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Salone del Gusto 2012 – seconda puntata

Come promesso nella prima puntata, in questo post vorrei mettere l’accento su quello che al Salone del Gusto mi ha colpito di più in “zona Piemonte“.
Innanzitutto il Paniere dei Prodotti Tipici della Provincia di Torino, reso per l’occasione una zona fisica del Salone, che si poteva esplorare e toccare. Qui erano raccolte tutte le eccellenze dei 315 comuni che costituiscono la provincia torinese.
Alcuni prodotti li conoscevo già, altri hanno suscitato la mia curiosità, confermando il fatto che la provincia torinese è “da scoprire” anche sotto l’aspetto della cultura enogastronomica.

Un prodotto di cui non avevo mai sentito parlare è il Salampatata del Canavese, che si produce con carne grassa e magra di maiale, patate lessate e aromi naturali, si fa asciugare per un giorno e poi si mette in commercio. Va consumato entro 20 giorni, al naturale oppure cucinato.

Altra ricchezza della provincia di Torino sono le sue mele. Delle oltre 400 varietà di mele facenti parte della stupefacente biodiversità del patrimonio dell’intero Piemonte, 8 sono classificate con la dicitura Antiche Mele Piemontesi e vengono coltivate in provincia di Torino. Hanno nomi pittoreschi come Grigia di Torriana, Buras, Runsé, Gamba Fina, Magnana, Dominici, Carla e Calvilla bianca e rossa. Messe da parte a inizio ‘900 per la loro bassa produttività, sono state riscoperte da poco e recuperate, prestandosi ad una grande varietà di utilizzi in cucina.

Il Peperone di Carmagnola non ha bisogno di presentazioni. Forse però bisogna specificare che sotto questa dicitura si celano quattro varietà: il Corno di bue, il Quadrato, il Trottola e il Tumaticot, ognuno dei quali si presta ad una diversa preparazione.

Meno conosciuta è questa varietà di sedano, il Sedano Rosso di Orbassano, riconducibile all’antica varietà del Sedano Violetto di Tours. La tipologia è molto antica e a costa rossa. Negli anni le erano state preferite le qualità a costa bianca o autoimbiancanti ed il sedano rosso odierno è frutto di una lunga ricerca e recupero. 

E tutte queste non vi sembrano buone ragioni per andare a gustare i #saporitorinesi?

Abbandonando la zona del Paniere mi sono poi addentrata fra i produttori di golosità:
Il cioccolato anzitutto, con nomi davvero eccellenti: Guido Castagna… 
Domori
Peyrano
Un altro prodotto tipico che fa subito pensare al Piemonte è la Torta di nocciole senza farina, una vera prelibatezza, tra l’altro senza glutine e che quindi possono mangiare tutti-proprio-tutti!!
In tema di nocciole, era doveroso offrire un mio tributo ai due produttori storici del Nocciolino di Chivasso, Bonfante e Fontana, dopo che mi hanno ispirato nella rivisitazione del Pinguino Pepino. Eccoli entrambi nei caratteristici incarti rosa.
Da ricordare anche le farine del Mulino Marino, che vengono macinate con un mulino così:
e sono quelle utilizzate dai pizzaioli dell’Università della Pizza.
Infine ritengo doveroso farvi fare un salto tra i formaggi per farvene scoprire uno tipicissimo, il Macagn, che è uno dei pochi formaggi che viene lavorato a crudo, due volte al giorno, con il latte ancora caldo da mungitura.  
L’ultimo “assaggio” è dedicato alla vastissima produzione di Beppino Occelli, come sempre da guardare ed ammirare tra i suoi molti formaggi speciali, uno fra tanti quello affinato tra le foglie di castagno.
Nella terza e ultima puntata vedrete cosa ho imparato durante il “foodblogger 2.0 tour“. Qui ne avevate avuto uno breve assaggio.
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Salone del Gusto 2012 – prima puntata

A Torino dal 25 al 29 ottobre si è svolto il Salone del Gusto, con le eccellenze italiane, unito a Terra Madre, con i prodotti provenienti da ogni parte del pianeta.
Per chi ama il cibo questo evento è una gioia per il cuore e per il palato. Molti gli assaggi che mi hanno conquistato, portandomi a girovagare di stand in stand saltando dal dolce al salato, dall’nduja calabrese alla crema del cannolo siciliano, dal prosciutto friulano al torrone morbido sardo.
In più, per un gruppo di foodblogger piemontesi, si sono svolte delle interessanti visite guidate alla scoperta delle eccellenze del nostro territorio, molte delle quali ancora semisconosciute al grande pubblico.
Io ho avuto la fortuna di visitare il Monferrato. Potete avere un assaggio del tour qui: http://storify.com/AleGiovanile/foodblogger-2-0-alla-scoperta-dei-prodotti-piemont
Presto ne parlerò ancora sul blog, con una ricetta ispirata dai prodotti che ho avuto modo di conoscere.
Per ora voglio condividere su questa pagina alcune delle foto scattate al Salone, lasciatevi ingolosire dalle immagini.
Il Pecorino Sardo DOP
I ceci di Cicerale
le salsicce del Cilento
Il Ficaccio, maturato nelle foglie di fico
Il pane di semola siciliano
Il capocollo di Martina Franca
I caciocavallo campani
l’aglio rosso di Nubia
I salami friulani Lovison
I prosciutti di San Daniele del Friuli
Il Culatello di Zibello DOP
La pasta di Gragnano

due metri di spaghetti dal pastificio di Gragnano

La musica buona che fa bene all’ambiente
Uno sguardo su Terra Madre, in particolare sulla Francia che mi affascina particolarmente:
Dalla Guascogna lo stufato di bovino Mirandais
Il Dulce de Leche
I formaggi francesi maturati 4 anni
I formaggi della Savoia…
…e i salumi di cinghiale
Dalla Provenza le tisane
Il famoso Cassoulet di Tolosa
Il banco delle spezie: il mio mondo dei balocchi
I biscottoni provenzali
I torroni morbidi di ogni sorta di gusto
La fava di cacao peruviana
Sciroppi e confetture finlandesi
Il formaggio al cumino dalla Lettonia
La quinoa dalla Bolivia

La seconda puntata sarà tutta incentrata sul Piemonte e sulle sue eccellenze!

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Fave dei morti per Halloween Tutta la tradizione della festa di Halloween

 
I telegiornali dicono che Halloween è la festa per bambini importata dagli Stati Uniti, ma non sempre dicono che negli Stati Uniti questa festa è arrivata dall’Europa, grazie agli immigrati irlandesi e scozzesi: All-Hallows-Eve significa infatti Vigilia di Ognissanti in scozzese antico.

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Cagliette di pane raffermo con Gruyère

Eccomi giunta al momento della seconda ricetta che ho elaborato per il contest dedicato ai formaggi svizzeri, promosso da Teresa di Peperoni e Patate e dal Consorzio Formaggi della Svizzera
Anche questa volta sono rimasta in Piemonte, ma sono salita in montagna, scegliendo di rielaborare una ricetta antica e poco conosciuta, le cagliette di pane.
Sembra che le cagliette o calhëtte o cabiettes, a seconda della zona, siano nate a Rochemolles, frazione di Bardonecchia, ma sono preparare in tutta l’Alta Val di Susa e nella Val Chisone. Si possono preparare seguendo due ricette diverse tra loro. Nel primo caso vengono fatte con le patate crude grattugiate, assemblate con gli altri ingredienti e poi lessate in acqua bollente; nel secondo caso, che poi sarebbe quello più antico, risalente a prima del XIX secolo, quando le patate venivano consumate principalmente dagli animali, sono composte da pane raffermo ammollato e tenute insieme anche in questo caso dagli altri ingredienti. 
Tra questi ingredienti ci sono naturalmente il latte e le uova ed un altro ingrediente tipico delle zone montane, la toma d’alpeggio.
Per la mia versione dedicata alla Svizzera ho scelto di sostituire la toma con il Gruyère AOC Switzerland, prodotto fin dal 1115 nella Svizzera di lingua francese.
Per conoscerlo un po’ meglio vi dico che si tratta di un formaggio fatto con il latte crudo proveniente da mucche che si nutrono di erba d’estate e di fieno d’inverno.. Con 400 litri di questo latte si confeziona una forma da 35 chili. Durante la stagionatura ogni forma viene spazzolata con acqua salata, questo le conferisce il caratteristico aroma.
Ne esistono diverse qualità; forme messe sul mercato dopo un’affinatura di 5-9 mesi ed altre affinate 10 mesi ed oltre, una qualità BIO ed infine il Gruyère Alpage, prodotto d’estate in alpeggio, da latte di vacche nutrite da erbe di alta montagna.
Da queste informazioni sono stata ispirata nella scelta della ricetta da rielaborare, che devo dire perfettamente riuscita grazie all’aroma morbido ed intenso del Gruyère Switzerland.
La ricetta: Cagliette di pane raffermo con Gruyère
ingredienti per 4 persone:
200 g di pane raffermo
1/2 litro di latte
2 uove medie
100 g di Gruyère Doc Switzerland
farina 100 g
Ho tagliato a cubetti il pane secco e l’ho messo ad ammollare nel latte freddo per alcune ore.
Da parte ho preparato il Gruyère, tagliandolo a pezzettini. Quando il pane era ben ammorbidito l’ho strizzato e spappolato con le mani, poi l’ho mischiato alle uova e al Gruyère a cubetti, aggiungendo farina finché il composto non è risultato lavorabile.
Con due cucchaiai ho formato delle quenelles e le ho gettate direttamente in acqua bollente salata, aspetando che riaffiorassero. Per al cottura ci vogliono circa 10 minuti.
Le cagliette si possono condire con burro fuso e con panna e formaggi sciolti a bagnomaria; si può usare anche lo stesso Gruyère per il condimento, come ho fatto io.
Alcuni li gratinano in forno fino a doratura, io invece li ho serviti così, con il formaggio fuso, ma nella scodella si mantengono caldi più a lungo.
Con questa ricetta partecipo al contest La Svizzera nel Piatto organizzato da Teresa di Peperoni e Patate e dal Consorzio Formaggi della Svizzera.
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Tartrà per tutte le stagioni, ai peperoni o alla zucca, per La Svizzera nel Piatto.

Per La Svizzera nel Piatto, il contest organizzato dal Consorzio Formaggi della Svizzera in collaborazione con il blog di Teresa, Peperoni e Patate, bisognava elaborare una ricetta tradizionale italiana e reinterpretarla con l’utilizzo dei formaggi svizzeri più famosi.
Per questa prima ricetta – ma ne arriverà prestissimo un’altra – ho scelto lo Sbrinz, il più antico formaggio svizzero, il cui commerciò è documentato già nel 1530, quando mercanti a dorso di mulo portavano in Italia, attraverso i valichi alpini le enormi forme di Sbrinz scambiandole con sale e vino.
Lo Sbrinz è fatto con latte di vacca, non pastorizzato. La maturazione minima è di 16 mesi, ma diventa ideale a 18 mesi, quando diventa friabile e tenero ma piacevolmente piccantino e aromatico.
Lo Sbrinz possiede il marchio AOC (appellation d’origine controllèe) dal 2002 ed è un componente ideale per i taglieri ma anche il classico formaggio da grattugia.
Per la ricetta da presentare al contest sono andata a scovare una tradizionalissima ricetta piemontese, la tartrà. Si tratta di un budino di latte e panna, insaporito con tante erbe aromatiche dal gusto delizioso che ben si sposano con un formaggio prodotto con latte di mucche che si sono nutrite di grasse erbe alpine. La tartrà è un piatto versatilissimo che a seconda delle stagioni si può reinterpretare con un accompagnamento diverso.
Io ne ho proposte due versioni, una, per il primo autunno, con i peperoni e le acciughe e un’altra, per l’autunno avanzato, con la zucca e la pancetta.
La ricetta: Tartrà piemontese accompagnata da salse di verdura.
Per la tartrà (6 budini):
2 uova + 1 tuorlo
250 ml di latte intero
100 ml di panna da cucina
100 g di Sbrinz AOC grattugiato
1 porro
un trito composto da salvia, timo, rosmarino e alloro
20 g di burro
sale e pepe
Per la salsa al peperone:
1 peperone grande
1 grosso spicchio d’aglio
4 filetti di acciuga
olio d’oliva extravergine
50 ml di vino bianco
Per la crema di zucca:
300 g di zucca già pulita e lessata
½ cipolla piccola
70 g di pancetta affumicata
1 rametto di rosmarino
Ho fatto sciogliere il burro in un pentolino, aggiungendo il trito di erbe aromatiche e il porro tagliato finemente. Ho lasciato ammorbidire il porro per qualche minuto poi ho aggiunto la panna liquida, spegnendo quasi subito la fiamma e continuando a mescolare fino ad intiepidimento. A questo punto molti filtrano il tutto; io ho  invece lasciato le erbe aromatiche e il porro, in modo che il sapore fosse più intenso.
Ho sbattuto le uova con una bella presa di sale e una spolverata di pepe, aggiungendo lo Sbrinz grattugiato e il latte tiepido.
Ho unito i due composti e mescolato con cura; poi ho suddiviso in 6 pirottini da muffin grandi di silicone ed ho messo a cuocere in forno caldo a 190° a bagnomaria; in pratica in una teglia larga ho messo due dita di acqua calda e vi ho deposto tutti i pirottini con la tartrà liquida.
Quando i budini si saranno solidificati saranno pronti, nel caso si scurissero troppo coprirli con un foglio di alluminio.
Per la salsa di peperoni:
Ho tagliato il peperone a pezzettini minuti e l’ho messo a rosolare con l’aglio e un giro d’olio evo. Ho sfumato con il vino proseguendo la cottura Quando era morbido ho aggiunto le acciughe tagliate a pezzettini e le ho fatte sciogliere. Ho passato tutto al frullatore, togliendo l’aglio e regolando di sale.
Per la crema di zucca:
Ho fatto rosolare la cipolla tagliata sottile in un filo d’olio. Ho aggiunto la zucca lessata a cubetti, e insaporito con del rosmarino. Quando il tutto era morbido, ho frullato e regolato di sale. Da parte ho stufato della pancetta a cubetti, con un filo di vino.
Per comporre il piatto è sufficiente liberare la tartrà dal pirottino ed accostarvici la salsa che avete scelto. Per quella di zucca, decorare con i cubetti di pancetta.
Con questa ricetta partecipo al contest La Svizzera nel Piatto del blog Peperoni e Patate in collaborazione con il Consorzio Formaggi della Svizzera.
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Il Taste & Match di Torino e la mia dolce ricetta

Quando l’oste Fernando di Winexplorer mi ha proposto di partecipare alla seconda edizione torinese del Taste&Match ho fatto un salto di gioia. Mettersi alla prova in cucina, soprattutto misurarsi con il gusto di assaggiatori esigenti è sempre una bella sfida per me. Certo non è semplice far calzare perfettamente un piatto ad un vino, ma quando l’esperimento riesce son gioie per il palato.
Il vino che mi è stato assegnato è un passito molisano DOC, Apianae Di Majo Norante, al 100% Moscato Reale. Ancor prima di assaggiarlo mi sono un po’ documentata sulla storia di questo vino, Apianae altro non è che l’antico nome del vitigno Moscato Reale, coltivato fin dal 200 a.C. e forse ancor prima. Questo vino ha viaggiato nei secoli, passando per le corti papali fino ai giorni nostri e all’assaggio conserva tutto il gusto del sole molisano. Per questo nello studiare un dolce da abbinargli ho pensato subito a qualcosa che richiamasse la tradizione del Meridione: mandorle, miele, acqua di fiori d’arancio, in una gustosa crema di uova.
Così ho ricordato certe tortine di origine medievale, che avevano proprio il miele e l’aroma di fiori d’arancio tra gli ingredienti principali. Dall’idea alla prova pratica il passo è stato breve e sono nati questi dolcini che ho dedicato al mio personaggio medievale preferito, Federico II di Svevia, amante della poesia e delle arti, che scorrazzando per il sud Italia, forse ha anche avuto la possibilità di assaggiare questo pregiato vitigno.
E voi, non siete curiosi di assaggiare questa e le altre ricette degne di un imperatore?
Il Taste&Match si svolgerà il 10 novembre a Torino, nell’elegante cornice del Circolo dei Lettori. Ci saranno 8 vini in degustazione, abbinati ad 8 ricette cucinate da altrettante foodbloggers. La serata ha un costo di 35 € e i posti sono limitati. Acquistando i biglietti online direttamente sul sito di Winexplorer avrete uno sconto del 10%, quindi… prenotatevi subito a questo link!!! 😀

La ricetta: Alla corte di Federico II, mini quiches alle mandorle, miele e acqua di fiori d’arancio, con salsa al moscato reale e zafferano.
Per la pasta brisé:
200 g di farina 00
90 g di burro
70 ml d’acqua freddissima
1 cucchiaino di aceto
1 cucchiaio di zucchero
Per il ripieno:
1 uovo
50 g di mandorle pelate e tritate grossolanamente
50 g di miele (di tiglio oppure di fiori di agrumi)
125 ml di panna liquida
acqua di fiori d’arancio
cannella
Per la salsa:
1 uovo
2 cucchiai di miele
1 cucchiaio di maizena (o di farina 00)
150 ml di latte
1/2 bicchiere di moscato reale Apianae Di Majo Norante
zafferano
Ho preparato la brisè: ho mescolato la farina con lo zucchero e versato un cucchiaino di aceto nell’acqua fredda di frigo. Poi ho impastato la farina con il burro freddissimo a cubetti ed aggiunto gradualmente l’acqua fino a formare una palla di impasto. Poi, senza far scaldare l’impasto, l’ho riposta in frigo fino al momento di stenderla.
Ho preparato il ripieno: ho montato le uova con lo zucchero e il miele, aggiungendo l’acqua di fiori d’arancio e la panna liquida e mescolando con cura; ho cosparso il fondo delle tortine di granella di mandorle e poi ho colmato con un mestolino di crema
Ho messo a cuocere in forno caldo a 180° finché la crema non era rassodata e leggermente caramellata.
Ho preparato la salsa di accompagnamento, mescolando 1 uovo con la maizena setacciata e 100 ml di latte intiepidito. Ho aggiunto 1/2 bicchiere di vino e poi, mettendo sul fuoco a bagnomaria, ho dolcificato  con il miele. Ho lasciato rassodare mescolando in continuazione, finché non ha preso un po’ di tono, ma senza che la salsa rassodasse troppo.
Ho composto il piatto con una tortina ed una cucchiaiata di salsa, decorando con un pizzichino di zafferano in polvere.

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Nasce #SaporiTorinesi

Cosa è successo martedì 16 ottobre a Torino?
8 foodbloggers  si sono ritrovate nella prestigiosa cornice della scuola di cucina Maison Massena, hanno indossato il grembiule e si sono messe ai fornelli sotto la direzione dello chef stellato Carlo Bagatin, per attirare l’attenzione sull’eccellenza della cucina torinese.
Torino è bella, forse è la più europea delle città italiane per il suo stile architettonico rigoroso e severo; Torino è stata capitale, non solo nel 1861 ma anche città capitale, simbolo della magnificenza del ducato e poi del regno di Savoia. Parlano di questa storia recente e passata le sue piazze ampie, i suoi palazzi imponenti e le sue strade dritte. 
Martedì però il riflettore era puntato su  un aspetto spesso trascurato: la nostra cucina tipica è eccellente e porta la traccia nei suoi piatti della storia di secoli, di case reali, di influenze dell’alta gastronomia francese e russa.  Quale altra cucina regionale italiana ha così tanti antipasti all’attivo? E vogliamo parlare della pasticceria? O degli squisiti piatti di carne che la domenica che facevano la felicità delle cascine e delle case benestanti?
Questo aspetto ritorna a splendere e nasce #saporitorinesi. Dal 25 ottobre in concomitanza con l’apertura del Salone del Gusto 23 ristoranti di Torino e dintorni metteranno nei loro menù i piatti più significativi della tradizione culinaria piemontese. I menù promuoveranno la riscoperta di ricette tipiche e di prodotti agroalimentari del territorio torinese e piemontese e verranno accompagnati da almeno 2 vini e 1 liquore della provincia di Torino.
E noi foodblogger cosa abbiamo fatto? Intanto con i nostri tweet abbiamo fatto balzare il tag #saporitorinesi al primo posto tra i trend topic di martedì mattina e poi abbiamo fatto la cosa che ci piace più fare, ovvero cucinare golosissimi piatti.
La ricetta scelta da me è il vitello tonnato. 
Questo piatto ha una storia antica e si trova nella raccolta di Artusi, la Scienza in Cucina e l’Arte di Mangiar Bene al numero 363. Artusi lo situa tra i “rifreddi”, le carni servite fredde, e nella ricetta che propone il pezzo di vitello viene steccato con le acciughe e fatto lessare lentamente con cipolla, chiodi di garofano, alloro, prezzemolo, sedano e carota. Poi, nel suo brodo, viene fatto riposare per una notte. La salsa di accompagnamento che indica Artusi, la salsa tonnata che dà il nome al piatto, viene preparata con il tonno sott’olio, le acciughe, aggiungendo man mano dell’olio, dei capperi sott’aceto tritati ed eventualmente un poco del brodo di cottura. In un altro punto del suo libro Artusi propone un’altra versione della salsa tonnata, preparata con l’aggiunta di rossi d’uovo sodi.

Al giorno d’oggi la salsa tonnata viene preparata così, con i tuorli sodi e, spesso, ma non sempre, con l’aggiunta di maionese.
In ogni caso il vitello tonnato resta un antipasto goloso, antico e sempre attuale!
Se vi ho messo un po’ di curiosità, andate ad assaggiare questo e gli altri affascinanti piatti della tradizione di Torino e del Piemonte in uno dei ristoranti che aderiscono all’iniziativa a partire dal 25 ottobre.
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Il 7° World Bread Day e il Pane Polacco al Cumino

Oggi è la Giornata Mondiale dell’Alimentazione ed è anche il 7° World Bread Day, la giornata mondiale del pane, che rappresenta l’essenza più arcaica dell’alimentazione umana.
Il pane è nutrimento e simbolo e così non mi lascio sfuggire l’occasione di panificare proprio per questa giornata, giunta ormai alla settima edizione.
Sul blog di Zorra troverete un archivio delle ricette che da ormai 7 anni sono state preparate dalle foodbloggers di tutto il mondo. D’obbligo fare un salto anche sul blog di Cindy che si fa promotrice dell’iniziativa per l’Italia.
Anch’io ho dato il mio contributo, l’anno scorso, con il treccione di pane, e quest’anno con un pane scuro profumato di cumino, che è perfetto, nella stagione invernale, con gli stufati ricchi delle regioni dell’Europa del Nord, ma che resta morbido ed ottimo anche per una ricca colazione dolce.
Rispetto alla ricetta originale che ho trovato sul libro Il Pane fatto in casa di Christine Ingram e Jemmie Shapter, ho dimezzato la quantità di lievito, aumentando il tempo di lievitazione ed ottenendo un pane più leggero e che si mantiene morbido più a lungo.
Buon World Bread Day a tutti!! 

La ricetta: Pane polacco di segale al cumino
225 g di farina di segale per pane nero
225 g di farina bianca tipo 0
1 cucchiaio di semini di cumino
1 cucchiaino colmo di sale
10 g di lievito di birra fresco
140 ml di latte tiepido
1 cucchiaino di miele
120 ml di acqua.
Ho mischiato le farine con il sale e i semini di cumino.
Ho sciolto il lievito in parte del latte intiepidito e vi ho mischiato il miele, mescolando bene fino a sciogliere tutti i grumi.
Ho iniziato a versare al centro della farina questa mistura di latte e lievito, impastando con una forchetta. Ho aggiunto gradualmente il latte restante e poi l’acqua, fino a formare un impasto morbido.
Ho rovesciato tutto sulla spianatoia ed ho iniziato ad impastare, lavorando bene la palla per dieci minuti.
Ho messo il tutto a lievitare in un luogo ben riparato, in una ciotola unta, coperta di pellicola oliata.
Quando era raddoppiato, dopo circa 3 ore, ho diviso l’impasto in tre pezzi. Li ho lavorati brevemente ed ho formato tre ovali di pane, rimettendoli a lievitare al riparo, fino al completo raddoppio.
Ho poi informato le pagnotte a 220° per 20 minuti. Se sono cotte suonano vuote.
Appena sformate saranno molto croccanti, ma poi diventeranno morbidissime e si conserveranno bene per 3 giorni.
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Alla Fiera della Toma di Condove

Ieri sono stata alla Fiera della Toma di Condove, giunta ormai alla XXIII edizione.
Lascio che siano le immagini a parlare e a raccontare (solo in parte) questa ricchissima manifestazione, assolutamente imperdibile per chi ama il formaggio.

Siamo stati realmente travolti da una miriade di colori e profumi, come accade nelle autentiche Fiere di montagna. Non solo formaggi, la toma e tutte le sue varianti, ma i biscotti, canestrelli ancora caldi, e torcetti, le caldarroste, le mille sfumature del miele, e tante tante mele di montagna.
Al banchetto allestito per le foodbloggers, che proponevano una ricetta all’ora, ho avuto il piacere di salutare Ambra, Silvia, Anastasia e Ale. C’erano anche Alessandra e Lia.
Ma l’esperienza che ricorderò con più piacere è stata la visita guidata alla Cascina Vercellino, inserita nel programma Cascine Aperte.
Abbiamo avuto la possibilità di visitare la loro piccola impresa a conduzione completamnete familiare,  dove tutti sono coinvolti nel lavoro del caseificio, dall’anziana nonna, ai figli più giovani; abbiamo visto le mucche da latte, il piccolo laboratorio, la cascina tutta e abbiamo gustato formaggi e yogurt deliziosi, che conservano tutto il sapore dell’autenticità. Niente a che vedere con i caseifici dove ormai la produzione è del tutto industriale. Anche i loro prezzi di vendita sono estremamente competitivi, a prova che un prodotto veramente genuino non sempre si deve pagare di più.

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Il Tuffo del Pinguino – Pepino is on MyTable

Domani 11 ottobre sarò, insieme ad alcuni chef di ristoranti torinesi del circuito MyTable.it ed alcune foodblogger, Un Tocco di Zenzero, Cucina Precaria e Cucina e Cantina, in piazza Carignano a Torino a festeggiare un super gelato torinese.
Protagonista della festa sarà il Pinguino Pepino, il primo gelato da passeggio su stecco, che domani verrà proposto anche come dessert da fine pasto.
Ma per introdurre questa storia tutta torinese, occorre fare un passo indietro nel tempo, anzi un bel balzo, perché arriviamo fino al 1884, quando Domenico Pepino gelataio napoletano arrivò a Torino ed aprì una gelateria in piazza Carignano, la stessa che potete vedere ancora oggi.
Nel 1916 egli cedette per la somma di 10.000 lire la sua attività al Commendator Giuseppe Feletti, che già si occupava di cioccolato, e a suo genero Giuseppe Cavagnino. I rilevatori dell’impresa danno un nuovo impulso commerciale alla gelateria Pepino, adottando il ghiaccio secco per facilitare il trasporto dei gelati, così il gelato Pepino arrivò ovunque.
La gelateria venne insignita negli anni di numerosi riconoscimenti diventando anche fornitrice della Real Casa.
Nel 1939, dopo anni di studio e di ricerca a riguardo, venne “inventato” il gelato da passeggio su stecco: il gelato Pepino alla vaniglia venne immerso in una colata di cioccolato fuso e divenne il Pinguino, conoscendo nuova celebrità e successo.
All’epoca costava una lira e quindi con 2 lire si poteva andare al cinema e prendere un Pinguino.
Negli anni vennero messi sul mercato nuovi gusti di Pinguino, oggi sono sei: crema, gianduja, nocciola, viola, menta e caffé. Cambiò soltanto il packaging del prodotto, adeguandosi ai tempi, ma conservando sempre quell’aria d’antan, delle cose buone di un tempo.
Domani il Pinguino, dopo 73 anni di successo, diventerà anche un dessert. Noi foodblogger insieme agli chef torinesi siamo chiamati a reinterpretare il Pinguino Pepino come un dessert da fine pasto e una giuria di giornalisti assaggerà le nostre opere golose.
Per la mia rivisitazione ho cercato un prodotto che, proprio come il Pinguino, potesse raccontare una storia. 
È il caso dei Nocciolini di Chivasso.
Intorno al 1850 un pasticcere chivassese, Giovanni Podio, creò i primi Nocciolini, con albume, zucchero e Nocciole Tonde Gentili del Piemonte, li chiamò Noasèt, o Noisettes per i clienti d’oltralpe. Nel 1900 suo genero Ernesto Nazzaro portò i Noasèt all’Esposizione Universale di Parigi e nel 1911 a quella di Torino, riscuotendo un enorme successo e facendo sì che il suocero ricevesse un brevetto per questa sua creazione. Poco dopo Podio fu insignito del titolo di “fornitore della Real Casa” da Vittorio Emanuele III, per i Noasèt, proprio come era accaduto con i gelati Pepino.
Il loro nome venne italianizzato in Nocciolini durante il fascismo, e tale restò anche in seguito.
A Chivasso due pasticcerie si contendono il primato per i preziosi bottoncini alle nocciole, la Bonfante, pasticceria storica del 1922, un piccolo gioiello in stile liberty, e la pasticceria Fontana del 1965. 
Dall’incontro di questi due dolci golosi del territorio nasce un dessert davvero principesco.
Ho abbinato una crema al cioccolato fondente con il Pinguino al gianduja, l’ho completata con la croccantezza dei Nocciolini di Chivasso e con una morbida meringa svizzera con yogurt bianco. Per completare qualche scaglia di fondente e naturalmente il Pinguino al gusto gianduja!
Il Tuffo del Pinguino nel bicchiere
La ricetta: Il Tuffo del Pinguino
(per 4 coppe)
per la meringa svizzera con yogurt:
75 g di albume (circa 2 albumi)
150 g di zucchero
3 gocce di limone
100 g di yogurt bianco intero
per la crema al cioccolato:
100 g di mascarpone
50 g di cioccolato fondente
1 Pinguino Pepino al gusto gianduja
80 g di Nocciolini di Chivasso 
per decorare 4 coppe: 4 Pinguini al gianduja
Procedimento:
Preparare la meringa svizzera: mettere in una ciotola, o in un pentolino che vada a bagnomaria, gli albumi con un cucchiaio di zucchero e ¾ gocce di limone; mettere questa ciotola dentro quella piena d’acqua sul fornello acceso e cominciare a montare aumentando man mano la velocità, quando gli albumi sono bianchi aggiungere lo zucchero restante e continuare a montare finchè la meringa non diventa bella lucida. L’operazione dovrebbe essere svolta a 60°, con l’aiuto di un termometro da cucina, riducendo eventualmente il bollore dell’acqua sottostante. 
Una volta che la meringa è ben montata mettere da parte.
Preparare la crema al cioccolato fondente: sciogliere a bagnomaria il cioccolato fondente precedentemente sminuzzato. Farlo intiepidire e mescolarlo al mascarpone e alla crema di un Pinguino al gianduja ammorbidito a temperatura ambiente. Porre in frigo per un quarto d’ora. 
Mescolare la meringa allo yogurt bianco e comporre il dolce.
Sul fondo delle coppe mettere uno strato di crema al mascarpone e cioccolato. Sulla superficie adagiare i Nocciolini di Chivasso, sopra questi mettere una cucchiaiata di meringa svizzera con yogurt. 
Decorare con qualche scaglietta di fondente e “tuffare” un Pinguino al gianduja.
Il Tuffo del Pinguino ancora nel bicchiere
Il Tuffo del Pinguino presentato in coppetta

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Alla Fiera del Miele di Marentino…

Chi mi segue su Facebook e Twitter sa che in occasione della Fiera del Miele di Marentino, svoltasi il 29 e 30 settembre, ho partecipato al concorso gastronomico “C’era una volta il miele”.
Il tema del concorso era naturalmente il miele e dunque bisognava presentare una ricetta con questa significativa presenza tra gli ingredienti. Erano ovviamente benvenuti anche tutti gli altri prodotti del nostro territorio.
Io ho presentato i miei ravioli al formaggio di capra insaporiti con miele e more e sono stata scelta tra le cinque finaliste, andando poi proprio lì a Marentino a cucinare la mia ricetta sotto gli occhi vigili dei giudici.

La giuria era composta da tre membri dell’Accademia delle Tradizioni Enogastronomiche del Piemonte, Andrea Mè, Marco Carena e Federico Bianco, dalla scrittrice e  blogger Norma Carpignano e dallo chef Davide Fiore del ristorante La Locanda delle Marionette di Sciolze.

E’ stata un’esperienza divertente e molto molto piacevole: per chi ama cucinare è sempre molto stimolante ricevere un giudizio da esperti del settore, e non da semplici assaggiatori occasionali… quando poi questo giudizio porta anche alla vittoria, potete immaginare che la soddisfazione è a mille!!!

Con le altre partecipanti ci siamo sistemate sull’ampio tavolo, abbiamo disposto i nostri ingredienti e attrezzi e abbiamo subito dato il via alle danze. Qualche tentennamento l’abbiamo avuto soltanto con l’approccio alle piastre ad induzione, ma anche quello è stato risolto.

Tra le ricette partecipanti c’erano altri ravioli, con il miele nel ripieno, un secondo di pesce e due dolci: dei muffins e dei biscotti.

Dopo le foto di rito, la giuria si è raccolta in camera di consiglio e dopo una decina di minuti la classifica era stilata: primo posto per me!! 😀
La mia ricetta sarà pubblicata nei ricettari dell’Accademia delle Tradizioni Enogastronomiche del Piemonte; a casa ho portato gli attestati del Comune di Marentino e dell’Accademia e un invito a cena per due al ristorante Le Marionette di Sciolze. 
I complimenti che più mi hanno fatto piacere sono stati quelli di Davide Fiore che, rimasto particolarmente colpito dalla mia ricetta, la inserirà nel suo menù.
In attesa di raccontarvi anche della cena in questo ristorante particolarissimo, pubblico ancora il momento della premiazione che dice tutto sulla mia contentezza.