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Vigne
a perdita d’occhio, ma soprattutto saliscendi di colline che
incorniciano i paesaggi elogiati e decantati da Pavese e Fenoglio,
nebbia autunnale e densa calura estiva.
Questo
maggio l’abbiamo saggiato sulla nostra pelle e nei nostri occhi,
compagni del tour BITEG #piemonteliguria nel gruppo “Nocciole”, quando abbiamo conosciuto
l’altro volto della Langa. Langa
che non è solo vino, ma anche noccioleti e prodotti d’eccellenza ad essi legati, è
accoglienza, ospitalità, calore, anche in una delle primavere più fredde
degli ultimi anni.
La
nocciola di cui si parla è una signora nocciola, la Tonda Gentile di
Langa, impiantata soprattutto nelle zone dell’Alta Langa, è stata
definita come la nocciola più buona al mondo, proprio per le sue
caratteristiche di dolcezza e persistenza olfattiva. La Tonda Gentile,
che già per il suo nome dovrebbe essere amata da tutti, ha anche
caratteristiche di buona resa poichè il frutto riempie quasi tutto il guscio.
Noi abbiamo avuto la fortuna di conoscerla da vicino, perchè ospiti di Ca’ San Ponzio, un delizioso b&b che è anche agriturismo e dimora di charme, che si trova vicino a Barolo nella Frazione Vergne.
Quando un ispettore della guida Michelin ha alloggiato qui mentre provava i ristoranti della zona, i proprietari di Ca’ San Ponzio l’hanno scambiato per un rappresentante di gomme, tanto da trattarlo con il consueto garbo che riservano a tutti gli ospiti e nessun trattamento di favore. E’ stato l’ispettore infine, a consigliare loro di fare richiesta per entrare nella prestigiosa guida.
Qui non si dorme solo nelle camere, posticini accoglienti e senza tempo con un alto soffitto con travi a vista che ricordano l’ambiente di un antico fienile.
C’è la possibilità, durante la bella stagione, di campeggiare nei terreni circostanti, all’ombra – indovinate un po’ – delle piante di nocciolo, alcune delle quali vecchie di 50-60 anni.
Qualcuno tenta anche di far incetta dei loro frutti, ci confessa Luciano, uno dei gestori, ma sono la piccola parte, tutti gli altri si accontentano di godere della fresca ombra e dello splendido panorama.
Questo cascinale esiste da tempo, da almeno 100 anni, costruito dal padre, che lavorava in paese come mugnaio. Questo spiega anche le pietre da mulino che Luciano e suo fratello hanno pazientemente riportato a splendore.
La costruzione che possiamo ammirare oggi è dovuta alla loro grande pazienza: hanno recuperato tutti i materiali da costruzione antichi e hanno fatto mettere impianti moderni in una cornice del tutto autentica.
La fornitissima cantina, come in ogni luogo ospitale che si rispetti, è a disposizione del cliente, ma senza alcuna formalità. Gli ospiti possono scegliere e assaggiare, segnare su un quaderno e pagare solo alla fine del soggiorno.
Nella stessa mattinata, dopo aver visto le nocciole ancora acerbe sulla pianta, ci siamo avviati verso la casa natale dei Baci di Cherasco, la Barbero Marco, confetteria e pasticceria dal 1881, che letteralmente ci ha preso per la gola.
Guidati dal signor Torta (un nome, un destino) ci siamo lasciati rapire dalla “fabbrica di cioccolato” e non si possono contare gli assaggi che abbiamo fatto in una sola mattinata.
Ecco… non abbiamo una gran forza di volontà, ma di certo non saremmo stati così accondiscendenti se il signor Torta non avesso speso mille e più parole di descrizione puntuale ed accattivante su ogni singolo prodotto della propria azienda. Quello che ogni volta mi colpisce è la convinzione della bontà del proprio prodotto associata a una grande modestia, a un grande senso del dovere e del sacrificio e nella continua ricerca di innovazione anche nei prodotti più tradizionali.
In questo posto sono nate le delizie che vedete nella foto qui sotto, i Baci di Cherasco, un tempo chiamati “Cioccolatini Fantasia”, nocciole frantumate grossolanamente e tenute insieme da cioccolato con massa di cacao al 60%. Una vera bomba di golosità e di “vero” cioccolato!
Ma ci sono anche tante alternative per i golosi lunatici che vogliono spesso cambiar sapore.
Le praline:
Le damine, con nocciola e meringa croccantissima:
E tante altre specialità create con vero amore del gusto e con un grande riguardo per la forma.
La nostra mattinata (forse perchè non avevamo assaggiato abbastanza) si conclude a tavola, nel ristorante Osteria La Torre di Cherasco, a pochi passi dalla pasticceria.
Ci accoglie un posticino delizioso, elegante ma informale dove, nonostante il poco appetito, ci vien voglia di assaggiare tutto.
Il menù cambia sempre perchè si intona ai prodotti dell’orto e alle disponibilità del mercato.
Io ho trovato assolutamente deliziosa la crema di asparagi con capesante.
La carta dei vini è ricchissima con 250 etichette per tutti i gusti.
Il dolce che ci consiglia il gestore, un sorta di budino al caramello, è una vera esplosione di sapori. Se siete amanti dei dolci, chiedetelo! Se non siete amanti, provatelo e lo diventerete!
Dopo questa epica mangiata, il viaggio è andato avanti, ma io per ora mi fermo qui…
Da abbinare al racconto di questa esperienza la ricetta delle torta più buona e semplice del territorio: la torta di nocciole senza farina che anche gli intolleranti al glutine possono mangiare senza problemi e che possiamo preparare facilmente anche a casa, a patto di procurarsi le nocciole giuste, la Tonda Gentile delle Langhe dal profumo delizioso e persistente.
Gli ingredienti sono pochissimi, raccontano di tempi in cui per regalare un attimo di gioia al palato non serviva (e non c’era!) molto, e quindi devono essere di ottima qualità!!
La ricetta: Torta di nocciole
la ricetta leggermente modificata è quella de Il Dolcificio, la più deliziosa e ben riuscita che io abbia mai provato.
per una teglia da 20 cm di diametro:
2 uova a temperatura ambiente
125 g di nocciole tostate Tonda e Gentile
60 g di zucchero semolato
1 bicchierino di grappa
burro per ungere la teglia
Ho tritato le nocciole con metà dello zucchero, ma lasciando qualche pezzetto più grande che è piacevole sotto i denti.
Ho sbattuto a lungo i tuorli con lo zucchero restante fino a che non diventano chiari e spumosi.
Ho aggiunto la grappa ed incorporato la farina di nocciole delicatamente.
Per ultimi ho aggiunto gli albumi montati a neve, dall’alto in basso, senza smontare il tutto.
Ho infornato per circa 30-40 minuti a 170°.
Infine ho spolverato leggermente di zucchero a velo.
Il 28, 29 e 30 giugno mi sono trovata con altri tra foodblogger e twitstar, ovvero i più famosi tra le personalità che su Twitter fanno comicità e satira, a Montefalco, anzi #InMontefalco, coinvolta nel primo social hub d’Italia.
La leggenda vuole che il paese di Coccorone offrì approdo ai falchi di Federico II, fuggiti durante una battuta di caccia dell’Imperatore appassionato di falconeria. Gli abitanti del paese li riportarono all’imperatore chiedendo di non attaccarli in cambio della cortesia; Federico fece di più e mutò anche il nome di Coccorone con quello più nobile di Montefalco.
Le mura del paese, ancora integre e visibili, racchiudono tantissima arte e storia; il palazzo Comunale risalente al XIII secolo, per cominciare, le tante chiese di fondazione medievale, gli affreschi di Benozzo Gozzoli, Ambrogio Lorenzetti e Tiberio d’Assisi, il complesso museale di San Francesco e le tante reliquie che da sole parlano un linguaggio antico.
L’abbiamo rincontrata a colazione, nell’elegante sala baciata dalla luce del mattino: tutte le torte del buffet le prepara sempre lei, tranne la crostata, perchè <<con tutte le crostate che ho fatto nella vita ora mi sono stufata>>.
A proposito di dolci, conoscete la rocciata? è una sorta di strudel umbro – concedetemi la semplificazione – con tutti i sapori che adoro, la frutta secca, le mele, il miele. Pare che questo dolce sia stato portato qui dai Longobardi…ecco spiegata la somiglianza con il nordico strudel.
A condurre questa azienda vinicola due sorelle, Roberta e Simona Vitali; fanno parte del circuito di Donne del Vino (vi ricordate anche delle sorelle Marenco conosciute a Strevi?) e quindi, in un mondo ancora quasi esclusivamente maschile, godono di una mia particolare ammirazione. La cantina ci ha subito dato l’idea delle dimensioni di questa azienda dove si producono 150.000 bottiglie all’anno.
Un ringraziamento particolare va alle giovani del Consorzio del Sagrantino. Molto simpatiche e competenti ci hanno fatto conoscere, seppur a parole, tanti piatti tipici che con il Sagrantino vanno a nozze. Gli gnocchi al Sagrantino, tanto per iniziare, e poi i ricchi piatti di carne che questo vino importante richiede; l’agnello è un must, così come le carni alla griglia in generale, poi la cacciagione e i volatili.
Il ristorante si trova proprio accanto all’Antico Frantoio Brizi, anche questo disponibile a condurvi in una interessantissima e suggestiva visita guidata.
Un grazie speciale ai compagni di viaggio che hanno reso l’esperienza #InMontefalco indimenticabile @GiuseppeSciara, @CucinaPrecaria, @Lagonzi, @CristinaBonett, @FedericoAureli, @RossaDiSera, @ComidaDeMama e @FarahMesiti.
Anche quest’anno torna la Cena in Bianco di Torino e non poteva che essere così, visto il successo e la bellezza di questo evento che ha visto l’anno passato la sua prima esizione italiana. Forse qualcuno di voi ricorda il post in bianco dell’anno scorso, per il lancio del flashmob anche in rete.
Non vi anticipo nulla di più…il Team ReDolce (composto da me, Anna e Valeria) aspetta le vostre mail di iscrizione!!
ATTENZIONE PERò! Ci sono solo 25 30 possibilità di avere il Moscato d’Asti a casa vostra, perciò affrettatevi!! 😉
——–aggiornamento del 13/06/2013———-
C’è stata una tale accoglienza e un tale entusiasmo che proprio non ci aspettavamo…avevamo previsto di chiudere le iscrizioni il 20 giugno ed invece siamo arrivati al tetto massimo già stamattina!
Cosa vuol dire? Che le bottiglie son già pronte per partire e vi aggiorneremo prestissimo!
Grazie a tutti quelli che si sono iscritti!! Faremo tutto il possibile per rendere gli eventi dedicati al Moscato d’Asti veramente belli ed indimenticabili!!
Si sono avvicendate già diverse gestioni, l’ultima delle quali è particolarmente giovane e vivace, propositiva anche nella varietà di eventi che propone in abbinamento al cibo e nelle idee atte a sfruttare i 210 coperti del ristorante.
L’utilizzo del legno e dei colori caldi rende questo posto particolarmente speciale ed accogliente nella stagione fredda, ma d’estate viene allestito anche un dehors per coloro che vogliono cenare fuori o semplicemente bere qualcosa nel dopocena; infatti Luce e Gas è anche cocktail bar, con cucina aperta fino alle due nel weekend e fino all’una in settimana.
La gestione del ristorante ha scelto di utilizzare prodotti del territorio e di stagione e sono consigliatissimi tutti i piatti a base di fassone piemontese.
Per la nostra cena abbiamo accettato di farci guidare in un viaggio degustativo tra le specialità del ristorante.
Abbiamo iniziato con una varietà di antipasti piemontesi: battuta al coltello con scagliette di parmigiano, vitello tonnato all’antica maniera e flan di verdure con fonduta di parmigiano.
Questo classico è stato seguito da uno dei nuovi piatti in menù, un cestino di melanzane fritte, ripieno di ricotta morbidissima e giusto un accenno di pancetta affumicata. Si presenta come una torretta compatta, ma ad ogni boccone l’intera composizione si scioglie letteralmente in bocca con un effetto piacevolissimo.
Viene il momento dei primi. Assaggiamo prima un risotto agli asparagi, buono, ma è con gli altri due piatti che Luce e Gas fa faville: gli gnocchi di patate al Castelmagno, piatto semplice, è accompagnato da una riduzione di moscato che stempera la caratteristica sapidità del formaggio. I ravioli ripieni di fiori di zucca, fatti in casa e altro piatto del nuovo menù, sono adagiati su una crema di seirass, profumata con mentuccia e resa ancora più saporita da fili di zucchine croccanti.
Come secondo ci viene proposto un piatto di mare, i gamberoni cotti sotto sale rosa himalayano. Rotta la crosta di sale, i gamberoni vengono alla luce uno ad uno, svelando un intenso profumo di mare. Un altro piatto semplicissimo, ma con grandissimo carattere, reso ancor più accattivante dalla scorza di agrumi che fa ogni tanto capolino tra i granelli di sale.
Accompagniamo tutti questi piatti con un vino bianco, corposo e spiccatamente acidulo, un Inzolia-Cataratto Branciforti.
Concludiamo la cena con due dolci, uno che ritengo più adatto all’inverno o ad una cena particolarmente leggera, il classico tortino tiepido di cioccolato fondente, abbinato ad un delizioso Barolo chinato; un altro invece più leggero e adatto anche alla conclusione di una cena più sostanziosa, composto da cialda croccante, con panna montata ed una cascata di frutta, ananas, fragole e mirtilli, abbinato ad un Passito di Pantelleria.
<<Il canestrello ha una ricetta che non si può sbagliare, perchè è già sbagliata>> ci ha ripetuto Luca Gioberto, minimizzando la nostra soddisfazione; si tratta piuttosto di rigore, velocità e disciplina, perchè i canestrelli siano tutto della stessa dimensione e con lo stesso grado di cottura. Lui si regola senza orologio, preparando le palline di impasto; quando ne ha fatte un certo numero sa che la cottura delle altre è giunta al termine. Ma le varianti sono tante, anche l’altezza della fiamma e naturalmente la qualità degli ingredienti.
Alla fine della cena tutti hanno avuto un regalino firmato Cucina-To, da portare a casa:
***dove non diversamente indicato, tutte le immagini sono di Angelo D’Agostino – Lacumbia Film