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Ospiti sul palco, moderati dalla bravissima e competente Maria Elena Rossi di Sviluppo Piemonte Turismo, c’erano Mauro Carbone, direttore dell’Ente Turismo Langhe e Roero, Fabrizio Musso, General Manager del Grand Hotel Sitea di Torino, Luca Bernardini dell’ufficio stampa di Slow Food, Guido Castagna, Maestro Cioccolatiere e Maestro del Gusto Slowfood, Alessandro Morichetti di Do You Wine, enoteca on line dell’azienda vitivinicola Ceretto e Silvia Cartotto, travel blogger di The Girl With The Suitcase.
Mentre mi metto al lavoro per ricapitolare i temi affrontati, mi faccio aiutare da un pezzetto di cioccolato gianduja di Guido Castagna; nel momento in cui il cioccolato si scioglie contro il palato parto per un viaggio dei sensi e in un attimo vedo già le nocciole e le fave di cacao che sono servite per confezionare quel cioccolato perfetto ad ogni morso. Subitanea è la voglia di approfondire, di visitare i luoghi in cui si creano queste meraviglie del gusto che fanno l’eccellenza del nostro territorio.
Quello che accade con i social è un percorso simile, anche se talvolta in senso inverso: bisogna emozionare prima ancora di far gustare, prima ancora di vendere; la comunicazione attraverso i social deve invogliare all’esperienza.
Mauro Carbone di TuLangheRoero sottolinea come sia ormai indissolubile il rapporto tra internet e turismo, ma è fondamentale un lavoro di rete tra i produttori per valorizzare un intero territorio e non solo il singolo.
Guido Castagna aggiunge, nel suo intervento, quanto sia importante fornire ad un turista che viene da lontano un’ampia gamma di eventi e visite perché possa scegliere quelle a lui più congeniali; anche qui la comunicazione e lo scambio tra le varie realtà produttive e le strutture ricettive è importantissimo, ma anche l’utilizzo dei social da parte dei professionisti del settore diventa fondamentale per invogliare il viaggiatore alla visita reale.
Un discorso a parte viene fatto da Fabrizio Musso del Grand Hotel Sitea riguardo ai riscontri che arrivano dalle recensioni in rete. Non solo su TripAdvisor ma anche su Facebook le critiche vengono lette attentamente e diventano sempre nutrimento motivazionale e spunto per migliorare. Twitter e Instagram invece, nella loro immediatezza e nella loro essenza di strumenti a caldo, aiutano nella condivisione totale dell’esperienza di soggiorno: da qui si vede come le promesse vengano mantenute e questo sicuramente rappresenta un valore aggiunto.
Luca Bernardini di Slowfood afferma quanto sia leggibile, osservando Twitter, il movimento di utenti verso gli eventi del Salone del Gusto e di Terra Madre che si svolgeranno dal 25 al 29 ottobre a Torino; approdata alla rete relativamente tardi, solo da 3 anni, la macchina organizzativa di Slowfood trae dai social una miniera di informazioni utili e li ritiene essenziali nel momento di monitoraggio ed ascolto. Dove ci sono ancora problemi di accesso alla rete elettrica, come accade nelle comunità del cibo africane, la comunicazione avviene tramite tecnologie telefoniche (sms e tablet), ma non è meno efficace allo scopo.
Purtroppo la risposta dei partner sul territorio non è ancora così omogenea e Alessandro Morichetti di Do You Wine fa notare come nel settore vinicolo dove lui opera esistano ancora molti produttori che ignorano nel modo più assoluto cosa sia Twitter o Facebook e scelgano ancora canali tradizionali per il loro commercio. Do You Wine infatti si colloca come costola social di un’azienda di impianto tradizionale: lavora al fianco dell’azienda vitivinicola Ceretto, rispondendo all’esigenza di interattività e raggiungendo ancora più utenti che potranno in seguito decidere se acquistare on line o in modo tradizionale.
La travel blogger Silvia Cartotto racconta come un diario di viaggio in rete può diventare un travel blog e rispondere alle esigenze di altri viaggiatori: bisogna rispondere alle domande, conquistare il lettore con belle immagini e fornire un itinerario pensato e sperimentato, ricco di consigli utili. Silvia preferisce godersi il viaggio e fare scorta di immagini e suggestioni per poi portare sulle pagine virtuali del blog un resoconto ormai maturo e digerito.
La ricetta: Pizza ripiena di caprino ed erbette all’aglio
Si ricomincia, dopo una pausa di quasi 15 giorni; non sono andata in vacanza quest’anno, ma ho avuto bisogno di una pausa dal blog per mettere in chiaro alcune idee e per lavorare all’indice delle ricette che aveva bisogno di un bel rinnovamento. Ora credo che tutto risulti più chiaro e di facile consultazione anche per chi capita sul blog per la prima volta.
Ora veniamo alla ricetta che ho scelto per ricominciare. E’ ancora tempo di zucchine, ancora per poco… e il clima si è fatto decisamente più gradevole per non temere il “momento frittura”; oggi vi parlo dunque delle zucchine alla scapece che sono un piatto tipico campano, ma che si ritrovano quasi identiche in Puglia, chiamate zucchine alla poverella.
Molti dicono che la parola scapece derivi da ex-Apicio, vale a dire “da Apicio”, o “alla maniera di Apicio”, assegnando al celebre gastronomo dell’Impero Romano l’invenzione di questa preparazione a base di aceto. In realtà oggi è assodato che la parola derivi invece da escabeche, che indica nel mondo spagnolo una preparazione a base di aceto, che sarebbe stata inventata, però – indovinate un po’! – dagli arabi!! Infatti la parola di origine sarebbe sikbâg, pronunciato volgarmente iskebech. Per gli arabi indicava un piatto a base di carne con aceto e altri ingredienti e con questo nome appare ne “Le mille e una notte”.
Da qualsiasi luogo provenga, in un mondo senza frigoriferi, l’uso di conservare cibi con l’aceto si diffuse a macchia d’olio. Troviamo piatti di questo genere in Medio Oriente, Spagna, America Latina ed Italia, naturalmente, dove il termine può indicare ricette diversissime tra loro. A Trapani di chiama scapece la parte meno pregiata del tonno, una volta che è stato conservato sotto olio; in Sardegna, invece, su scabecciu è proprio il sistema di marinatura con olio, aglio e aceto.
Nel piatto campano l’aglio la fa da padrone, insieme all’aceto, ma il gusto che rende il piatto così estivo è la menta fresca. L’unico inconveniente è che le zucchine friggendo si riducono e quindi per quante ne prepariate saranno sempre “troppo poche”.
La ricetta: Zucchine allo scapece
zucchine verdi e fresche
olio per friggere
sale
aceto bianco
qualche spicchio d’aglio
foglie di menta fresca
Il trucco consiste nel far asciugare le zucchine per far perdere loro dell’acqua: la frittura sarà più veloce e le zucchine manterranno tutto il loro sapore. Un tempo questa operazione si faceva stendendo le zucchine affettate al sole per una mattinata intera. Io ho tagliato a rondelle sottili le zucchine e poi le ho disposte su una leccarda rivestita di carta forno. Bisogna far asciugare ciascuna teglia di zucchine a 100° per almeno 10 minuti.
Poi si può procedere con la frittura che va fatta in olio bollente, facendo attenzione che le zucchine si colorino leggermente ma senza scurirsi troppo. Poi le zucchine vanno scolate dall’olio in eccesso, salate leggermente e spruzzate di aceto. Nella ciotola si aggiungono poi pezzettini d’aglio e menta fresca tritata; la tradizione vuole anche un cucchiaio dell’olio di frittura per condirle. Le zucchine vanno poi fatte riposare in modo che i sapori si amalgamino meglio.
Sono deliziose sul pane o come contorno e se l’aglio non vi spaventa mangiatele anche da sole!
Sabato ho raccolto il materiale a casa, come dalle indicazioni fornite da Anna:
la conserva di pomodoro |
le pesche sciroppate |
la marmellata di peperoni |
la giardiniera |
AGGIORNAMENTO:
immagine per gentile concessione di Cucina Precaria |
500 g di pomodorini rossi (ancora da pulire)
Per confezionare questa confettura ho dato nuova vita a due barattolini di marmellata, e nella giornata di domani useremo tanti barattoli e bottiglie di vetro, sia nuove, sia riutilizzate, perchè io e Cucina Precaria siamo amiche del vetro e di Friends of Glass!