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Insalatina di petto di tacchinella al profumo di agrumi, con il mandarino Pepino

La primavera quest’anno si sta facendo attendere e sinceramente la voglia di cucinare piatti più freschi e leggeri comincia a farsi sentire. Così ho approfittato di una rara giornata asciutta, in questo inizio aprile di pioggia battente, per preparare una fresca ed aromatica insalata di petto di tacchino, con il profumo di erbette aromatiche e agrumi. 
Il tocco in più è dato, naturalmente, dal mandarino Pepino, il sorbetto di mandarino, racchiuso in una vera scorza di mandarino. 

Assaporandolo da solo si trova nel cucchiaio un’esplosione di mandarino, come mangiare il vero frutto, con la stessa dolcezza e le note agrumate, ma in una consistenza vellutata; di complemento ad un piatto salato si è rivelato davvero sorprendente!

La ricetta: Insalatina di petto di tacchinella al profumo di agrumi, con il mandarino Pepino.
200 g di petto di tacchinella
1 limone
1 arancia
1 mandarino Pepino
salvia, timo, alloro
1/2 cipolla
1/2 carota
1/2 patata
olio
sale
pepe
1 cucchiaino di maizena
Per prima cosa ho preparato il brodo con le verdure, le erbe aromatiche, sale e olio. Quando il brodo era aromatico al punto giusto, vi ho fatto lessare il petto di tacchino per alcuni minuti.
L’ho lasciato raffreddare nel suo brodo, poi l’ho affettato finemente.
Ho mescolato il succo di mezzo limone, di mezza arancia ed alcuni cucchiai di brodo, aggiustanto di sale e pepe. Ho aggiunto un cucchiaino di maizena e rimesso il tutto sul fuoco, mescolando con cura, per non formare grumi. Raggiunta una consistenza di salsa, ho spento il fuoco ed aggiunto un cucchaio di sorbetto al mandarino Pepino. Ho distribuito questa salsina sul tacchino a striscioline aggiungendo un poco di timo e un filo d’olio evo crudo ed ho lasciato insaporire per una mezz’ora. Ho poi portato in tavola, decorandoil piatto con piccole palline di sorbetto al naturale e la scorza del mandarino. 

 
Aggiornamento: scopro solo ora chi è Ivana Di Martino e il suo ambizioso progetto di una corsa lungo tutto lo stivale, 21 mezze maratone in 21città italiane in 21 giorni consecutivi, per far sentire la propria voce a tutte le donne vittime di violenza che non riescono ad alzare la testa e a tutte coloro che hanno un sogno e non il coraggio per provare a realizzarlo. 
La tappa di Torino partirà domani alle 11 da piazza Carignano, quindi se volete approfittarne per mangiare un mandarino da Pepino e poi conoscere questa donna straordinaria, sapete dove andare.
I fondi che riuscirà a raccogliere, tolte le minime spese di viaggio, verranno devoluti a DoppiaDifesa.
Sul blog 21 Volte Donna dove racconta giorno per giorno questo viaggio.
Se volete leggere qualcosa di più su questa donna e sulla sua sfida, potete cliccare qui.
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Tra colombe e moscato, a Mango per Dolce di Natura

Travolta da un un trasloco, che si protrarrà tra le mura domestiche ancora per qualche settimana, tra scatoloni da svuotare e mobili da montare, avevo non ho ancora avuto occasione di raccontare cosa è successo a Mango il 10 e 11 marzo.
Si è svolto Dolce di Natura, un gustosissimo incontro tra il Moscato d’Asti DOCG, il re dei vini dolci, e la colomba artigianale preparata con lievito madre. 

Ecco, scordate l’approssimativa parvenza di morbidezza delle colombe prodotte industrialmente: la colomba di pasticceria si scioglie letteralmente in bocca, impossibile resistere!! Quelle che abbiamo potuto assaggiare a Mango, presso l’enoteca regionale Colline del Moscato erano assolutamente superlative, alcune profumate dall’aroma del moscato, altre arricchite dai marroni, un’esperienza da veri golosi.

Dopo la degustazione ho assistito alla conferenza stampa dedicata all’evento, condotta da Maria Bianucci. Il racconto di come il lievito madre vada seguito ed accudito con impegno e pazienza viene fatto da due oratori d’eccezione i pasticceri Achille Brena e Sergio Conti. Dalle loro parole traspare la dedizione con cui hanno sempre svolto il loro lavoro: il lievito madre è vocazione ed Achille Brena ne possiede uno di 130 anni, che lui accudisce da oltre 50 anni. Dall’amore per le cose fatte con cura è nato Pa”lin, una vera e propria scuola del lievito naturale che insegni all’utilizzo della pasta madre nelle creazioni di pasticceria e panetteria.
Parlando di colomba non si può non parlare di Moscato, un giro di 100 milioni di bottiglie prodotte nei 52 comuni del Moscato d’Asti ed esportate in tutto il mondo.

Il moscato un tempo si abbinava a salame cotto, robiola e bagna caoda, perchè quelli erano i cibi consumati in cascina, dunque era un vino strettamente legato al territorio, ora porta l’eccellenza piemontese in giro per il mondo.
Ad affiancare il discorso enogastronomico, la straordinaria mostra di Sandro Chia. L’artista espone all’Enoteca Regionale Colline del Moscato, per tutto il mese di aprile, la serie di dipinti ispirati a La Malora di Beppe Fenoglio, che proprio in queste zone visse e scrisse, nella ricorrenza del cinquantesimo anniversario della sua morte.
La cena dedicata ai produttori si è svolta al ristorante “Campagna Verde” di Castiglione Tinella. Ingredienti della tradizione piemontese hanno trovato un volto nuovo e una presentazione d’eccezione nei piatti preparati per noi dallo chef Massimo Arione. In abbinamento abbiamo potuto assaggiare gli altri vini dei produttori del Moscato, Dolcetto, Barbera, Nebbiolo ed altri. 

Dopo la cena io ho avuto il piacere di pernottare presso l’agriturismo Finestre di Langa, presso l’Azienda Agricola Cerrino, di Sergio Cerrino, uno dei produttori. L’agriturismo si trova nell’assoluta tranquillità di Trezzo Tinella in località Cappelletto, con solo tre ampie e gradevoli stanze e un’atmosfera piacevolmente semplice e familiare. 
Il risveglio è stato allietato da una colazione deliziosa, con la torta di nocciole della padrona di casa, e con lo sciogliersi lento della bruma sull’arco delle colline di Langa.
Il signor Sergio mi ha fatto visitare la cantina, ma è arrivato presto il momento di partire alla volta di Neive, con la speranza di tornare presto per degustare i suoi vini.
Ad aspettarci un’appendice piacevolissima di Dolce di Natura con la lezione tenuta da Achille Brena e Sergio Conti alla Scuola dell’Arte Bianca di Neive, dove i due Maestri hanno parlato ai ragazzi, i pasticceri di domani, trasmettendo loro la propria passione. 
L’evento Dolce di Natura si è rivelato una splendida occasione per approfondire tematiche di grande interesse legate al territorio delle Langhe, anche fuori dai soliti circuiti.
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Buona Pasqua con la Pastiera Cilentana

Il primo post dopo il trasloco…vi saluto così, con l’immagine della Pastiera cilentana, detta anche Pizza di Riso. Il ripieno è a base di riso cotto nel latte, al posto del grano che si trova nella classica pastiera.
La superificie non è decorata da strisce di pasta frolla, ma da uno strato uniforme di frolla, nel quale vengono infilzate delle foglioline di ulivo benedetto, con la funzione di sfiatatoi per permettere la cottura del ripieno, e con un evidente significato rituale.
Buona Pasqua a tutti coloro che in questi giorni passeranno da qui! 😉

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#Made in To la visita alla Pastiglie Leone

Se vi chiedessero di tornare bambine per un giorno? Poi se questa occasione vi venisse offerta proprio il giorno della Festa della Donna, chi direbbe di no?

E così ho accolto con grandissimo entusiasmo la possibilità di visitare finalmente la Fabbrica delle Pastiglie Leone
Già dall’anno scorso era possibile partecipare ad alcuni tour guidati alla scoperta delle mitiche pastigliette e di altre aziende del teritorio torinese.
Quest’anno Turismo Torino rilancia ed offre, con Made in Torino, un carnet di scelta sempre più ampio per andare a curiosare nei marchi storici della provincia.
Non si poteva che cominciare in dolcezza ed eccoci dunque in partenza, folta schiera di donne curiose (e golose), alla volta di Collegno, dove in un unico stabilimento prendono vita dolcezze indescrivibili. 

 
Fin da subito quel che più balza agli occhi – e al cuore – è l’attaccamento all’azienda e la difesa di una storia di famiglia, in cui Daniela Monero, che ci accompagna nella visita, è la protagonista assieme al suo defilato, ma attentissimo, papà.
Così tra antiche scatole di latta, passate in chissà quali mani di golosi del secolo scorso, Daniela ci racconta la storia delle Pastiglie Leone che comincia ad Alba ad opera di Luigi Leone. Quasi subito l’azienda viene spostata a Torino perchè possa diventare fornitrice della Real Casa. Così accade, e famosa è la storia che vede un pensieroso Cavour prendere le più importanti decisioni politiche gustando la caramella gommosa Leone alla violetta.

Prima di diventare capitale d’Italia, Torino diventa capitale della pasticceria e confetteria, e conserva questo titolo ben più a lungo.
La famiglia Leone, però, dopo alcuni anni di successi, decide, nel 1934, di prendere altre strade e di vendere l’azienda. Chi subentra nella proprietà e nella gestione è Giselda Balla Monero, una delle prime imprenditrici italiane, la nonna di Daniela, detta anche La Leonessa. La Fabbrica delle Pastiglie Leone, nell’antica sede di corso Regina, raggiunge subito un più fulgido splendore e lo mantiene; il merito va a scelte oculate ma ardite, come i primi investimenti in pubblicità e in fidelizzazione della clientela.

Dalla storia alla cura di oggi c’è stato solo un salto temporale. La fabbrica è stata spostata a Collegno per far spazio al sogno del signor Monero di ricominciare la produzione del cioccolato. Il sogno si è realizzato e nella più alta espressione possibile.

Oggi, come all’inizio della storia di questa fabbrica delle meraviglie, vengono utilizzati ingredienti di primissima scelta. Solo gomma arabica e gomma adragante per le pastiglie, tanto zucchero, oli essenziali, estratti direttamente dai frutti e piante, e coloranti naturali.

Il cioccolato viene fatto con il cacao migliore, che viene lavorato a partire dalla fava, proveniente dal Centro America e da Sao Tomé; viene utilizzato solo zucchero di canna e vaniglia proveniente dal Messico. E per il cioccolato al latte si usa il latte fresco, non quello in polvere, e all’assaggio questa scelta, per certi versi faticosa perchè complica la lavorazione, si sente e si gusta!

Vestite di impermeabili di carta bianca, con cuffia e calzari, abbiamo religiosamente sfilato davanti a tutte le macchine in produzione. Daniela ci ha spiegato per filo e per segno ogni momento di ogni diversa produzione. 

Siamo state avvolte dal profumo del ribes e dell’arancia e potuto assaggiare l’impasto ancora caldo delle pastigliette e delle drops. 

Abbiamo visto fare colorate gelatine di frutta con il vero succo di frutta, abbiamo visto nuvole di amido che danno forma ai golosi fondant. 

Abbiamo assaggiato la fava di cacao e ci siamo affacciate nelle macchine per il concaggio, che rendono il cioccolato dolce e aromatico con pochissima aggiunta di burro di cacao, semplicemente cullandolo per più di 60 ore.

Abbiamo guardato con ammirazione le mani di tante donne, che lavorano alla Fabbrica delle Pastiglie Leone, che scelgono, selezionano ed incartano, intimidite dai nostri occhietti curiosi e dalle tante macchine fotografiche.

Siamo uscite con le borse cariche di acquisti, un po’ più felici, ed io ancora più orgogliosa di far da ambasciatrice all’eccellenza torinese.

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Coppette di pastafrolla per il gelato alla frutta Pepino e La Magia Del Bianco

Chissà se capita anche a voi di perdervi su Pinterest, passando da un’immagine all’altra, tra cucine retrò e grandi saloni in bianco, ampiamente finestrati, dove regnano la luce e i colori pastello e tanti oggetti dall’aria piacevolmente vissuta.
Se vi piace l’arredamento shabby chic non potete mancare di conoscere Mari e Cinzia, le simpaticissime padrone di casa dei blog CreaMariCrea e LaGattaSulTetto; sulle loro pagine condividono già da qualche anno, con grandissima eleganza, la loro passione, e dalla loro amicizia e collaborazione è già uscito un libro sull’argomento, La Magia del Bianco, per il quale hanno girato l’Italia alla ricerca dei migliori esempi di arredamento shabby presenti nella nostra penisola.
Dal libro è nata anche l’idea per un nuovo blog, La Magia del Bianco, e una rivista trimestrale, con lo stesso nome, uno spazio comune che diventa atelier virtuale e reale. 

Io ho avuto l’occasione di conoscere Mari e Cinzia il 22 febbraio; ci siamo incontrate alla Gelateria Pepino di piazza Carignano, dove erano intente a fotografare le novità pasquali Pepino, davanti alla consueta clientela, molto incuriosita dalle macchine fotografiche, dai cavalletti e dalle lenzuola bianche, stese per creare un candido sfondo…
Io le ho raggiunte con un’idea semplicissima, delle coppette di pastafrolla da riempire con il gelato Pepino alla frutta. Mari, dopo i suggerimenti e gli ultimi tocchi dati da Cinzia, ha fotografato le mie creazioni e la ricetta dolce-salata di Laura

Le foto delle mie coppette sono finite sul primo numero della loro rivista, ricca di spunti per la Pasqua imminente; la potete scaricare gratuitamente a questo link e rifarvi gli occhi:
Qui sotto, invece, trovate la mia ricetta con le bellissime foto scattate da Mari.
 
La ricetta: Coppette di pasta frolla per il gelato Pepino alla fragola e alla mela verde
Per 6/8 coppette:
200 g di farina 00
85 g di zucchero
85 g di burro
la buccia grattugiata di un limone non trattato
2 tuorli d’uovo
1 pizzico di sale
latte
½ cucchiaino di lievito per dolci
coloranti per alimenti
Mettere la farina in una ciotola, mescolarvi lo zucchero, il lievito e la buccia del limone. Tagliare il burro freddo a cubettini e impastarlo con la farina, ottenendo un composto sabbioso. Aggiungere i tuorli, con un pizzico di sale, e creare un impasto, aggiungendo man mano qualche cucchiaino di latte, fino a riuscire a formare una palla liscia. Non lavorare troppo l’impasto e metterlo a riposare in frigorifero, in una ciotola coperta, per almeno un’ora.
Trascorso questo tempo, imburrare e infarinare alcuni ramequin da soufflé e foderarli con la pasta stesa sottile; formare il bordo pizzicandolo e mettere in ciascuno un foglietto di carta forno con una manciata di fagioli, in modo che la frolla non gonfi e non si deformi.
Infornare per 15 minuti a 170° gradi, poi togliere i fagioli da tutti i ramequin e far proseguire la cottura per altri 5-10 minuti, finchè il bordo non sarà ben dorato.
Far raffreddare le coppette così ottenute, e toglierle dallo stampo con molta delicatezza per non romprerle; poi dipingerle con i colori per alimenti. Si possono disegnare pois, quadretti o quello che suggerisce la fantasia.
Deporre sul fondo di ciascuna coppetta qualche cubetto di frutta, colmare con palline di gelato Pepino dello stesso gusto della frutta e decorare in superficie con fettine di frutta. Si può aggiungere anche un filo di cioccolato fuso, o granella di mandorle o nocciole, o solo un cucchiaino colorato…
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Culurgiones di baccalà con catalogna saltata in padella

Ho ricevuto un bellissimo regalo da Valeria: lei è venuta da me, si è lasciata coccolare, ha assaggiato con molta professionalità, ha fotografato e preso appunti e dopo aver curiosato nella mia piccola dimora ha scritto una bellissima recensione sulla mia cucina, toccando argomenti che non mi sarei aspettata.
Sono tanto felice che abbia notato la mia cura per la resa finale dei miei piatti, un po’ per perfezionismo innato (sono del segno della vergine) un po’ perchè letteralmente adoro vedere un sorriso sulla faccia di chi assaggia i miei piatti.
Questa è una delle ricette che ho preparato per lei. La mia pasta ripiena preferita, che avevate già visto anche qui, nella loro veste più tradizionale, per l’occasione si è riempita di baccalà e si è rotolata in un tuffo gioioso tra l’amaro della catalogna e il dolce dell’uvetta. Un piatto per me perfettamente riuscito per l’equilibrio dei sapori e delle consistenze, che mi farà davvero piacere riproporre in altre cene.

La ricetta: Culurgiones di baccalà con catalogna saltata

Per i culurgiones:
200 g di farina di semola di grano duro
acqua tiepida qb
sale

In una ciotola larga ho messo la semola con un bel pizzico di sale. Ho cominciato ad aggiungere l’acqua tiepida, prima mescolando con la forchetta, poi impastando con una mano, fino a formare un impasto compatto, morbido ma asciutto. L’ho messo a riposare per una mezz’oretta; nel frattempo ho preparato il ripieno.

Per il ripieno:
400 g di baccalà ammollato e dissalato
3/4 cucchiai di latte
aglio in polvere qb
olio extravergine di oliva

Ho messo il baccalà in acqua fredda con il latte e portato a lievissimo bollore a fuoco molto basso. L’acqua non deve mai bollire violentemente, altrimenti il pesce si indurirà. 
Quando i pezzetti di baccalà erano cotti, li vedrete sodi, li ho scolati e lasciati leggermente intiepidire.
In una ciotola dai bordi alti ho messo i pezzi di pesce e li ho pestati con il mestolo di legno fino a ridurli in poltiglia. Sempre battendoli ho aggiunto a filo l’olio extravergine fino a formare un composto morbido e ben amalgamato. Ho aggiunto l’aglio in polvere e mescolato ancora accuratamente.

Ho steso la pasta e creato dei cerchi di 8 cm di diametro. Ho formato i culurgiones deponendo su ogni cerchio una noce di ripieno. Se non vi ricordate come si fanno guardate qui il procedimento.
Per il condimento:
1 cespo di catalogna
1 grosso spicchio d’aglio (o 2 più piccoli)
1 acciuga sott’olio
1 peperoncino secco
1/2 bicchiere di vino bianco
una bella manciata di uva passa
olio
sale
4 cucchiai di pangrattato
1 cucchiaio di pinoli

Ho lavato, tagliato a pezzi e lessato la catalogna in acqua leggermente salata. Una volta morbida l’ho immersa in acqua fredda e poi scolata e tagliata a pezzettini molto più piccoli.

In una padella capiente ho messo lo spicchio d’aglio schiacciato con 4 cucchiai d’olio, un peperoncino sbriciolato e un’acciuga sott’olio. Li ho fatti sfrigolare per qualche istante e poi ho aggiunto la catalogna. Ho sfumato con il vino e poi ho aggiunto l’uva passa ammorbidita in acqua tiepoda e fatto proseguire la cottura.

Da parte, mentre l’acqua per i culurgiones raggiungeva il bollore, ho fatto tostare i pinoli in un padellino antiaderente, aggiungendo poi il pan grattato e abbrustolendo anch’esso.

Ho lessato i culurgiones e poi li ho passati nella catalogna ad insaporire.
Ho composto i piatti ed ho decorato ciascuno con una manciata di pangrattato ai pinoli.

 

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Golosaria tra i castelli del Monferrato

Dopo il tour al Salone del Gusto tra alcuni produttori del Monferrato Astigiano, e il foodblogger tour Monferrato2Taste nella provincia di Alessandria, non poteva mancare, a coronamento del mio appena scoccato colpo di fulmine per questa regione affascinate e ricca di stimoli,  un riferimento a Golosaria Monferrato 2013, che partirà tra pochi giorni, il 1°marzo, per due weekend consecutivi, e che si svolgerà nel territorio monferrino, tra borghi e castelli.
Il territorio del Monferrato ha sempre avuto confini labili, sui quali sono avvenute, nel corso dei secoli, scorribande e razzie, da parte di barbari e saraceni, ma sui quali si è intessuta una storia complicata e ricchissima. I castelli del Monferrato portano, sulla loro “pelle” fatta di pietra e mattoni, questa intricata storia, ed andare per castelli, qui, rappresenta davvero una lezione affascinantissima.
Quando poi la storia si fonde con il buon cibo, il nutrimento della pancia diventa nutrimento anche per la mente e tutti possiamo esserne arricchiti. Forse a questo si deve la scelta azzeccatissima di intrecciare gli eventi di Golosaria con i castelli e i borghi del territorio.
La rassegna di Golosaria si aprirà la sera del 1°marzo con l’Aperitivo alla Marengo. Io ho avuto occasione di assaggiare il Napoleone, delizioso brut Marengo con succo di mela verde presso il Mezzo Litro, ma le rivisitazioni non mancano.
Il 2 e il 3 marzo, la manifestazione proseguirà con le feste nei paesi del Monferrato alessandrino e casalese, con i produttori del Golosario, provenienti da tutta italia, che faranno assaggiare i loro prodotti. 
Nella cornice di questa festa all’insegna del cibo buono e di qualità, sarà possibile fare altre esperienze, ad esempio la visita guidata alle segrete del Castello di Casale Monferrato. Impossibile citare tutti gli eventi legati alla rassegna; ha catturato la mia attenzione la cena con delitto che si svolgerà il 2 al Castello di Camino, le visite guidate al Castello di Gabiano (che è uno fra tanti ad offrire questa possibilità), la presentazione ufficiale della nuova De.Co del comune di Vignale, la fricia, che altro non è che il fritto misto alla maniera monferrina.
Per conoscere tutti gli eventi consultate il programma completo e scaricate l’invito gratuito.
La rassegna proseguirà l’8-9 e 10 marzo nel Monferrato astigiano.
Anche in questo caso, moltissimi eventi in programma, tutti disseminati in questo territorio ricco di storia e di fascino. Solo per citarne alcuni: ad Asti ci sarà la Fiera dei Vini della Luna di Marzo e il Festival delle Sagre Invernali, con i piatti cucinati dalla pro-loco; a Montiglio si svolgerà l’evento parallelo GolosExpo con il convegno “Grandi Donne della Storia del Monferrato” e la cena ad esso legata incentrata sulle Donne del Monferrato; a Murisengo ci sarà la cena a tema “Il cuoco piemontese”.
Il 10 proseguono le degustazioni e le visite guidate; nel paese di Castagnole Monferrato, patria del Ruchè, la mostra di auto e moto d’epoca; a Moncalvo ci sarà l’esposizione degli antichi mestieri; a Montiglio il Banchetto dei Marchesi e nel pomeriggio le danze occitane.
Anche in questo caso bisogna consultare il programma completo per scegliere gli eventi più congeniali a ciascuno, e ce n’è davvero per tutti i gusti.

Qui sotto troverete alcune foto della passata edizione, gentilmente prestatemi da Sarah Scaparone.

Con questo post, spero di avervi incuriositi un po’ e, se non avevate già in programma una gita in Monferrato per Golosaria 2013, fateci un pensierino!!!

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Nasce MyTable Blog!

E’ nato il blog di MyTable!!

Per chi ancora non conosce MyTable: andate a scoprirlo!! Potete prenotare il vostro tavolo al ristorante ed avere subito conferma dell’avvenuta prenotazione, potete scoprire anche all’ultimo minuto se troverete un posto per la serata o potete fare la ricerca con anticipo, scegliendo proprio il posto che fa per voi, senza più passare un’ora al telefono, ma direttamente dall’Iphone o dal vostro computer!

Da oggi MyTable diventa anche MyTable-Blog, con l’intento di diventare un riferimento per il mondo del food a tutto tondo!!
Ci saranno le ricette, le mie e quelle di Margherita, ci saranno gli eventi, i suggerimenti gastronomici, le rubriche dedicate al mondo del cibo…

Io vi consiglio di andare subito a visitarlo!!

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I Lekvar Pirohi, ravioli dolci dalla Slovacchia

Per l’Abbecedario Culinario della Comunità Europea questo mese si sta in Slovacchia con Crumpets & Co. e la ricetta che ho voluto sperimentare sono i Lekvar Pirohi (o Pirogi!).
E’ una ricetta, come molte altre slovacche, che si trova preparata con poche varianti anche nei paesi limitrofi, ad esempio in Polonia.
Di fatto sono dei ravioli con un ripieno dolce che vengono sbollentati e poi passati in padella con burro e cipolla. L’unione di dolce e salato me li ha subito fatti amare. Inoltre mi ricordano i cjarsons o cjalsons, i ravioli dolci di Carnia, che a loro volta sono fortemente ispirati dalle cucine mitteleuropee.
Il ripieno di questi ravioli è il Lekvar, letteralmente tradotto come burro di prugne. Il mio contributor linguista Alberto mi dice che il termine deriva dal latino electuarium, ovvero «miscela medicamentosa che si scioglie in bocca». Il dizionario Treccani indica: «Preparato farmaceutico semidenso formato da miscugli di farmaci
impastati con miele o sciroppi, con cui si curava anticamente un gran
numero di malattie». Questa definizione ci dà un’importante indicazione: il lekvar deve essere denso e pastoso
Altre interpretazioni si rifanno al greco, arrivando alla formulazione di electuario=lassativo. Anche qui abbiamo un indizio: la correlazione con il latte e con le prugne, uno tra i frutti considerati lassativi. 
Un’altra spiegazione dell’uso del lekvar lo si trova datato 1330 e lo indica utile a coprire il gusto di medicine sgradevoli ai bambini capricciosi.
Dunque per farcire i pirohi alla moda slovacca si può scegliere di usare una marmellata di prugne particolarmente densa o di preparare il lekvar in casa, seguendo questa ricetta:
Qui sotto la trovate tradotta:
200 g di zucchero di canna
250 g di prune secche
236 g di acqua
1 cucchiaio da té d buccia di limone grattata
3 cucchiai di succo di succo di limoni
Mescolare tutti gli ingredienti e cuocere finchè le prugne non sono ammorbidite. Passare il tutto al passaverdura per ottenere un composto denso e liscio e far asciugare in pentola ancora per un po’. Imbarattolare caldo in vasi sterilizzati e mettere a testa in giù per ottenere il sottovuoto.

Io non ho preparato il lekvar in casa, ma ho farcito i miei pirohi con della marmellata di prugne. Invece di ritagliare dei quadrati e ripiegarli a triangolo, ho fatto i ravioli partendo da dei cerchi di 8 cm di diametro.
La ricetta: Lekvar Pirohi della Slovacchia
100 g di farina 00
100 g di semola di grano duro
2 uova
sale
marmellata di prugne
1 cucchiaio di succo di limone 
1 cipolla rossa medio grande
50 g di burro 
Ho preparato la pasta mettendo la farina a fontana in una ciotola capiente, rompendo al centro le uova con un pizzico di sale e cominciando ad impastare e ad inglobare gradualmente tutta la farina.
Ho lavorato l’impasto per qualche minuto e poi l’ho lasciato riposare per circa mezz’ora.
Ho steso una sfoglia sottile circa 1,5-2 mm e ricavato dei cerchi di 8 cm di diametro. Al centro di ogni cerchio ho deposto un cucchiaino di marmellata di prugna, aromatizzata con qualche goccia di succo di limone. Ho ben richiuso i pirohi, schiacciando i bordi con i rebbi di una forchetta.
Ho messo l’acqua necessaria per bollirli a scaldare e nel frattempo ho preparato il condimento, tagliando finemente la cipolla e facendola soffriggere per alcuni minuti nel burro caldo.
Ho fatto bollire i pirohi per cinque minuti e poi li ho scolati e fatti passare in padella con le cipolle e il burro fuso.
Nell’impiattare ho completato con una spolverata di zucchero semolato. 

 

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Rurality.it, il portale per cercare l’Agriturismo del Cuore

Oggi niente ricetta, perché voglio brevemente parlarvi di turismo rurale. Si tratta di un modo di viaggiare alternativo a quello di massa, si tratta di rallentare, di esplorare senza fretta e di rilassarsi e di conoscere anche nuovi aspetti del mondo del food. Infatti credo che non ci sia modo migliore per conoscere i prodotti di una terra se non quello di andarli a scoprire direttamente in loco, dove vengono coltivati.
In passato ho trovato illuminante visitare una cascina-caseificio e sono ormai tantissime le possibilità di soggiornare in agriturismo con cantina, dopo una bella degustazione di vini e piatti del territorio.
Per questo mi fa piacere presentarvi Rurality.it . Si tratta di un portale che si occupa di turismo rurale, con un motore di ricerca che permette di visionare le schede di moltissime strutture agrituristiche ricettive sul nostro territorio ed è una realtà presente, oltre che in Italia, anche in Spagna e Portogallo.
Insomma, dal gennaio 2007 fare una ricerca su Rurality.it vuol dire trovare in tutta Italia, con pochi click,  l’agriturismo che fa al caso nostro, proprio nella zona che vogliamo visitare, immerso in uno splendido contesto verde.
I proprietari delle strutture ricettive possono registrare i loro agriturismo, corredandoli di tutte le informazioni utili per il contatto e la prenotazione e con tutte le foto necessarie a descrivere il luogo.
A noi “agri-turisti” non resta che scegliere la struttura che più ci ispira e contattarla attraverso la scheda a disposizione per concordare la prenotazione: una bella comodità direi!! 😉
Rurality.it ha anche un blog dedicato a storie di viaggi e di turismo rurale, al quale ho rilasciato un’intervista. Se siete curiosi di saperne di più andate a leggere —> qui !
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Zabaione di mela al cardamomo, una crema per Pepino

Con
questa ricetta ha inizio la mia effettiva collaborazione con Pepino. Ho
assaggiato il loro panettone ripieno già alla conferenza stampa prima di Natale, e poi ho avuto modo di assaggiarlo ancora. Il contrasto tra
la morbidezza del panettone di pasticceria e il cuore freddo di
semifreddo è perfettamente azzeccato, quello al gianduja è più intenso,
quello alla crema è più delicato, ma sempre profumatissimo.

Io
ho pensato di accompagnarlo con una crema calda che creasse un
contrasto in più. Pochi aromi, il moscato per lo zabaione e il cardamomo
per profumare e rinfrescare la mela cotta.
Perfetto per San Biagio, appena passato il 2 febbraio, quando è tradizione (in quel di Milano e dintorni) mangiare l’ultimo panettone della stagione…ma io direi perfetto sempre!! 😀

La ricetta: Zabaione di mela al cardamomo per il panettoncino Pepino, ripieno di semifreddo alla crema

(per 4 porzioni)
2 mele renetta (o mele di tipo asciutto)
2 tuorli
45 g zucchero + 1 cucchiaio
65 ml di vino moscato
i semini di 2 bacche di cardamomo
2 panettoncini ripieni di semifreddo alla crema (a seconda delle fettine che si vogliono fare)

Sbucciare e tagliare le mele a pezzi grossi e metterle a cuocere in un pentolino con mezzo bicchiere di vino e un poco d’acqua, un cucchiaio di zucchero e i semini schiacciati di cardamomo.
Quando sono cotte e morbide frullarle con il minipimer e tenerle da parte.

In un recipiente a bagnomaria mettere 2 tuorli, lo zucchero, mescolarli assieme e poi aggiungere il vino tutto assieme. Montare con la frusta sempre a bagnomaria finché lo zabaione non prende una consistenza corposa. A quel punto spegnere il fuoco e mescolare lo zabaione con la purea di mela.

Dividere in 4 coppette e servire lo zabaione tiepido, accompagnando con le fette di panettoncino.

Per un dessert più corposo, deporre sul fondo delle coppette qualche pizzico di panettone, che si gusterà con le ultime cucchiaiate imbevuto di zabaione.

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