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La ricetta: Keke fa’i ricetta tratta da Samoa Food leggermente modificata.
(per uno stampo piccolo da 18 cm)
1/2 cup di farina 00
1/4 cup di farina di cocco
1/2 cucchiaino di lievito in polvere
1 pizzico di sale
65 g di burro morbido
1/4 cup + 1 cucchiaio di zucchero di canna
1 uovo
i semini di un pezzetto di bacca di vaniglia
1/2 cup di banana molto matura schiacciata
1/2 cucchiaino di bicarbonato di sodio
1/4 cup (scarsa) di latte
Imburrare e infarinare uno stampo a cerniera.
Scaldare il forno a 180°C.
Mescolare insieme farina, sale e lievito.
Lavorare il burro morbido assieme allo zucchero. Aggiungere l’uovo, i semini di vaniglia e infine la banana.
Aggiungere questo composto agli ingredienti secchi preparati in precedenza.
Sciogliere il bicarbonato nel latte caldo e poi aggiungere il tutto all’impasto.
Infornare per 30 minuti e fare la prova stecchino per valutare la cottura, prima di sfornare.
La ricetta: Panipopos ricetta tratta da Samoa Food
1 pacchettino di lievito di birra disidratato
2/3 di cup di acqua tiepida (fino a 1 cup, se impastate con la planetaria)
1/2 di cup di zucchero di canna grezzo
1/2 cucchiaino di sale
1 uovo (piccolo)
2 cucchiai di olio vegetale (per me arachidi)
circa 3 cup di farina tipo 0 (o un po’ di più, ma senza “asciugare” troppo l’impasto)
per la salsa di cocco:
200 ml di latte di cocco
200 ml di acqua
Questa ricetta partecipa alla raccolta dell’Abbecedario Culinario Mondiale:
Parliamo di miele. E non è mica cosa semplice… L’inchiostro in materia è davvero un mare, perchè il miele ha una storia lunga quanto il mondo.
Io l’ho accompagnata con yogurt greco al naturale e mirtilli…ma era ancora settembre…naturalmente si presta a qualsiasi frutto di stagione
[fonti:
http://www.mieliditalia.it/index.php/mieli-e-prodotti-delle-api/miele/80136-il-miele-attraverso-i-secoli
http://www.placidasignora.com/2012/11/18/le-lacrime-di-ra-storie-proverbi-e-curiosita-sul-miele/
http://bifrost.it/ELLENI/2.Teogonia/06-Nascita_di_Zeus.html]
La ricetta: Wurstel Agricolo al forno con senape e miele con contorno di carote e sedano rapa in agrodolce
(per due persone)
3 wurstel agricoli (per me #Guster Agrisalumeria Luiset)
40 g di cipolla
1 rametto di maggiorana
1 rametto di timo
30 g di miele di tiglio
30 g di senape granulosa
1 cucchiaio di senape cremosa
1 goccino d’acqua
100 g carota
80 g sedano rapa pesato già pulito
1 cucchiaino di zucchero di canna
1 cucchiaio di aceto
olio extravergine d’oliva
sale
pepe
Più brevemente, se volete partecipare ricordatevi la regola delle 4W:
Il post deve includere un riferimento all’evento e al blog ospitante, mentre l’utilizzo del logo dell’evento (ovvero l’immagine che vedete un po’ più su) è facoltativo (ma gradito). Potete anche utilizzare ricette dal vostro archivio: basta aggiungere il riferimento all’evento e procedere come sopra.
Se è tutto chiaro, ecco quindi il calendario, non fatevi spaventare dalle date, il viaggio sarà piacevolissimo in nostra compagnia!
Viaggiare con noi è gratis, si apprendono tante cose e troverai sempre un sorriso, che aspetti a preparare il trolley anche tu?
« Allo stesso modo Vercingetorige, figlio di Celtillo, Arverno,
giovane influentissimo, il cui padre era stato l’uomo più autorevole
della Gallia e, aspirando al regno, era stato giustiziato dai suoi
compatrioti, convoca i suoi clienti e senza fatica li infiamma. »
La ricetta: Focaccione sofficissimo con frutta di stagione
per ogni focaccione di tot cm di diametro:
5 o 6 susine sode (Selezione di stagione Simply)
1 grappoletto di uva (Selezione di stagione Simply)
1 pugnetto di mirtilli freschi
280 g di farina tipo 0
5 g di lievito di birra fresco
100 g di acqua
80 g di zucchero
1 uovo grande (+ un po’ d’albume per la glassatura)
2-3 cucchiai d’olio extravergine d’oliva
q.b zucchero di canna scuro
Oggi vi parlo di peperoni e della Sagra del Peperone che si svolge a due passi da Torino, a Carmagnola dal 29 agosto al 7 settembre e che è giunta ormai alla 65° edizione.
peperone quadrato di Carmagnola |
Il tour di sabato, però, non era dedicato soltanto al peperone ma anche al territorio carmagnolese, ricco di spunti di ogni genere, e la Sagra può fungere da pretesto per una visita più approfondita alla scoperta dei suoi tesori.
Parliamo intanto dell’Abbazia di Casanova, antica abbazia cistercense risalente nel suo impianto originario al XII secolo, situata lungo una delle vie francigene, che conobbe uno sviluppo ininterrotto fino al XVI secolo quando venne ceduta ai Savoia. Distrutta quasi completamente da un rovinoso incendio, la facciata attuale è in stile tardo barocco piemontese, mentre il resto del monastero e l’interno della chiesa si devono all’intervento di Giovanni Tommaso Prunotto, allievo di Juvarra, nella metà del secolo XVIII. All’interno perfettamente conservati stucchi di pregio e alcuni arredi, e gli affreschi del Guidobono e di Crivelli, mentre è da segnalare una Madonna con bambino del ‘400.
Menzione d’onore all’Ecomuseo della Canapa, in Borgo San Bernardo, per me un vero tesoro. L’Ecomuseo preserva la memoria storica di un territorio in cui le aziende a conduzione familiare che si dedicavano alla produzione di corde erano più di 800 nel XIX secolo. La signora Caterina, con chiarezza e passione, ci ha accompagnato nella scoperta della pianta della canapa, mostrandoci come veniva ricavata la fibra e come venivano poi prodotte le corde. La pianta di canapa veniva lasciata macerare e poi la fibra veniva separata dalla parte più legnosa. La fibra veniva “filata” con l’aiuto di un macchinario, anche se gran parte del lavoro era svolto a livello manuale, e con qualsiasi condizione atomosferica, spesso all’aperto, vista la necessità di un’area di lavoro “lunga”.
Il territorio carmagnolese ha rifornito di cordami la marina italiana per secoli, ma esisteva un tipo di corda per ogni uso e le lavorazioni erano molte.
Il giro nel centro storico mi ha piacevolmente stupito, gli scorci da scoprire sono davvero tanti. Ma l’orgoglio dei Carmagnolesi, assieme alla chiesa Collegiata dei Santi Pietro e Paolo, è l’interno di Casa Cavassa, con i soffitti a cassettoni tra i più belli della provincia torinese.
Peccato non aver potuto visitare la Sinagoga barocca, tra le più belle d’Italia, segno della presenza a Carmagnola di una fiorente comunità che sfiorava, prima dell’emancipazione del 1848, circa le 200 unità.
Non si poteva organizzare un tour a Carmagnola senza dare un esempio dei produttori gastronomici di eccellenza che con passione danno lustro alla città.
I produttori di peperoni, ovviamente; uno fra tutti La Ca Veja, azienda agricola e agriturismo dove abbiamo anche pranzato a base di peperone di Carmagnola, passando per il porro dolce lungo e per il coniglio grigio, tutte eccellenze del territorio.
Una nota va all’entusiasmo contagioso della signora Chiara di C’era una volta una ricetta, che produce nel suo laboratorio artigianale deliziose conserve a base di prodotti dell’orto, con un occhio alla tradizione e l’altro alla sperimentazione. Recentemente è stata aggiunta anche una linea di pasticceria secca. I colori e i profumi delle sue conserve mi hanno letteralmente conquistata e meritano sicuramente una seconda visita.
Nel centro di Carmagnola si trova, invece, la Pasticceria Di Claudio, dove sono nati il peperone candito e la torta al peperone, oggi presenti in fiera. Anche in questo caso è il sorriso contagioso del titolare a conquistarci, assieme agli infiniti assaggi di tutti i prodotti e alle sue esaurienti spiegazioni: ci dice “diffidate di coloro che dopo tanti anni di lavoro in pasticceria si dicono nauseati dalla dolcezza; vuol dire che non stanno più lavorando con passione“. Anche per noi blogger è così! 😉
Ultimo ma non ultimo, il Carmagnolotto, l’agnolotto tipico di Carmagnola. Presentatomi in anteprima da carmagnolesi DOC, doveva contenere la carne delle vacche anziane e non più produttive, le giore, insieme al porro lungo dolce di Carmagnola, e doveva essere servito nello stesso brodo di carne di vacca o direttamente, nudo, sul tovagliolo. A La Ca’ Veja abbiamo trovato una versione di magro, con la sfoglia di farina di canapa e il ripieno di ricotta di bufala e peperone.
Allora, qual è il vero Carmagnolotto?
Visto che, come al solito, non mi fermo alla prima notizia, ho voluto approfondire: quello di magro è il “Carmagnolotto edission limità” nato proprio per venire incontro ai vegetariani e per essere meglio apprezzato durante i giorni ancora caldi della Sagra, mentre dall’autunno potrete gustare nuovamente quello classico di carne.
Sfoglia di canapa a parte, assomiglia al mio raviolo ai peperoni, sperimentato un paio di settimane fa e riproposto in due cene diverse, visto il suo successo.
Un gusto decisamente esplosivo, visto che i peperoni all’interno del ripieno li ho messi a pezzettini, ben rosolati in aglio e acciughe, dopo esser stati passati in forno per eliminare ogni traccia di buccia e renderli digeribilissimi.
Io li ho conditi con un sughetto leggero di pomodorini freschi. Ne rifarò altri, per congelarli, nelle prossime settimane, per gustarli anche in inverno!
La ricetta: Ravioli ai peperoni, con sughetto di pomodorini e cubetti di Macagn
per la sfoglia:
200 g di semola rimacinata di grano duro
125 g di acqua tiepida
1 pizzico di sale
per il ripieno:
200 g di ricotta vaccina asciutta
2 peperoni grandi
2/3 filetti di acciuga
1 grosso spicchio d’aglio
qualche foglia di prezzemolo
olio
sale
Per il ripieno:
Arrostire i peperoni in forno a 200° per 35-40 minuti. Estrarli dal forno e riporli in un sacchetto di plastica per alimenti e chiuderlo bene fino a completo raffreddamento. Poi liberare i peperoni da semi e bucce e tagliarli a quadrettini di un cm di lato.
In una padella, rosolare in due cucchiai d’olio lo spicchio d’aglio appena schiacciato. Abbassare la fiamma e sciogliere i filetti di acciuga, poi aggiungere i peperoni e farli insaporire per qualche minuto, regolando di sale. Aggiungere anche alcune foglie di prezzemolo tagliuzzate fini.
Per la sfoglia, impastare farina e acqua con il pizzico di sale fino ad ottenere una pasta liscia e morbida. Lasciarla riposare sulla spianatoia infarinata, coperta da una ciotola, per circa mezz’ora.
Stendere la sfoglia molto sottile, e formare i ravioli della forma che preferite, con all’interno un cucchiaino di ripieno: questa volta ho usato questo forma-ravioli, badando di inumidire i bordi prima di chiudere il raviolo.
Lessare i ravioli in abbondante acqua salata prima di condirli con il sugo che preferite.
Io ho fatto un sughetto veloce con uno spicchio d’aglio e pomodorini maturi, insaporito da un rametto di maggiorana e arricchito da cubetti di Macagn*.
*il Macagn (o Maccagno) è un formaggio piemontese d’alpeggio, DOP e Presidio Slow Food
Francesco Cirio, nato a Nizza Monferrato da un padre commerciante di granaglie, fin dalla più tenera età ebbe uno spirito imprenditoriale non da poco: ragazzino di undici anni andava a piedi al mercato di Nizza Monferrato, riempiva la sua cesta di ortaggi e andava a rivenderli a Fontanile, dove abitava, consegnandoli porta a porta.
L’attività dovette rendergli tanto che in poco tempo riuscì ad acquistare un carretto per ampliare il giro di consegne, mentre si arrovellava su come portare verso la stagione fredda i frutti dell’estate.
All’Esposizione Universale di Parigi del 1867 il marchio era già affermato; ne conseguì l’apertura di altri stabilimenti in tutta Europa: a Castellammare di Stabia, Milano, Parigi, Vienna, Berlino, Londra, Bruxelles e Belgrado, mentre le merci già viaggiavano su vagoni ferroviari verdi bianchi e rossi a tariffe agevolate grazie all’apposita legge Cirio varata dal ministro DePretis.
Francesco Cirio, come i grandi imprenditori alla ricerca di sempre nuove occasioni, aprì un negozio e un albergo a Torino, divenne esportatore di uova, coltivatore di tabacco, imprenditore agricolo, senza mai fermarsi, ma purtroppo alcune operazioni sbagliate portarono a un tracollo del patrimonio poco prima della sua morte.
Nello stesso anno, nel 1900 nasce la «Cirio società generale conserve alimentari», con gli
stabilimenti di punta in Campania a San Giovanni
a Teduccio di Napoli, e Pontecagnano, in provincia di
Salerno.
Siamo state testimoni di questo momento di arte producendo noi stesse arte in cucina, mentre 9periodico si dava da fare con fogli e pennelli…
Ecco… le sabaude, contattate da Mariachiara Montera e pronte a tutto, hanno davvero dato il meglio di sé sui social anche prima dell’evento. La sera della sfida, invece, concentrazione assoluta (unita a tante risate, a dire il vero) per tutta la durata della gara! 😀
Ad ogni foodbloggers è stata assegnata una scatola del mistero, in modo casuale, con un ingrediente misterioso e una spezia o un semino da abbinare. Dopo il giro in dispensa per prendere qualche altro ingrediente, ognuna di noi si è messa all’opera per preparare il proprio piatto.
Sono stata fortunata: mi è capitata la ricotta, ingrediente versatile e perfettamente nelle mie corde. L’idea di farne polpettine mi è venuta all’istante, le polpette di ricotta fanno parte della tradizione di famiglia da tempo – le faceva mia nonna, belle grosse, e mio nonno le chiamava bombe, e mia madre le ha sempre fatte in casa, con il sugo di pomodoro con la cipolla e di solito del prezzemolo nell’impasto.
Io ho usato la maggiorana per insaporire e i semini di papavero presenti nella mistery box per aggiungere un tocco di croccantezza.
Grazie a questa felice intuizione e ad un po’ di fortuna ho anche rimediato una felicissima vittoria, colpendo in qualche modo, con il sapore e la semplicità di questo piatto lo chef giudice della gara Luca Ogliotti.
[Le foto della serata sono di Davide Bellucca.]
per le polpettine:
500 g di ricotta vaccina o di pecora
100 g di pecorino grattugiato
100 g di pangrattato
2 cucchiai di semini di papavero
2 uova
sale
maggiorana
In una padella capiente, versare due cucchiai d’olio e rosolarvi la cipolla tritata per qualche minuto, poi aggiungere la Polpa Più Cirio e fare cuocere per circa un quarto d’ora a fuoco lento, senza far addensare, aggiungendo all’occorrenza un po’ d’acqua. Regolare di sale ed aggiungere un rametto di maggiorana e mezzo peperoncino per insaporire.
Nel frattempo schiacciare la ricotta con la forchetta, aggiungere il pecorino, i semini di papavero e un cucchiaino di maggiorana tritata, creando un composto omogeneo; regolare di sale, poi aggiungere le uova leggermente sbattute e il pangrattato; aggiungerne un po’ se il composto risulta troppo morbido. Formare delle palline grosse come una noce e poi metterle a cuocere nel sugo di pomodoro, coprendo la padella con un coperchio. Ogni tanto far rigirare il contenuto della padella per far cuocere uniformemente le polpettine. Dopo un quarto’ora circa saranno pronte.
Prelevare con un cucchiaio un po’ di sugo e deporlo sul fondo dei piatti. Adagiarvi sopra le polpettine e decorarle con foglioline o fiorellini di maggiorana fresca.