Si scrive Buchteln ma si legge Danubio
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La storica pasticceria Scaturchio a Napoli |
una stecca di vaniglia
Questa ricetta partecipa alla raccolta Abbecedario Culinario d’Europa, per l’Austria
Il giveaway di La Cuochina Sopraffina
Ieri, dopo infinite peripezie, dovute in parte a Poste Italiane e in parte alla mia postina, mi è arrivato un pacchetto!
E non era un pacco qualsiasi, in primo luogo perchè arrivava da Dublino…e in secondo luogo perchè era un regalo!!!
Infatti era il premio che ho vinto partecipando al giveaway della Cuochina Sopraffina su Facebook!!!
Se ancora non la conoscete cercatela qui: La Cuochina Sopraffina.
Ed eccomi qui, con i miei premi:
Grazie Veru!!! Ti penserò cucinando!!! 😀
La mia cena cinese fatta in casa
Il caso ha voluto che incrociassi anche la foto dei Mantou in una mostra sul pane che c’è alle Ex OGR qui a Torino. Questi famigerati mantou, io non li avevo mai sentiti… Si tratta di pane cinese, un pane lievitato e poi cotto a vapore, che resta sofficioso e bianco e che si trova coniugato in diverse declinazioni anche in Giappone, Corea e Filippine.
Alcuni li servono anche in versione dolce, facendo bocconcini piccini e bagnandoli in una salsa che assomiglia al latte condensato.
Quindi sono andata alla ricerca della ricetta dettagliata. Ho trovato diverse alternative in rete, ma alla fine ho usato, come al solito, una soluzione mia, mescolanza di tutte le altre…diminuendo un po’ le dosi, per l’esigenza di non riempirmi la casa di panini cinesi, (come Heidi aveva riempito l’armadio di panini bianchi!!! Qualcuno se la ricorda?).
Infine c’era il pollo alle mandorle, che preparo abbastanza spesso, perchè mi piacciono i piccoli pezzettini sugosi e la croccantezza delle mandorle.
Alla fine di un pomeriggio full immersion nella cucina cinese ho pensato che il detto “lavorare come uno schiavo” non era più azzeccato…quindi è stato prontamente sostituito con “lavorare come un cuoco cinese”!!!
Ora metto tutte le ricette e un po’ di foto!!!
Qǐng xiǎngyòng! [Buon appetito!]
50 g di semola fine
375 g di acqua
1 cucchiaino di sale
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belli dorati |
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il pollo alle mandorle |
ingredienti (per 8 mantou, più una parte di impasto che andrà a costituire 6 baozi):
per l’impasto:
200 g di farina
1/4 di bustina di lievito secco (bustina da 7g)
la punta di un cucchiaino di zucchero
80 ml di acqua
Una parte di questi mantou sono diventati baozi, ovvero hanno accolto un po’ di ripieno dell’involtino primavera, oppure un ripieno fatto con la carne tritata di maiale. Così ripieni ci sono piaciuti di più, concettualmente assomigliano ai ravioli al vapore, ma rimangono gonfi perchè lievitati.
per il ripieno dei baozi:
qualche cucchiaiata del ripieno degli involtini primavera
3 cucchiai di carne tritata magra di maiale
due cucchiai di salsa di soia dolce
sale
un pezzetto di cipolla tritata
Perchè non si attaccassero ho messo una spolverata di semola sul fondo.
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i miei mantou sono un po’ grandi… |
Poi si cuociono a vapore come i mantou.
Questi panini si servono caldi ma, se non avete una cucina professionale con cento fornelli, potete tenerli in un piatto, a portata di calore, mentre si finiscono di preparare gli altri piatti!!!
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Quelli tondi sono baozi con verdure, quelli lunghi baozi con carne…brutti ma buoni |
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Ecco il ripieno del baozi |
Vi lascio con una breve leggenda sulla nascita dei mantou.
La chiamavano Nastrina…
50 ml di latte tiepido
30 g zucchero
15 g burro (a temperatura ambiente!)
1/2 uovo (l’ho aperto, sbattuto con la forchetta e poi pesato)
1 pizzico di sale
per sfogliare:
50 g di burro
30 g di zucchero
Ho prima sciolto il lievito e la punta di un cucchiaio di zucchero in un po’ di latte intiepidito.
Sformatini di couscous con pomodorini, vongole e feta
Confettura verde di zucchine, mandorle e menta e il contest di Dolcezze di Nonna Papera
Questo frutto proviene dagli Altopiani del Messico e i primi a cucinarlo furono gli Atzechi, ma una volta giuntoa qui in Italia non l’ha più abbandonata trovando il terreno ideale per esprimersi in tantissime preparazioni, offrendosi come contenitore dal sapore lieve per un gustoso ripieno o come generoso sostituto delle melanzane nella parmigiana. Ma è nel fritto che ha ottenuto maggior successo, diventando con lo scapece una vera base della cucina italiana.
Poi è decollata verso l’estero dove la parola “zucchini” è sinonimo di verdura ed è rimbalzata, rinnovata, di nuovo in Italia ed ora non più solo con il salato, ma anche nelle preparazioni dolci, fa bella mostra della sua timida delicatezza.
Una confettura alla zucchina vi sembra azzardata? Provate a farla e scoprirete quanto è deliziosa.
L’avevo già vista in rete tempo prima, ma solo di zucchine e zucchero.
Pensando ad un qualche abbinamento sensato mi sono venute in mente le mandorle, che ben si sposano con la freschezza dell’ortaggio, e le foglie di menta, reminescenza dello scapece!!!
La ricetta: Confettura verde di zucchine, mandorle e menta
500 g di zucchine freschissime
350 g di zucchero semolato
90 g di mandorle sminuzzate a pezzetti grossi (io, velocemente nel frullatore)
succo di mezzo limone (o uno intero, se è piccino)
30/40 foglioline di menta (se possibile appena colte, che mantengano il loro profumo)
Ho grattugiato le zucchine a julienne.
Ho sminuzzato grossolanamente le mandorle.
Ho messo tutto in una pentola con lo zucchero e ho cominciato la cottura, mescolando fin quando lo zucchero non era completamente sciolto.
Ho lasciato cuocere e quando ha cominciato a bollire ho aggiunto il succo di mezzo limone.
A questo punto ho proseguito la cottura mescolando, e quando la marmellata ha cominciato a rassodarsi (per verificare fare la prova su un piattino, deve fare il velo) ho aggiunto le foglie di menta.
Ho lasciato sul fuoco ancora per un paio di minuti, poi ho riempito i barattoli, li ho chiusi e capovolti, finche non si è formato il sottovuoto.
Con questa ricetta partecipo al contest di Dolcezze di Nonna Papera ” Metti la Natura sotto vetro”
Mezzipaccheri al Curry e Gamberi
La storia di Arthur Guinness e l’Irish Guinness Beef Stew
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Ritratto di Arthur Guinness |
La famiglia vantava di discendere dall’antico clan dei Magennis della contea di Down, ma la cosa non è provata, pare essere più la conseguenza del successo dell’impresa e del tentativo di elevarne ulteriormente il nome.
Il padre Richard Guinness era l’amministratore delle terre di Arthur Price, arcivescovo di Cashel e padrino di battesimo del piccolo Arthur, e forse produsse birra artigianale per i lavoratori della tenuta, come spesso accadeva in campagna.
Arthur Price ricompensò generosamente il suo fattore, lasciando in eredità, nel 1752, ad ogni membro della famiglia Guinness, ben 100 sterline che all’epoca rappresentavano una piccola fortuna.
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la firma sul contratto d’affitto della St.JamesGateBrewery |
Pare che Guinness continuò a produrre principalmente birra ale fino al 1778, facendo intanto esperimenti sulla scura.
Nel 1761 sposò Olivia Whitmore, da cui ebbe 21 figli, dei quali soltanto 10 raggiunsero l’età adulta, e soltanto tre di loro divennero birrai; gli altri discendenti furono missionari, politici e letterati.
Dal 1764 abitò nel North Side di Dublino che in quegli anni era la parte migliore della città, prima di cedere il passo al South Liffey, verso la fine del XVIII secolo. La Beaumont House, dove la famiglia Guinness visse, oggi fa parte del Beaumont Hospital.
L’attività di Arthur andava a gonfie vele, visto che nel 1767 fu messo a capo della Corporazione dei Mastri Birrai di Dublino.
Già dagli anni ’60 del Settecento alcuni birrai di Dublino provarono a produrre della birra porter. Con questa denominazione si indicava la stout porter ovvero una birra con caratteristiche un po’ più leggere della normale stout, prodotta ad alta fermentazione e caratterizzata da una tostatura molto marcata che le conferiva il caratteristico colore scuro, con una gradazione alcoolica abbastanza bassa ed aroma amaro intenso, tendente al cioccolato e al caffè.
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Una delle prime “pubblicità” Guinness |
Da questo momento Guinness si concentrò solo sulla birra scura e alla sua morte la produzione annuale aveva raggiunto le 20.000 botti.
È nota anche la sua tendenza politica, negli anni ’80 e ’90 del Settecento – e in particolare dal 1793 – come sostenitore di Henry Grattan per l’emancipazione dei cattolici, all’epoca pesantemente assoggettati alla dominazione inglese e ai possidenti irlandesi di fede protestante. Probabilmente questa sua tendenza era dovuta al fatto che Grattan volesse ridurre le tasse sulla produzione della birra e, in effetti, durante la grande ribellione del 1798, non si schierò apertamente a favore degli United Irishmen.
Nel 1801 venne prodotta ed esportata la prima West India Porter, antenata della moderna Guinness Foreign Extra Stout.
Arthur Guinness morì a Dublino nel 1803, lasciando l’impresa al figlio Arthur.
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immagini pubblicitarie* del 1935, 1956, 1960, 1966 |
Questo non vi sembrerà un piatto estivo…in effetti non lo è!!! E’ un piatto decisamente adatto ai climi freschi o all’inverno ma, come i miei
Laggiù non abbiamo assaggiato tutto ciò che avremmo voluto, visto che il viaggio era abbastanza volto al risparmio… quest’anno non ci sono vacanze, ma nessuno ci vieta almeno di provare a cucinare qui tutti i piatti che in viaggio non abbiamo assaggiato, con il vantaggio che non dovremo ammettere se sono meno buoni dell’originale!!! ;D
Complice in questa impresa è innanzitutto il clima di Torino in questo luglio, fresco e ventilato…ieri sera c’erano 20 gradi, decisamente pochini per il periodo. Inoltre in mio aiuto è venuto un libricino recentemente trovato in rete, che si chiama Cuisine Irlandaise (in francese…O__o’) di Anne Wilson.
La ricetta originale è preparata con carne di bovino adulto, ma io avevo dello spezzatino di vitello a casa e l’idea di farlo all’irlandese, con una lattina di Guinness è venuta da sé.
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Me con Guinness 2010 |
(con queste quantità ce lo siamo pappato in due!!)
400 g di spezzatino di vitellone
1 cucchiaio di burro + 2 cucchiai d’olio d’oliva (in origine erano 2 cucchiai di strutto)
1 grossa cipolla
1 spicchio d’aglio
2 cucchiai di farina
250 ml di brodo vegetale (in origine era brodo di manzo)
250 ml di Guinness (io l’ho trovata in lattina al supermercato)
1 carota a rondelle
2 foglie di lauro
1 cucchiaio di timo essiccato
8 prugne secche
pepe sale
prezzemolo fresco
La carne va fatta a pezzettini piccoli.
Intanto ho fatto sciogliere il burro nell’olio e vi ho rosolato la cipolla tagliata finemente. Poi ho aggiunto anche l’aglio e fatto rosolare il tutto.
Quando sono entrambi rosolati vanno tolti dalla casseruola e scolati.
Nel burro-olio restante va fatta rosolare la carne, poi bisogna aggiungere la farina e farla sciogliere.
Appena la farina era sciolta ho aggiunto il brodo, in una volta sola. Quando cominciava ad inspessirsi ho aggiunto la birra scura.
Quando anche con la birra il brodo cominciava a fremere ho aggiunto le cipolle rosolate in precedenza, le carote a rondelle, le prugne, il pepe e lauro e timo.
Ho lasciato cuocere per un’ora circa a fuoco bassissimo, rigirando ogni tanto, finchè il sughetto non era diventato denso e lucido e la carne era cotta.
Nei piatti ho aggiunto una spolverata di prezzemolo tritato fresco.
La Soppressata Calabra e la Cipolla Rossa di Tropea si danno appuntamento per uno spuntino
Genova e la focaccia di Recco La celebre focaccia al formaggio ligure da gustare calda
Il formaggio NON è la prescinseua, perchè troppo liquido o troppo acido… Nel disciplinare viene indicato “formaggio fresco L.L.T., prodotto con latte ligure tracciato”.