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Pollo alle olive verdi e limoni confit

Qualcuno si ricorderà che qualche post fa ho parlato dei miei limoni confit. Tra le ricette più diffuse per provare ad utilizzarli ho trovato quella del pollo alle olive verdi e limoni confit, cotto nella tajine, la tipica pentola conica marocchina, in primis quello di Zucchero e Viole e poi molti altri, che differivano per piccoli particolari.
Nel tentare di riprodurre questa ricetta, pur non avendo la tajine, ho scoperto una cosa molto interessante. La miscela aromatica che si usa per questa ed altre ricette marocchine si chiama Ras El Hanout, che significa “capo della drogheria” ed è il corrispettivo arabo del curry. Si tratta di una miscela ricchissima di erbe e spezie che è diffusa in tutto il Maghreb, con molte varianti.
Sostanzialmente i componenti canonici di questa miscela sono: noce moscata, cannella, macis, anice, curcuma, pepe rosa, pepe bianco, galanga, zenzero, chiodo di garofano, pimento, cardamomo nero, cardamomo verde, lavanda e i boccioli di rosa, diffusissimi nella cucina mediorientale. Fino al 1990 della ricetta faceva parte anche la cantaride polverizzata, che altro non è, e sono che qualcuno storcerà il naso, un piccolo coleottero diffuso in quelle regioni, che veniva essiccato e triturato. Dopo il 1990 la vendita di questo componente è stata proibita in Marocco, ma chissà che in qualche villaggio sperduto ancora non si prepari il Ras El Hanout nel modo più autentico.
Come capirete la mia Tajine di pollo con olive e limoni confit non è autentica, visto che mi  mancavano sia la tajine sia il Ras El Hanout, ma con qualche accorgimento ne è venuta fuori ugualmente un’ottima ricetta caratterizzata dalla forte personalità dei limoni.
Per avvicinarsi alla cottura in tajine la carne deve cuocere in una pentola a fondo spesso, possibilmente di coccio, a fuoco bassissimo e coperta. Il sughino che si formerà sarà perfetto per condire il cous cous da accompagnare alla carne.

La ricetta: Pollo alle olive e limoni confit

Ingredienti:
300 g di carne di pollo in filetti
1 cipolla grossa
2 spicchi d’aglio
1 grosso pomodoro tagliato a dadini
¼ di limone confit più 1 pezzetto
una manciata di olive verdi grosse (le mie erano olive Bella di Cerignola, che di solito sono olive da tavola)
olio evo
spezie (io ho usato: noce moscata, cannella, curcuma, pepe nero, paprika dolce, chiodi di garofano, coriandolo, zenzero fresco)
sale
150 g di cous cous

Preparazione:
Ho messo i filetti di pollo a marinare per circa 3 ore in una marinata che andrebbe fatta con il ras el hanout. Io ho messo olio extravergine d’oliva e le spezie che avevo, tranne lo zenzero fresco. Per le spezie regolatevi a vostro gusto e mettete in frigorifero.
Passato questo tempo, in una pentola di terracotta, ho messo a rosolare i filetti di pollo nella loro marinata, in modo che dorassero da tutti i lati; se usate le cosce di pollo è meglio, perché tendono a seccarsi di meno!
Poi ho tolto i filetti dalla pentola e aggiungendo un cucchiaio d’olio ho rosolato la cipolla sminuzzata e gli spicchi d’aglio. Ho poi aggiunto il pomodoro a dadini, lasciandolo ammorbidire per un po’.
Quando il pomodoro era quasi disfatto, ho rimesso in pentola i filetti di pollo, bagnandoli con il succo di mezzo limone, aggiungendo 2 cm di zenzero fresco grattugiato e tre mestoli d’acqua calda coprendo tutto il pollo.
Ho lasciato cuocere a pentola coperta, a fuoco lento, controllando di tanto in tanto che il pollo si asciugasse molto lentamente.
Nel frattempo ho preso il limone confit e ho ripulito bene la parte che mi serviva dal sale e dalla polpa ancora attaccata alla buccia. Ho aggiunto in pentola la buccia del limone confit e le olive verdi, lasciando cuocere ancora un po’, e verso la fine ho scoperto la pentola perché il sughetto si restringesse. Non dovrebbe essere necessario aggiungere sale, ma nel caso assaggiare e valutare!
Ho servito con del cous cous preparato in precedenza.


Nelle foto vedete anche uno splendido pane che si chiama “Pane Marocchino delle Feste”, la ricetta l’ho presa con qualche variante dal libro “Il pane fatto in casa” di Christine Ingram e Jennie Shapter; ve ne parlerò un’altra volta! 😀

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Il Food Revolution Day e le orecchiette con spinaci con uvetta e pinoli

Grazie a Micol e Cecilia di Muffins&Dintorni ho trovato un contest davvero interessante organizzato da Jasmine di Labna – Amore in cucina.
Fra pochissimi giorni sarà il Food Revolution Day
Tutti occupati a rimediare ai disastri della crisi, ci mancava pure la rivoluzione, direte voi… E invece no! Questa è una rivoluzione buona, perché si tratta di un evento creato da Jamie Oliver per sensibilizzare sul cibo sano e buono. 
Un piatto nutrizionalmente sano non deve essere per forza spiacevole da mangiare…anzi, al contrario, sempre più spesso il cibo sano è anche buono, noi foodbloggers ne siamo la prova vivente!
Così il 19 maggio partirà, in tutto il mondo, questa rivoluzione sana! Siamo tutti chiamati a partecipare, perché la salute si costruisca ogni giorno a tavola. Verranno organizzati molti eventi, ed è importante pubblicizzare l’iniziativa perchè sia davvero efficace! Tutte le informazioni le potete cercare qui.
Fino al 10 maggio, invece, sul blog di Jasmine e Manuel, si può partecipare al contest, pubblicando una ricetta che contenga prodotti sani, a km zero e di stagione.
Io ho scelto gli spinaci!
Gli spinaci consumati freschi e soprattutto raccolti in primavera sono i più ricchi di vitamine, soprattutto A e C, ma anche B, D, F, K e PP, e molti minerali, tra cui il famoso Ferro.
Gli spinaci hanno anche un’altra proprietà: contengono luteina, una sostanza molto importante che penetra nel sangue e arriva fino agli occhi depositandosi nella retina; in pratica gli spinaci ci aiutano a vedere meglio, non solo nel piatto!!
Inoltre gli spinaci fano molto bene al cuore, ma perché le vitamine siano assimilate nel modo migliore, bisognerebbe mangiarli crudi, in insalata. Sbollentandoli si perde circa il 50% di contenuto di vitamine e sali minerali, ma gli spinaci restano un cibo sano e salutare, un ottimo contorno e condimento per la pasta.

Proprio come condimento per la pasta li propongo per questa ricetta, in abbinamento con i pinoli, calorici, ma ricchi di proprietà antiossidanti per la pelle ed i capelli, e l’uva passa che conferisce una punta di dolcezza al piatto.
In questa occasione scopro che l’accostamento di spinaci, pinoli e uvetta fa parte della tradizione veneta come contorno, mentre io ho cucinato spesso come contorno, le zucchine con pinoli e uvetta.

La ricetta: Orecchiette con spinaci, pinoli e uva passa
(per 2 persone)
200 g di orecchiette
300 g di spinaci freschi
una manciata di uva passa
una manciatina di pinoli
mezzo bicchiere di vino bianco
1 spicchio d’aglio
1 peperoncino
olio evo
sale

Ho sbollentato gli spinaci e poi li ho raccolti con una paletta forata, senza buttare l’acqua, ricchissima di sali minerali, che servirà per la cottura della pasta. 

Ho sminuzzato al coltello gli spinaci. 
Ho messo in ammollo l’uvetta nel vino bianco, dopo averla risciacquata più volte sotto l’acqua.
Ho tostato leggermente i pinoli in un padellino e messo da parte.
Ho rimesso la pentola dell’acqua sul fuoco e ho aspettato che riprendesse il bollore; poi ho salato l’acqua e buttato le orecchiette (erano secche e necessitavano di 13 minuti di cottura).
In una padella capiente ho rosolato l’aglio e il peperoncino in due cucchiai d’olio extravergine d’oliva, ho aggiunto gli spinaci sminuzzati, poco dopo il vino e l’uva passa. Ho rigirato in padella per un paio di minuti e aggiustato di sale, poi ho spento.
Quando la pasta era cotta l’ho scolata e messa in padella con il condimento. Ho rigirato bene per far insaporire e aggiunto un filo d’olio e i pinoli tostati.

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La mia Sacher e il contest di Vera in Cucina

Quando si è profilata, con il contest di Vera in Cucina, la necessità di abbinare un brano di poesia – o  di prosa – al cioccolato ho pensato che non sono molto ferrata con i versi. 
D’altronde credo profondamente che un libro possa essere un buon amico che ritorna dopo tanti anni ed ho subito pensato ad uno dei libri letti nell’adolescenza, che per tanti anni è stato nei miei pensieri ed è ancora oggi nella top ten dei bei ricordi scritti. Si tratta di Narciso e Boccadoro di Herman Hesse, letto sotto le coperte, forse a 15 anni, con la febbre. Ricordo che ero stata incantata dalla storia, persa in un tempo lontano, colta, credo di ricordare, dal punto di vista più superficiale. In realtà esiste in questa lettura un significato ben più profondo. Hesse spiega la sua filosofia attraverso l’incontro di due anime, Narciso, lo spirituale, e Boccadoro, dominato dai sensi. E nessuno dei due può ritenersi completo e libero di essere felice perché possiede solo metà del sentire umano. Questo libro è venuto in mio aiuto anche questa volta, come un buon amico, e vi ho trovato le parole adatte per accompagnare la mia torta:
 

<<Mai più!>> diceva imperiosa la sua volontà.
<<Domani ancora!>> supplicava il cuore singhiozzante.

 
La Sacher è la torta al cioccolato per antonomasia, semplicissima ed elegante, pare che sia stata inventata dal giovanissimo Franz Sacher a soli 16 anni in onore del principe Von Metternich Winnesburg nel 1832.
Il giovane cuoco sostituiva un chef ammalato e si ingegnò per creare un dolce delizioso per questo golosissimo principe. Come si può vedere dalle dosi la combinazione della ricetta è semplice, giocata sulla stessa quantità di burro, zucchero, farina e cioccolato fondente. Pare che il principe abbia addirittura esultato dopo l’assaggio, e Franz Sacher divenne celebre!
Un altro cuoco cercò di rubargli la paternità della ricetta, ma attraverso cause legali Sacher la riottenne e con il denaro guadagnato dalla causa aprì un hotel, l’Hotel Sacher.
La torta è composta da due strati di torta al cioccolato, farciti con marmellata di albicocca, che con il suo acidulo va a mitigare la dolcezza del cioccolato, ed è ricoperta da uno strato di glassa al cioccolato fondente. La copertura si asciuga in superficie, ma resta morbida all’interno. In Austria ritengono questa torta comunque troppo asciutta e la accompagnano con panna acida semimontata o con caffè viennese.
 
Nella mia interpretazione della Sacher ho tagliato uno strato in più, dividendo la torta in tre fette trasversali e l’ho farcita con marmellata di lamponi; per la glassa di copertura ho usato un cioccolato fondente al 70% di cacao, aromatizzato al lampone. Ne è venuta fuori una “Sacher?” che per correttezza ha il punto interrogativo. Ma di certo il risultato al palato è delizioso. I semini di lampone della confettura scricchiolano sotto i denti, la pasta al cioccolato si scioglie in bocca, la glassa di cioccolato al lampone lascia un ottimo retrogusto.

E come dicono le parole di Hesse, “mai più” si mormora dopo aver tagliato l’ennesima fetta e subito dopo, “domani ancora” raccogliendo le ultime briciole dal piattino.

La ricetta: Sacher Torte al lampone
Per la torta (stampo da 21 cm di diametro):
150 g di cioccolato fondente
150 g di burro
150 g di farina
150 g di zucchero
4 uova grandi (o 5 piccole)
 

Per la glassa di copertura:
confettura di lamponi
sciroppo di lamponi (o sciroppo di acqua e zucchero)
80 g di cioccolato aromatizzato al lampone
70 g di zucchero a velo (+ altro per la scritta)

Preparazione :
Ho tritato il cioccolato con il coltello e l’ho messo in un pentolino a sciogliere a bagnomaria.
Ho imburrato bene lo stampo, coprendo poi solo il fondo con un cerchio di carta da forno.
Ho lavorato, con 75 g di zucchero, il burro lasciato ammorbidire a temperatura ambiente.
Ho unito al burro il cioccolato fuso, leggermente intiepidito e ho mescolato bene. Poi ho cominciato ad aggiungere i tuorli uno alla volta, mescolando ed aerando bene il composto.
Ho montato a neve gli albumi, aggiungendo i 75 g di zucchero rimasti, appena gli albumi diventano chiari. Ho unito due cucchiaiate di albumi montati al resto dell’impasto mescolando bene.
Ho incorporato la farina, mescolando bene dopo ogni aggiunta. Infine ho aggiunto l’ultima parte di albume montato a neve, mescolando dall’alto vero il basso con delicatezza.
Ho versato il composto nello stampo ed ho infornato a 175° per circa 45 minuti.
Ho lasciato riposare il dolce tutta la notta.
Al mattino l’ho diviso in tre longitudinalmente ed ho spalmato la confettura di lamponi sui primi due strati. Per facilitare questa operazione bisogna rendere più fluida la confettura aggiungendo alla confettura qualche cucchiaio di acqua tiepida.
Sull’ultimo strato di torta ho spennellato dello sciroppo di lamponi, ma va beneanche della confettura resa molto fluida e passata al setaccio.
A questo punto ho tagliato il cioccolato per la copertura e l’ho messo da parte.
In un pentolino ho fatto uno sciroppo con 100 ml di acqua e lo zucchero a velo. Quando era bollente ho versato il cioccolato nello sciroppo e l’ho fatto sciogliere bene. A quel punto l’ho colato sopra la torta, facendolo scendere anche sui lati ed appiattendolo con una spatola.
La glassa va fatta seccare un po’ e poi si può procedere con la scritta Sacher. Io, per riprendere la farcitura ho usato sciroppo di lampone e zucchero a velo per fare una glassa rosa. La stessa cosa si può fare con la stessa glassa di copertura, usata in un secondo momento in modo che resti a rilievo.

La torta Sacher va conservata a tempertaura ambiente, tra i 16° e i 18° ed è ancora più buona dopo un giorno, quando tutti i sapori si amalgano meglio.

Con questa ricetta partecipo al contest di Vera in Cucina, La Poesia del Cioccolato, in collaborazione con Rasenti, e vi assicuro che è stato un vero piacere!!! 😉

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Il tè nel deserto: tè verde alla menta con pasticcini marocchini

Eccoci all’appuntamento con i meravigliosi tè di Coccole e nuovi dolcetti da provare!
Dopo aver visto, nei passati Tea Time, alcune usanze cinesi e giapponesi e il tè in Inghilterra nel primo Ottocento,
non potevano mancare alcuni cenni sulla tradizione del tè in Marocco,
paese dove esiste un rituale del tè molto sentito e con forti valenze
sociali. 
Il tè in Marocco si beve in molti momenti della giornata, prima
dei pasti, come aperitivo ma anche alla fine, come digestivo. Si beve
per dare il benvenuto ad un ospite, ma anche durante la giornata per una
pausa, o come accompagnamento allo studio e alla lettura. Il tè in
questione è sempre un tè verde, introdotto dagli Arabi secoli or sono, 
aromatizzato da menta fresca.

Esiste poi una serie di gesti durante la preparazione dell’infuso che
vengono tramandati da secoli in modo sempre uguale e che si
differenziano dalle differenti culture del tè, facendo del rito marocchino del tè un
momento unico e magico.

La tipica teiera marocchina
Per ripetere il rituale  a casa si dovrebbe possedere una teiera come quelle originali marocchine, alte, eleganti e d’argento con un beccuccio lungo e sottile. Da qui il tè viene versato da una certa altezza per essere ben ossigenato.
Ma partiamo dal principio.
L’erba utilizzata per aromatizzare è talvolta menta fresca, talvolta un mazzetto composto da menta e salvia. La menta marocchina è la più profumata e ricca di mentolo e viene usata non a caso, visto che è un erba ricca di proprietà utili, in particolare se si è esposti ai climi caldi come quello del Maghreb. La menta è un analgesico naturale utile per lo stomaco e l’intestino, rafforza le fibre muscolari dello stomaco e riduce le fermentazioni, inoltre induce appetito e favorisce la digestione. Insomma si tratta di un’erba che una fûdblogger dovrebbe tenere sempre in tasca!! 😉
L’altro componente fondamentale del tè marocchino è lo zucchero che viene messo in grande quantità, direttamente nella teiera, ma che poi risulta assolutamente equilibrato all’assaggio, poiché il tè verde non è una qualità di tè particolarmente dolce al naturale.
 
Le fasi per la preparazione sono le seguenti:
– l’acqua viene messa a bollire;
– nella teiera vengono messe le foglie di tè;
– nella teiera viene versata un po’ d’acqua bollente, utile per risciacquare la teiera dalla polvere e per bagnare le foglie di tè che vengono in questo modo vengono private della teina più aggressiva; l’acqua viene fatta girare velocemente e poi gettata avendo cura di non far scivolare via anche le foglie di tè;
– nella teiera vengono aggiunti i rametti di menta (e di salvia, talvolta) e viene versata l’acqua per l’infusione;
– viene aggiunto lo zucchero in quantità notevole, circa un cucchiaio di zucchero di canna a persona, e la teiera viene rimessa sul fuoco per qualche minuto, senza mai far prendere il bollore;
– si assaggia e si regola ancora di zucchero;
– dopo 5 minuti di infusione il tè può essere versato avendo cura di ossigenarlo; questo passaggio si fa versando il tè da un’altezza notevole, 15 o 20 cm, nei piccoli bicchierini di vetro decorato;
– a questo punto il tè può essere gustato e  sarà perfetto, dolce e aromatico al punto giusto.
Io ho usato i cuori di tè verde di Coccole che avevo già abbinato in passato ad altri biscottini.
Al tè vengono accompagnati i dolci tipici del Marocco, i Ghouriba e i Kaab El Ghzl, le corna di gazzella, e molti altri.
Sono pasticcini a base di mandorle, profumatissimi e spiccatamente dolci, per reggere la dolcezza del tè alla menta.
Io ho provato a riprodurli, estrapolando la ricetta che, fra le tante, mi sembrava più convincente.

La ricetta: Kaab El Ghzl (Corna di gazzella)
(ingredienti per 30 pezzi)

Per la pasta:
60 g di semola di grano duro
40 g di farina 00
1/3 di fialetta di essenza di fiore d’arancio ( o un cucchiaio di acqua di fiori d’arancio)
1 cucchiaio di burro
Acqua qb (o albume)
 
Per il ripieno:
200 g di mandorle pelate
100 g di zucchero a velo
un pizzico di sale
15 g di burro
1/3 di fialetta di essenza di fiore d’arancio
acqua qb

Preparazione :
Ho mescolato la farina con il burro, l’essenza di fiori d’arancio e un po’ d’acqua  (potete anche usare l’albume) fino a formare una pasta morbida e lavorabile. Ho lavorato la pasta per 5 minuti e poi l’ho avvolta nella pellicola e fatta riposare per mezz’ora.

Nel frattempo ho preparato il ripieno. Ho tritato finemente le mandorle, le ho mischiate con lo zucchero a velo e il burro sciolto. Ho aggiunto gli altri ingredienti e per ultima un po’ d’acqua per formare un impasto compatto.

Ho steso la pasta sulla spianatoia, fino a renderla sottilissima. Con un coppapasta ho ricavato dei cerchi di 8 cm di diametro. Su ogni cerchio ho deposto un salsicciotto di ripieno. Le corna di gazzella si ricavano piegando la pasta sul ripieno, come un raviolo, e poi arcuando e pizzicando il dolcetto.

I dolcetti vanno fatti cuocere in forno caldo a 160° per circa 15 minuti.

La ricetta: Ghouriba alla cannella 

(ingredienti per 25 pezzi)

80 g di farina di semola
45 g di farina 00
50 g di olio di semi
35 g di mandorle tritate
65 g di zucchero a velo
½ uovo sbattuto con un pizzico di sale
la buccia grattugiata di mezzo limone
1 cucchiaino di cannella in polvere
1 cucchiaino di lievito per dolci
zucchero a velo per rifinire

Preparazione
Ho lavorato insieme le due farine e l’olio fino a farli sabbiare. Ho aggiunto poi lo zucchero a velo, le mandorle tritate, il lievito, la buccia di limone e la cannella. Ho aggiunto il mezzo uovo sbattuto, fino a formare una pasta lavorabile. Ho lasciato riposare per un quarto d’ora.
Ho poi ricavato delle palline come piccole noci (che cresceranno in cottura), le ho passate nello zucchero a velo e le ho deposte distanziate sulla carta da forno.
Ho informato a 160° per 13 minuti circa.

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Crema verdina di asparagi per il contest di Valefatina

Il nome dell’asparago deriva dal greco aspharagos che a sua volta deriva dal persiano asparag che significa germoglio. Questa pianta iniziò a diffondersi probabilmente proprio dall’Iran e dalla Mesopotamia, e venne utilizzato da quei popoli soprattutto a scopo medicinale. I Greci invece lo ignorarono bellamente.
Furono i Romani a riscoprirlo, portarlo verso l’Occidente e ad apprezzarlo tantissimo, tanto che venne considerato un cibo da imperatori e da gourmet, Apicio in testa, che nei suoi scritti lasciò indicazioni su come cucinarlo e da Catone e da Plinio che lo citarono nei loro scritti!
Nel XV secolo cominciò ad essere coltivato in Francia e successivamente in Inghilterra, dove conobbe grande popolarità. La cucina stava abbandonando il periodo delle spezie per iniziare quello delle erbette e degli ortaggi freschi.
L’asparago è proprio un germoglio, come suggerisce il suo nome, mentre la pianta, che fa parte delle Liliacee come aglio e cipolla, si sviluppa a rete, sottoterra.
Una volta che il germoglio buca il terreno e compare in superficie, viene tagliato e raccolto in mazzi. Gli asparagi che compriamo bianchi sono coltivati al buio e raccolti appena emergono, quelli verdi invece hanno il tempo di sviluppare la clorofilla. Al contrario di altre piante la grossezza dell’asparago non è direttamente proporzionale alla sua durezza. Infatti gli asparagi più cicciotti risultano anche più succosi, mentre quelli fini più filamentosi.
L’asparago è ricco di molte proprietà, come il suo parente “cipolla”. Diuretico, utile a rinforzare le pareti dei capillari, ricco di calcio, fosforo, magnesio, potassio e di vitamina B, privo di colesterolo e con solo 25 kcal per 100 grammi, insomma vale la pena farne incetta, a partire da aprile, che è proprio il suo periodo!!!


Per il contest di Valentina del blog Brodo di Coccole in collaborazione con Zalando ho scelto una ricetta elegante, gustosa e con “accessori” sfiziosi proprio come i capi della nuova collezione di Bernadette Penkov.
Il verde di un certo vestitino, questo, dall’aria un po’ retrò, mi ha ispirato sull’utilizzo degli asparagi freschi freschi. Ne ho fatto una crema morbida… Per accostarci della croccantezza, ho abbinato delle frittelle di pasta cresciuta con pezzettini di acciuga e il tocco finale l’ha dato una frittattina sbriciolata con erbette fresche ed essiccate.
Mi è sembrata proprio la ricetta adatta per questo contest.




La ricetta: Crema di asparagi con palline saporite e frittatina alle erbette
(per due persone)
Per la crema:
un mazzo di asparagi verdi
olio
sale
½ cipolla


Per le palline di pasta cresciuta:
100 g di farina
¼ di cubetto di lievito di birra fresco
50 ml di acqua tiepida
sale (attenzione, i filetti di acciuga sono già molto saporiti!)
filetti di acciuga
olio per friggere


Per le frittatine:
2 uova
sale
olio
erbette aromatiche fresche o essiccate


Per prima cosa ho preparato la pasta cresciuta, sciogliendo il lievito in un po’ di acqua tiepida e poi impastando con farina, un pizzico di sale e acqua, fino ad ottenere una pastella consistente ed elastica. Ho lasciato riposare per un’ora.


Nel frattempo ho lavato gli asparagi e li ho privati delle parti più dure. In una padella capiente e dal bordo alto ho messo un filo d’olio e della cipolla tritata e, dopo averla fatta soffriggere un po’ ho aggiunto i gambi degli asparagi tagliati a pezzetti di un cm, tenendo da parte le punte tenere che ho invece fatto cuocere a vapore. Ho fatto insaporire gli asparagi nella cipolla e poi ho aggiunto qualche mestolo di acqua calda fino a coprirli e li ho fatti cuocere lentamente, aggiungendo altra acqua calda per tenerli sempre coperti. Quando erano teneri teneri, li ho frullati con abbondante liquido di cottura, ho aggiustato di sale e aggiunto un filo d’olio e poi messo in un pentolino per poterli riscaldare al momento giusto.


Ho scaldato l’olio per friggere. Ho ripreso la pasta cresciuta e ho deposto nella ciotola dei pezzettini di acciuga e poi preso una cucchiaiata di pastella inglobando un paio di pezzetti. Ho fatto scivolare delicatamente la cucchiaiata nell’olio bollente. Ho ripetuto per altre palline, cinque o sei, e fatto dorare per qualche minuto, e poi fatto la stessa cosa con la pastella restante. Tenere le palline in caldo mentre si aspetta che siano tutte pronte.


Per le frittatine alle erbette, da preparare subito prima di servire, ho sbattuto due uova con un pizzico di sale, e ho miscelato all’uovo menta, timo, maggiorana, origano e basilico. Poi ho fatto colare il composto nella padella unta d’olio, rompendo poi la frittatina come se si trattasse di uovo strapazzato.
Ho servito la crema calda con l’accompagnamento di palline e frittatina.
Cn questa ricetta partecipo al contest di Valefatina, Oltre i fornelli c’è di più!

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Il mio primo blog-compleanno e un contest per voi!!!

Oggi il mio blog compie un anno e ogni giorno di più sono entusiasta di questo mio spazio in rete.
Sono partita con l’idea di voler legare le mie ricette e i miei ingredienti all’arte e alla storia e ho scoperto (ogni giorno di più) che amo provare ricette tipiche, soprattutto se legate a qualche aneddoto di vita popolare e contadina, e magari raccontare quando queste ricette sono nate.
Per questa ragione il contest che celebra questi 365 giorni di blog doveva vertere sugli stessi argomenti.
Da oggi parte “Ricette a spasso nel tempo”. 
Vi chiedo di cercare un personaggio storico a cui abbinare una ricetta, raccontarne la vicenda e spiegare perché personaggio e ricetta sono correlati. Non necessariamente deve trattarsi di un personaggio molto famoso…anzi, benvengano le storie di personaggi che non tutti conoscono.

Cerco di raccogliere in un elenco le regole del gioco:
– per partecipare bisognerà postare da oggi 22 aprile fino al 17 giugno 24 giugno (fino alle 23,59) una ricetta che sia ispirata a un personaggio storico, più o meno noto. Ad esempio avete la piena libertà di ispirarvi al sindaco di un paesello sperduto o a un cuoco celebre del passato o a un re, papa, generale o condottiero, se ne conoscete la storia e la raccontate, spiegando perché personaggio e ricetta sono in collegamento. L’importante è che il personaggio sia realmente esistito e che abbia un legame con la ricetta, vero o di ispirazione. Con “legame vero o di ispirazione” intendo che o il personaggio mangiava davvero quel dato cibo o per qualche ragione pensate che la ricetta avrebbe potuto piacergli.
– potete partecipare con una sola ricetta, di qualunque genere.
– dovete inserire nel post e in angolino della vostra pagina il banner del contest
– la ricetta deve essere corredata di fotografia del piatto finito, cucinato da voi.
– per partecipare bisognerà lasciare un commento a questo post con il link del vostro post ed io man mano aggiornerò l’elenco delle ricette partecipanti.
– se non avete un blog potete inviare una mail con storia, ricetta e foto del piatto finito all’indirizzo ricettedicultura@gmail.com ed io la pubblicherò in un post sul mio blog.
– se avete un account facebook potete pubblicare storia, ricetta e foto in una nota e poi segnalarmi il link.
– se volete diventare followers del mio blog fatelo, ma non è obbligatorio! Se volete diventare fans della mia pagina facebook potete cliccare “mi piace” qui: https://www.facebook.com/RicetteDiCultura , ma non è obbligatorio.
– le ricette e i post partecipanti verranno giudicati insindacabilmente 😉 dalla sottoscritta sulla base di:

# aderenza alla richiesta del contest, personaggio storico-ricetta
# originalità dell’abbinamento e della ricetta
# presentazione (non occorre essere dei fotografi, ma la foto deve essere leggibile e un po’ grande perché poi vorrei raccogliere il tutto in un pdf)

Verranno premiate 2 persone
1. la ricetta a mio giudizio più rigorosamente rispondente alla richiesta del contest con il libro:

 2. il post a mio giudizio più originale, simpatico e creativo, (quindi arrampicatevi pure sugli specchi), con il libro:


Credo di aver detto tutto, se ho dimenticato qualcosa lo aggiungerò in seguito. E se troverò qualcosa di particolare e interessante da aggiungere ai premi lo farò presto
Spero che il contest, un po’ impegnativo, vi piaccia e spero che partecipiate numerosi…o almeno in un numero decente, tale da non farmi oscurare questo post e fingere che questo contest non ci sia mai stato… 😉

Grazie a tutti voi che commenterete!!! 😀

AGGIORNAMENTO DEL 13 GIUGNO 2012:
ATTENZIONEEEEEEE!!!!! 
Visto che il contest è partito in sordina e si sta facendo notare un po’ di più nelle ultime settimane con numerosi consensi, ho deciso di prorogare la scadenza di una settimana, ovvero fino al 24 giugno, per dare la possibilità anche a chi ne è venuto a conoscenza da poco, di inviare la propria ricetta e di formare, infine, un pdf più corposo.
CHI LO DESIDERA PUò ANCHE AGGIUNGERE UNA SECONDA RICETTA PARTECIPANTE AL CONTEST!!  🙂

Visto che è cambiato il termine ultimo, aggiungerò anche un terzo premio, che però devo ancora scegliere e su cui avrete presto aggiornamenti!!


ELENCO DELLE RICETTE PARTECIPANTI:
Crepes di Andersen con arrogante grano saraceno di Paola del blog Nastro di Raso, con la partecipazione di Hans Christian Andersen.
Lasagne ar biondo Tevere di Patrizia del blog Ieri e Oggi in Cucina, con la partecipazione di Aldo Fabrizi.
San Simplicio e il panino della festa di Vera del blog Vera in Cucina, con la partecipazione di San Simplicio.
Pavlova di Laura del blog Matematica e Cucina, con la partecipazione di Anna Pavlova.
Pizza Margherita di Rachele del blog Il Ricettario di Rachele, con la partecipazione della Regina Margherita di Savoia.
Pasta pancetta e fagioli di Roberta del blog L’Angolo Cottura di Roby, con la partecipazione di Bernabò Visconti.
Principessa Mafalda di Falentina del blog Le pentole di Falentina, con la partecipazione della Principessa Mafalda di Savoia.
La frittata del Re Lazzarone di Roberto del blog ‘A Cucina ‘e Mammà, con la partecipazione di Re Ferdinando IV di Borbone.
La focaccia provenzale di Giu del blog Mela e Cannella, con la partecipazione di Paul Cézanne.
La pasta alla Tetrazzini di Chiara, Un’Italiana Senza Servitù del blog Torsolo di Mela, con la partecipazione di Luisa Tetrazzini.
Tortelli alle erbette  di Antonella del blog Sapori in Concerto, con la partecipazione di Giuseppe Verdi.
Pasticcio alle fraghe per sua Serenissima Altezza Cristina di Simona (ricetta da Facebook), con la partecipazione di Cristina di Svezia.
Garibaldi Mini Cake di Shamira Gatta del blog Lovely Cake – Favole di Zucchero, con la partecipazione di Giuseppe Garibaldi.
Frittelle di salvia di Silvia del blog Pane e Pomodoro, con la partecipazione di Martino da Como. 
Soufflé Rothschild alle albicocche di Ann del blog BperBiscotto, con la partecipazione di Marie-Antoine Carême. 
Tagliatelle al sugo di germano di Ingorda del blog Il Rifugio dell’Ingordo, con la partecipazione di Lucrezia Borgia. 
Il Farzotto di Ildegarda von Bingen di Tiziana e Alessia del blog Staffetta in Cucina, con la partecipazione di Santa Ildegarda.
Mojito de Muslo de Pollo di Chef Speciali del blog Chef Speciali…apprendista chef, con la partecipazione di Ernest Hemingway.
I Biscotti al Burro di Arachidi e il Dispensatore di Sogni di Cecilia e Micol del blog Muffin e Dintorni, con la partecipazione di Walt Disney. 
Budino Ginori-Conti e l’energia geotermica di Giulietta del blog Se Cucino, Sorrido, con la partecipazione del Marchese Piero Ginori-Conti e del suo cuoco. 
Un’Albanella di Pesce di Loredana del blog La Cucina di Mamma Loredana, con la partecipazione di François Vatel.
Spaghetti alla Chitarra con Pomodorini e Sarde di Memi del blog In Cucina con M.E., con la partecipazione di Peppino Impastato.

FUORI CONCORSO:
Arrosto di manzo alla senape inglese di Giuseppe del blog Il Riccio e la Volpe, con la partecipazione di Immanuel Kant.

ai fornelli, ricette originali, ricette tradizionali

Caprese prêt à porter

Non è colpa mia, le regole parlavano chiaro!
Si trattava di proporre una ricetta stuzzicante, fresca e trasportabile anche per un pranzo all’aria aperta, che richiedesse un tempo di preparazione inferiore ai 30 minuti…
Mica era tanto facile…
Poi ho pensato a questa insalata, un grande classico al quale ho dato una forma un po’ diversa… e sebbene mi vergogni un po’ a chiamarla ricetta, vi assicuro che ce la si fa ampiamente!!! E pure la presentazione è deliziosa, sia che la consumiate a tavola come antipasto sfizioso, sia che chiudiate la scatolina e ve la portiate a spasso.
Vi presento la mia Caprese prêt à porter!!




La ehm…ricetta: Caprese prêt à porter
12 pomodorini ciliegino
125 g di mozzarella di bufala
olio
sale
origano
insalatina a foglia minuta
1 o 2 contenitori di plastica per uova


1. lavare i pomodorini e l’insalata, avendo cura di non staccare i gambetti dei pomodori: 2 minuti
2. tenere l’insalatina da parte e magari centrifugarla perché si asciughi, intanto tagliare a tutti i pomodorini la calottina superiore con un coltello affilato: 1 minuto
3. con delicatezza svuotare ogni pomodorino dei semi e del sughetto: 1 minuto e mezzo
4. con le mani ben asciutte mettere in ogni pomodoro svuotato un pizzichino di sale e capovolgerlo sul piatto perché perda l’acqua in eccesso: mezzo minuto


5. lasciare i pomodori capovolti per 10 minuti e intanto far scolare per almeno 5 minuti la mozzarella di bufala in un setaccio; lavare accuratamente un contenitore per le uova, con acqua e detersivo per i piatti; poi asciugarlo e disporvi all’interno le foglioline asciutte di insalata; tagliare la bufala ormai scolata a cubetti regolari: 10 minuti
6. disporre in ogni “posto-uovo” un pomodorino e versare in ciascuno un filo d’olio: 1 minuto
7. in ogni pomodoro mettere qualche cubetto di mozzarella e completare con una spolveratina di origano, poi coprire con la calottina. Ripetere l’operazione per tutti i pomodorini. :3 minuti


8. Se si vuole servire come antipasto a tavola disporre 12 pomodori in un solo contenitore per uova, altrimenti metterne 6 per ogni contenitore, coprire con qualche fogliolina d’insalata e chiudere la confezione, avendo cura poi di metterla in un sacchetto a chiusura ermetica: 1 minuto


Tempo totale impiegato: 20 minuti




Con questa ehm…ricetta partecipo al contest della Cuochina SopraffinaSpuntino sopraffino, fallo sveltino”.

ai fornelli

Anch’io ho i miei limoni confit!!!

La leggenda narra che erano limoni i pomi d’oro che Ercole dovette rubare nel giardino delle Esperidi, nell’estremità più occidentale del mondo conosciuto. Ad esser onesti non li rubò proprio da solo perché convinse Atlante a farlo per lui…ad ogni modo le limonate cominciarono da allora.
La storia invece dice che il limone provenga da Oriente e che fu Alessandro Magno a scoprirlo e diffonderlo in Occidente.
I romani – con Apicio in testa – lo utilizzavano per combattere gli odori troppo intensi nella carne, ma era anche e soprattutto una pianta ornamentale ed indicava lo status del suo possessore.
Nel Medioevo il limone scomparve nel nulla fin dopo l’anno 1000. Ritornò di moda seguendo il percorso delle conquiste arabe in Europa, prima in Andalusia, poi in Sicilia, poi ancora nella costiera amalfitana, dove venne piantato a tappeto e divenne simbolo, tanto che tutto il sud Italia arrivò ad essere definito da Goethe “terra dove fioriscono i limoni”.
Non era solo una definizione letteraria. I giovanotti che provenivano da diversi luoghi d’Europa per scoprire le bellezze d’Italia grazie al Gran Tour, arrivavano a Sorrento e restavano incantati dai limoni grandi, profumati e rinfrescanti di quei luoghi ricchi di belle piante sempreverdi.
All’inizio dell’Ottocento venne anche scoperto che il limone curava lo scorbuto e venne incluso nelle razioni dei marinai della flotta britannica, rendendolo sempre più diffuso e alla portata di tutti.*

Che il limone sia retaggio della cultura araba, si vede proprio in questa preparazione, i limoni confit, diffusa con leggere varianti in tutto il Nord Africa e il Medioriente. In sostanza si tratta di limoni canditi, per essere meglio conservati, dove la canditura non è fatta con lo zucchero, ma con il sale, che è un ottimo conservante, e in alcuni casi con l’olio.
Trovare una ricetta univoca non è semplice; talvolta viene aggiunto il succo di limone alla preparazione, altre volte no…dalla mia esperienza posso dire che comunque i limoni ne tireranno fuori, quindi la prossima volta proverò senza aggiungerne; alcuni consigliano di aromatizzare i limoni direttamente nel vaso, con pepe, timo e altre erbe, altri suggeriscono di lasciarli al naturale per avere più libertà di utilizzo. L’unica cosa certa è il tenerli al buio, mentre il sale fa il suo compito e svuota la parte morbida dei limoni, rendendo la buccia tenera e gommosa, tale da poter essere utilizzata nella varie ricette.

*queste e altre informazioni sulla storia del limone, su M. Niola, Si fa presto a dire cotto, 2009, Il Mulino.

La ricetta: Limoni confit

4-5 limoni piccoli non trattati
500 g di sale grosso
succo di un limone
olio extra vergine d’oliva
un vaso di vetro a chiusura ermetica

Ho lavato bene i limoni e li ho liberati dalle due estremità appuntite.
Ho tagliato un limone longitudinalmente a metà senza dividerlo completamente in due, poi l’ho ruotato di un quarto di giro e l’ho di nuovo tagliato a metà senza arrivare al fondo.
Mi sono ritrovata con un limone aperto in quattro come un fiore. Ho deposto un cucchiaio di sale grosso al centro e ho richiuso gli spicchi, pressando bene. L’ho deposto nel vaso di vetro sterilizzato.
Ho ripetuto l’operazione con tutti i limoni, colmando poi gli spazi vuoti del vaso con altro sale grosso. Infine ho aggiunto il succo di un limone, ho pressato ancora tutto, in modo che i limoni fossero ben schiacciati e ho chiuso il barattolo.
I limoni confit vanno conservati per almeno 3 settimane in luogo fresco e buio, .
Passato questo tempo ho aperto il barattolo, ho aggiunto olio extravergine d’oliva e ho tenuto in frigo per una settimana ancora prima di iniziare a consumare, ma più restano a macerare più diventano canditi.
Al momento dell’utilizzo bisogna liberare i limoni di tutta la parte polposa ancora rimasta, e prenderne la buccia che sarà quella più aromatica e la meno salata. Il sale fa sì che le note più agri del limone si annullino, e rimanga solo il sapore – e il profumo – del frutto.
Un limone è sufficiente per aromatizzare una piatto per 6 persone.


ai fornelli

I biscottini al super limone e l’Oolong che viene da Taiwan

Il tea time di questa settimana è dedicato al tè Coccole che si presenta alla vista in modo più particolare di tutti. Infatti di tratta di tè essiccato a foglia intera. Aprendo il sacchettino sembra di trovare minuscoli boccioli; in realtà si tratta di foglie di tè arrotolate su se stesse fino a formare palline, che nell’acqua calda si inzuppano e si aprono e ritrovano la forma originaria. 
Il tè di questo tipo, detto oolong o wulong, è prodotto in Cina e a Taiwan, ed è un semi ossidato. Le foglie di tè vengono raccolte e subito fatte appassire al sole, mentre vengono agitate in grandi cesti fino a che i bordi non si frantumano, poi vengono arrotolate e finiscono di asciugare. Il termine oolong significa drago nero, ma questo tè è conosciuto anche come tè blu.
Il tè oolong di Coccole proviene da Taiwan; in
particolare viene raccolto sulle alture Dong Ding, il posto
più rinomato di Taiwan per la coltivazione del tè oolong.  
Secondo la normativa di Taiwan il processo di ossidazione è un po’ più lungo dei tè oolong cinesi e, naturalmente, a seconda di quanto dura questa ossidazione, il gusto del tè può mutare radicalmente, ma è comunque ben lontano dal gusto del tè nero. Allo stesso modo questo tè si avvicina ai tè verdi come proprietà. Vi ricordate tutte le caratteristiche benefiche del tè verde? Ecco, anche il tè blu gode di tutte quelle proprietà antiossidanti e anticolesterolo, aiuta a perdere peso e pulisce l’intestino, ma con un gusto più dolce e gentile del tè verde, che risulta invece più erbaceo!Infatti l’altra particolarità del tè oolong è la sua dolcezza. Lascia in bocca un sapore che ricorda la pesca, che diviene ancora più marcato se il tè viene leggermente dolcificato.

I biscottini di questo tea time li ho trovati su un pdf de Il Cavoletto di Bruxelles, preparati con succo e buccia di arancia. Ho pensato di farli al limone in primo luogo perché le ultime arance che si trovano in questa stagione sono troppo rosse e mature per i miei gusti, in secondo luogo perché adoro il limone!
Sono leggerissimi perché preparati con l’olio d’oliva e hanno una consistenza perfetta per il tè e la giusta frizzantezza data dal limone.


A questo punto, visto l’abbinamento con il tè oolong, sono curiosa di vedere cosa succede se rifaccio questi biscottini  sostituendo al succo di limone del succo di pesca, o meglio ancora della polpa di pesca frullata, ma dovrò aspettare l’estate per provare… Nel frattempo ci gustiamo questi al limone, sia al naturale, sia con un po’ di zucchero semolato sopra. Semplicissimi e deliziosi.

La ricetta: Biscottini al superlimone (circa 30-35)

60 g di succo di limone (1 limone e ½ biologici e succosi)
40 g di olio d’oliva
60 g di zucchero a velo
1 tuorlo
1 cucchiaino di lievito per dolci
farina (circa 200g)

per rifinire: latte e zucchero semolato

Ho grattugiato la buccia di ½ limone, poi ho spremuto il succo di un limone e mezzo.
Ho mescolato il succo con l’olio, il tuorlo, la buccia di limone, lo zucchero a velo e il lievito.
Poi ho aggiunto la farina, circa 150 prima e poi man mano fino ad ottenere un impasto lavorabile, come una pasta frolla. Ho formato una palla e l’ho avvolta con pellicola e l’ho lasciata riposare in frigo per mezz’ora.
Ho steso la pasta  a 3 mm di spessore e ho ritagliato i biscotti con la formina a stella.
Ho cotto i biscotti in forno caldo a 170° per 12-13 minuti. Con la forma a stella bisogna far attenzione che non si brucino le punte.
Se i biscotti piacciono più dolci si possono spennellare con latte freddo e passare nello zucchero semolato.

ai fornelli, ricette originali

Zuppa di ceci con carciofi in pastella

Queste giornate un po’ uggiose, ma soprattutto freddine, invogliano a  preparare ancora qualche saporita zuppa. In questo caso ho fatto la “solita zuppa” di legumi, che si è rivelata insolitamnte divertente da fotografare… i complici sono stati due carciofi ansiosi di essere mangiati, quasi certamente gli ultimi della stagione!
Ne è venuto fuori un perfetto abbinamento tra la classica zuppa di ceci e le sfiziose frittelline. In più come accompagnamento c’erano questi bei panini cottage, di cui pubblicherò presto la ricetta, una forma classica del pane inglese sconosciuta in Italia, (almeno a me). Si tratta di panini sovrapposti, ritagliati sul bordo con le forbici, fino a formare un ricamo che sembra quasi un pizzo.

La ricetta: Zuppa di ceci con carciofi in pastella
350 g di ceci già lessati
vino bianco
500 ml di brodo di verdure (carota, porro, cipolla, aglio, patata, lauro, maggiorana, olio e sale)
olio
sale
pepe

Ho preparato la zuppa semplicemente facendo rosolare per qualche minuto i ceci  in olio, aglio e cipolla tritata. Ho poi aggiunto un dito di vino bianco e ho fatto sfumare, poi ho versato 3 mestoli di brodo e fatto proseguire la cottura fino a completo insaporimento, aggiungendo brodo quando occorre, e a piacere, e aggiustando solo alla fine di sale e pepe.

Nel frattempo ho pulito i carciofi e li ho messi in acqua acidulata con limone.

Per la pastella ho mescolato insieme 100 g di farina e acqua fredda con un pizzico di sale fino a formare un impasto fluido e abbastanza denso.
Ho fritto i carciofi  immersi in pastella in abbondante olio di arachidi bollente e li ho poi spolverati con qualche granello di sale rosa.
Ho riscaldato la zuppa per un paio di minuti e via a tavola!!
ai fornelli

Friends of Glass e confettura di mele allo zenzero

Da qualche giorno sul mio blog c’è un simbolino in più!
Cosa significa? Che sono diventata una Glass Ambassador, per pubblicizzare l’utilizzo del vetro, e il riciclo di questo prezioso materiale che può essere riutilizzato all’infinito.
Sul mio blog mi occupo di cucina e quindi non posso far di meglio che pubblicizzare l’utilizzo del vetro in cucina.
Ci sono mille modi: gli albumi, ad esempio, si possono montare molto meglio in una ciotola di vetro perfettamente pulita e sgrassata piuttosto che in una di plastica che più facilmente può trattenere molecole di grasso.
E le conserve? Il vetro è il contenitore ideale e in questo caso si possono riciclare i barattoli già utilizzati, ben lavati e sterilizzati per altre migliaia di volte! 
E avete mai visto i cibi che vengono serviti in barattolo? Insalate, zuppe, creme dolci… vedere il cibo attraverso la trasparenza di un barattolo di vetro lo rende accattivante ancora prima dell’assaggio e gli regala in più un gusto casalingo e al tempo stesso raffinato.
Per l’occasione ho creato una nuova pagina sulla quale raccoglierò tutti i link delle mie ricette che prevedono l’utilizzo di contenitori di vetro, di curiosità trovate in rete, con i relativi credits e infine non escludo di poter fare anche qualche piccolo lavoretto di bricolage per dare qualche idea “vetrosa” per decorare la tavola!!
Vi rimando all’interessantissimo sito Friends of Glass per tante altre informazioni utili sul vetro e sul suo utilizzo e riciclo .
Per ora vi regalo una ricetta che ho confezionato in vetro, riutilizzando vecchi vasetti di miele, e preparando al vasetto un semplice cappellino di carta da pacchi e un’etichetta dello stesso materiale. Basta togliere le vecchie etichette con acqua bollente e creare un cappellino per camuffare il coperchio e i vasetti, che hanno già avuto molteplici vite, rinascono per diventare doni davvero graziosi.
La ricetta: Confettura di mele verdi e zenzero.
1,5 kg di mele verdi
zucchero
il succo di mezzo limone
radice di zenzero fresco grattugiata ( a piacere)
Ho sbucciato le mele, lasciando poi la buccia di mezza mela tagliata a pezzettini sottili.
Ho pesato la frutta e ho aggiunto la metà del peso in zucchero. (per 1 kg di mele, 500g di zucchero)
Ho aggiunto il succo di mezzo limone e la radice di zenzero grattugiata.
Ho lasciato macerare per un’oretta, poi ho messo sul fuoco, ho aggiunto mezzo bicchiere d’acqua e ho portato ad ebollizione mescolando ogni tanto. Poi mescolando in continuazione ho lasciato cuocere e asciugare per circa 15 minuti.
Le mele verdi sono piuttosto asciutte e quindi di solito non si disfano, ma rimandìgono a cubetti definiti, quasi caramellati.
Ho subito invasato nei vasetti sterilizzati e ben asciutti. Ho versato un goccino di grappa sulla sommità della marmellata e chiuso ermeticamente.

Questa confettura si abbina bene ai formaggi, ma è anche ottima da sola.

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