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Ho tagliato la carne di maiale a cubetti di 1,5cm di lato (più o meno) e l’ho bagnata con mezzo bicchiere di vino bianco.
Ho sbucciato la mela e tagliato a cubetti anche questa.
In una padella ho versato due cucchiai d’olio e ho fatto rosolare la cipolla e la mela per qualche minuto. Poi ho aggiunto il maiale, scolato, e dopo qualche minuto il suo vino bianco. Ho proseguito la cottura, facendo asciugare un pochino e nel frattempo ho aggiustato di sale, pepe e spezie e aggiunto le noci spezzettate. Tagliato a cubetti così piccoli, il maiale cuoce in un attimo.
Poi ho spento e lasciato in caldo, mentre preparavo i gusci di sfoglia.
Ho acceso il forno a 180°.
Una volta sfornati, ho messo un pie in ogni piattino, e decorato con i cuoricini! <3 <3 <3
Se trovate la cosa un po’ sdolcinata…fate delle stelline, ecco! 😀
Con questa ricetta vorrei partecipare nella categoria “salati” al contest “Capolavori da Gustare” di Fujiko del blog “La ricetta della felicità” in collaborazione con ConGusto, scuola di cucina.
Ringrazio Veru anche qui per le parole gentilissime che ha avuto per il mio blog. Mi hanno fatto davvero un piacere immenso e sono fonte di incoraggiamento per fare sempre meglio!!!
La ricetta: Vellutata di funghi con focaccine di segale alle noci
per la vellutata, per 2 persone:
400 g di funghi orecchione (Pletorus Ostreatus)
una manciata di funghi porcini essiccati
500 ml di brodo (preparato sul momento con una coscetta di pollo, mezza carota, mezza cipolla, una patata*, alcune foglie di verza, un piccolo gambo di sedano)
un grosso spicchio d’aglio
mezzo bicchiere di vino bianco
un ciuffo di prezzemolo
un cucchiaio di formaggio spalmabile (tipo philadelhia)
olio evo
sale
pepe
*mezza di questa patata servirà anche per rendere cremosa la vellutata
Ho messo ad ammorbidire in acqua tiepida i porcini secchi.
In un pentolino ho messo a preparare il brodo, con gli ingredienti indicati, un cucchiaio d’olio e un cucchiaino di sale.
In una padella larga e dai bordi alti ho fatto soffriggere in due cucchiai d’olio il grosso spicchio d’aglio, pulito e tagliato a metà, poi ho aggiunto i funghi freschi ben lavati e la manciata di funghi secchi ammollati e strizzati.
Ho aggiunto dopo poco due dita di vino bianco, ho fatto sfumare e poi ho proseguito la cottura, aggiungendo man mano mestoli di brodo bollente.
I funghi orecchione sono coriacei e quindi perchè ben si possano ridurre a vellutata bisogna stufarli a lungo. Dopo un po’ ho aggiunto anche mezza della patata che stava lessando nel brodo e l’ho fatta insaporire con i funghi.
Nel frattempo ho preparato l’impasto per le foccacine.
Poi ho ripreso i funghi, ormai pronti e li ho messi nel mixer e ridotti a crema, aggiungendo il brodo avanzato ed eventualmente dell’acqua.
Poi ho versato il tutto in un pentolino e riscaldato solo al momento di servire, regolando di sale e di consistenza (eventualmente con ancora un pochino di acqua tiepida) ed aggiungendo un cucchiaio di formaggio spalmabile.
per le focaccine, ingredienti per 8-10 pezzi, diametro 6 cm:
125 g di farina per pane di segale
50 g di formaggio spalmabile (tipo philadelhia)
1 cucchiaio d’olio
circa 50 g di acqua
mezzo cucchiaino di sale
i gherigli di 4 o 5 noci
Ho impastato tutti gli ingredienti e formato una palla lavorabile a cui ho aggiunto le noci spezzettate grossolanamente.
Ho lasciato riposare per un quarto d’ora mentre frullavo la vellutata.
Passato questo tempo si divide l’impasto in palline, si stendono con il mattarello, infarinandole, e poi si cuociono in una padella, su cui avevo passato un tovagliolino imbevuto leggermente d’olio. Devono cuocere poco più di un minuto per lato e dorarsi leggermente.
Ho presentato il tutto in ciotoline, accompagnato dalle focaccine con una spolverata di pepe nero e un po’ di prezzemolo fresco tagliuzzato fine.
Melanzana – “mela insana” o “pomo sdegnoso” si trova anche nell’opera di Scappi.
Volevo fare dei ravioli per inaugurare il mio nuovo mattarello!!! Finalmente ne ho uno e non dovrò più prenderlo in prestito dalla mamma o usare una bottiglia per stendere la pasta.
I ravioli di inaugurazione dovevano essere particolari, però, e quindi li ho fatti a forma di cuore. Nel ripieno melanzane a cubetti, semplicissime e saporite, e per condire un sugo di datterini freschi e basilico, delicato al punto giusto da valorizzare e non coprire il ripieno.
Ho ricoperto il ripieno con un altro cuore di pasta, dopo aver inumidito i bordi di quello inferiore con un goccio d’acqua.
Messa l’acqua per cuocere i ravioli a bollire, ho fatto rosolare uno spicchio d’aglio nell’olio in una padella larga. Poi ho tuffato in padella i pomodorini lavati e tagliati a metà o in quarti e ho proseguito la cottura del sughetto, aggiustando di sale e aggiungendo il basilico, finchè non erano cotti anche i ravioli.
Infine, dopo un veloce passaggio in padella, ho impiattato.
Con questa ricetta partecipo al contest “La pasta fatta in casa” di Natalia del blog Fusilli al Tegamino.
il famoso electrico 28 |
La nostra scelta cade su Lisbona, la temperatura a gennaio oscilla fra i 10 e i 15 gradi, di norma piove, ma il vento del vicino oceano spazza in fretta le nubi e noi amiamo il vento e quel clima variabile e imprevedibile.
Largo di Carmo, Chiado |
la bianca Torre di Belem in stile manuelino |
Il mattino seguente Lisbona brilla, il sole splende incredibilmente, tanto da farci girare con il cappotto aperto, e brilla anche la Torre di Belem, bianchissima e cesellata come se fosse di porcellana finissima.
Dopo un pranzo divino a base di açorda de marisco, una zuppa di pane e pesce, affondiamo i denti nei famosi Pasteis de Belem, tartellette di sfoglia ripiene di crema al latte caramellata, acquistate proprio dove si dice che siano nate, all’Antica Confitaria de Belem e ce le pappiamo ancora tiepide e spolverate di cannella.
il ponte 25 de abril e il Tago |
Torniamo verso il centro, al Terreiro do Paço, anche detto
Praça do Comercio, sulle rive del Tago, un superbo ed enorme
quadrilatero che si svela in tutta la sua bellezza e che così si svelava
ai mercanti che approdavano dal Tago.
L’enorme spianata di Praça do Comercio – Terreiro di Paço |
io nella Rua Augusta |
L’elevador de Santa Justa |
Affacciati sui tetti dell’Alfama |
Il giorno dopo saliamo alla Feira de Ladra, il caratteristico mercato delle pulci del sabato, dove si dice che si possa trovare di tutto e dove bisogna stare attenti ai borseggiatori. L’Alfama invece svela a noi il suo lato più gentile, non sembra affatto rischiosa e il tram 28, un’istituzione per i turisti e i lisboneti, ci porta fino in cima e poi ci lascia al Miradouro di Santa Luzia dove c’è una delle più pittoresche viste dei tetti della Lisbona vecchia.
l’Alfama dal Miradouro di Santa Luzia |
Anche qui un acquazzone memorabile ci coglie di sorpresa e noi ci rifugiamo in un ristorantino dall’aria datata, con gli azulejos alle pareti, le caratteristiche piastrelle che rendono ogni locale vagamente anni ’50. Mangiamo strabene anche qui e, con la pancia piena, ritroviamo una città di nuovo illuminata dal sole.
Estaçao do Rossio |
Ripercorriamo la via Augusta fino alle piazze Dom Pedro IV e Restauradores e scopriamo la splendida Stazione del Rossio, un vero miracolo di arte liberty.
Da qui partiamo il mattino seguente per una gita all’incantevole cittadina di Sintra, che fu una delle residenze estive dei sovrani del Portogallo. Ci rimane impresso nel cuore il suo verde e l’arditezza di certe costruzioni, a volte fin troppo marcate e pesanti, ma che portano agli occhi e all’anima il senso di un popolo così antico e variegato. Influenze arabe e moresche, religiosità cristiana portata all’eccesso e mille altri particolari che sembrano essere un libro di decorativismo medievale a cielo aperto. Visitiamo il Castello dos Mouros e il Palacio de Pena costruito nel 1840, denso di tutti gli stili, dal gotico al manuelino, passando per il rinascimentale e il barocco.
Palacio de Pena |
A Brasileira |
La sera ci immergiamo nelle suggestioni di una Lisbona malinconica. Il solitario Pessoa di bronzo che, seduto su una panchina davanti al caffé A Brasileira, ci invita per una foto, la magia del fado, una cenetta romantica in un posticino delizioso.
Mangiamo il famoso Caldo Verde, una zuppa semplice e deliziosa, del chourizo affumicato, un saporitissimo formaggetto di capra e annaffiamo il tutto con buon vino e un bicchierino di Porto.
l’ultima sera a Lisbona |
L’ultimo giorno vediamo Lisbona dal punto più alto del Parque Eduardo VII.
Parque Eduardo VII |
L’urbanistica della città ci è ancora più chiara da quassù. Un ultimo veloce saluto alla Praça de Touros e poi via, con un ricordo di viaggio che ci porteremo dentro per sempre.
La ricetta: Il Caldo Verde di Lisbona
E’ una zuppa semplicissima, ma veramente saporita. Avevo provato a cucinarla prima di partire, senza aver ben chiaro quale potesse essere il risultato finale… Una volta gustata sul posto, ho provato a rifarla ed è venuta quasi uguale all’originale assaggiato a Lisbona.
Io ho usato per due persone:
250 g di patate già sbucciate
7/8 foglie esterne di una verza
mezza cipolla
uno spicchio d’aglio
olio evo
Ho messo in un pentolino, abbondante acqua per lessare le patate, già sbucciate e tagliate a pezzetti. Ho salato l’acqua e vi ho aggiunto tre cucchiai d’olio, la cipolla e lo spicchio d’aglio spezzato.
Mentre le patate cuocevano ho lavato la verza, l’ho arrotolata su se stessa come un sigaro e l’ho tagliata finemente: deve assomigliare ad erba.
Quando le patate erano morbide, le ho tirate fuori dal brodo e le ho schiacciate ben bene con la forchetta, fino a ridurle in purea. Poi ho versato questa purea di nuovo nel brodo, aggiustando di sale.
Quando la zuppa riprende bollore, si aggiunge la verza a striscioline. Deve cuocere per circa 10 minuti. L’ho lasciata ammorbidire, ma bisogna stare attenti che tutto il Caldo Verde resti verde e non viri verso il giallo, con una cottura eccessiva.
Questa zuppa si serve aggiungendo un filo d’olio nella scodella e fette di pane di miglio (o integrale, come ho fatto io) e talvolta anche olive nere.
Il fiore all’occhiello sono fettine di chourizo affumicato, circa tre per ogni commensale, aggiunte all’ultimo!
I cavatelli che ho usato per questo piatto erano freschi e provenivano da Ascoli Satriano, in provincia di Foggia, gentilmente offerti da Antonella e Beppe; per il condimento ho usato broccoletti freschissimi e un cacio sbricioloso di pecora che ho comprato ieri alla fiera della Coldiretti a Torino in piazza Vittorio dall’ azienda Gennargentu di Bruno Pitzalis. La denominazione di questo formaggio è “Cacio Antico” e questo nome agisce come vera e propria suggestione per preparare il palato ad un’esplosione di gusto!
La ricetta: Cavatiell’ ai broccoletti e olive con Cacio Antico
Ingredienti per 2 persone:
250 g di cavatelli freschi
250 g di broccoli (da cui ricavare solo le cimette verdi)
una decina di olive verdi
una grattugiata abbondante di cacio antico di pecora
olio
1 peperoncino secco
tre filetti di alici
sale
Ho pulito i broccoli, tenendo solo le cimette verdi. Li ho sbollentati in acqua bollente, senza aggiungere sale, per qualche minuto. Al momento di scolarli ho tenuto l’acqua di cottura, aggiungendone un po’ per lessare successivamente la pasta.
In una grande padella ho messo tre cucchiai d’olio, il peperoncino sminuzzato e un grande spicchio d’aglio a soffriggere; poi ho tolto la padella dal fuoco e ho aggiunto i filetti di alice, facendoli sciogliere.
Ho rimesso la padella sul fuoco e vi ho aggiunto i broccoletti spezzettati grossolanamente.
Intanto ho messo a bollire l’acqua per la pasta.
Quando ho visto che i broccoli si erano ammorbiditi (non devono spappolarsi troppo) ho aggiunto le olive sminuzzate e ho regolato di sale.
Intanto ho fatto cuocere i cavatelli (per i miei bastavano 5 minuti).
Ho scolato la pasta e l’ho fatta saltare in padella con il condimento, aggiungendo un filo d’olio a crudo e il cacio antico grattugiato direttamente nel piatto.