biscotti, dolci, storia & cultura

Il tè all’inglese e i pasticcini con curd all’arancia e cannella La tradizione del té all'inglese: esploriamola insieme

 L’usanza degli inglesi di prendere il tè alle 5 pare sia nata con Anna Maria Stanhope, duchessa di Bedford, che per superare lo stacco tra pranzo e cena prese l’abitudine di consumare la bevanda con i biscotti a metà pomeriggio.

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primi piatti, ricette tradizionali, storia & cultura, zuppe e vellutate

Carabaccia, la zuppa di cipolle alla fiorentina Da Firenze fino in Francia, le cipolle in una versione storica

Questa strana parola – carabaccia – deriva dal greco karabos che significa “barca a forma di guscio”. Da qui il termine è passato al significato di “contenitore concavo”. Nel ‘500 la carabazada era la zuppiera e per estensione indicava anche la zuppa che ci stava dentro e proprio con questo termine la nominava Cristoforo Messisbugo nel suo famoso ricettario. Read more
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ai fornelli, storia & cultura

Cuori al tè e cuori di tè…verde

Foglie e fiori della Camelia Sinensis
Oggi voglio parlare di tè verde. Dopo secoli in cui in Occidente solo il tè nero la faceva da padrone, negli ultimi anni il consumo di tè verde si è andato sempre più diffondendo.
In realtà il tè verde deriva esattamente dalla stessa pianta, la Camelia Sinensis, ciò che cambia è la preparazione delle foglie per l’infusione. In pratica le foglie raccolte vengono subito lavate a vapore ed essiccate, non vengono fatte fermentare e in questo modo restano verdi. L’infuso che ne deriva è più delicato e fresco, non particolarmente strutturato e dal gusto tendente all’erbaceo. Il colore è più chiaro, giallino, a volte tendente al verde anche in tazza, come nel caso del matcha giapponese.
In Oriente il tè verde è il più utilizzato, in Giappone ad esempio il tè nero viene riservato agli Occidentali mentre quello verde è bevanda nazionale, più bevuto dell’acqua. E proprio da qui è partito l’input per una scoperta sorprendente.
In Giappone, paese di accanitissimi fumatori, il tumore al polmone è poco incidente. Questo fatto è stato messo in correlazione con il forte consumo di tè verde e dopo analisi e ricerche è stato effettivamente dimostrato che nella bevanda è presente un polifenolo in grado di rallentare la crescita di masse tumorali. Non è l’unica proprietà, in quanto è dimostrato anche che i flavonoidi contenuti nel tè verde proteggono dall’infarto, così come i disturbi circolatori e cardiovascolari sono meno incidenti nei forti bevitori di tè.
In ultimo questo tipo di tè contribuisce ad attivare la  flora batterica intestinale e aiuta a dimagrire, perché aumenta la velocità con cui l’organismo riesce a bruciare i grassi. Questo ultimo effetto non è dovuto alla teina, come si potrebbe pensare, che invece in questo tipo di tè è meno incidente che nel tè nero, ma alle catechine che aumentano naturalmente la termogenesi e il consumo di calorie… una ragione per concedersi un biscotto in più! 😉
Bersagliati da tutte queste informazioni salutari, l’unica cosa che resta da dire è che il tè verde è anche buono. Piace a chi ama gli infusi delicati e freschi e diventa una vera golosità se “corretto” con qualche semino di vaniglia.
L’infusione consigliata per i tè verdi è a temperatura relativamente bassa, circa 75° C, e l’acqua non va versata direttamente sulle foglie per non “bruciarle”.

La merenda del giorno di San Valentino è stata l’occasione giusta per provare i cuori di tè dell’Azienda Ferri. Vengono inviati in una scatolina nera e, dopo la prima sorpresa iniziale, scopro che si tratta semplicemente di tè pressato, senza l’aggiunta di alcun additivo. La pressatura è un metodo antico, utilizzato da sempre dai mercanti per un trasporto più comodo e per proteggere il tè dall’umidità che l’avrebbe rovinato. Oggi la pressatura si utilizza per dare una forma originale al tè e l’Azienda Ferri commercializza molte eleganti tipologie di tè confezionate in questo modo.
Per ciò che riguarda i cuori, sono disponibili sia di tè verde sia di tè nero. La presentazione è deliziosa se vengono messi sul piattino, accanto alla tazza.

Io ho messo l’acqua in una teiera e poi ho immerso il cuoricino di tè per ottenere una buona tazza di infuso giallino e profumato. 

Mi è sembrato naturale accostare a questo tè verde in tazza a una ricetta di biscotti già provati altre volte, ovvero i biscotti al tè verde, con l’aggiunta di mandorle tritate.
Il gusto erbaceo del tè verde si sposa benissimo con la delicatezza delle mandorle e fa sì che nessuno dei due gusti sia predominante sull’altro.

La ricetta: Cuori al tè verde e mandorle

Ingredienti:
50 g di farina
50 g di maizena
30 di mandorle spellate e tritate
60 g di burro
60 g di zucchero di canna
1 tuorlo
1 cucchiaino di latte
2 cuori di tè verde sbriciolati

Ho lavorato il burro con lo zucchero di canna, fino a formare una crema.
Ho aggiunto i cuoricini di tè verde sbriciolati e poi ho cominciato ad incorporare maizena e farina e man mano anche il tuorlo sbattuto con un pizzico di sale. Poi ho aggiunto le mandorle tritate finemente e per lavorare meglio l’impasto ho aggiunto anche un cucchiaino di latte.
Alla fine l’impasto era abbastanza morbido e l’ho lasciato riposare coperto per circa un’ora in frigo.
Trascorso questo tempo ho fatto scaldare il forno a 180°.
Ho steso la pasta con il mattarello dell’altezza di circa mezzo centimetro e ritagliato i biscotti usando due formine a cuore di diversa grandezza.
Ho infornato e lasciato cuocere finché i bordi non erano leggermente dorati, nel mio caso circa 10-12 minuti.

ai fornelli, ricette originali

Crema di patate e porri con champignons trifolati

Un post veloce veloce per una ricetta veramente semplice ma veramente speciale in queste sere fredde e nevose. Ho abbinato ad una crema fatta con patate e porri dei smeplicissimi champignons passati in padella con aglio e prezzemolo. Il gusto deciso dei funghi dà una nota in più alla delicatezza della crema di porri. Qualche fetta di pane integrale e la cena è risolta!!
La ricetta: Crema di patate e porri con champignons trifolati.
(per 2 persone)
250 g di champignons freschi
2 patate medio-piccole
1 porro
brodo vegetale (l’ho fatto sul momento con carota, cipolla, aglio e sedano)
vino bianco
olio
sale
pepe
Ho lessato le patate.
In una padella ho versato un filo d’olio e uno spicchio d’aglio schiacciato e una volta che era imbiondito ho aggiunto i funghi tagliati a fettine sottili e fatto sfumare due dita di vino bianco. I funghetti tireranno fuori un po’ d’acqua. Ho proseguito la cottura a fuoco vivace, girando spesso e regolando verso la fine della cottura con il sale.
Nel frattempo in un’altra padella ho messo a rosolare il porro tagliato sottile sottile; ho proseguito la cottura finchè non era morbido, aggiungendo man mano qualche cucchiaio di brodo. Poi ho aggiunto un po’ del brodo rimasto e le patate lessate in precedenza, ridotte in purea. Con il brodo bisogna regolare la consistenza della crema e infine regolare di sale, tenendo presente che i funghetti saranno più saporiti. 
questa volta ho dato una frullata ai porri, rendendo il tutto più cremoso, vista la presenza solida dei funghi; altre volte invece ho lasciato i porri a fili, senza che risultino assolutamente fastidiosi al palato.
Ho servito in piatti larghi, adagiando i funghetti da un lato, sopra la crema.

biscotti, dolci, storia & cultura

Chocolate Crinckle Cookies e Pu Erh 2007 L'appuntamento con il té delle cinque e con i biscotti più buoni del web

Già da tempo avevo voglia di instituire una rubrica, un appuntamento fisso del blog.
Occorreva ragionare su qualcosa che piace “quasi” a tutti…e che fosse una vera e propria coccola, una pausa speciale dagli impegni della giornata…ho pensato alla merenda…ai biscotti, a qualche delizia da sgranocchiare.
Lo sapete che il cervello si sazia con il rumore della croccantezza? Questo vuol dire che mangiare un biscotto croccante dà un senso di sazietà maggiore del far sciogliere un cioccolatino sulla lingua…Poi, potendo, farei entrambe le cose!! 😀
Naturalmente per non snaturare l’intento iniziale del mio blog, che spesso perdo di vista, occorreva un filo conduttore forte e ricco di spunti “culturali”. L’accostamento migliore per un buon biscotto è una calda e profumata tazza di tè, che di per sé rappresenta già da sola un tema molto complesso ed infinitamente sfaccettato.

 

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Chocolate Crinckle Cookies e Pu Erh 2007 L'appuntamento con il té delle cinque e con i biscotti più buoni del web" class="facebook-share"> Chocolate Crinckle Cookies e Pu Erh 2007 L'appuntamento con il té delle cinque e con i biscotti più buoni del web" class="twitter-share"> Chocolate Crinckle Cookies e Pu Erh 2007 L'appuntamento con il té delle cinque e con i biscotti più buoni del web" class="googleplus-share"> Chocolate Crinckle Cookies e Pu Erh 2007 L'appuntamento con il té delle cinque e con i biscotti più buoni del web" data-image="https://www.ricettedicultura.com/wp-content/uploads/2012/02/chocolate-crinkle_3.jpg" class="pinterest-share">
dolci, ricette tradizionali, uova e fritture

Frittelle di mela o friceuj ‘d pom, la mia ricetta Le frittelle più semplici e amate

frittelle-mele
Carnevale si avvicina e anche qui è scattata l’operazione frittella.
E visto che ci piace vincere facile, cominciamo dalle basi con le frittelle di mele, friceuj ‘d pom in piemontese!
 
Frittelle di mela o friceuj ‘d pom, la mia ricetta Le frittelle più semplici e amate" class="facebook-share"> Frittelle di mela o friceuj ‘d pom, la mia ricetta Le frittelle più semplici e amate" class="twitter-share"> Frittelle di mela o friceuj ‘d pom, la mia ricetta Le frittelle più semplici e amate" class="googleplus-share"> Frittelle di mela o friceuj ‘d pom, la mia ricetta Le frittelle più semplici e amate" data-image="https://www.ricettedicultura.com/wp-content/uploads/2012/02/frittelle-di-mele_2_ev.jpg" class="pinterest-share">
ai fornelli

Panini che sembrano brioches e il mio Amore a lenta lievitazione

Il mio amore non è una torta al cioccolato o un bombolone alla crema. Se devo associare un cibo all’amore, così, generico, mi vengono in mente cose dolcissime e colorate e cremose…ma se penso all’Amore, al Mio Amore, mi viene naturale pensare al pane. Pane morbido, profumato, fragrante. Pane che solo a sentirne il profumo solletica lo stomaco…non è lo stesso sintomo dell’Amore?
Non parlo spesso di me sul blog, ma di questa cosa parlo volentieri.
Incontrati di corsa, di sfuggita, sette anni prima, quando eravamo ancora un impasto non ben definito; ci siamo piaciuti ma poi abbiamo continuato a vivere le nostre vite. Sette lunghi anni di cose belle e brutte…e poi ci siamo rivisti. E non c’è voluto molto perché ci innamorassimo. Una settimana – o poco più – ed eravamo già belli cotti!
<<Io sono felice che Tu mi abbia fatto posto tra i tuoi libri ed i tuoi dischi, e che ogni giorno tre quarti del tempo che passiamo insieme sia fatto di risate. Il nostro è un Amore croccante e sempre fresco…come il pane.>>

Per inaugurare le due settimane che precedono il famoso/famigerato San Valentino ho pensato di proporre questi panini; sono panini inglesi, dall’impasto bello ricco. La loro mollica è fitta ma morbida e non collosa, e la crosticina esterna è croccante. Profumano quasi di brioches. La loro lievitazione è in due tempi (ma non troppo lenta, si fanno in una mattinata) e la cottura è rapida… come il Nostro Amore.
La ricetta originale è presa dal libro Il Pane Fatto in Casa di Christine Ingram e Jennie Shapter; io ho apportato alcune variazioni, anche nella quantità di lievito, allungando poi i tempi di lievitazione.

 

La ricetta: Panini al latte (12 panini)
450 g di farina bianca (225 g di tipo 00 e 225 g di tipo Manitoba)
2 cucchiaini di sale
1 cucchiaino colmo di zucchero
1 cucchiaino di lievito in polvere
45 g di burro morbido
250 ml di latte tiepido
1 uovo

Ho mischiato in una ciotola capiente le due farine setacciate con il sale, poi ho aggiunto lo zucchero e il lievito in polvere, mescolando bene. Ho aggiunto il burro mescolando con un cucchiaio. Ho creato una fossetta nel centro ed ho iniziato ad aggiungere il latte, sempre impastando con il cucchiaio, e successivamente parte dell’uovo sbattuto; non tutto, perché altrimenti l’impasto risulta troppo molle.
Ho trasferito sulla spianatoia infarinata ed ho impastato per una decina di minuti con energia.
Ho deposto l’impasto nella ciotola, dopo averla unta, e coperto con pellicola sempre leggermente unta d’olio. Poi ho avvolto il tutto in due canovacci ed ho messo a lievitare in una stanza calda per 2 ore abbondanti.
Ho ripreso l’impasto, l’ho sgonfiato e poi l’ho diviso in 12 pezzi.
Ho modellato i pezzi di forma diversa, treccia, nodo, spiga…
Ho deposto i panini su carta forno, ben distanziati, coperto con la solita pellicola unta e lasciato lievitare un’ora buona.
Intanto ho scaldato il forno a 210°.
Prima di infornare ho spennellato i panini mischiando l’uovo avanzato dall’impasto con un goccino di acqua tiepida.
Ho cotto per 15 minuti, finchè non erano belli dorati.

 

Con questa ricetta partecipo al contest “Cibo & baci” di About Food in collaborazione con Smartbox, nella categoria “ricette salate”.

E partecipo anche al romatico contest “CUCINANDO CON IL CUORE – Il contest degli innamorati” del blog L’aroma del caffè di Valentina.
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Piccole Pavlove con crema al caffé

La storia della Pavlova è raccontata su quasi tutti i foodblog di coloro che si sono cimentati nel prepararla. 
Anna Pavlova fu una bella e leggiadra ballerina russa che, a inizio secolo scorso, incantò con la sua nuvola di tulle un pasticcere australiano di Perth che l’aveva vista esibirsi ne La Morte del Cigno. In suo onore il pasticcere inventò la Pavlova, un dolce di meringa che resta soffice all’interno grazie all’azione dell’aceto.
I Neozelandesi però se ne attribuiscono anche loro la paternità! E forse potrebbe essere pur vero, visto che una “Meringa ripiena alla frutta” compare in un ricettario neozelandese del 1926, lo stesso anno del tour australiano di Anna Pavlova.
Certo è che la leggiadria della ballerina colpisse davvero i suoi spettatori, fino al punto di paragonarla ad una soffice meringa. La Pavlova rivoluzionò il mondo del balletto russo. Fino ad allora le ballerine erano state molto forti fisicamente e, per questa ragione, decisamente tozze. La Pavlova era invece magra ed eterea. Da subito fu adatta ai ruoli romantici del balletto ottocentesco, ma proprio per l’eleganza delle sue caviglie dovette ricorrere ad un accorgimento: aggiunse una striscia di cuoio alla suola delle sue scarpette perchè offrissero un maggior sostegno. Si può dire che la Pavlova inventò le moderne scarpette da danza, oltre che darci la scusa di gustare un dolce scenografico e squisito.
Quanto è bello vedere persone sazie che assaggiano il dolce per cortesia anche se non ne avrebbero voglia, dopo un lauto pranzo e che poi lo mangiano con gusto, nonostante tutto, perché lo trovano irresistibile?
E’ quello che è successo con queste mini pavlove, la cui crema è davvero deliziosa. E se qualcuno ha detto: <<Vabbè, per me solo metà>>, alla fine se l’è pappata tutta!!

La pavlova, se divisa in porzioni perde un poco della magia, perché le fette vengono irregolari e si frantumano in bricioline di meringa. Ho pensato di aggirare il problema creando delle pavlove monoporzione che arrivassero belle intere e intatte a ciascun commensale.
Per il ripieno mi sono lanciata in una crema al mascarpone che ricordasse per consistenza e sapore il tiramisù. Una bomba di calorie ma che esplode dolcemente.

La ricetta: Pavlova al cacao con crema al caffè
Per le basi:
4 albumi (circa 140 g di albume)
205 g di zucchero
1 cucchiaino scarso di maizena
1 cucchiaio scarso di aceto bianco
1 cucchiaio colmo di cacao amaro

Ho scaldato il forno a 170° e ho disegnato sulla carta da forno i quadrati per le miniporzioni che volevo realizzare
Ho montato gli albumi a neve, poi ho aggiunto lo zucchero a pioggia, poi l’amido di mais e infine il cucchiaio d’aceto sempre continuando a montare; per ultima ho versato una cucchiaiata abbondante di cacao amaro.
Ho versato la meringa nella sac à poche, il composto era molto compatto. Ho  ricavato prima le basi e poi sul contorno di esse ho fatto altri giri di meringa fino a formare delle specie di coppette. (Con queste dosi ho fatto 8 coppette e tante piccole meringhette, ma si possono fare anche una decina di coppette, bisognerà però aumentare le dosi della crema!)
Ho infornato e abbassato immediatamente il forno a 140° C e lasciato cuocere per 1 ora, abbassando a 120° C verso la fine.
Poi ho lasciato raffreddare nel forno leggermente socchiuso.
Se riuscite preparatele la sera prima così avranno tutto il tempo di raffreddarsi bene!!

Per la farcitura:
200 g di mascarpone
1 albume
2-3 gocce di aceto
3 cucchiai di zucchero
uno sciroppo fatto con: 50 ml di acqua, 5 g di caffè solubile, 50 g di zucchero

Ho preparato lo sciroppo portando ad ebollizione l’acqua, il caffè solubile e lo zucchero in un pentolino e facendolo poi ridurre sempre mescolando. Verrà un bel po’ di sciroppo che dovrete poi dosare a seconda di quanto vorrete “caffettosa” la crema.
Ho fatto intiepidire lo sciroppo ed intanto ho montato a neve l’albume, quando era già bianco ho aggiunto lo zucchero e poi l’aceto.
Intanto lo sciroppo si era raffreddato e ho cominciato ad aggiungerlo al mascarpone, lavorandolo nel contempo con le fruste. Lo sciroppo non va aggiunto tutto, ma man mano fino ad ottenere la consistenza e la dolcezza giuste. Quello che avanza può essere conservato in frigo per altre preparazioni.
Una volta che il mascarpone era consistente ma più cremoso, ho miscelato l’albume montato con lo zucchero, facendo attenzione a non smontarlo.
Con questa crema ho riempito le coppette di meringa-pavlova e ho completato con granelli di caffè solubile mischiato a granelli di zucchero.
Con questa ricetta partecipo alla raccolta Piccola Pasticceria: Macarons e Meringhe di Ann del blog BperBiscotto.
ai fornelli

Tortini di patate con prosciutto e radicchio in cocottes

Due patate bollite avanzate e due fette di prosciutto da consumare non sembra un’accoppiata molto appetitosa, ma sono gli ingredienti che ho usato per questi golosi tortini in cocottes… Evocano quasi un gattò, la tipica torta di patate “inventata” secondo la leggenda dalle monache del monastero di Santa Chiara a Napoli. In realtà l’albume in mezzo alle patate le rende molto più leggere ed evanescenti e il radicchio nascosto tra gli strati dà una punta di piacevole amarognolo.




La ricetta: Tortini di patate con prosciutto e radicchio in cocottes


purea ricavata da due patate medie lessate
1 albume
3 cucchiai di parmigiano grattugiato
1 cucchiaio di pangrattato
2 fette di prosciutto cotto
½ radicchio rosso
cipolla (un quarto)
1 spicchio d’aglio
olio
sale
pepe


Ho tritato finemente un pezzetto di cipolla e l’ho messo in padella, con uno spicchio dì’aglio a soffriggere leggermente in due cucchiai d’olio. Ho poi aggiunto il radicchio affettato finemente, l’ho rigirato per un minuto e poi ho sfumato con due dita di vino bianco. L’ho fatto appena ammorbidire, poi ho spento.
Nel frattempo ho ripassato il pure al passapatate perché fosse fine fine e ho regolato di sale e pepe ed ho aggiunto due cucchiai di parmigiano. Ho montato a neve l’albume con un pizzico di sale e l’ho amalgamato al puré delicatamente evitando che smontasse.
Ho unto le cocottes con un filo d’olio, ho messo sul fondo uno strato di puré, seguito dal radicchio e poi dal prosciutto cotto. Ho ricoperto il tutto con un altro strato di puré e completato con il cucchiaio di parmigiano grattugiato mischiato a un cucchiaio di pangrattato.
Ho infornato per una ventina di minuti a 180° finchè non erano appena dorati!

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Pasta fagioli e castagne

 

Gennaio,
come novembre, è il mese delle zuppe e delle paste brodose. Dopo
Natale, e prima del Carnevale, ci si dà dentro con piatti caldi,
sani e verdurosi… e la lista dei post “zupposi” da pubblicare
si allunga.

L’idea
della pasta e fagioli con le castagne mi è venuta dal classico
piatto napoletano che pare sia diffuso in tutta l’Italia meridionale. In Sicilia si chiama pasta con fasuoli e cruzzitieddi  e si prepara con i borlotti e le castagne secche.
Nel Cilento fin dall’antichità si prepara una zuppa sempre con le castagne secche, rinvenute in acqua per una notte, ma
in abbinamento ai fagioli di quella zona, di preferenza i
bianchi di Controne, coltivati verso l’interno, nelle zone più ricche
d’acqua.

Io
ho usato delle castagne fresche semplicemente lessate e aggiunte alla
pasta alla fine. L’accostamento del sapore sapido del fagiolo con la
dolcezza vellutata della castagna è veramente qualcosa da provare, la
prossima volta senza l’aggiunta della pasta, semplicemente come calda e 
profumata zuppa.

La ricetta: Pasta fagioli e castagne
(per 2 persone)
250 g di fagioli lessati
6-8 castagne (le mie fresche)
1 bicchiere di brodo di verdure (preparato con acqua, olio, patata, cipolla, aglio, sedano, carota)
1 scalogno piccolo
3 pomodori secchi
1 spolverata di foglioline di timo
1 peperoncino spezzettato
sale 
pasta (5 cucchiai di maltagliati)

Ho
lavato le castagne e le ho incise con la punta di un coltello sul lato
piatto e poi private della buccia marrone. Le ho messe a cuocere in un pentolino d’acqua per circa un’ora con un pizzico di sale, una foglia di lauro e un cucchiaino di semini di finocchio.
Le ho fatte raffreddare nella loro acqua e poi sbucciate dalla pellicina più sottile.
In una casseruola ho fatto soffriggere uno scalogno tagliato fine in due cucchiai d’olio. Ho aggiunto il peperoncino, i fagioli e i pomodori secchi, facendoli rosolare. Poi ho aggiunto il timo per profumare e un bicchiere di brodo filtrato e due bicchieri colmi d’acqua ed ho portato ad ebollizione. Poi ho aggiunto a cuocere la pasta, nel mio caso 5 cucchiai di maltagliati.
Ho sbriciolato grossolanamente le castagne e ne ho tenute da parte due intere.
Quando la pasta era cotta ho regolato di sale e suddiviso nelle scodelle ed ho aggiunto le castagne sbriciolate e quella intera per decorare.

ai fornelli

Salmone al sedano in crosta dorata

Dopo un’infinità di post dedicati a dolci di vario genere, finalmente pubblico una ricetta sana sana, sfiziosissima e ricca di omega3!!!
In più si presenta così bene ed è talmente veloce da preparare da andare benissimo anche per una cena importante, magari in piccole porzioni come antipasto leggero.
La sua creazione è stata veramente casuale, avevo dei filetti di salmone fresco da consumare e un enorme sedano in  frigo e la solita pastasfoglia che di solito tengo in caso di necessità (e di fretta!)…poi ingredienti facili: porro, vino e pepe bianco.
 

La ricetta: Salmone al sedano in crosta dorata
(per 2 persone)
1 rotolo di pasta sfoglia già stesa
2 filetti di salmone fresco
½ sedano
1 piccolo porro
½ bicchiere di vino bianco
olio
sale
pepe bianco
1 albume
pan grattato


Ho tagliato sottilissimo il porro e l’ho messo a rosolare leggermente in due cucchiai d’olio.
Quando ha cominciato a sfrigolare ho aggiunto il sedano tagliato a rondelline spesse 1 cm. Poi ho aggiunto metà del vino bianco e vi ho adagiato i filetti di salmone. Ho fatto proseguire la cottura per qualche minuto, aggiungendo il vino restante, poi ho coperto i filetti con cucchiaiate di dadolata di sedano e ho regolato di sale. Quando il salmone ha cambiato uniformemente colore ho spento e lasciato riposare per qualche minuto.
Nel frattempo ho ritagliato dalla sfoglia 4 rettangoli un po’ più grandi dei filetti di salmone, su due di questi rettangoli ho ricavato dei tagli paralleli, non arrivando al bordo esterno.
Ho acceso il forno a 175°C.
Ho liberato i filetti di salmone dalla pelle, li ho adagiati sui rettangoli senza tagli, li ho ricoperti di una cucchiaiata di dadolata di sedano, spolverati di pochissimo pepe bianco e poi ricoperti con il rettangolo traforato, facendo aderire bene i bordi. Ho ripetuto l’operazione con il secondo rettangolo. Il sedano restante farà da contorno al piatto. Poi ho spennellato le strisce di sfoglia superiore di albume e spolverato di pan grattato.
Ho infornato per circa 20 minuti. La sfoglia deve dorare in superficie, ma non seccarsi troppo.

Poi ho servito le sfoglie calde, affiancate dal sedano restante.