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Tortini di patate con prosciutto e radicchio in cocottes

Due patate bollite avanzate e due fette di prosciutto da consumare non sembra un’accoppiata molto appetitosa, ma sono gli ingredienti che ho usato per questi golosi tortini in cocottes… Evocano quasi un gattò, la tipica torta di patate “inventata” secondo la leggenda dalle monache del monastero di Santa Chiara a Napoli. In realtà l’albume in mezzo alle patate le rende molto più leggere ed evanescenti e il radicchio nascosto tra gli strati dà una punta di piacevole amarognolo.




La ricetta: Tortini di patate con prosciutto e radicchio in cocottes


purea ricavata da due patate medie lessate
1 albume
3 cucchiai di parmigiano grattugiato
1 cucchiaio di pangrattato
2 fette di prosciutto cotto
½ radicchio rosso
cipolla (un quarto)
1 spicchio d’aglio
olio
sale
pepe


Ho tritato finemente un pezzetto di cipolla e l’ho messo in padella, con uno spicchio dì’aglio a soffriggere leggermente in due cucchiai d’olio. Ho poi aggiunto il radicchio affettato finemente, l’ho rigirato per un minuto e poi ho sfumato con due dita di vino bianco. L’ho fatto appena ammorbidire, poi ho spento.
Nel frattempo ho ripassato il pure al passapatate perché fosse fine fine e ho regolato di sale e pepe ed ho aggiunto due cucchiai di parmigiano. Ho montato a neve l’albume con un pizzico di sale e l’ho amalgamato al puré delicatamente evitando che smontasse.
Ho unto le cocottes con un filo d’olio, ho messo sul fondo uno strato di puré, seguito dal radicchio e poi dal prosciutto cotto. Ho ricoperto il tutto con un altro strato di puré e completato con il cucchiaio di parmigiano grattugiato mischiato a un cucchiaio di pangrattato.
Ho infornato per una ventina di minuti a 180° finchè non erano appena dorati!

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Pasta fagioli e castagne

 

Gennaio,
come novembre, è il mese delle zuppe e delle paste brodose. Dopo
Natale, e prima del Carnevale, ci si dà dentro con piatti caldi,
sani e verdurosi… e la lista dei post “zupposi” da pubblicare
si allunga.

L’idea
della pasta e fagioli con le castagne mi è venuta dal classico
piatto napoletano che pare sia diffuso in tutta l’Italia meridionale. In Sicilia si chiama pasta con fasuoli e cruzzitieddi  e si prepara con i borlotti e le castagne secche.
Nel Cilento fin dall’antichità si prepara una zuppa sempre con le castagne secche, rinvenute in acqua per una notte, ma
in abbinamento ai fagioli di quella zona, di preferenza i
bianchi di Controne, coltivati verso l’interno, nelle zone più ricche
d’acqua.

Io
ho usato delle castagne fresche semplicemente lessate e aggiunte alla
pasta alla fine. L’accostamento del sapore sapido del fagiolo con la
dolcezza vellutata della castagna è veramente qualcosa da provare, la
prossima volta senza l’aggiunta della pasta, semplicemente come calda e 
profumata zuppa.

La ricetta: Pasta fagioli e castagne
(per 2 persone)
250 g di fagioli lessati
6-8 castagne (le mie fresche)
1 bicchiere di brodo di verdure (preparato con acqua, olio, patata, cipolla, aglio, sedano, carota)
1 scalogno piccolo
3 pomodori secchi
1 spolverata di foglioline di timo
1 peperoncino spezzettato
sale 
pasta (5 cucchiai di maltagliati)

Ho
lavato le castagne e le ho incise con la punta di un coltello sul lato
piatto e poi private della buccia marrone. Le ho messe a cuocere in un pentolino d’acqua per circa un’ora con un pizzico di sale, una foglia di lauro e un cucchiaino di semini di finocchio.
Le ho fatte raffreddare nella loro acqua e poi sbucciate dalla pellicina più sottile.
In una casseruola ho fatto soffriggere uno scalogno tagliato fine in due cucchiai d’olio. Ho aggiunto il peperoncino, i fagioli e i pomodori secchi, facendoli rosolare. Poi ho aggiunto il timo per profumare e un bicchiere di brodo filtrato e due bicchieri colmi d’acqua ed ho portato ad ebollizione. Poi ho aggiunto a cuocere la pasta, nel mio caso 5 cucchiai di maltagliati.
Ho sbriciolato grossolanamente le castagne e ne ho tenute da parte due intere.
Quando la pasta era cotta ho regolato di sale e suddiviso nelle scodelle ed ho aggiunto le castagne sbriciolate e quella intera per decorare.

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Salmone al sedano in crosta dorata

Dopo un’infinità di post dedicati a dolci di vario genere, finalmente pubblico una ricetta sana sana, sfiziosissima e ricca di omega3!!!
In più si presenta così bene ed è talmente veloce da preparare da andare benissimo anche per una cena importante, magari in piccole porzioni come antipasto leggero.
La sua creazione è stata veramente casuale, avevo dei filetti di salmone fresco da consumare e un enorme sedano in  frigo e la solita pastasfoglia che di solito tengo in caso di necessità (e di fretta!)…poi ingredienti facili: porro, vino e pepe bianco.
 

La ricetta: Salmone al sedano in crosta dorata
(per 2 persone)
1 rotolo di pasta sfoglia già stesa
2 filetti di salmone fresco
½ sedano
1 piccolo porro
½ bicchiere di vino bianco
olio
sale
pepe bianco
1 albume
pan grattato


Ho tagliato sottilissimo il porro e l’ho messo a rosolare leggermente in due cucchiai d’olio.
Quando ha cominciato a sfrigolare ho aggiunto il sedano tagliato a rondelline spesse 1 cm. Poi ho aggiunto metà del vino bianco e vi ho adagiato i filetti di salmone. Ho fatto proseguire la cottura per qualche minuto, aggiungendo il vino restante, poi ho coperto i filetti con cucchiaiate di dadolata di sedano e ho regolato di sale. Quando il salmone ha cambiato uniformemente colore ho spento e lasciato riposare per qualche minuto.
Nel frattempo ho ritagliato dalla sfoglia 4 rettangoli un po’ più grandi dei filetti di salmone, su due di questi rettangoli ho ricavato dei tagli paralleli, non arrivando al bordo esterno.
Ho acceso il forno a 175°C.
Ho liberato i filetti di salmone dalla pelle, li ho adagiati sui rettangoli senza tagli, li ho ricoperti di una cucchiaiata di dadolata di sedano, spolverati di pochissimo pepe bianco e poi ricoperti con il rettangolo traforato, facendo aderire bene i bordi. Ho ripetuto l’operazione con il secondo rettangolo. Il sedano restante farà da contorno al piatto. Poi ho spennellato le strisce di sfoglia superiore di albume e spolverato di pan grattato.
Ho infornato per circa 20 minuti. La sfoglia deve dorare in superficie, ma non seccarsi troppo.

Poi ho servito le sfoglie calde, affiancate dal sedano restante.
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Macarons al cacao per Ann

Questi macarons erano lì che aspettavano di essere ripescati. Li ho fatti il luglio scorso e volevo pubblicarli insieme ad altri macarons di un qualche gusto diverso, ma quando ho replicato la ricetta sono venuti un pochino rampanti e sono stati rapidamente spazzolati per non lasciare prove!!! E dunque? Queste foto restavano lì…
Le tiro fuori solo ora per la raccolta di Ann di Bperbiscotto che ha avuto la bellissima idea di raccogliere in un unico pdf tutti i dolci a base di meringa! Scopro solo ora che razza di meraviglie esistono in giro…non solo macarons e pavlove, ma anche cosine molto più complicate tipo il baked alaska!!! Tutti dolci dall’apparenza evanescente di nuvola, che poi si rivelano croccantosi e golosi. E di certo i macarons non saranno l’unica ricetta che le invierò!!!
Per questi macarons ho seguito i consigli di Ann mixandoli con la ricetta di Spigoloso
Sono stati perfetti alla prima prova, mentre la seconda volta qualche sbaglio in termini di temperatura del forno li ha fatti leggermente inclinare verso un lato!!!
La farcitura è stata una semplicissima ganache al cioccolato fondente.

La ricetta: Macarons al cacao, con farcitura al cioccolato fondente
per 25 macarons (circa 50 meringhe):
90 g di albumi (3-4 giorni prima li ho separati dai tuorli e li ho messi in frigo in un contenitore ermetico)
110 g di farina di mandorle
220 g di zucchero a velo
30 g di zucchero semolato
una puntina di sale
2-3 gocce di limone
per spolverare: cacao in polvere

Per la farcitura:
100 g di cioccolato fondente

100 g di panna fresca

La sera prima ho tirato fuori dal frigo il barattolo con gli albumi e l’ho lasciato a temperatura ambiente.
Ho passato per 10 minuti a 140° la farina di mandorle in forno. Una volta fredda l’ho miscelata allo zucchero a velo e l’ho messa in un posto ben asciutto.

Il giorno dei macarons:
Ho cominciato a montare gli albumi con il sale e il limone a velocità bassa, aggiungendo in 3 dosi lo zucchero semolato. Pian piano ho aumentato la velocità, finchè non erano perfettamente a neve.
Ho aggiunto la farina di mandorle ed ho mescolato con una spatola, l’impasto deve ricadere giù facendo una sorta di nastro e in francesce questo si dice proprio macaronner
Con la sac à poche ho formato dei dischetti di 2,5 cm di diametro, in cottura tendono ad allargarsi leggermente.
Ho sbattuto delicatamente la teglia sul tavolo per eliminare le puntine ed ho lasciato i macarons a riposare all’aria perché formassero la crosticina, devono stare almeno un’ora.

Nel frattempo ho preparato la crema per la farcitura:
Avevo già grattugiato grossolanamente il cioccolato.
Ho fatto scaldare la panna in un pentolino e poi in un altro pentolino l’ho versata sopra il cioccolato grattugiato, mescolando a fuoco bassissimo fino a completo scioglimento.
Ho lasciato raffreddare.

Ho scaldato il forno a 140° C (visto che il mio forno è piccolo, tende a scaldarsi di più, quindi non ho impostato i canonici 150°).

Prima di infornare ho spolverato delicatamente i macarons con un cucchiaio di cacao in polvere. Poche lentiggini per i miei macarons!!!
Ho infornato i macarons mettendo un cucchiaio di traverso tra lo sportello del forno e il forno stesso, perché restasse una fessura aperta.
Ho fatto cuocere per circa 13 minuti, bisogna trovare il tempo esatto calibrandolo sul proprio forno. Una volta sfornati li ho tolti dalla teglia e li ho spostati con tutta la carta forno sul tavolo freddo (se avete una superficie in marmo è ancora meglio!!!) Lo shock termico è fondamentale perché si stacchino bene dalla carta.
Lasciar raffreddare e poi farcire con la crema ben fredda. 


Con questa ricetta partecipo alla raccolta Piccola pasticceria: Macarons & Meringhe di Ann di BperBiscotto.

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La Fetta di Polenta e la Polenta alla Piemontese

Ci sono giornate in cui sembra tutto vicino. Le montagne ad ovest, luccicanti di neve e svettanti sull’orizzonte come una corona, ancor di più la collina, verso est: case fitte fitte di Borgo Po, tutte affacciate sulla città, con la Villa della Regina che fa l’occhiolino, a due passi da piazza Vittorio, Superga vicinissima che quasi la si può toccare e il Monte dei Cappuccini che si specchia nel Po.
E’ merito della luce particolare – nessuna nube è rimasta, tutte spazzate dal vento tiepido che qui chiamano phön – e di un clima fresco ma temperato che fa sentire vicina la primavera.
Di solito queste giornate si manifestano a marzo, quando è tutto un turbinio di foglie secche ancora per le strade da novembre e risparmiate dalle piogge dell’inverno…Quest’anno il clima è invece particolarmente mite, lo è stato a dicembre ed è ancora così in questi primi giorni di gennaio.
E’ ora di pranzo, il sole è alto, il cielo è azzurro e limpido ed io faccio una passeggiata senza guanti e con il naso in su, guardando i bei palazzi di una Torino di altri tempi, una Torino signorile e discreta, forse silenziosa come questa mattina, quando corso San Maurizio era sgombro di macchine e i semafori sembravano funzionare inutilmente.

Se devo raccontare di un’opera che rappresenti la mia città penso subito ad un’architettura di Alessandro Antonelli.
La Mole Antonelliana? No, quella è davvero troppo conosciuta ed è il simbolo di Torino…io penso ad una casa che alcuni torinesi non conoscono affatto, ma che si trova a pochi passi dalla Mole, in borgo Vanchiglia: la Fetta di Polenta.

Una porzione del centro di Torino, si vede quanto siano vicine la Mole e la Fetta di Polenta

A guardarne la forma la ragione di questo soprannome è ben evidente. Le pareti sono dipinte di giallo vivace e la pianta di questo edificio è trapezoidale, con una facciata stretta ed un altro lato addirittura strettissimo!!!
Tutte le visuali della Casa Scaccabarozzi, detta Fetta di Polenta

Nacque per una scommessa con la Società Costruttori di Borgo Vanchiglia, e Antonelli dovette insistere a lungo prima di poter acquistare questa porzioncina di terreno d’angolo, intestato poi alla moglie Francesca Scaccabarozzi. Ma l’architetto era troppo eccentrico per farsi sfuggire la possibilità di costruire in condizioni “estreme”. Progettò quindi una casa per abitazione, con l’intenzione di destinarla all’affitto, con la scala a chiocciola e la canna fumaria incastrate nell’angolo più angusto.
I primi tre piani vennero completati nel 1840 e già nel 1851 dovettero resistere allo scoppio del Polverificio di Borgo Dora. Superarono la prova forse grazie alla fondamenta profonde due piani interrati, mentre altri edifici, in apparenza più solidi, vennero lesionati.
Non contento Antonelli innalzò la sua creatura sempre di più, fino a raggiungere l’ultimo piano, il sesto fuori terra, nel 1881. L’altezza complessiva è di 27 metri, così come la profondità sul lato lungo. La facciata che si affaccia su corso San Maurizio è lunga 5 metri, mentre lo spigolo più stretto di soli 70 centimetri.
La facciata su corso San Maurizio, larga 5 metri
Lo spigolo più stretto, di 70 centimetri di larghezza, dove sono incastrate le scale a chiocciola

Inizialmente molti si rifiutarono di andarci ad abitare, per paura di un crollo, ma la casa resistette nel 1887 quando un terremoto rase al suolo molti degli edifici del Borgo Vanchiglia. Anche i bombardamenti durante la seconda guerra mondiale risparmiarono la casa Scaccabarozzi, e la diffidenza fu definitivamente vinta. La casa fu abitata per molti anni e solo ultimamente, dopo un periodo di decadenza, è stata trasformata nella Galleria d’Arte Franco Noero dove, per un certo periodo, sono state esposte sulle pareti interne, dipinte di bianco, le foto di tutti gli edifici più bizzarri del mondo.
Il lato verso via Giulia di Barolo. I mobili vennero portati in casa dalle finestre, poichè la scala era troppo angusta

Tornare alla Fetta di Polenta mi fa tornare indietro al tempo in cui passeggiavo più spesso con il naso in su, entusiasmandomi alla scoperta dei tanti palazzi che giocano a mimetizzarsi in questa città che a detta di alcuni può sembrare monotona. Non è così, dietro alla ricerca di un’uniformità di facciata, alla pretesa di disegnare tutte le strade con incroci ad angolo retto, ci sono tante storie, piccoli particolari sui frontoni delle finestre o sotto i balconi che differenziano ogni pezzo del puzzle della mia bella ed elegante città.
Antonelli poteva guardare la punta della sua Mole dalla finestra di casa, mentre si gustava la sua polenta alla piemontese

La ricetta che mi è parso più naturale abbinare a questa architettura è la Polenta alla Piemontese. 

Non ho cotto la polenta per ore, ho usato quella già precotta a vapore, che cuoce velocemente. Rispetto alla ricetta più tradizionale che vuole solo il soffritto di verdure ho aggiunto solo dei funghi, che si sposano a meraviglia con gli altri sapori.

La ricetta: Polenta alla Piemontese (per 2 persone)

125 g di polenta istantanea
25 g di semolino
50 g di fontina
2 cucchiai colmi di parmigiano grattugiato
25 g di burro
½ l di brodo vegetale (preparato con cipolla, sedano, patata, carota e aglio) 
½  bicchiere di latte
3 cucchiai di olio d’oliva extra-vergine
1 cipolla
1 porro
2 spicchi di aglio
1 costa di sedano 
250 g di funghi orecchioni e chiodini
alloro
salvia
vino bianco
sale
pepe
 
Per prima cosa ho preparato il brodo vegetale con verdure a piacere: io ho messo patata, carota, sedano, cipolla e uno spicchio d’aglio, con un filo d’olio e un po’ di sale. 
In una padella larga ho preparato il soffritto mettendo in una padella i tre cucchiai di olio extravergine e facendovi rosolare la cipolla, il porro, gli spicchi d’aglio, il sedano e l’alloro e la salvia. Quando le verdure hanno cominciato a sfrigolare ho aggiunto i funghi tagliati a pezzetti e sfumato con un goccino di vino bianco e ho proseguito la cottura finchè tutte le verdure erano morbide e ben rosolate. Ho eliminato l’aglio.
Ho tagliato a dadini la fontina, grattugiato il parmigiano e pesato il burro in modo da averlo a portata di mano.
Ho mescolato le due farine.
Ho portato ad ebollizione il brodo preparato in precedenza con il mezzo bicchiere di latte.
Ho versato la farina a pioggia e ho iniziato a mescolare. Quando la polenta ha cominciato a raddensarsi ho aggiunto il burro, la fontina, il parmigiano ed infine il soffritto, mescolando bene.
Noi l’abbiamo fatta rassodare un po’ e l’abbiamo accompagnata da una parte del soffritto di verdure caldo.
Con questa ricetta, il consiglio di andare a vedere la Fetta di Polenta e queste tante foto, partecipo al contest Cib’Arte di Simona del blog Simona’s Kitchen in collaborazione con l’editore d’arte Claudio Martini.
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Torta frolla ricoperta con ripieno di crema e mele per Francesca

Ricomincio a scrivere sul blog dopo una lunga pausa ed è un po’ difficile riprendere il filo del discorso…
Ripesco, fra le tante ricette che ho da mettere a posto per essere pubblicate, una bella torta di mele. Non c’è, credo, una torta più classica di queste, e per questo farla è sempre un piacere perché permette di fare piccole variazioni che la rendono sempre una sorpresa ben riuscita.
In particolare questa torta l’ho preparata il 17 dicembre per il compleanno della mia quasi cognata e amica Francesca, ed è passata al vaglio di una quindicina di assaggiatori esigenti che hanno detto: promossa! 😀
E’ semplice semplice, ma con tanti gusti diversi: una base di frolla morbida, cotta in bianco, un ripieno di crema al latte senza uova, mele appena rosolate nel burro e cannella ed infine una copertura di sfoglia croccante tutta luccicante di cristalli di zucchero di canna. L’effetto voluto è quello del contrasto fra il croccante della sfoglia e il morbido della frolla con il soffice vellutato del ripieno.
Poche foto, purtroppo, come ogni volta che porto un dolce da qualche parte…ma mi è rimasta la voglia di riproporla al più presto!!!

La ricetta: Torta frolla con crema e mele per Fra
Base di pasta frolla:
300 g di farina
125 g di burro
125 g di zucchero
3 tuorli con un pizzico di sale
1 cucchiaino di lievito in polvere per dolci
qualche cucchiaino di latte

Crema senza uova:
300 ml latte intero
85 g zucchero semolato
25g farina
cannella in polvere

Mele:
4 mele medie (2 golden e 2 fuji per avere diverse consistenze)
1 cucchiaio di burro
4 cucchiai di zucchero semolato
vino bianco
cannella in polvere

Copertura:
1 pasta sfoglia pronta già stesa
zucchero di canna
albume avanzato dalla frolla

Per la frolla di base, ho mischiato farina, zucchero e lievito. Ho ottenuto delle briciole di impasto aggiungendo il burro tagliato a cubetti e poi ho aggiunto velocemente i tuorli, fino ad ottenere l’impasto. Ho aiutato la presa con qualche cucchiaino di latte freddo.
Poi ho messo a riposare la frolla per 30 minuti in frigo.

Nel frattempo ho preparato la crema: ho messo a scaldare il latte e intanto mischiato farina e zucchero; ho iniziato ad aggiungere poco latte, mescolando per amalgamare. Poi ho aggiunto gradualmente il resto del latte ormai caldo, ma non bollente. Ho messo sul fuoco il pentolino e, continuando a mescolare, ho fatto addensare, aggiungendo la cannella secondo il gusto personale. Poi ho tolto dal fuoco e lasciato intiepidire.

Ho steso la frolla sulla carta da forno nello spessore di 5 mm e l’ho poi posizionata in una teglia dal bordo alto. Tutt’intorno ho ricavato un cordone di pasta un po’cicciottello. Ho coperto con un foglio d’alluminio su cui ho messo dei fagioli secchi che uso per la cottura in bianco.
Ho fatto cuocere per circa 20 minuti a 175°. La torta ritornerà in forno per la cottura della sfoglia superiore e quindi non bisogna esagerare con il primo passaggio.

Mentre la base cuoceva ho sbucciato le mele e le ho tagliate a cubetti abbastanza grossi. In una padella larga ho messo un cucchiaio di burro e l’ho fatto sciogliere. Ho versato i cubetti di mela e aggiunto lo zucchero. Ho fatto rosolare le mele, aggiungendo un goccino di vino bianco e poi eliminando il liquido in eccesso. Le mele devono ammorbidirsi ma restare abbastanza sode. Ho completato con una spolverata leggera di cannella.

Nella frolla, ormai cotta ma non dorata, ho messo uno strato uniforme di crema tiepida, poi ho aggiunto le mele a cubetti, abbondando di più verso il centro della torta.
Ho coperto le mele con la sfoglia pronta, rimboccando la pasta all’interno del cordone di frolla che deve restare esterno. Con la punta di un coltello ho ricavato dei taglietti nella sfoglia, poi l’ho ben spennellata di albume e ricoperta di cristalli di zucchero di canna.
Ho infornato per circa 20 minuti, a 175° facendo attenzione che dorasse ma non scurisse troppo.

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12 ricette per il 2012 e un calendario da scaricare! E’ gratis!! :D

Finalmente, connessione (che ieri sera mi ha abbandonata!) permettendo, dò a tutti i lettori del mio blog una bellissima notizia!!!
Ho fatto un calendario!!! Quasi tutti lo fanno almeno una volta nella vita… 😉 E questa volta mi sono lanciata anch’io!!!
Giusto per precisare, non troverete foto di noi “mangione”, ma le foto dei nostri piatti!!!
L’idea è stata lanciata da Paola del blog Nastro di Raso che ha contattato me, Veru di La Cuochina Sopraffina e Serena de L’Omin di PanPepato per trovare 12ricette12 che ben rappresentassero i mesi del 2012.
Inizialmente ho pensato “e adesso? e che foto posso scegliere?” Invece, spulciando tra i mesi del blog ho trovato qualcosa di carino e spero che piaccia anche a voi. 
A onor del vero devo dire che la foto di agostol’ha scattata il mio fidanzato, ma era talmente bella e colorata che non potevo non proporla a Paola.
Il calendario può essere stampato fronte/retro, su formato A4 e facendo un buchino dove c’è il circoletto può essere appeso nella vostra cucina, oppure potete portarvelo in ufficio e curiosare tra le ricette aspettando l’ora della pausa pranzo. 
Nella peggiore delle ipotesi, come suggerisce La Cuochina, potete scaricarlo e stamparlo e poi dargli fuoco, per farne un voodoo improvvisato, pensando di dar fuoco a noi fanatiche dei fornelli…
Potete scaricarlo da qui —–> download calendario 2012 oppure sui blog delle mie compagne di avventura, che dovete assolutamente conoscere, se non le conoscete di già!!!
Rigorosamente in ordine alfabetico:
La Cuochina Sopraffina di Veruska
L’Omin di Panpepato di Serena
Nastro di Raso di Paola

Buon food-calendario a tutti!!! 😀



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Fbcookieswap 2011, piovono biscotti!!!

Lo swap è uno scambio e il fbcookieswap e lo scambio di biscotti che quest’anno si è svolto anche tra le blogger italiane.
Emozionante, in una sola parola!!!

Preparare biscottini per persone che non ho mai visto di persona ma che conosco attraverso le parole scritte sui loro blog…confezionare i pacchettini…pensando che  proprio queste persone lontane li scarteranno con curiosità…
Io sono stata fortunata perchè dovevo inviare a due blogger conosciute, Ann di Bperbiscotto e Veru di La Cuochina Sopraffina, e a una terza che ho imparato a conoscere prima su Twitter e poi sul suo blog, Cristina di Mother Goose Kitchen, la cucina di MammaOca.
Io ho ricevuto solo i biscottini, deliziosi e agrumo-speziati, di Juls di Juls’ Kitchen, che per me è una vera celebrità tra le foodblogger!!! 😀

I biscotti di Juls
Ma in teoria…in teoria…almeno se ho capito bene, dovrebbe arrivare qualcos’altro, no? Poste Italiane rispondano all’appello!!! :-/
Ed ora le ricettine dei biscotti che ho inviato io!!!  
Baci di dama di farina di castagne con crema di marroni (gluten free)

Ingredienti:
60 g mandorle (60)
90 g burro (90)
90 g farina di castagne (90)
60 g zucchero semolato (60)
un pizzico di sale

crema di marroni per farcire

Ho spellato le mandorle versandole per 5 minuti in acqua bollente e poi spellandole a mano.
Le ho passate velocemente nel forno per farle asciugare, poi le ho messe nel tritatutto con lo zucchero e le ho ridotte a farina, poi ho aggiunto la farina di castagne , un pizzico di sale e il burro freddo tagliato a dadini piccoli.
Ho fatto andare il tritatutto a scatti alcune volte, perché si formasse un inizio di impasto.
Poi in una ciotola ho formato una palla e l’ho messa in frigo per mezz’ora.
Passato questo tempo ho creato le palline e le ho disposte sulla teglia distanziate. Io le ho fatte di circa 2 cm di diametro.
Le ho cotte a 150° per 10 minuti, facendo attenzione perché la farina di castagne tende a scurire molto velocemente.
Una volta freddi li ho farciti con la crema di marroni da frigo, in modo che fosse un po’ sostenuta, poi accoppiati a due a due.

Biscotti doppi farciti di cioccolato bianco
Ingredienti:
300 g farina 00
150 zucchero
125 burro
2 tuorli

150 g di cioccolato bianco
qualche mirtillo rosso essiccato per decorare

Ho sfarinato l’impasto mescolando farina e zucchero e aggiungendo il burro freddo a dadini fino a formare dei grumetti; poi ho aggiunto i tuorli nella ciotola, fino a formare un impasto. se risulta troppo slegato aggiungo anche un cucchiaino di latte.

Dopo aver formato una palla, l’ho messa a riposare in frigo per mezz’ora.
Poi l’ho stesa con il mattarello, all’inizio continuerà a sbriciolarsi, ma poi prenderà più consistenza. Ho fatto una sfoglia abbastanza sottile, 3-4 mm.
Ho ritagliato i biscotti con uno stampino tondo e in metà di essi ho ritagliato al centro un cuoricino o una stellina con un minuscolo tagliabiscotti.
Poi ho cotto in forno a 180° per 10 minuti.
Per il ripieno ho semplicemente fatto sciogliere il cioccolato a bagnomaria e poi li ho farciti tutti, accoppiando il biscotto rotondo e quello con il ritaglio centrale, e saldandoli insieme con il cioccolato. All’interno di ogni intaglio ho messo un rubino di mirtillo rosso e poi, sopra, tanto zucchero a velo!!! 😀

 
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La mia Gubana (…o Putizza?)

La Gubana è il tipico dolce delle feste in Friuli. Mi sono ampiamente documentata sul blog di Rossella, Machetisei mangiato?. Nasce come dolce pasquale, ma la tradizione vuole che si faccia anche a Natale e in occasione di molte feste tra cui i matrimoni e il completamento del tetto di casa. La Gubana ha origine nelle valli del Natisone, mentre la sua gemella Putizza è diffusa nel Goriziano e a Trieste. La Gubana è più stretta e chiusa, la Putizza più aperta e presenta il cioccolato tra gli ingredienti del ripieno.
Il nome Gubana deriva dallo sloveno, dove la parola giba vuol dire ruga o piega. Infatti la Gubana è ripiegata su se stessa, attorcigliata e poi acchiocciolata a spirale. Questa spirale si rifà alla simbologia del ciclo della vita, la morte e la rinascita e per questo legata alla ricorrenza pasquale, ma anche a quella del Natale, se pensiamo che il 22 dicembre, per le antiche religioni precristiane rinasce il Sole e le giornate ricominciano ad allungarsi. 
Il ripieno è fortemente evocativo dei sapori arabi, con la frutta secca, e se la prima Gubana di cui si abbia attestazione storica è del 1409 al banchetto per il Papa Gregorio XII a Cividale, esiste anche un dolce quasi identico a Palma de Maiorca, proprio di origine araba, che si chiama einsemada. Alcuni ipotizzano anche un’origine romana, in quanto anche loro avevano un dolce di frutta secca fra due strati di sfoglia. Ad ogni modo, tramite vari flussi migratori la Gubana è giunta fin nelle valli del Natisone e qui è stata”reinventata” con i frutti del luogo. D’altronde anche i paese dell’est e del nord Europa sono ricchi di dolci attorcigliati.

La preparazione necessita di diversi passaggi in modo da permettere una lievitazione naturale con l’utilizzo di pochissimo lievito; avrei voluto sperimentare il mio giovane lievito madre, ma è ancora un po’ presto per utilizzarlo in questo genere di preparati, quindi mi sono accontentata di lievito di birra.
Il dolce si mantiene fresco a lungo, sempre che ne centellinate le fette, anzi il riposo è importante per una certa maturazione, per lo scambio che avviene fra il ripieno e la pasta lievitata.


La ricetta che ho usato è tratta da Profumo di Lievito. Guardando alla pagina originale potete vedere come si sviluppa in verticale usando uno stampo di carta forno più stretto di quello che ho usato io. Io ho anche dimezzato le dosi, perchè era la prima volta che mi cimentavo. In effetti, sotto Natale si può fare tranquillamente la dose intera e ricavare due gubane, invece di una. Per quanto la preparazione sembri laboriosa in realtà occupa una sola mezza giornata, perché gli altri giorni si fanno solo dei passaggi rapidissimi, quindi siete in tempo per farla per Natale al posto del solito panettone!!! 😀

La ricetta: La mia Gubana

per l’impasto:
300 g di farina Manitoba
100 g di latte intero
55 g d’acqua
90 g di zucchero
80 g di burro
½ uovo + 1 tuorlo
7,5 g di lievito di birra fresco
1 pizico di sale
½  cucchiaino di miele
buccia grattugiata di ½  arancia ed ½  limone
½  baccello di vaniglia.

per il ripieno:
110 g di uva sultanina
45 g di Porto (ci andrebbe il Picolit)
40 g di mandorle spellate e tostate
40 g di gherigli di noce
25 g di nocciole tostate
15 g di pinoli
50 gr di zucchero di canna
buccia grattugiata di ½ arancia ed ½ limone
½  uovo
20 g di burro
½ cucchiaio di miele
60 g di biscotti secchi
25 g cioccolato fondente tritato
25 g amaretti secchi tritati

Venerdì 2: ho messo l’uvetta a bagno nel passito per 24 ore

Sabato 3 mattino: Ho preparato una biga con 75g di farina, 35g d’acqua e 1g (un pizzichino) di lievito. Dopo un’impastatura veloce ho coperto con pellicola e messo a lievitare a temperatura ambiente (18°) per 24 ore.

Ho poi preparato il ripieno mescolando la frutta secca ridotta in granella, l’uva passa con il Porto in cui era a bagno, i biscotti secchi e gli amaretti sbriciolati, il burro sciolto e il miele. Ho coperto e messo in frigo.

Sabato 3 sera:
Ho preparato un poolish con 100g di latte tiepido, 50g di farina, zeste grattugiate di ½ limone, 3g lievito. Ho coperto e messo in frigo a 5°.

Domenica 4:
Ho preso il poolish dal frigo e mescolato. Ho sciolto gli ultimi 3,5 g di lievito ed il miele in 20gr di acqua impastando con 20g di farina e lasciato gonfiare. Poi ho unito i 2 preimpasti.
Ho pesato 105 g di farina, e l’ho aggiunta quasi tutta ai preimpasti, cominciando a mescolare per farla assorbire. Si formerà quasi subito un impasto sodo. Ho aggiunto la biga a pezzi e poi successivamente, sempre mescolando energicamente, ½  tuorlo, 40g di zucchero, la farina rimanente ed incordiamo, girando con il cucchiaio (sarà difficoltoso, perché l’impasto diventerà sodo e appiccicoso). Ho poi inserito 30g di burro morbido, lasciato a temperatura ambiente per un’ora, con i semini della bacca di vaniglia. Ho cominciato ad impastare all’interno della ciotola con una mano, sollevando l’impasto e tirando verso l’alto. Ho lavorato per un po’ in questo modo, fino ad ottenere un impasto elastico e ben legato. Poi ho coperto con pellicola e trasferito a 28° fino a che non ha triplicato (io ho messo in forno tiepido, spento) ci vorrà poco più di un’ora.

Dovrebbero essere rimasti ½ albume, 1 tuorlo, 1 pizzico di sale,50 g di zucchero e 50 g di farina.
Ho ripreso l’impasto, sgonfiandolo, poi ho aggiunto, mescolando nuovamente con il cucchiaio, ½ albume seguito da circa metà della farina rimanente; ad assorbimento ho unito ½  tuorlo con metà dello zucchero; poi ancora farina, l’altro ½ tuorlo, con zucchero e sale. Ho incordato il tutto, poi aggiunto il burro morbido con la buccia d’arancia, come fatto prima, impastando con la mano verso l’alto, ribaltando diverse volte l’impasto. Ho coperto e trasferito di nuovo in forno tiepido per circa 45 minuti (28°).
Passato questo tempo ho rovesciato l’impasto sulla spianatoia e fatto un giro di pieghe del tipo 2; questo tipo di pieghe che fanno acquistare sviluppo verticale all’impasto si fanno portando i lembi esterni dell’impasto verso il centro, tutto intorno. Poi ho raccolto il tutto in un contenitore coperto e messo in frigo a 5° fino al giorno successivo.

Lunedì 5:
Ho tirato fuori dal frigo il contenitore e lasciato a riscaldare per un’oretta.
Ho preparato uno stampo di carta forno per la gubana, del diametro di 18 cm. Se lo fate bene, con queste indicazioni, non si dovrebbe aprire come è successo a me…
Passata l’ora ho steso con il mattarello un ovale di pasta spesso circa 5 mm.
Ho aggiunto l’uovo al ripieno, mescolando bene e poi l’ho steso sull’ovale di pasta lasciando due cm di bordo esterno, spennellato con albume. Ho arrotolato in diagonale, stringendo e allungando l’impasto simultaneamente. Poi ho attorcigliato il tutto come fosse una chiocciola, mettendo il capo terminale sotto al tutto e depositando la gubana nello stampo di carta forno.
Ho fatto lievitare in forno a 28° fino al raddoppio (circa 1 ora e mezza). Poi ho riscaldato il forno a 180° e intanto spennellato la gubana con l’ultimo albume restante e poi cospargendo di zucchero semolato.
Ho infornato per 45 minuti, coprendo nell’ultima decina di minuti con un foglio di alluminio.

Una volta sfornata si lascia raffreddare la gubana avvolta da un panno e poggiata su una gratella.
E’ meglio aspettare qualche giorno prima di gustare…io non ce l’ho fatta!!!

ai fornelli

Marmellata di mandarini

Un tempo non era usanza fare grandi regali per Natale, soprattutto se si viveva in famiglie numerose. I doni di Natale consistevano in frutta secca, come noci e fichi secchi, e piccola frutta invernale, come i profumati mandarini, quelli con i semi, che appena li sbucci riempiono la casa di fragranza. Quando ero piccola mia mamma mi raccontava sempre che il profumo dei mandarini la riportava subito ai natali dell’infanzia. Forse ora non più, visto che i mandarini si comprano ben prima di Natale ed esistono regali più golosi sotto l’albero. Eppure credo alla potenza del ricordo soprattutto olfattivo e vorrei regalarle quest’anno un po’ dell’aroma dei natali di quando era bambina.

La ricetta: Marmellata di mandarini
(per circa tre vasetti medi)
1 kg di mandarini non trattati
600 g di zucchero

Ho sbucciato i mandarini, riempiendo la casa del profumo dei natali passati. Ho tenuto da parte la buccia di 8 frutti.
In una pentola alta ho messo lo zucchero, poi facendo colare il succo nella pentola ho tagliato a metà i mandarini, dividendo trasversalmente gli spicchi e ho tolto i semi e i fili bianchi centrali. Ho coperto e lasciato a riposo per tre ore.
Nel frattempo ho tagliato le bucce messe da parte in listarelle sottili e le ho cotte in acqua bollente per 7/8 minuti. Poi le ho raffreddate sotto l’acqua corrente.
Passate le tre ore ho aggiunto le bucce ai mandarini nella pentola, ho mescolato bene e ho messo a cuocere, a fuoco lento per circa mezz’ora, mescolando frequentemente. Prima di spegnere ho provato a raffreddarne un cucchiaino su un piattino per verificare la gelificazione; non si dovrà far cuocere troppo a lungo perché la buccia degli agrumi tende a far solidificare molto la marmellata.
Infine ho versato nei vasetti che ho messo capovolti per 10 minuti per creare il sottovuoto. Poi ho decorato i coperchi con ritagli di stoffa colorata e scritto a mano le etichette, con il contenuto e la data di creazione.

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