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Sformatini di riso con salsa al radicchio e tempura di pera

Ci sono piatti che riportano indietro nel tempo, perché li mangiavamo quando eravamo ancora bambine con altri che li preparavano per noi. Di solito la ricetta è scritta su carta e, anche se la si conosce bene, si va a controllare per non sbagliare nessuna dose. Per me è lo sformato di riso, di cui andavo proprio ghiotta da piccola e che per assurdo non ho mai preparato da quando ho il blog.
Poi ci sono i sapori “nuovi” come il radicchio che mangio da pochi anni perché prima lo trovavo troppo amaro.
Infine ci sono le parole nuove che ho imparato proprio da quando ho aperto questo spazio culinario in rete. Una di queste è tempura, che prima mangiavo senza neppure minimamente immaginare che quello fosse il suo nome.
La tempura, ovvero la frittura in una leggera pastella di farina e acqua ghiacciata, fu introdotta nel XVII secolo in Giappone dai missionari portoghesi della Compagnia di Gesù per rendere meno pesante l’astinenza dalle carni che si doveva osservare durante la quaresima e gli altri tempi liturgici che lo imponevano, le cosiddette “quattro tempora”, i quattro tempi. Le frittelle, dalla leggerezza quasi incorporea, e che si consumavano in un unico morso croccante,  si riempivano di minuscoli pezzetti di verdura, alghe o pesce.
Io ci ho messo sottilissime fettine di pera per alleggerire il gusto amaro del radicchio con una nota di dolcezza.
La ricetta: Sformatini di riso con salsa al radicchio e tempura di pera
Per 8 sformatini:
250 g di riso
250 ml di latte
2 cucchiai di farina
1 cucchiaio d’olio
1 noce di burro
2 cucchiai di parmigiano grattugiato
sale
pepe bianco

Ho lessato il riso in acqua salata. L’ho scolato e l’ho condito con la noce di burro e il parmigiano grattugiato.
Ho preparato la besciamella con la farina, il latte, il cucchiaio d’olio e un po’ di sale e pepe bianco.
Ho mischiato la besciamella al riso e ho lasciato intiepidire.
Poi ho aggiunto i tre tuorli mescolando bene.
Infine ho montato a neve gli albumi e li ho incorporati al composto.
Ho suddiviso il tutto in 8 stampini da muffin e ho infornato a 180° per 25-30 minuti.

 
Per la crema di radicchio:
1 cespo di radicchio lungo
125 g di robiola fresca
½ cipolla
olio
sale

Ho fatto rosolate il radicchio tagliato finemente in olio e cipolla tritata. Ho aggiunto un pochino di vino bianco e ho lasciato stufare fino ad ammorbidirlo. Poi ho regolato di sale.
Quando era freddo l’ho messo nel mixer e ho aggiunto un filo d’olio e la robiola e ho ridotto in crema.

Per le pere in tempura:
1 pera
farina 00
maizena
acqua fredda

Ho formato una pastella con un cucchiaio di farina e uno di maizena, aggiungendo gradualmente poca acqua fredda.
Ho tagliato la pera a fettine sottili, lasciando la buccia.
Ho fritto le fettine dopo averle passate nella pastella.

Ho servito decorando gli sformatini di riso con qualche filo di radicchio condito con olio e sale e accompagnando con la crema di radicchio e le fettine di pera in tempura, ravvivate da una spolverata di pepe bianco e nero.

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Estonian Kringle, la brioche che viene dal Nord

Il Kringle Estone è una brioche profumata, tradizionalmente farcita con burro, cannella e cardamomo. La cucina estone ha ereditato molto dalla Germania e dalle cucine vicine. 
La parola kringle in norvegese significa “chiocciola” ed esistono kringla (al plurale si dice così!) danesi e norvegesi che ricordano molto i pretzel tedeschi. Sul kringle estone, invece, non si trovano molte informazioni. Evidentemente la parola kringle (ma anche kringel e kringla) è usata solo per far riferimento alla forma, che anche in questo caso è intrecciata ed arrotolata, ma l’impasto è completamente diverso. 
Grazie a Edda vengo a sapere che questo dolce viene preparato per festeggiare i compleanni. La forma circolare, naturalmente, è carica di significati, penso al ciclo della vita e al rincorrersi delle stagioni…d’altronde abbiamo visto spesso la corona, la treccia, il vortice…tutte forme che ci riportano lontano nel tempo a piatti carichi di simbolismo.
Quando ho visto queste foto sul blog di Claudia me ne sono innamorata. Ho cercato diverse ricette per confrontarle e per quanto riguarda l’impasto differiscono di poco, ciò che si presta a mille rivisitazioni è proprio il contenuto.
La ricetta di impasto che ho trovato a me più congeniale è quella che trovate su questo bellissimo sito francese: ho tradotto il tutto e poi ho apportato le mie variazioni.
Per il ripieno ho deciso di restare sul classico, con la cannella, naturalmente, che con il sopraggiungere della primavera manderò in vacanza per un po’ [forse…] ma per ora è troppo presto, l’uva passa e le mele.
Con questa ricetta la pasta della brioche è sofficissima, forse merito della farina di segale che l’ha resa anche un po’ più scura di colore e dalla mollica finissima e aromatica. La crosticina esterna, grazie allo zucchero di canna, è croccante e dolce. Il tutto emana un profumo delizioso, irresistibile. In più la preparazione, pur trattandosi di un lievitato è abbastanza veloce. La riproporrò sicuramente, provando anche altre farciture, perchè la forma è davvero scenografica!
La ricetta: Estonian Kringle alla cannella, uvetta e mele
ingredienti:
100 g di farina 00
200 g di farina di segale per pane (+ altra per impastare)
120 ml di latte tiepido
4 cucchiai di miele
1 uovo intero
30 g di burro
10-12 g di lievito di birra
un pizzico di sale
per il ripieno:
50 g di uva passa
un bicchierino di grappa
1 mela verde ( non si disfa e resta a pezzettini)
zucchero di canna
30 g di burro
Ho messo l’uva passa a bagno nella grappa
Ho disposto le due farine setacciate a fontana in una ciotola grande.
Ho sciolto il lievito in qualche cucchiaio di latte e ho lasciato riposare un paio di minuti mentre scioglievo il miele nel latte restante.
Ho cominciato a impastare nella ciotola, prima con il lievito, poi con il latte e miele, mescolando bene. Poi ho aggiunto l’uovo leggermente sbattuto con un pizzico di sale.
Quando l’impasto era già ben formato ho trasferito sulla spianatoia e ho iniziato ad aggiungere il burro a pezzettini, impastando bene, con l’aggiunta di poca farina, finchè l’impasto non era più appiccicoso.
Ho trasferito in una ciotola e messo a lievitare al caldo per un’ora e mezza.
Ho tagliato la mela a cubetti di un centimetro di lato.
Ho ripreso l’impasto, l’ho schiacciato leggermente con le mani e poi steso con il mattarello fino a formare un rettangolo.
Sul rettangolo ho spalmato il burro sciolto con un pennello, poi vi ho disposto un po’ di zucchero di canna e poi l’uvetta strizzata e i pezzettini di mela.
Ho arrotolato il rettangolo dal lato lungo, fino a formare un rotolo.
Con un coltello affilato ho tagliato il rotolo in due parti uguali per il lungo e, senza farle aprire troppo, le ho attorcigliate tra loro. Non bisogna stringere troppo.
Poi ho chiuso il rotolo a forma di cerchio e l’ho messo sulla teglia da forno. (qui foto molto esaurienti per ricrearne la forma)
Ho coperto con pellicola unta e fatto rilievitare per un’ora. 
Ho spennellato con latte sbattuto con un tuorlo e ho cosparso di zucchero di canna. 
Ho infornato in forno caldo a 180° per 20 minuti. 
La mia versione del kringle è piaciuta! Se siete curiosi andate a leggere qua!

Aggiornamento del 28 ottobre 2013: questa ricetta è inserita nella raccolta Abbecedario Culinario d’Europa per l’Estonia.

biscotti, dolci, ricette originali, storia & cultura

Mary Cassat, la Nocciola al Cubo e il Pu Erh 2007

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Ci sono pittori che fanno innamorare al primo sguardo. Così è capitato quando alla ricerca di spunti per i miei post sul tè sono incappata in questa bella immagine dipinta:
Il tè delle cinque raffigura due donne all’ora del tè; sono rappresentate con pennellate di luce, nello stile impressionista, volto a delineare i volumi senza contorni netti, accostando infinite sfumature fino a formare la tonalità voluta.
Non avevo mai visto questo bel dipinto e ho cercato dunque informazioni sull’artista, così ho conosciuto Mary Cassat. Mary Cassat è la donna giusta a cui dedicare questo 8 marzo, per il suo percorso di vita, per le sue scelte, per il suo sostegno al suffragio universale.
Mary nacque nel 1844 a Pittsburgh in una famiglia molto facoltosa; il padre Robert era agente di cambio, la madre proveniva da una famiglia di banchieri. Giovanissima ebbe la possibilità di viaggiare in Europa e, dopo essere entrata in contatto con la pittura e con gli ambienti artistici, decise che quella sarebbe diventata la sua professione. Ebbe l’occasione di visitare l’Expo Universale di Parigi del 1855 e una volta tornata in America, a Philadelphia, si iscrisse a soli 15 anni alla Pennsylvania Academy of the Fine Arts. Venne osteggiata dal padre che disse che avrebbe preferito vederla morta che diventare una bohèmienne. Ciò nonostante Mary decise prima di lasciare la scuola e successivamente di continuare i suoi studi in autonomia trasferendosi a Parigi.
Mary giunse in Europa nel 1866, accompagnata dalla madre e da alcune amiche di famiglia: iniziò a visitare quotidianamente il Louvre e a prendere lezioni di pittura. Nel 1868 la giuria del Salon accettò la sua Suonatrice di mandolino.
Nel 1870 a causa della guerra franco-prussiana dovette tornare in America e lì ricominciarono i contrasti con il padre che non voleva finanziare i suoi studi artistici, fino a farle scarseggiare il materiale per dipingere. Ciò nonostante Mary perseverò nei suoi propositi ed espose alcune opere alla Galleria di New York. Nel 1871 decise di tentare la fortuna a Chicago; qui perse molte delle sue opere durante un incendio, ma ebbe modo di far conoscere alcune sue opere all’arcivescovo di Pittsburgh che le commissionò le copie di due dipinti di Correggio e la finanziò per un nuovo viaggio in Europa. Mary giunse a Parma per eseguire le copie e poi visitò la Spagna per riapprodare infine a Parigi dove aveva ormai deciso di stabilire la sua residenza assieme alla sorella Lydia.
A Parigi si scontrò con il sessismo dei colleghi maschi e le sue opere vennero costantemente rifiutate al Salon.
Nel 1877 però fece la conoscenza di Edgar Degas e divenne sua allieva e sua intima amica e per alcuni addirittura sua amante. Grazie a Degas, la Cassat entrò in contatto con i circoli impressionisti che cominciavano ad organizzare esposizioni indipendenti.
L’esposizione impressionista del 1879 ottenne un discreto successo, e aggirando una critica ostile, Degas e la Cassatt vennero definiti come “i soli artisti che si distinguono… e che offrono qualche motivo di richiamo e giustificazione in una pretenziosa esposizione di allestimenti per vetrine e scarabocchi infantili”.
Mary Cassat cercò poi di organizzare delle mostre anche negli Stati Uniti e al contempo la sua pittura cominciò a discostarsi da quella impressionista per diventare più semplice e diretta. E’ il momento, l’ultimo decennio del XIX secolo, delle raffigurazioni di tante madri con bambino o nonne con nipoti in una semplicità e tenerezza incredibili. Le tecniche che sperimentò furono le più svariate, diventando un punto di riferimento per tanti giovani artisti americani.
 
Mary fu produttiva fino all’incirca al 1910. Dopo ebbe una profonda crisi creativa, ma trovò  l’energia per sostenere la causa del diritto di voto per le donne: nel 1915 presentò, nell’ambito di un’esposizione allestita per supportare il movimento femminile, una serie di 18 opere.
Dopo il 1915 soppraggiunse la cecità, dovuta a problemi di cataratta, e dovette definitivamente abbandonare la pittura. Morì infine il 14 giugno 1926, vicino a Parigi, a Château de Beaufresne.Se volete conoscere altre sue opere potete dare un’occhiata alla raccolta completa che trovate qui: http://www.marycassatt.org/the-complete-works.html***Questa mia biografia è tratta dal bell’articolo di Michele BroccolettiIl biscotto che ho scelto per questo Tea Time è un biscotto trovato su un sito americano. Cercavo un biscotto alla nocciola per poter scovare il sentore di nocciola nel mio Pu Erh di Coccole.
Io lo rinomino Nocciola al cubo perché la nocciola è presente nell’impasto, nella crema di farcitura e nella granella esterna, e il risultato non è 3 volte nocciola, ma l’assoluto esplodere del gusto.
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L’abbinamento con il Pu Erh è perfettamente azzeccato. La dolcezza e cremosità del biscotto viene stemperata dal gusto deciso di questo té, e la bocca viene perfettamente ripulita dalle note affumicate, senza che resti alcuna stucchevolezza. Continuo a sostenere che con questo tè non occorra zuccherare, non c’è alcuna punta di acidità, solo una dolcezza delicata e e un profumo lieve di legna bruciata. 
nocciola al cubo_3
 
Controindicazioni: farsi prendere la mano e mangiare troppi biscotti!!!
La ricetta: Biscotti “Nocciola al cubo”
100 g di nocciole piemontesi senza pellicine
170 g di farina 00
140 g di burro
60 g di crema di formaggio
75 g di zucchero
1 uovo grande
1 pizzico di sale
1 cucchiaino raso di lievito per dolci
crema di nocciole
granella di noccioleHo tritato le nocciole con la metà della farina senza farle scaldare; bastano poche scosse di frullatore.
Con le fruste elettriche ho sbattuto burro, zucchero e crema di formaggio fino a renderli ben cremosi, poi ho aggiunto l’uovo sbattuto e ho mescolato bene con una spatola.
Ho aggiunto le nocciole tritate con la farina e la farina restante mescolata con sale e lievito.
Poi ho messo l’impasto in frigo a rassodare per 1 ora.
Ho diviso l’impasto in quattro pezzi e ho creato dei salsicciotti, rotolando i pezzi di impasto su una superficie inzuccherata.
Ho rimesso in frigo i salsicciotti per raffreddarli per bene.
Ho tagliato i salsicciotti a fette di 1,5 cm di spessore, poi ho disposto queste rotelle ben distanziate sulla teglia e ho cotto a 175° per 8-10 minuti.
Quando erano freddi li ho accoppiati a due a due , riempiendo con un cucchiaino di crema di nocciole e rotolando i bordi nella granella.
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ai fornelli

I muffins alle zucchine, ardita metafora…

Questa è tra le canzoni italiane la mia preferita in assoluto, perché parla di una terra che amo, perché con pochi tratti dipinge un mondo che, per chi l’ha conosciuto, risulta inconfondibile. E’ una canzone che parla al mio cuore, prima la musica, soltanto dopo le parole…
Per questa ragione quando ho saputo del contest Songs of food di Questo Soffritto Viola è stata la prima canzone a cui ho pensato e quella su cui avrei voluto scrivere un post.
Non si tratta di una canzone che parla propriamente di cibo, anzi non ne parla affatto e la sfida era quindi alquanto complicata…non si poteva cucinare il piatto narrato dalla canzone, bisognava inventare un piatto che descrivesse le sensazioni che quella canzone mi suscita.
Il primo pensiero è andato a ricette caratteristiche di quella terra, poi  a un piatto dove mare e terra si incontravano. Ma non si può mettere nel piatto il vento e i profumi di mare e terra bagnata, non si può mettere nel piatto neppure il silenzio e i sorrisi di quella gente, neppure i violini e i tamburi che si sentono suonare nella notte, nei paesi della costa occidentale…il verde sì, però!
La terra di cui parlo è l’Irlanda e la canzone è In un giorno di pioggia dei Modena City Ramblers.

Alla fine l’ha avuta vinta questo muffin salato che è un’ardita metafora di quella meravigliosa e magica isola che si erge dal mare ed è coperta dal più bel verde che io abbia visto in vita mia. E’ un cibo semplice e simpatico come la sua gente, un cibo che sa di festa e di quotidianità insieme. Un cibo dove la leggerezza degli zucchini ben si sposa con le punte saporite del pecorino e del formaggio di pecora e capra; dove la morbidezza di quella crema, lassù, fa venir voglia di rotolarcisi sopra. In più, se la dolcezza delle zucchine è accostata al retrogusto amarognolo della Guinness…vabbé, vedete voi se vi ho convinto!





La ricetta: Muffins salati alle zucchine e feta con crema al profumo di menta.
per 12 muffins:
250 gr di farina 00
50 gr di pecorino grattugiato
1 cucchiaino di lievito per torte salate
200 ml di latte
50 ml di olio
2 uova
200 gr di zucchine grattugiate
100 gr di feta
sale
pepe
per la crema:
4 cucchiai di formaggio cremoso (il mio era Abitella)
250 g di zucchine grattugiate
olio
sale
menta (la mia era essiccata)
Per i muffins:
Ho mischiato gli ingredienti secchi: farina, lievito, pecorino grattugiato.
Ho mischiato gli ingredienti liquidi: latte, olio, uova con un pizzico di sale.
Ho miscelato i due composti molto rapidamente.
Ho aggiunto le zucchine grattugiate e il formaggio spezzettato grossolanamente. Ho aggiunto anche una spolverata di pepe.
Ho suddiviso l’impasto in 12 stampini da muffins e ho infornato a 175° per circa 25 minuti.
Ho lasciato intiepidire.
Per la crema:
Ho fatto leggermente ammorbidire le zucchine in un cucchiaio d’olio, ho regolato di sale e insaporito con la menta. 
In un recipiente alto ho messo le zucchine preparate, tenendone da parte due cucchiaiate e le ho miscelate al formaggio cremoso con il frullatore ad immersione.
Sui muffins tiepidi ho messo una cucchiata abbondante di crema di zucchine alla menta e un ciuffetto delle zucchine messe da parte.
 
Con questa ardita metafora partecipo al contest di Questo Soffritto Viola: Songs of Food.

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Ravioli di primavera (…quasi!)

Questi ravioli sono saltati fuori dal frigo da soli…La sera prima come antipasto per una cena tra amici ho fatto una passatina di ceci con sopra un involtino primavera da sgranocchiare. A seguire delle lasagne integrali con erbette e formaggio di capra. Dalla preparazione degli involtini era avanzato del cavolo bianco e delle carote, dalle lasagne invece un pezzo di impasto integrale…la sera seguente ho quindi pensato di preparare questi ravioli, dall’aria un po’ cinese, ma di forma italianissima, come i culurgiones sardi.
Il risultato è stato delizioso.

La ricetta: Ravioli di primavera (quasi!)

Per il ripieno:
un pezzo di cavolo bianco (circa g)
1 carota
1 porro
2 cucchiai di salsa di soia (io uso quella dolce)
vino bianco
sale
olio
In una padella ho messo un filo d’olio e il porro tagliato a rondelle a rosolare. Ho poi aggiunto la carota grattugiata a julienne e il cavolo tagliato a striscioline finissime. Ho fatto rosolare a fuoco alto per qualche minuto, poi ho aggiunto il vino bianco. Quando era sfumato ho aggiunto la salsa di soia. Ho lasciato insaporire ed asciugare e regolato di sale, assaggiando. Il ripieno deve restare abbastanza croccante.

Per confezionare i ravioli:
200 g farina (150 bianca, 50 integrale)
acqua tiepida
altra farina per la spianatoia
sale

Ho impastato la farina setacciata con un pizzico di sale aggiungendo gradualmente dell’acqua tiepida. L’impasto era morbido ma non appiccicoso. Deve riposare una mezz’ora infarinato e avvolto in un panno.

Ho poi steso la pasta sottilissima e ho formato con un coppapasta dei cerchi di 6cm di diametro.
Per formare i ravioli ho preso un cerchio di pasta nel palmo della mano sinistra, ho deposto al centro un po’ di ripieno e con la mano destra ho fatto l’intreccio dei culurzones, piegando alternativamente un lato e poi l’altro verso l’interno e saldando la punta finale. Ho seguito le istruzioni e le immagini de La Cucina Italiana, numero di novembre 2011.

Il ripieno non è compatto come quello dei culurgiones classici, quindi bisogna prendere un po’ la mano…ma basta lanciarsi!

Ho poi lessato i ravioli in acqua salata e li ho conditi con olio evo e poche gocce di salsa di soia dolce. Volendo si può dare una leggera spolverata di zenzero in superficie: il gusto si abbina bene con quello del ripieno.


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Biscotti allo zenzero candito e scaglie di fondente e il Pu Erh maturato in scorza di mandarino

Questa volta i biscotti sono nati di pari passo con l’idea dell’abbinamento.
Zenzero da abbinare con agrumi…zenzero con cioccolato…cioccolato con un Pu Erh dal gusto deciso…Trovato!!!
Ho fatto dei biscotti con zenzero e scaglie di cioccolato fondente e li ho abbinati con uno specialissimo Pu Erh. Si tratta di tè Pu Erh maturato in scorza di mandarino. In pratica ordinando questo tè da Coccole.it ci si trova davanti un piccolo capolavoro. Un mandarino svuotato dalla polpa, essiccato e ripieno di foglioline di Pu Erh. Si scarta la pellicola e un profumo delicato di tè con note agrumate arriva al naso. È davvero una coccola bere un tè così, un momento davvero speciale.
Vorrei parlare questa volta del rito del tè cinese, ma ci sono talmente tante cose da dire che comincerò solo con qualche cenno.


In Cina il tè e il rito ad esso legato hanno un‘importanza fondamentale. Non è sempre stato così, usi e costumi sul tè si sono evoluti nei secoli insieme alla società. Ad esempio inizialmente il tè era considerato un’erba di uso quotidiano non molto distante da una qualsiasi verdura e infatti l’infuso si preparava in utensili e recipienti di uso comune che venivano usati anche per altre destinazioni. Il tè si succhiava dai cucchiai e per goderne pienamente del sapore bisognava fare rumore con la bocca mentre lo si sorbiva. Oggi questa usanza è caduta in disuso!! 😉 Alcuni, però dopo aver bevuto il tè mangiano le foglie rimaste sul fondo della tazzina.
Se i primi tè venivano preparati nelle stesse pentole che servivano per cucinare il cibo, con la nascita di una più decisa distanza tra le classi sociali, si pensò anche ad utensili appositi per prepararlo e a servizi raffinatissimi per servirlo. Una buona teiera era uno status symbol e rifletteva il gusto dell’epoca e la raffinatezza del proprietario. 
Una ragione di più per sfoggiare il servizio di tazzine veniva dal fatto che offrire il tè era il primo gesto di benvenuto e quindi da questo dipendeva come ci si presentava al proprio ospite.




La ricetta: Biscotti allo zenzero candito e scaglie di cioccolato fondente abbinati al Pu Erh maturato in scorza di mandarino


Per lo zenzero candito homemade (io lo trovo perfetto anche da aggiungere allo yogurt bianco):
radice di zenzero fresco
zucchero semolato
acqua


Ho sbucciato lo zenzero e l’ho tagliato a piccoli pezzettini sottili.
Li
ho messi in un pentolino e li ho coperti d’acqua. Poi ho acceso il
fuoco bassissimo e ho lasciato sobbollire per circa un’ora.
Ho
scolato i pezzettini, li ho fatti intiepidire e li ho pesati. Ho
versato su di loro tanto zucchero quanto era il loro peso ed ho aggiunto
circa 200 ml di acqua. Ho rimesso sul fuoco bassissimo e ho lasciato
cuocere finchè l’acqua non era completamente asciugata. Qualcuno vi dà
misure ben precise per l’acqua da aggiungere. Io ho visto che la prima
quantità d’acqua si era asciugata ma lo zenzero era ancora scuro, allora
ne ho aggiunto un po’ e ho fatto caramellare di nuovo. Bisogna
regolarsi con il buonsenso.
Poi si prelevano i pezzettini con una forchetta e si mettono ad asciugare su una griglia.
Infine si rotolano nello zucchero semolato e si conservano in un barattolo di vetro, lontano dall’umidità.


Per i biscotti:
330 g di farina 00
1 cucchiaino di lievito per dolci
230 g di zucchero
2 uova
40 g di burro
1 cucchiaio di marsala
20 g di zenzero candito
30 g di cioccolato fondente (il mio era al 70%)


Il procedimento è molto semplice.
Ho disposto la farina a fontana in una ciotola capiente. L’ho miscelata con il lievito per dolci,  lo zucchero, le uova e il marsala. Ho cominciato ad impastare con un cucchiaio.
Ho aggiunto anche il burro fuso e intiepidito.
Quando l’impasto ha raggiunto una certa consistenza l’ho rovesciato sulla spianatoia e l’ho impastato a mano.
L’ho appiattito  e vi ho versato lo zenzero candito, impastando per distribuirlo
Per ultime si aggiungono le scaglie di cioccolato fondente, tenute in frigo fino all’ultimo.
Si formano dei rotoli di impasto, larghi circa 5 cm.
Si infornano su carta forno per circa 20 minuti a 175°.
Poi si prelevano e si tagliano in diagonale a fette di 1,5 cm di spessore che si ri-infornano per tostare. Ci vogliono circa 10 minuti.



Lo zenzero emerge senza essere troppo forte e piccante nei biscotti, si sposa a meraviglia con il gusto caldo del fondente. L’abbinamento con il Pu Erh maturato in scorza di mandarino è forse tra i più azzeccati finora. Il mandarino nel tè è un’idea, un’aria che si percepisce per brevi istanti, a ogni sorsata, e lascia un persistente aroma di agrumi leggero leggero. La dolcezza è resa appena più pungente dal vago sentore di affumicato che caratterizza i Pu Erh.

ai fornelli, foodblogging

Per Rossella Urru #freerossellaurru

Oggi niente ricette…

Ho deciso di partecipare a questa mobilitazione dei blog per Rossella Urru, dopo aver letto alcune delle lettere lasciate sul blog aperto dai suoi familiari, dopo il sequestro. Il blog è una raccolta di lettere e testimonianze, di chi ha conosciuto personalmente Rossella, i suoi desideri e le sue aspirazioni, e di chi ne ha solo conosciuto la storia dopo il sequestro. Leggendo alcune parole in dialetto mi sono tornate alla memoria quelle che imparate da bambina quando mia mamma mi portava in vacanza in Sardegna dai nonni, proprio in provincia di Oristano, vicino ai luoghi in cui è cresciuta Rossella.
Quando si scrive di una persona che non si conosce di solito è perché la si sente vicina. E attraverso la lingua di mia madre, io mi sono sentita vicina a Rossella, quasi per un senso di appartenenza ancestrale.
Così è facile.

Poniamo invece che ci si senta vicino a persone che hanno un’altra lingua, altre usanze, altre credenze e abitudini. E ci senta così vicino a costoro da mettere in pericolo la propria vita per aiutarli.
Rossella si occupava della distribuzione dei rifornimenti alimentari che il CISP, Comitato Internazionale per lo Sviluppo dei Popoli, manda alle popolazioni locali. Fino al giorno del rapimento coordinava il campo per rifugiati Saharawi, a Hassi Rabuni presso Tindouf, nel sud dell’Algeria. La sua attenzione era principalmente rivolta alle fasce deboli, le donne e i bambini. I Saharawi vivono lì da 30 anni, protetti ma in esilio, al centro di grandi interessi e lotte. E Rossella sapeva bene di essere in una zona a rischio, ciò nonostante era lì.
Nella notte tra il 22 e il 23 ottobre Rossella, insieme a due colleghi, è stata rapita da un gruppo estremista, il Movimento Monoteista per il Jihad nell’Africa Occidentale. Dal video diffuso in dicembre si sa che sta bene, ma non viene liberata. In Italia non se ne parla, in tv hanno risalto notizie diverse…ai tg nazionali si parla di chi ha baciato Schettino. L’attenzione è ben diversa da quella suscitata dal caso di Simona Pari e Simona Torretta, rapite nel settembre del 2004, e mi chiedo perché.
Forse il Ministero degli Esteri sta lavorando per lei, ma al suo caso non viene dato pubblico risalto.
Rossella ha sentito la vicinanza con il popolo Saharawi perché ha riconosciuto in loro una vicinanza “umana”. Non si è trattato di andare ad aiutare connazionali o persone vicine; lei è andata ad aiutare queste persone in quanto esseri umani. Pensarlo è facile, farlo è un’altra cosa.


Ora tocca a noi aiutare Rossella.
Gli animali abbandonano i membri del branco più deboli quando vengono catturati. Ma noi siamo umani, come lo è Rossella e come lo sono le popolazioni per cui lei si è messa completamente in gioco. Non possiamo abbandonarla, e non può farlo lo Stato a cui lei dà lustro molto più dei mercenari che combattono per denaro.
Se vogliamo far emergere la nostra umanità, dobbiamo parlarne; di lei come degli altri sequestrati di cui non si parla. Ci sono altri 9 ostaggi italiani nel mondo, in balìa di gruppi terroristici o banditi:
Maria Sandra Mariani, rapita il 2 febbraio 2011 in Algeria; Franco Lamolinara, rapito il 12 maggio 2011 in Nigeria; Daniele Grasso, Agostino Musumeci, Letterio La Maestra, Valentino Longo, Carmelo Sortino, Francesco Bacchiani, rapiti nel dicembre 2012, sulla motonave assaltata da pirati somali nel Golfo dell’Oman; Giovanni Lo Porto, rapito il 19 gennaio 2012 in Pakistan;

La forza della “rete” deve farsi sentire e diventare un’unica voce forte, affinchè Rossella – e tutti gli altri – possano tornare presto a leggere tutto quello che abbiamo scritto per loro.

*le immagini di Rossella sono prelevate dal blog dei suoi familiari.
**per altre informazioni fate riferimento al blog di Sabrina Ancarola e a Donne Viola

ai fornelli, ricette originali

Torta di pesce bianco con besciamella al porro e Fiordifrutta all’uva spina

Esiste un piatto irlandese che si chiama Fish Pie ed è composto da filetti di pesce bianco insaporiti con porro e cipolla ed altri aromi e ricoperto da un soffice puré di patate che poi viene fatto dorare in forno.
Per la ricetta da dedicare al contest Rigoni di Asiago “Una torta salata ma non troppo” con Fiordifrutta ho pensato di partire da questa ricetta, rielaborandola.
Ho messo innanzitutto una base di pasta brisé che fa da controaltare alle sfoglie di patata deposte sullo strato superiore. Il ripieno è composto di merluzzo fresco, insaporito da una besciamella leggera e da porro stufato in padella con vino bianco, maggiorana e coriandolo.
Il tocco speciale è dato da alcuni cucchiaini di Fiordifrutta all’uva spina, deposti nel ripieno, prima di coprire il tutto con le patate. 
Fiordifrutta all’uva spina è dolce e delicata e si sposa perfettamente con il pesce, avvolto dalla besciamella. La torta si gusta tiepida.




La ricetta: Torta di pesce bianco con besciamella al porro e Fiordifrutta all’uvaspina.
(ingredienti per una monoporzione-piatto unico o bi-porzione da accompagnare a una bella insalata)
1 patata media (circa 150 g)
70 g di pesce bianco a filetti (io ho usato merluzzo fresco)
1/2 porro
mezzo bicchiere di vino bianco secco
sale
pepe
maggiorana
coriandolo
alloro
olio evo
4 cucchiaini di Fiordifrutta Rigoni di Asiago all’uvaspina
1 pasta brisé già pronta (non servirà tutta)





per la besciamella senza burro:
125 ml di latte
35 g di farina
1 cucchiaino abbondante d’olio
sale
pepe




Ho sbucciato la patata , l’ho tagliata in 2 e l’ho messa in acqua fredda a lessare. Non deve cuocersi completamente ma solo ammorbidirsi, (poi finirà di cuocere in forno).
In un pentolino ho lessato il merluzzo, fino a renderlo tenero. Poi l’ho scolato e sbriciolato con la forchetta e condito con un pizzico di sale e un filo d’olio.
In un padellino ho rosolato la parte tenera del porro, tagliato a rondelle, in un filo d’olio. Poi ho aggiunto il vino bianco e ho fatto stufare finchè il porro non è diventato tenero. Ho poi insaporito con sale, pepe, maggiorana, alloro sbriciolato e coriandolo schiacciato. Ho spento e messo da parte.
Ho preparato una besciamella, mischiando il latte con la farina, un pizzico di sale, un cucchiaino d’olio e una spolverata di pepe. Ho fatto raddensare sul fuoco sempre mescolando.
Una volta che la besciamella era pronta e densa vi ho aggiunto il porro e il merluzzo e ho mescolato il tutto.
Ho rivestito con la pasta brisé una pirofila quadrata di 15 cm di lato. Vi ho deposto il ripieno e livellato il tutto. Poi con un cucchiaino ho messo la Fiordifrutta all’uvaspina a intervalli regolari (io ne ho messo 4 cucchiaini).
Ho coperto lo strato di ripieno con fette sottili di patata disposte in cerchi, che ho poi spennellato di olio e spolverato con un pizzico di sale e maggiorana in abbondanza. Per ultima cosa ho rivoltato verso l’interno la pasta brisé in eccesso.
Ho cotto a 175° per circa 30 minuti.
Lasciare intiepidire e poi servire.

Come detto sopra con questa ricetta partecipo al contest Rigoni di Asiago “Una torta salata ma non troppo“.

ai fornelli

2 premi, 7 dolci e 7 cose su di me che non sapete!

Già ormai qualche settimana fa Simona mi ha assegnato un piccolo riconoscimento:

Le regole sono queste:
– ringraziate la persona che vi ha nominato e linkatela nel post.
– condividete 7 fatti che riguardano la vostra vita.
– mandate l’award ad altre 15 foodbloggers che ritenete abbiano un blog interessante e comunicate loro il premio.
Io ho conosciuto Simona e il suo splendido blog grazie al contest Cib’Arte ed è stato un vero onore essere nominata da lei!! 😀

Poi, domenica mattina, mi sono svegliata con una twittata speciale sul cellulare.

Era La Cuochina Sopraffina che mi assegnava un premio molto carino:
Inutile dire che mi ha fatto molto piacere essere tra le dieci blogger segnalate da Veru, che rappresenta una tappa quotidiana nel mio giro di blog, anche quando non lascio un commento! Quotidiana perchè ogni giorno c’è qualcosa di nuovo da leggere…(ma come fai, Veru??? 😉
Eccco qui le regole del premio cake blog di qualità:
– nominare e ringraziare chi vi ha inviato il premio, linkando il suo blog
– condividere 7 ricette dolci importanti per noi
– nominare 10 blogger a cui assegnare il premio

Il giorno dopo anche Paola mi ha giratoquesti due premi!! 😀

Io ho barato un po’, perchè ho concentrato i due premi in un solo post, ma visto che queste du cosine stanno girando insistentemente tra i blog in questi giorni, le foodblogger che volevo segnalare potranno scegliere tra i due il premio che non hanno ancora ricevuto. (Potranno anche non scegliere nulla, se non hanno tempo da dedicare a questa cosa…ma a me faceva piacere segnalarvi!!)

Ecco le 7 cose su di me:

Ecco Brunella!!

1. Da quando io e il mio fidanzato siamo andati a vivere insieme, mi manca terribilmente la mia bella Brunella che è rimasta a casa con i miei.
2. Per 3 anni ho cantato in una rock band amatoriale.
3. Ho ¾ di romanzo scritto nel cassetto, che forse un giorno finirò…
4. Sono figlia unica e sogno una famiglia numerosa…per ora mi accontento di quella del mio fidanzato!
5. Mi dimentico sempre di indossare il grembiule per cucinare…arrivo a casa di corsa, mi metto ai fornelli e solo quando arriva il primo schizzo o la prima spolverata di farina, mi ricordo del grembiule…qualche volta riesco ad evitare i danni.
6. Non arrivo mai con calma agli appuntamenti…sono sempre di corsa per arrivare in orario, o per minimizzare il ritardo!
7. Ho un carattere abbastanza pacifico e accomodante, spesso lascio correre… Ma quando qualcuno mi fa arrabbiare sul serio… ecco, poi non mi rivede mai più!!

E i miei 7 dolci sono questi: 
Le pavlove con crema al mascarpone e caffè, perchè sono a metà tra una meringa dal cuore soffice e un godurioso tiramisù.
La torta di mele con crema alla cannella, perchè è così che deve essere una torta di mele!
Lo strudel di mele e pere, perchè ha il profumo dell’inverno, dei pomeriggi in cui si guarda la neve scendere silenziosa fuori dalla finestra.
La gubana, perchè era la prima volta che mi cimentavo in un dolce lievitato così eleborato e perchè il profumo (e il sapore) ha così tante sfumature da conquistare al primo assaggio.
La torta al cioccolato fondente con gelée di melograno, perchè la torta al fondente si può riciclare con qualsiasi farcitura, e al naturale è perfetta per la prima colazione.
La torta al cacao con crema ai lamponi, perchè è la torta di compleanno del mio Amore.
Il rotolo al lemon curd, questa è la mia torta di compleanno…e poi c’è il Lemon Curd, servono altre ragioni???
Adesso arriva l’elenco di blog a cui assegno i premi. 
Simona’s Kitchen (solo il cake blog di qualità!)
La Cuochina Sopraffina (solo il versatile blog award!)

ai fornelli

Cupolette di yogurt “Sopraffino” con crema di nocciole e mele

Lo yogurt è un alimento semplice dalla storia antichissima. In un tempo lontano lontano le popolazioni nomadi dell’Asia centrale lo scoprirono per caso. Il latte fermentato si utilizzava fin dalla preistoria; conservato in otri di pelle, il latte delle diverse bestie, dalla vacca, alla capra, alla cammella, era soggetto a trasformazioni batteriche naturali che ne prolungavano la durata nel tempo.
La leggenda narra che un pastore, dimenticato del latte in un otre per un certo tempo, lo ritrovò trasformato, più denso e saporito, e probabilmente così avvenne a causa delle fermentazioni naturali innescate da una temperatura vicina ai 40°C.
Dalle steppe armene-caucasiche lo yogurt si diffuse presto in tutto il bacino del Mediterraneo, con il nome derivato dalla parola turca che significa mescolare, yogurmak.
Lo yogurt è citato nella Bibbia e descritto da Aristotele, Senofonte, Erodoto e Plinio il Vecchio e sicuramente venne molto utilizzato in Grecia e poi nell’Impero Romano.

Riparte dal Medio Oriente per l’utilizzo in cucina. Impiegato dagli Arabi e raccontato nelle Mille e una notte, come portata di lussuosi banchetti, trova uno spazio anche nelle Cronache dei Crociati, e pare che Francesco I di Francia – questo signore dalle immense maniche qui di lato –  guarì miracolosamente dopo una cura a base di yogurt prescrittagli da un medico di Costantinopoli.
In Occidente tuttavia lo yogurt non attecchì affatto e si dovette aspettare il XIX secolo e i progressi della microbiologia per scoprire il batterio responsabile dei giovamenti che lo yogurt apporta all’intestino. Il ricercatore russo Ilya Ilyich Metchnikov giunse alla conclusione che l’invecchiamento dell’uomo avviene in maniera più rapida ed inesorabile soprattutto se questi fa abuso di carne e poca attività fisica. Colpa dei batteri che si concentrano nel colon. Ma l’invecchiamento e l’insorgere di molte gravi malattie si può rallentare con l’apporto costante di alcuni microrganismi che contribuiscono a purificare quel tratto di intestino, proprio i microrganismi presenti nello yogurt.

Questi studi gli valsero un premio Nobel e da allora si cominciò la commercializzazione dello yogurt. Il primo stabilimento commerciale aprì a Barcellona nel 1919 dall’iniziativa dell’imprenditore Isaac Carasso, un medico di origini greco-giudaiche. Egli chiamò la sua impresa “Danone” e il suo impero dura ancora oggi!

La ricetta: Cupolette di yogurt solido alla crema di nocciole e mele
(4 cupolette)

Per la copertura di mele:
1 mela golden grande
2 cucchiai di zucchero di canna
1 pezzetto di burro (circa 20 g)

Per lo yogurt solido:
2 vasetti di yogurt bianco intero (250 g)
4 cucchiaini di zucchero
2 cucchiaini colmi di crema di nocciole
12 nocciole intere + 2 cucchiai di nocciole in granella
3 fogli di gelatina

Per la base:
una fetta di torta al cioccolato fondente (in mancanza potete usare biscotti tipo Pandistelle aumentando leggermente la quantità di burro)
15 g di burro

Ho messo ad ammorbidire i fogli di gelatina in poca acqua fredda.
Ho sbucciato e tagliato la mela prima in quarti e poi a fettine lunghe e sottili.
Ho fatto sciogliere il burro e lo zucchero di canna in un padellino, poi vi ho adagiato le fettine di mela e le ho fatte ammorbidire a fuoco basso. Poi ho spento e lasciato intiepidire in un piatto.
Ho mescolato lo yogurt con i cucchiaini di zucchero e con la crema di nocciole resa fluida a bagnomaria. Il composto non deve essere perfettamente omogeneo; è meglio se presenta qualche striatura.
Ho aggiunto le nocciole qualcuna intera e qualcuna tagliata a metà.
Ho preparato gli stampi, nel mio caso semplici tazze coniche, rivestendoli di pellicola trasparente. Sul fondo di ogni stampo ho messo un cucchiaino di granella di nocciole; tutt’intorno, sulle pareti dello stampo ho adagiato le fettine di mela.
Preparati gli stampi, ho strizzato i fogli di gelatina e li ho fatti sciogliere sul fuoco, con un cucchiaio d’acqua. Poi ho aggiunto subito la gelatina fluida al composto di yogurt e crema di nocciole.
Ho fatto colare questo composto negli stampi preparati in precedenza. Ho fatto raffreddare a temperatura ambiente e poi in frigo per almeno un’ora.
Ho sbriciolato la torta al cioccolato e ho passato queste bricioline nel padellino imburrato dove avevo passato le mele. Se occorre aggiungere poco burro. Ho formato una pappetta e l’ho adagiata sui semifreddi parzialmente solidificati livellando con il dorso di un cucchiaio. Ho rimesso in frigo per circa due ore.

Al momento di servire ho sformato sul piattino, capovolgendo la tazza e togliendo successivamente la pellicola. Ho decorato con marmellata, ma se avete qualche cucchiaino di crema di nocciole per fare lo stesso disegnino sul piatto sarà ancora meglio!

Con questa ricetta partecipo al contest di La Cuochina Sopraffina in collaborazione con EasyYo e QVC, Yogurtino Sopraffino rendi speciale il tuo piattino.


ai fornelli

Un regalo da Paola

Quest’oggi pubblico un post tutto dedicato a Paola di Nastro di Raso.
Forse qualcuno si ricorderà che avevo vinto un premio speciale nel suo contest Licenza di Copia con la mia copia della sua ricetta dello Strudel di Mele.

Ecco le motivazioni dei giudici:

  • Paola: lo strudel ormai lo fanno tutti con la pasta
    sfoglia, anzi molti non sanno nemmeno che esiste una pasta apposita
    nella ricetta tradizionale. E’ bello tramandare queste ricette, anche se
    poi spesso siamo obbligati a usare delle scorciatoie nella cucina di
    tutti i giorni. L’uso di mele, pere e noci lo rende senza dubbio goloso e
    la riduzione al porto completa questo dolce in modo originale.
  • Roberto: lo strudel è tra i miei dolci preferiti, vincente la riduzione al porto.
  • Riccardo: vincente l’uso di due qualità di mele
    diverse (fuji e golden, anche se io avrei preferito la smith alla
    golden) per avere al palato nello stesso momento consistenze differenti.
    Interessante l’aggiunta della pera. Ottima la scelta della riduzione al
    Porto (da vecchio alcolista…). Le foto esaltano appieno l’”umorosità”
    (intendo il suo essere umido e non secco) del dolce. 
      “

Dunque il premio è arrivato e ce lo siamo pure pappato, nel frattempo, eccezion fatta per un piccolo pezzettino di salsiccia, che vedrà la morte entro pochi giorni, e qualche zolletta di zucchero.

Questa la foto del contenuto del super pacchetto, scattata solo quando avevamo le labbra già sporche di briciole!!! ^o^

Come si può vedere, nonostante la scarsa qualità dell’immagine… 😉 …il pacco conteneva dei sablé al pecorino e rosmarino e sablè al pepe rosa, dei biscotti alle nocciole e gocce di cioccolato dalla consistenza spettacolare, delle zollettine di zucchero aromatizzato alla cannella e una confezione della salsiccia tipica di Monte San Biagio.
Si vede anche bene che la maggior parte dei sablès erano già finiti nei nostri pancini e che una salsiccetta l’avevamo già fatta fuori a cena!!!
Purtroppo non si vede che i nastrini con cui erano legati i sacchettini riprendevano i colori del bigliettino da visita…ma questi sono dettagli!!! 😀

I sablè salati e i biscotti si sono conservati ottimamente durante il viaggio; se la preoccupazione di Paola era che arrivasse tutto sbriciolato, devo dire che stavolta le Poste hanno fatto bene il loro lavoro!!! Io ho amato in particolare i sablé al pepe rosa e i biscotti alle nocciole che, ripeto, erano perfetti, sodi ma friabili!!
Gli zuccherini non hanno preso umidità e sono buoni anche così al naturale!!
La salsiccia di Monte San Biagio è una cosa che non si può descrivere!! Il coriandolo è una spezia che conoscevo solo di nome…dà a questa salsiccia un aroma inconfondibile e particolarissimo e se vi capita di andare da quelle parti è assolutamente da provare perchè è tipicissima. A questo proposito, se volete conoscerne la storia vi consiglio di andare a leggere il post che Paola le ha dedicato tempo fa! Lo trovate qui—->.
Per tutte le altre ricette le trovate sul blog di Paola ai link che ho già indicato sopra.

Grazie ancora, Paola, per la bellissima e buonissima sorpresa!! 😀