mezzo limone non trattato)
olio extravergine di oliva
olio di semi per friggere
sale
pepe
Far lessare la patata in un pentolino d’acqua.
Tagliare le zucchine a dadini, tenendo da parte 8-10 rondelle sottili per la decorazione del piatto.
Far ammorbidire le zucchine in padella con la mezza cipolla tritata, aggiungendo poca acqua all’occorrenza. Verso la fine della cottura aggiungere le foglie di menta tritate finemente.
Schiacciare la patata con la forchetta e poi, in un pentolino, amalgamarla ad un po’ di latte e ad un filo d’olio fino a rendere il composto cremoso.
Frullare le zucchine morbide, aggiungendo poca acqua se necessario. Aggiungerle alla crema di patata, regolando poi di sale e pepe macinato al momento. Condire con un cucchiaio di olio evo a crudo e tenere a temperatura ambiente.
Friggere le rondelle di zucchina, le zeste di limone tagliate a fili sottili (solo per pochissimi istanti) e le code di gambero. Io per un fritto più leggero ho infarinato le code di gambero con la buccia, così che la polpa non resti unta, e le ho passate nell’olio bollente per un paio di minuti.
Comporre la fondina con la crema di zucchine tiepida, le rondelle di zucchina e i gamberi fritti ed infine le zeste di limone.
Questo piatto, per i suoi sapori e colori, è delizioso come piatto estivo pur non essendo un piatto freddo. In particolare il Besiosa di Crocizia conferisce all’abbinamento un certo brio, grazie alle sue spumeggianti bollicine, mentre le zeste di limone fanno risaltare particolarmente al palato le caratteristiche note agrumate.
Io vi ho spiegato quanto è particolare  questo vino e vi ho consigliato un abbinamento, voi che aspettate a registrarvi nel gruppo d’acquisto e far scendere il prezzo??? Abbiamo tempo solo fino al 20 luglio!!
ai fornelli

Torta al cioccolato con fragole e lamponi e crema fresca al cacao

L’ennesima torta al cioccolato che pubblico sul blog!
Non conosce stagioni…forse perchè tira sù, anche quando fa questo caldo, e se ne mangia una fettina sottile e fredda appena tirata fuori dal frigorifero.
Questa ha un impasto sofficissimo fatto con lo yogurt e un frosting con una punta di salato, creata a partire da formaggio cremoso lavorato con zucchero e cacao, e tanta frutta rossa sopra!
La ricetta: Torta al cioccolato con frosting al formaggio e cacao e frutti rossi
5o g cioccolato fondente
40 g di burro morbido
70 g di zucchero
1 uovo grande
150 ml di yogurt intero
90 g farina 00
la punta di un cucchiaino di  lievito per dolci
la punta di un cucchiaino di bicarbonato
1 pizzico di sale

200 g di formaggio cremoso (tipo philadelphia)
2 cucchiai di cacao in polvere
zucchero a piacere

Ho fatto sciogliere il cioccolato a bagnomaria, poi l’ho messo da parte facendolo raffreddare.
Intanto ho lavorato con le fruste il burro morbido con lo zucchero, fino a formare una crema. Ho aggiunto il tuorlo, sempre lavorando con le fruste, lo yogurt ed infine il cioccolato fuso.
Ho setacciato insieme la farina, il lievito, il bicarbonato e un pizzico di sale. Ho amalgamato la farina al composto, in due / tre volte, aspettando che fosse ben assorbita la precedente.
Ho montato a neve ben ferma l’albume e l’ho unito al composto senza smontarlo.
Ho versato in uno stampo da 20 cm, ben imburrato ed infornato a 170° per mezz’ora.
Ho amalgamato insieme il formaggio cremoso, lo zucchero e il cacao e poi ho conservato in frigo finchè la torta non era cotta e poi ben fredda.
Ho tagliato la torta a metà longitudinalmente, e al centro l’ho farcita di confettura di fragole fatta in casa. Ho decorato la superficie con la frutta, fragole tagliate a metà e lamponi, riempiendo tutti gli spazi vuoti con la crema al formaggio cremoso.

ai fornelli, storia & cultura

Acciughe al verde per MyTableBlog

La “Via del Sale” mi ha sempre affascinato… l’idea di un antico percorso, battuto da secoli, al di là delle moderne strade tracciate, che ha visto la nascita di tanti paesi e l’intessersi fitto di relazioni commerciali. La “Via del Sale” in realtà non è una sola, ma sono tante, strade e sentieri, alcuni adatti solo all’inerpicarsi dei muli, che collegavano i paesi sulla costa con le zone dell’interno per traportare il prezioso ingrediente in grado di allungare la conservazione dei cibi, secoli prima del moderno frigorifero.

Dal litorale ligure, diverse vie salivano attraverso l’Appennino verso la Pianura Padana e verso le zone collinari. Ad Alba pare che piazza Savona conservi questo nome proprio in ricordo della via di Savona, che conduceva fino al mare e da cui giungeva il sale. Oltre al sale stesso l’ingrediente che per antonomasia è legato alla “Via del Sale” è l’acciuga. Carichi di acciughe private delle interiora e messe sotto sale viaggiavano anche loro verso i territori dell’entroterra a dorso di mulo.
Le acciughe si trovano in diverse ricette piemontesi, tra cui la famosa bagna caoda.

Io ho preparato la ricetta delle acciughe al verde per MyTableBlog; nell’articolo trovate anche altre curiosità su questo delizioso piatto.
Occorre che vi dica quanto questa salsetta sia goduriosa anche solo sul pane??

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