Spaghetti alla chitarra con peperoni, pinoli e cipolle rosse (anzi viola!) caramellate
[fonti:
http://it.wikipedia.org/
M. Niola, Si fa presto a dire cotto, Il Mulino 2009.]
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Le galettes altro non sono che delle crêpes in versione salata, tipiche della zona della Bretagna.
Conosciute come specialità della tradizione culinaria francese, in realtà la storia le vuole come originarie dell’Italia.
I pellegrini, una volta tornati in Francia diffusero queste frittatine increspate con il nome di crêpes, dal latino crispus.
Per tutto il Medioevo furono sempre preparate con farina di vari cereali o di grano saraceno (e non farina bianca di frumento) e con acqua o vino al posto del latte, che venne introdotto solo successivamente.
Per le galettes, (con il mio padellone da crêpes da 28 cm di diametro, ne vengono 4; se si servono come antipasto, è meglio prepararle con un padellino piccolo, ottenendone il doppio):
Cuocere tutte le galettes prima di farcirle, è più comodo!
una quindicina di gamberetti, sbollentati e sgusciati
40 g di vongole già lessate e sgocciolate
Ho messo in un pentolino il latte; mentre scaldava l’ho aggiunto a cucchiaiate alla farina, fino a formare una pastella. Ho aggiustato di sale e pepe la pastella e l’ho rimessa sul fuoco per addensarsi. Dopo pochi minuti la besciamella è pronta. A piacere si può insaporire ulteriormente con formaggio grattugiato e noce moscata, io l’ho preferita neutra dovendo aggiungerla al pesce.
Intanto ho fatto rosolare uno spicchio d’aglio in padella con due cucchiai di olio, poi ho aggiunto le vongole e i gamberetti, già sbollentati e sgusciati. Ho fatto rosolare per pochi minuti, aggiungendo anche un goccino di vino bianco.
Infine ho aggiustato di sale e poi aggiunto alla besciamella già preparata.
Ho usato questo ripieno per farcire le galettes, completandole con fettine di melanzana fritte ben scolate.
Ho arrotolato e messo in forno a 170° per 10 minuti, basta solo che si riscadino uniformemente.
Le ho poi disposte nel piatto, tagliate a metà, e completate con alcune fettine di melanzana che erano avanzate dal ripieno.
Natura morta con zucchina e noci |
Natura morta con le noci |
Vecchio mendicante |
Ragazzo con la cesta |
I soggetti guardano dritto negli occhi l’osservatore, come a volergli raccontare una storia, senza indorare in alcun modo una certa crudezza documentaria.
Si veda Il ragazzo con cesta, colto in un attimo di riposo durante il suo lavoro. Questi sono occhi che parlano, che esprimono una quantità di messaggi a saperli ascoltare.
O Il ragazzo con cesto di pesci, dall’aria furba, che sembra voler invitare l’osservatore ad acquistare gli scintillanti crostacei.
Ragazzo con cesto di pesci |
I due pitocchi |
Donne al lavoro |
La piccola mendicante e la filatrice |
Ecco lo sformatino nel piatto, in compagnia di un altro pezzo di stracchino |
Ed eccolo che mostra il suo cuore di noci |
Si avvicina il 24 giugno, San Giovanni, normalmente considerato il limite massimo per gustare le ciliegie senza il rischio di incorrere nel giuanin, il vermicello, che proprio dal Santo prende il nome. In realtà quest’anno, visto l’anticipo di stagione per le ciliegie, era previsto l’arrivo del vermetto un po’ prima del solito…ma, confidando nelle medicazioni che oggigiorno vengono fatte, direi che si possa rischiare un po’ meno di incapparvi.
La regione del Limousin |
Arles sulla mappa della Francia |
Vincent Van Gogh – Paysage de Moisson – Arles 1888 |
La scena del film in cui Griet affetta e dispone le verdure |
Piero della Francesca – Sacra conversazione con Santi e Federico da Montefeltro – 1472 circa. |
Battista e Federico da Montefeltro ritratti da Piero della Francesca |
Ritratto di Ludwig II di Baviera |
Ludwig di Wittelsbach nacque a Nymphenburg nel 1845 e visse per quasi tutta l’infanzia presso il castello di Hohenswangau, con un padre impegnatissimo dalle questioni di stato e con una madre incapace di dargli affetto. Il piccolo Ludwig, timido per natura, si rinchiuse sempre più in se stesso, creandosi un mondo su misura. La sua adolescenza fu segnata da un’istruzione debole, un grande narcisismo e moltissima solitudine.
Divenuto re all’improvviso nel 1864 a soli 18 anni, si tirò addosso gli occhi di tutta Europa. Era alto un metro e novantuno, slanciato, con gli occhi azzurro cupo. Il suo fidanzamento con la cugina Sofia di Baviera (la sorella minore della più famosa Sissi) non diventò mai matrimonio, perché Ludwig lo troncò all’improvviso. Anni dopo fecero scalpore i diari in cui appariva evidente l’omosessualità del giovane Ludwig, a lungo combattuta dalla sua ferrea morale di stampo cattolico, che mai gli consentì di vivere una sessualità libera.
Il castello di Hohenswangau, visto da Neuschwanstein |
Nel castello di Hohenswangau, al confine meridionale della Baviera, avvenne un incontro che gli condizionò la vita. Lì infatti conobbe personalmente Richard Wagner che già ammirava da tempo. Ludwig aveva ascoltato il Lohengrin a soli 15 anni e con il suo spirito tipicamente sognatore ne era rimasto assolutamente affascinato.
Una volta divenuto re il suo primo desiderio fu quello di richiamare Wagner che anni prima, sovrastato dai debiti, era fuggito all’estero a causa dei creditori; Ludwig lo finanziò, lo installò nel castello di Hohenswangau e lo mise al suo servizio per la composizione di nuove opere. La musica di Wagner dava vita a quella che era la visione del mondo di Ludwig: gli antichi miti germanici che aveva conosciuto fin dall’infanzia e che popolavano il mondo parallelo nel quale si rifugiava per sfuggire alle regole di corte.
Renoir – Ritratto di Wagner |
Wagner, spesato e mantenuto e senza il pensiero dei debiti, aveva promesso di finire l’Anello del Nibelungo in tre anni. Ludwig si innamorò subito del mondo culturale di Wagner, nutrendo anche una sincera ammirazione per il compositore, che considerò però sempre come una persona di rango inferiore. Per il musicista fece costruire il Teatro dell’Opera di Bayreuth, teatro wagneriano per eccellenza, e i pettegoli parlarono addirittura di una relazione amorosa tra i due. D’altro canto Wagner fu sempre tacciato di un certo opportunismo e dall’alto della sua arte considerava Ludwig come suo pari, tanto che proprio per questa ragione a un certo punto fu allontanato.
Elisabetta d’Austria |
Ludwig II era un personaggio particolarissimo, romantico per antonomasia, di notte usciva, passeggiava nella notte, scriveva e leggeva, lasciando libera la propria fantasia; di giorno dormiva fino a tardi, cercando di prolungare il più possibile i suoi sogni. Era però vicinissimo al suo popolo da quale era riamato. Sono molti gli aneddoti che narrano di un re gentile e generoso con i popolani, un re da fiaba.
Aveva stretto un particolarissimo rapporto con la cugina Elisabetta d’Austria, Sissi, con la quale condivideva l’insofferenza per l’etichetta di corte e con cui si scambiava lunghe lettere e versi, soprannominandosi l’un l’altra “gabbiano” e “aquila”.
Il 30 novembre del 1870 Ludwig, a letto con un fortissimo mal di denti, ricevette la visita del conte Holnstein, ambasciatore di Bismarck, che gli consegnò la famosa Kaiserbrief, la “lettera imperiale” in cui lo si spingeva ad avallare l’elezione di Gugliemo I come imperatore tedesco. Dopo lunghe trattative il re acconsentì con la sua firma, ma in questo modo rinunciò all’autonomia della Baviera e divenne più spiccato il suo desiderio di costruirsi un mondo di sogno parallelo a quello reale. Inizia l’epoca della costruzione dei suoi castelli. Ludwig abbandona Monaco per diventare Re di un mondo fiabesco.
Il primo castello fu Linderhof, costruito tra il 1869 e il 1879, e dove Ludwig soggiornò più a lungo. Su una preesistenza di terreno risalente al Quattrocento e sulla successiva residenza di caccia, Ludwig voleva creare una residenza per se stesso, ispirata al Petit Trianon di Maria Antonietta. Al piccolo palazzo geometrico fanno da sfondo un sontuosissimo giardino, con fontane e statue e due padiglioni, ispirati al gusto orientaleggiante dell’epoca ed acquistati direttamente a due Esposizioni Universali di Parigi. Un’altra attrazione di Linderhof è la grotta di Venere, una grotta artificiale di stalagmiti, ispirata alla grotta azzurra di Capri, dove il sovrano amava passare le ore. Le innovazioni tecnologiche e i giochi d’acqua non si contano. Ludwig navigava il lago sotterraneo a bordo di una barca a forma di conchiglia mentre cambiavano le correnti e i colori delle luci grazie a marchingegni meccanici.
Andy Warhol – Neuschwanstein |
Neuschwanstein è il simbolo della Baviera nel mondo. Realizzato poco lontano da Hohenswangau, castello dove Ludwig era cresciuto, venne realizzato su progetto dello scenografo Christian Jank a partire dal 1869. L’idea venne naturalmente a Ludwig dopo la visita alla fortezza medievale di Wartburg in Turingia. Dall’alto dei suoi 965 m domina i paesi di Füssen e Swangau e diversi laghi tra cui il piccolo Alpsee. Sopra la gola del Pöllat vi è un ponte intitolato a Maria, la madre di Ludwig, dal quale si gode la miglior vista del castello.
interno del teatro di Bayreuth |
Intanto il 22 maggio 1872 era stata posta la prima pietra del Teatro di Bayreuth, destinato ad ospitare esclusivamente le rappresentazioni delle opere wagneriane. Ludwig avrebbe voluto costruire per Wagner un grandioso teatro a Monaco che si affacciasse sul fiume Isar, a metà strada tra il Parlamento e l’attuale Friedensengel, ma il Consiglio dei Ministri lo impedì e anni dopo vi trovò posto una statua di Ludwig II.
La ricetta: Maccheroni ai funghi e speck alla birra.
Una ricettina veloce veloce, neanche tanto bavarese, se non fosse per la birra, ma che mi è sembrata adatta al clima incerto e freschino di questi giorni…sembra ottobre…
Gli ingredienti sono funghi coltivati (200 g), qualche fetta di speck (4fette), prezzemolo e mezzo bicchiere di birra.
Ho pulito e affettato i funghi coltivati, e li ho messi a rosolare con uno spicchio d’aglio.
Intanto ho messo a bollire l’acqua per la pasta.
Una volta che i funghi cominciavano ad ammorbidirsi ho aggiunto la birra e ho lasciato finire di cuocere, per ultimo ho aggiunto il prezzemolo tritato.
Una volta cotta la pasta l’ho passata per un minuto in padella con i funghi aggiungendo anche lo speck tagliato finemente.
Maestro dei Jeans – Bambino con tozzo di pane – XVIIsec. |
Sebbene assai più circoscritto, un fenomeno simile si verificò in Piemonte con il loglio. Si dice “separare il grano dal loglio” intendendo “separare le parti di qualità da quelle dannose”.
Non tutto il loglio è dannoso; si tratta di una pianta erbacea con piccole spighette disposte a formare un’infiorescenza piatta lunga dai 30 ai 50 cm. Comunemente si tratta di una pianta foraggera, spesso impiegata in prati misti per aumentare la produzione di farina, ma anche qui il rischio è a portata di mano.
Un tipo particolare di loglio, il Lolium Temulentum, è anche detto Loglio Ubriacante. Comunemente conosciuto come zizzania, provocava intossicazioni anche di grave entità con vere e proprie alterazioni dello stato di coscienza.
Il Loglio (a sx) e la Zizzania (a dx) – immagini da Wikimedia Commons |
Come nella segale cornuta anche nella zizzania l’intossicazione è dovuta all’infestazione delle spighe da parte di funghi, sempre produttori di alcaloidi tossici, ma un po’ meno della Claviceps Purpurea, che producevano piuttosto effetti simili a quelli dell’alcool.
E’ noto il detto “seminar zizzania” con cui si intende mettere discordia, creare con malizia e cattiveria situazioni di conflitto all’interno di un gruppo.
Da uno dei libri più antichi del mondo si può evincere la parabola della zizzania.
Un uomo seminò del seme buono nel suo campo ma un nemico di notte vi sparse la zizzania. I servi ne accorsero solo alla fioritura, poiché la zizzania ha fiori rossi. Ma era difficile a quel punto togliere l’erba cattiva senza rischiare di sradicare il grano. Il padrone allora suggerì ai servi di farlo solo dopo il raccolto, cogliendo prima la zizzania e legandola in fasci per bruciarla, poi il grano da riporre nel suo granaio. Un chiaro riferimento al giorno del giudizio, dove i cattivi saranno separati dai buoni.
Lasciamo ora perdere le erbe cattive e passiamo alla ricetta di oggi:
250 g di farina “0” (oppure 150 g di farina ai 5 cereali e 100 g di farina bianca)
185 g acqua (190 g con farine integrali)
1/3 di panetto di lievito
½ cucchiaino di miele
1 cucchiaino di sale
Ho sciolto il lievito nell’acqua tiepida insieme al miele.
Ho messo la farina in uno scodellone largo e ho cominciato ad aggiungere l’acqua e lievito, mescolando velocemente con una forchetta.
Si forma una pastella morbida, quasi fluida e poco lavorata.
Per ultimo ho aggiunto il sale e, se volete, potete aggiungere qualche seme nell’impasto (o le olive, o le noci, o quel che vi pare).
Ho coperto con pellicola trasparente e ho lasciato lievitare al caldo per 2 ore.
Trascorso questo tempo, ho fatto scaldare il forno a 230° (ma dipende da quale forno avete: il mio è elettrico e ventilato, ma piccolo, quindi tende a surriscaldare).
Ho fatto slittare la pasta nella teglia coperta da un foglio di carta forno; è importante che il lato superiore dell’impasto resti rivolto verso l’alto, perchè si facilita la crescita in forno.
Se volete potete spennellare il pane con olio. Io ho aggiunto solo dei semini in superficie.
Lasciar cuocere per 30 minuti, e poi far raffreddare gradualmente su una gratella.
Pane bianco con semi di sesamo e di papavero |
i grandi alveoli di lievitazione |
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Uno sguardo su Cahir dalle mura del castello |
Quei signori di Val di Comino non avevano la friggitrice, né le patate surgelate, né la maionese in bustina… Quindi presumo avessero un bel da fare a preparare fish & chips tutto il sacrosanto giorno.
Anche con le facilitazioni elettriche odierne, toglietevi dalla testa di risolvere il tutto in 10 minuti!!!
Io ho suddiviso il lavoro in quattro (4!!!) fasi.
1. La salsa
1 uovo
125 ml di olio di semi
il succo di mezzo limone
sale
1 vasetto di yogurt bianco intero
1 cucchiaino di timo
pepe
Si tratta di una maionese fatta a mano corretta con lo yogurt: nell’uovo intero ho messo un pizzichino di sale, ho mescolato per un minuto poi ho cominciato ad aggiungere l’olio di semi di mais a goccia a goccia sempre mescolando. Poi con la velocità minima del frullatore ho continuato a montare, aggiungendo l’olio a filo.
Quando la maionese è diventata solida ho aggiunto il succo filtrato di mezzo limone e ho aggiustato di sale. Poi ho messo in frigo.
Prima di portare in tavola ho mischiato 4 cucchiai di maionese con 2 di yogurt intero, un cucchiaino di timo e una spolverata di pepe.
2. Le patate (quantità a scelta…ma più sono e meglio è!!!)
Ho scelto il tipo a buccia rossa, più adatto ad esser fritto. Le ho lavate e sbucciate, tagliate a listarelle lunghe e messe in frigo, mentre preparavo la salsa.
Le ho riprese e ho fatto il primo passaggio in olio bollente di semi di arachidi, devono essere tolte che sono ancora bianche. Si lasciano intiepidire e intanto si passa al pesce.
Poi si riprendono e si fa una seconda frittura, che darà croccantezza, facendole dorare un po’ e salando alla fine.
3. La pastella
100g di farina
100 ml di birra
1 uovo
sale
Ho mischiato la farina con il tuorlo d’uovo, aggiungendo pian piano la birra. Ho lasciato riposare per dieci minuti, poi ho aggiunto l’albume montato a neve con un pizzico di sale.
4. Il pesce
per 2 persone ho usato 250 g di merluzzo decongelato
Ho asciugato i filetti e li ho passati nella farina, poi li ho bagnati abbondantemente nella pastella e li ho messi a friggere, mentre le patate completavano la seconda friggitura in un’altra padella.
Ho composto il piatto e… goile maith ar chor ar bith!!!