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Un regalo da Paola

Quest’oggi pubblico un post tutto dedicato a Paola di Nastro di Raso.
Forse qualcuno si ricorderà che avevo vinto un premio speciale nel suo contest Licenza di Copia con la mia copia della sua ricetta dello Strudel di Mele.

Ecco le motivazioni dei giudici:

  • Paola: lo strudel ormai lo fanno tutti con la pasta
    sfoglia, anzi molti non sanno nemmeno che esiste una pasta apposita
    nella ricetta tradizionale. E’ bello tramandare queste ricette, anche se
    poi spesso siamo obbligati a usare delle scorciatoie nella cucina di
    tutti i giorni. L’uso di mele, pere e noci lo rende senza dubbio goloso e
    la riduzione al porto completa questo dolce in modo originale.
  • Roberto: lo strudel è tra i miei dolci preferiti, vincente la riduzione al porto.
  • Riccardo: vincente l’uso di due qualità di mele
    diverse (fuji e golden, anche se io avrei preferito la smith alla
    golden) per avere al palato nello stesso momento consistenze differenti.
    Interessante l’aggiunta della pera. Ottima la scelta della riduzione al
    Porto (da vecchio alcolista…). Le foto esaltano appieno l’”umorosità”
    (intendo il suo essere umido e non secco) del dolce. 
      “

Dunque il premio è arrivato e ce lo siamo pure pappato, nel frattempo, eccezion fatta per un piccolo pezzettino di salsiccia, che vedrà la morte entro pochi giorni, e qualche zolletta di zucchero.

Questa la foto del contenuto del super pacchetto, scattata solo quando avevamo le labbra già sporche di briciole!!! ^o^

Come si può vedere, nonostante la scarsa qualità dell’immagine… 😉 …il pacco conteneva dei sablé al pecorino e rosmarino e sablè al pepe rosa, dei biscotti alle nocciole e gocce di cioccolato dalla consistenza spettacolare, delle zollettine di zucchero aromatizzato alla cannella e una confezione della salsiccia tipica di Monte San Biagio.
Si vede anche bene che la maggior parte dei sablès erano già finiti nei nostri pancini e che una salsiccetta l’avevamo già fatta fuori a cena!!!
Purtroppo non si vede che i nastrini con cui erano legati i sacchettini riprendevano i colori del bigliettino da visita…ma questi sono dettagli!!! 😀

I sablè salati e i biscotti si sono conservati ottimamente durante il viaggio; se la preoccupazione di Paola era che arrivasse tutto sbriciolato, devo dire che stavolta le Poste hanno fatto bene il loro lavoro!!! Io ho amato in particolare i sablé al pepe rosa e i biscotti alle nocciole che, ripeto, erano perfetti, sodi ma friabili!!
Gli zuccherini non hanno preso umidità e sono buoni anche così al naturale!!
La salsiccia di Monte San Biagio è una cosa che non si può descrivere!! Il coriandolo è una spezia che conoscevo solo di nome…dà a questa salsiccia un aroma inconfondibile e particolarissimo e se vi capita di andare da quelle parti è assolutamente da provare perchè è tipicissima. A questo proposito, se volete conoscerne la storia vi consiglio di andare a leggere il post che Paola le ha dedicato tempo fa! Lo trovate qui—->.
Per tutte le altre ricette le trovate sul blog di Paola ai link che ho già indicato sopra.

Grazie ancora, Paola, per la bellissima e buonissima sorpresa!! 😀

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Panini che sembrano brioches e il mio Amore a lenta lievitazione

Il mio amore non è una torta al cioccolato o un bombolone alla crema. Se devo associare un cibo all’amore, così, generico, mi vengono in mente cose dolcissime e colorate e cremose…ma se penso all’Amore, al Mio Amore, mi viene naturale pensare al pane. Pane morbido, profumato, fragrante. Pane che solo a sentirne il profumo solletica lo stomaco…non è lo stesso sintomo dell’Amore?
Non parlo spesso di me sul blog, ma di questa cosa parlo volentieri.
Incontrati di corsa, di sfuggita, sette anni prima, quando eravamo ancora un impasto non ben definito; ci siamo piaciuti ma poi abbiamo continuato a vivere le nostre vite. Sette lunghi anni di cose belle e brutte…e poi ci siamo rivisti. E non c’è voluto molto perché ci innamorassimo. Una settimana – o poco più – ed eravamo già belli cotti!
<<Io sono felice che Tu mi abbia fatto posto tra i tuoi libri ed i tuoi dischi, e che ogni giorno tre quarti del tempo che passiamo insieme sia fatto di risate. Il nostro è un Amore croccante e sempre fresco…come il pane.>>

Per inaugurare le due settimane che precedono il famoso/famigerato San Valentino ho pensato di proporre questi panini; sono panini inglesi, dall’impasto bello ricco. La loro mollica è fitta ma morbida e non collosa, e la crosticina esterna è croccante. Profumano quasi di brioches. La loro lievitazione è in due tempi (ma non troppo lenta, si fanno in una mattinata) e la cottura è rapida… come il Nostro Amore.
La ricetta originale è presa dal libro Il Pane Fatto in Casa di Christine Ingram e Jennie Shapter; io ho apportato alcune variazioni, anche nella quantità di lievito, allungando poi i tempi di lievitazione.

 

La ricetta: Panini al latte (12 panini)
450 g di farina bianca (225 g di tipo 00 e 225 g di tipo Manitoba)
2 cucchiaini di sale
1 cucchiaino colmo di zucchero
1 cucchiaino di lievito in polvere
45 g di burro morbido
250 ml di latte tiepido
1 uovo

Ho mischiato in una ciotola capiente le due farine setacciate con il sale, poi ho aggiunto lo zucchero e il lievito in polvere, mescolando bene. Ho aggiunto il burro mescolando con un cucchiaio. Ho creato una fossetta nel centro ed ho iniziato ad aggiungere il latte, sempre impastando con il cucchiaio, e successivamente parte dell’uovo sbattuto; non tutto, perché altrimenti l’impasto risulta troppo molle.
Ho trasferito sulla spianatoia infarinata ed ho impastato per una decina di minuti con energia.
Ho deposto l’impasto nella ciotola, dopo averla unta, e coperto con pellicola sempre leggermente unta d’olio. Poi ho avvolto il tutto in due canovacci ed ho messo a lievitare in una stanza calda per 2 ore abbondanti.
Ho ripreso l’impasto, l’ho sgonfiato e poi l’ho diviso in 12 pezzi.
Ho modellato i pezzi di forma diversa, treccia, nodo, spiga…
Ho deposto i panini su carta forno, ben distanziati, coperto con la solita pellicola unta e lasciato lievitare un’ora buona.
Intanto ho scaldato il forno a 210°.
Prima di infornare ho spennellato i panini mischiando l’uovo avanzato dall’impasto con un goccino di acqua tiepida.
Ho cotto per 15 minuti, finchè non erano belli dorati.

 

Con questa ricetta partecipo al contest “Cibo & baci” di About Food in collaborazione con Smartbox, nella categoria “ricette salate”.

E partecipo anche al romatico contest “CUCINANDO CON IL CUORE – Il contest degli innamorati” del blog L’aroma del caffè di Valentina.
ai fornelli, ricette tradizionali, storia & cultura

La Fetta di Polenta e la Polenta alla Piemontese

Ci sono giornate in cui sembra tutto vicino. Le montagne ad ovest, luccicanti di neve e svettanti sull’orizzonte come una corona, ancor di più la collina, verso est: case fitte fitte di Borgo Po, tutte affacciate sulla città, con la Villa della Regina che fa l’occhiolino, a due passi da piazza Vittorio, Superga vicinissima che quasi la si può toccare e il Monte dei Cappuccini che si specchia nel Po.
E’ merito della luce particolare – nessuna nube è rimasta, tutte spazzate dal vento tiepido che qui chiamano phön – e di un clima fresco ma temperato che fa sentire vicina la primavera.
Di solito queste giornate si manifestano a marzo, quando è tutto un turbinio di foglie secche ancora per le strade da novembre e risparmiate dalle piogge dell’inverno…Quest’anno il clima è invece particolarmente mite, lo è stato a dicembre ed è ancora così in questi primi giorni di gennaio.
E’ ora di pranzo, il sole è alto, il cielo è azzurro e limpido ed io faccio una passeggiata senza guanti e con il naso in su, guardando i bei palazzi di una Torino di altri tempi, una Torino signorile e discreta, forse silenziosa come questa mattina, quando corso San Maurizio era sgombro di macchine e i semafori sembravano funzionare inutilmente.

Se devo raccontare di un’opera che rappresenti la mia città penso subito ad un’architettura di Alessandro Antonelli.
La Mole Antonelliana? No, quella è davvero troppo conosciuta ed è il simbolo di Torino…io penso ad una casa che alcuni torinesi non conoscono affatto, ma che si trova a pochi passi dalla Mole, in borgo Vanchiglia: la Fetta di Polenta.

Una porzione del centro di Torino, si vede quanto siano vicine la Mole e la Fetta di Polenta

A guardarne la forma la ragione di questo soprannome è ben evidente. Le pareti sono dipinte di giallo vivace e la pianta di questo edificio è trapezoidale, con una facciata stretta ed un altro lato addirittura strettissimo!!!
Tutte le visuali della Casa Scaccabarozzi, detta Fetta di Polenta

Nacque per una scommessa con la Società Costruttori di Borgo Vanchiglia, e Antonelli dovette insistere a lungo prima di poter acquistare questa porzioncina di terreno d’angolo, intestato poi alla moglie Francesca Scaccabarozzi. Ma l’architetto era troppo eccentrico per farsi sfuggire la possibilità di costruire in condizioni “estreme”. Progettò quindi una casa per abitazione, con l’intenzione di destinarla all’affitto, con la scala a chiocciola e la canna fumaria incastrate nell’angolo più angusto.
I primi tre piani vennero completati nel 1840 e già nel 1851 dovettero resistere allo scoppio del Polverificio di Borgo Dora. Superarono la prova forse grazie alla fondamenta profonde due piani interrati, mentre altri edifici, in apparenza più solidi, vennero lesionati.
Non contento Antonelli innalzò la sua creatura sempre di più, fino a raggiungere l’ultimo piano, il sesto fuori terra, nel 1881. L’altezza complessiva è di 27 metri, così come la profondità sul lato lungo. La facciata che si affaccia su corso San Maurizio è lunga 5 metri, mentre lo spigolo più stretto di soli 70 centimetri.
La facciata su corso San Maurizio, larga 5 metri
Lo spigolo più stretto, di 70 centimetri di larghezza, dove sono incastrate le scale a chiocciola

Inizialmente molti si rifiutarono di andarci ad abitare, per paura di un crollo, ma la casa resistette nel 1887 quando un terremoto rase al suolo molti degli edifici del Borgo Vanchiglia. Anche i bombardamenti durante la seconda guerra mondiale risparmiarono la casa Scaccabarozzi, e la diffidenza fu definitivamente vinta. La casa fu abitata per molti anni e solo ultimamente, dopo un periodo di decadenza, è stata trasformata nella Galleria d’Arte Franco Noero dove, per un certo periodo, sono state esposte sulle pareti interne, dipinte di bianco, le foto di tutti gli edifici più bizzarri del mondo.
Il lato verso via Giulia di Barolo. I mobili vennero portati in casa dalle finestre, poichè la scala era troppo angusta

Tornare alla Fetta di Polenta mi fa tornare indietro al tempo in cui passeggiavo più spesso con il naso in su, entusiasmandomi alla scoperta dei tanti palazzi che giocano a mimetizzarsi in questa città che a detta di alcuni può sembrare monotona. Non è così, dietro alla ricerca di un’uniformità di facciata, alla pretesa di disegnare tutte le strade con incroci ad angolo retto, ci sono tante storie, piccoli particolari sui frontoni delle finestre o sotto i balconi che differenziano ogni pezzo del puzzle della mia bella ed elegante città.
Antonelli poteva guardare la punta della sua Mole dalla finestra di casa, mentre si gustava la sua polenta alla piemontese

La ricetta che mi è parso più naturale abbinare a questa architettura è la Polenta alla Piemontese. 

Non ho cotto la polenta per ore, ho usato quella già precotta a vapore, che cuoce velocemente. Rispetto alla ricetta più tradizionale che vuole solo il soffritto di verdure ho aggiunto solo dei funghi, che si sposano a meraviglia con gli altri sapori.

La ricetta: Polenta alla Piemontese (per 2 persone)

125 g di polenta istantanea
25 g di semolino
50 g di fontina
2 cucchiai colmi di parmigiano grattugiato
25 g di burro
½ l di brodo vegetale (preparato con cipolla, sedano, patata, carota e aglio) 
½  bicchiere di latte
3 cucchiai di olio d’oliva extra-vergine
1 cipolla
1 porro
2 spicchi di aglio
1 costa di sedano 
250 g di funghi orecchioni e chiodini
alloro
salvia
vino bianco
sale
pepe
 
Per prima cosa ho preparato il brodo vegetale con verdure a piacere: io ho messo patata, carota, sedano, cipolla e uno spicchio d’aglio, con un filo d’olio e un po’ di sale. 
In una padella larga ho preparato il soffritto mettendo in una padella i tre cucchiai di olio extravergine e facendovi rosolare la cipolla, il porro, gli spicchi d’aglio, il sedano e l’alloro e la salvia. Quando le verdure hanno cominciato a sfrigolare ho aggiunto i funghi tagliati a pezzetti e sfumato con un goccino di vino bianco e ho proseguito la cottura finchè tutte le verdure erano morbide e ben rosolate. Ho eliminato l’aglio.
Ho tagliato a dadini la fontina, grattugiato il parmigiano e pesato il burro in modo da averlo a portata di mano.
Ho mescolato le due farine.
Ho portato ad ebollizione il brodo preparato in precedenza con il mezzo bicchiere di latte.
Ho versato la farina a pioggia e ho iniziato a mescolare. Quando la polenta ha cominciato a raddensarsi ho aggiunto il burro, la fontina, il parmigiano ed infine il soffritto, mescolando bene.
Noi l’abbiamo fatta rassodare un po’ e l’abbiamo accompagnata da una parte del soffritto di verdure caldo.
Con questa ricetta, il consiglio di andare a vedere la Fetta di Polenta e queste tante foto, partecipo al contest Cib’Arte di Simona del blog Simona’s Kitchen in collaborazione con l’editore d’arte Claudio Martini.
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Risotto al salmone fumé con Fiordifrutta Rigoni alla mora di rovo

Un risotto con la marmellata? E chi ci aveva mai pensato?
Non io, prima di sapere del Contest organizzato da Fiordifrutta Rigoni di Asiago
Ma dopo il risotto con le pere, o quello con fragole, non era così stravagante provarci.
D’altraparte Fiordifrutta non è una marmellata e ha il sapore della vera frutta, poichè è preparata a bassa temperatura e dolcificata con succo di mele selvatiche, senza l’aggiunta di altro zucchero.
Ho scelto la Fiordifrutta alle more di rovo: il suo gusto è sorprendente all’assaggio. Sa di mora, punto. Abbinarla ad un piatto salato è stata la cosa più naturale del mondo, ma niente formaggi per carità. Solo filetto di salmone affumicato, fatto riscaldare nel risotto stesso, uno volta che aveva raggiunto la giusta cottura, senza che seccasse in cottura prolungata, e una punta di senape che desse equilibrio fra il dolce e il sapido.
Anche il modo di accostare i sapori è stato azzeccato, ogni boccone è diverso dall’altro a seconda del risotto che si raccoglie con la forchetta, più esterno o più interno e vicino al cuore di Fiordifrutta, con una punto o meno di senape…
Ne è venuta fuori una ricetta elegante e gustosissima che ci ha fatto ripulire il piatto fino all’ultimo chicco!! 

La ricetta: Risotto al salmone fumé con Fiordifrutta alla mora di rovo
 (per 2 persone)
150 g di salmone affumicato a fettine
1 cipolla piccola
500 ml di brodo vegetale
mezzo bicchiere di vino bianco (abbondante)
8 cucchiai di riso carnaroli
1 cucchiaino colmo di senape (più quella per decorare il piatto)
4 cucchiaini di Fiordifrutta Rigoni di more di rovo (più quella per decorare il piatto)
una noce di burro
olio
sale
pepe

Ho messo a preparare circa 500 ml di brodo vegetale con acqua, olio, sale, e queste verdure: patata, porro, salvia, e carota.
Ho rosolato la cipolla, tagliata a dadini finissimi, in due cucchiai d’olio evo, senza farla scurire. Quando si era asciugata ho cominciato a bagnarla di vino bianco per farla stufare dolcemente, e successivamente di goccini di acqua calda. 
Quando la cipolla è diventata trasparente ho aggiunto il riso e ho alzato il fuoco. Ho fatto tostare il riso e poi ho iniziato ad aggiungere il brodo vegetale fino a coprirlo. 
Man mano che il risotto cuoceva ho ripetuto questa operazione tre volte. 
Quando il riso era cotto ho aggiunto il salmone sminuzzato finemente e una noce di burro ed ho spento il fuoco e coperto la pentola. Ho fatto riposare per cinque minuti perchè i sapori si amalgamassero
Prima di impiattare ho aggiunto il cucchiaino di senape e ho mescolato bene.
Nello stampo quadrato ho messo uno strato di risotto, ho formato una cavità al centro e vi ho deposto un cucchiaino ben colmo di Fiordifrutta di mora di rovo, infine ho coperto con un altro strato di risotto. In cima ho colorato con qualche goccia di Fiordifrutta spalmata ed ho accompagnato da senape sul piatto.

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Tagliolini di farina di castagne con baccalà

Non avevo un buon rapporto con la farina di castagne, anzi con le castagne in generale… è giusto ammetterlo, nonostante questo ho voluto provare… Insomma l’idea di partecipare a un contest organizzato da La Cucina Italiana in collaborazione con Il Desco mi allettava troppo! 
La Cucina Italiana non occorre presentarla: è la più grande rivista italiana di cucina.

Il Desco è – dal 2009 – una grande manifestazione dedicata al mondo del Food e dei prodotti tipici della provincia di Lucca, provincia ricchissima di gusti e profumi diversi, dalle colline dell’entroterra fino al mare della Versilia. La manifestazione è partita ieri e durerà fino all’11 dicembre per quattro fine settimana.
Il loro contest, riservato a sole ragazze, prevede una ricetta creativa realizzata con la farina di castagne.

Io ho provato diverse ricette e combinazioni, ma la ricetta che più mi ha soddisfatto è stata proprio l’ultima! La farina di castagne conferisce ai cibi un sapore rotondo, dolce e delicato. Per risvegliare il palato serviva qualcosa che desse una scossa di adrenalina alla morbidezza delle castagne. Il baccalà ci è riuscito! Saporito al punto giusto, ammorbidito anch’esso dal latte si è sposato a meraviglia con la pasta di farina di castagne, creando un connubio dolce-salato che resta impresso nelle papille gustative.
 

La ricetta: Tagliolini di farina di castagne al sugo di baccalà
(per 2 persone)
100 g farina di castagne
50 g di farina 00
1 uovo
acqua
sale
200 g di baccalà
1 cipolla grande
200 ml di latte
olio
mezzo bicchiere di vino
6 castagne da far lessare

Due giorni prima ho messo il baccalà in ammollo in acqua per fargli perdere l’eccesso di sale, cambiando l’acqua ogni 12 ore circa. 

La mattina della preparazione l’ho messo a bagno nel latte che poi servirà a preparare il sughetto.
La mattina ho anche preparato le castagne lesse. Ho lavato le castagne, le ho incise sul lato piatto e le ho messe in un
pentolino con acqua fredda abbondante e un cucchiaino di sale. Dopo che
raggiungono il bollore, devono cuocere per circa 50 minuti. Passato il
tempo ho spento il fuoco e fatto intiepidire in acqua, togliendo poi la
buccia e la pellicina interna quando erano ancora calde.
Preparazione dei tagliolini di farina di castagne:

Ho setacciato la farina di castagne e la farina di grano tenero
00 in una larga ciotola. Ho versato al centro l’uovo leggermente
sbattuto con un grosso pizzico di sale e ho cominciato ad impastare. Per
impegnare tutta la farina occorrerà aggiungere un goccino d’acqua. Dopo
poco ho trasferito il tutto sul tavolo, impastando vigorosamente. Ho
ricavato una palla di pasta che ho avvolto nella pellicola  da cucina e
lasciato riposare per una mezz’oretta.

Intanto ho cominciato a preparare il sughetto di baccalà.

Successivamente ho ripreso la pasta e ho cominciato a stenderla a
piccoli pezzi, ricavando una sfoglia mediamente sottile, arrotolandola
su se stessa e ritagliando da questo rotolo i tagliolini.

Man mano li ho messi su un tagliere con abbondante farina perché non si attaccassero gli uni agli altri.

Preparazione del sughetto di baccalà:
Ho tagliato a dadini piccolini la cipolla e l’ho messa a soffriggere leggermente in 3 cucchiai d’olio evo. La cipolla deve diventare trasparente, ma non scurirsi. A un certo punto ho sfumato con due dita di vino e lasciato stufare ancora per qualche minuto. Quando i liquidi erano assorbiti ed evaporati ho messo i pezzetti di baccalà in padella, rigirandoli per farli insaporire. Dopo un po’ ho aggiunto metà del latte, ho coperto e fatto cuocere. Il baccalà comincerà ad ammorbidirsi; poi bisognerà aggiungere anche il latte restante. A cottura quasi ultimata, ho disfatto il baccalà con la forchetta ed ho aggiunto 4 castagne sbriciolate. Lasciare scoperto e far asciugare, poi spegnere.

Preparazione finale del piatto:
Ho lessato in acqua salata i tagliolini, finché non sono venuti a galla: basteranno 2 o 3 minuti. Li ho versati nella padella del sughetto, senza scolarli eccessivamente e li ho fatti insaporire per un minuto a fuoco alto. Poi ho impiattato completando con una castagna lessa in cima.

Come mi aspettavo, la dolcezza dei tagliolini di castagne stempera il saporito del baccalà! Da provare – anche per gli scettici – perché il connubio è perfetto!!!


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Il tricolore nel piatto

Questa volta mi sono proprio voluta divertire…Il tema del contest di Calimera di Pillole Culinarie è la cucina tricolore e la bandiera italiana nel centocinquantenario dell’Unità d’Italia e mi sono detta, beh, se così dev’essere che tricolore sia!!!
Ho pensato a tre creme morbide, da poter essere servite come antipasto in ciotoline tonde, e ho pensato a sapori “italiani” e non troppo sofisticati. Inizialmente avevo dei dubbi sull’effetto che potessero avere 3 sapori diversi accostati così da vicino.
 
Ho insaporito degli spinaci con il parmigiano, dei fagioli con aglio e cipolla, dei pomodori secchi con capperi e acciuga. Alla fine della lavorazione ciascuna crema era saporita di per sé, ma non solo: l’accostamento delle tre era addirittura strabiliante!!
Alcune dosi sono approssimative perché ho fatto un po’ ad occhio. Per quanto riguarda il tempo di preparazione ho messo fagioli cannellini e spinaci ad insaporirsi contemporaeamente e intanto ho preparato la crema di pomodori secchi. Si fa in fretta, l’unica noia è dover lavare il bicchiere del frullatore tra una crema e l’altra…cosa che potete ovviare se avete quello ad immersione.
La ricetta: Tricolore in crema  
(ne verranno 3 o 4 porzioni)

Per la crema di fagioli:
300 g di fagioli cannellini già ammollati e lessati
Sale
½ cipolla piccola
1 spicchio d’aglio
1 foglia di alloro

Per la crema di spinaci:
8 cubetti di spinaci surgelati
olio
sale
parmigiano grattugiato
1 noce di burro

Per la crema di pomodori secchi:
8 pomodori secchi sott’olio
qualche cappero
1 acciughina


Ho preparato un pentolino con la cipolla, l’aglio e una foglia di alloro, ho fatto scaldare leggermente e ho versato i cannellini lessati. Ho fatto insaporire il tutto per una decina di minuti, regolando di sale. Poi ho spento e frullato il tutto, aggiungendo dell’acqua per regolare di consistenza.

Contemporaneamente in una padella larga ho messo un filo d’olio e i cubetti di spinaci surgelati. Li ho fatti sciogliere e ho proseguito la cottura per una decina di minuti, regolando di sale. Poi ho frullato il tutto, aggiungendo un paio di cucchiaiate di crema di fagioli – che deve dare consistenza, ma non prevaricare il sapore – e il parmigiano grattugiato a piacere. Una volta riversata la crema in padella, ho aggiunto una noce di burro.

Mentre fagioli e spinaci cuocevano ho preparato la crema di pomodori secchi: ho versato 8 pomodori secchi sott’olio nel mixer con qualche cappero, un’acciughina e una cucchiaiata di cannellini ad amalgamare il tutto. Ho frullato a lungo fino ad ottenere una consistenza cremosa, aggiungendo qualche goccio d’acqua e l’olio a filo finchè non era tutto ben amalgamato e cremoso.

Crema di cannellini e crema di spinaci vanno deposte nei piatti ben calde, quella di pomodori va bene a temperatura ambiente.

Noi abbiamo accompagnato la crema tricolore con panini al latte aromatizzati al rosmarino.

Come ho detto in apertura con questa ricetta partecipo al contest “La Cucina Tricolore” di Pillole Culinarie.
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Nidi di stringozzi alla crema di zucca e funghi

Questo post è dedicato al valoroso Albi che ci portò gli stringozzi dall’Umbria, vinse la calura estiva e i chilometri di strada e giunse fino a noi con il prezioso pacchetto e qui, per fargli onore li abbiamo cucinati con zucca e funghi e sono venuti davvero buoni!!!
Gli stringozzi, in alcune zone anche detti strangozzi, sono un particolare formato di pasta umbro di grano duro, senza uova. Sono simili a spaghetti alla chitarra e hanno la caratteristica sezione quadrata.
Gli stringozzi al tartufo ancora da cuocere
Il nome deriva da stringa per scarpe; si racconta infatti che i rivoluzionari anticlericali umbri si appostavano lungo alcune strade dello Stato Pontificio, aspettando il passaggio di ecclesiastici e sostenitori del Papa. Quando il malcapitato capitava su quelle strade, i rivoluzionari si sfilavano le stringhe dalle scarpe e con queste lo strangolavano.
Un’altra leggenda legata al nome di questa pasta ha origine dal fatto che i preti appartenevano ad una classe molto agiata e ricca e si cibavano quotidianamente di cibi raffinati. Quando provavano ad assaggiare i ruvidi stringozzi dei contadini, confezionati senza uova, inevitabilmente facevano fatica a mandarli giù e quasi si strozzavano: da qui il nome di strozzapreti o strangolapreti, nome più diffuso in ambito romagnolo dello stesso formato di pasta.
Che sia vera l’una o l’altra leggenda sul nome di questa pasta, in ambito Spoletino lo stringozzo viene arricchito dal tartufo, o nel condimento o direttamente nell’impasto e spesso viene preparato in modo tradizionale senza sale. L’usanza di non adoperare il sale per la pasta risale alla tassa sul sale imposta dal Papa – ancora lui – nel 1540. Pur di non pagare questa gravosa gabella, gli umbri si adattarono a preparare pane e pasta senza sale.
Inoltre gli stringozzi, per venir buoni, devono essere preparati a “culu mossu”, ovvero l’impasto sarà più buono e saporito tanto più la donna che lo prepara agita vistosamente il fondoschiena nel gesto dell’impastare. 😉

La ricetta: Stringozzi al tartufo alla crema di zucca con funghi


200 g di stringozzi al tartufo
300 g di zucca a pezzi già cotta nel forno  (bastano 15-20 minuti a 170°)3 cucchiai colmi di parmigiano grattugiato + un’altra spolverata
1 spicchio d’aglio
circa 6 funghi pleurotus freschi ( sono quelli detti anche “orecchione”)
sale
pepe
olio evo
olio per friggere

Per la crema di zucca:
Ho privato la zucca dalla scorza esterna e l’ho frullata al mixer con qualche cucchiaio d’acqua calda. A parte ho fatto rosolare uno spicchio d’aglio in un cucchiaio d’olio e poi ho aggiunto la passata di zucca, facendola insaporire per cinque minuti, regolando poi di sale, pepe e parmigiano grattugiato.

Per i funghi:
Ho pulito bene i funghi, privandoli della parte più dura del gambo, e li ho tagliati a striscioline lunghe. Ben asciutti e passati velocemente nella farina, li ho fritti finché non sono diventati croccanti.

Per i nidi di stringozzi:
Ho lessato la pasta in acqua salata. L’ho scolata e condita con metà della crema di zucca e un filo d’olio. Ho formato dei nidi e, dopo averli messi in stampini da muffin, li ho spolverati con poco parmigiano e passati per 10 minuti in forno.
Poi ho suddiviso nei diversi piatti la restante crema di zucca, sopra vi ho deposto il nido, leggermente gratinato e in cima ho messo una manciata di funghi fritti, con qualche fogliolina di prezzemolo tritato.
L’ideale è disfare il nido, e raccogliere un po’ di crema di zucca insieme a qualche frammento di fungo croccante…e poi farne un sol boccone!!!



Con questa ricetta vorrei partecipare al contest “Fuori di zucca” del blog “Su le maniche” delle Sorelle ai Fornelli.
ai fornelli, ricette originali

Maiale e mele con spezie e noci in una crosta graziosa

Per questa ricetta ho preso spunto qui, sul blog AmaraDolcezza della bravissima Giulia.
L’idea del pollo in ceramica bianca successivamente ricoperto dalla sfoglia mi è subito piaciuto tantissimo. L’unico problema era la mancanza delle cocottes in ceramica…
Mi sono quindi ingegnata in altro modo…
Ho pensato di fare interi gusci di sfoglia, riempiti e successivamente ricoperti dalla sfoglia stessa, e in mio aiuto sono arrivati degli stampini in silicone per muffin di cui sono totalmente entusiasta. Li ho già utilizzati diverse volte, sia come contenitori per monoporzioni di verdure al forno, sia per i classici muffin,sia per queste tortine salate di sfoglia.

Le torte di sfoglia ripiene dei più svariati ingredienti sono una preparazione molto antica. Abbozzate, ma mai valorizzate, in epoca romana, ebbero una vera esplosione nel Medioevo e indovinate un po’ da quale paese si diffusero in tutta Europa… dall’Italia, naturalmente, che in fatto di cucina ne sapeva già un bel po’. Le torte compaiono nel menù degli eremiti di Camaldoli già dal XII secolo e nel XIV sono dentro ai ricettari più diffusi. E se inizialmente sono torte di verdura in seguito diventano anche torte di carne e di formaggio e  con la cucina rinascimentale anche l’involucro, che prima era semplicemente come un pentolino, diventa commestibile.
Anche la mia ricetta ha un qualcosina di antico, frutta e carne, come Giulia, ma cambia il tipo di carne e ci sono le spezie…

La ricetta: Pie al maiale e mele con noci e spezie
Ingredienti: (con una sfoglia vengono 3 pies, quindi anche il ripieno è calcolato per 3 porzioni)
per l’involucro:
1 pasta sfoglia pronta
semini di papavero
per il ripieno:
250 g di carne di maiale magra (ho usato della lonza)
1 mela golden grande
cipolla (tagliata a pezzettini fini fini, ne avrò usata un cucchiaio circa)
1 cucchiaino di cannella
1 cucchiaino di zenzero in polvere
1 spruzzata di pepe
i gherigli di tre noci a pezzettini non troppo piccoli
vino bianco
sale
olio

Ho tagliato la carne di maiale a cubetti di 1,5cm di lato (più o meno) e l’ho bagnata con mezzo bicchiere di vino bianco.
Ho sbucciato la mela e tagliato a cubetti anche questa.
In una padella ho versato due cucchiai d’olio e ho fatto rosolare la cipolla e la mela per qualche minuto. Poi ho aggiunto il maiale, scolato, e dopo qualche minuto il suo vino bianco. Ho proseguito la cottura, facendo asciugare un pochino e nel frattempo ho aggiustato di sale, pepe e spezie e aggiunto le noci spezzettate. Tagliato a cubetti così piccoli, il maiale cuoce in un attimo.
Poi ho spento e lasciato in caldo, mentre preparavo i gusci di sfoglia.
Ho acceso il forno a 180°.

Nella sfoglia già distesa ho ritagliato tre cerchi del diametro di 12 cm. Poi con i ritagli, rimpastati e ridistesi ho preparato i coperchi.
In ogni stampino da muffin ho messo un cerchio, un terzo del maiale e mele e ricoperto con il cerchio più piccolo, saldando bene i bordi. Poi ho  bucherellato con uno stecchino da spiedini.
Quando erano pronti i tre pies, li ho infornati, giusto il tempo di far cuocere e dorare la sfoglia, circa 20 minuti.
A dieci minuti dalla fine della cottura ho aggiunto in forno anche una teglietta di cuoricini, tagliati con uno stampino da biscotti e decorati con i semini di papavero. (Ma andrebbe bene anche della paprika dolce o qualcos’altro che faccia colore).

Una volta sfornati, ho messo un pie in ogni piattino, e decorato con i cuoricini! <3 <3 <3
Se trovate la cosa un po’ sdolcinata…fate delle stelline, ecco! 😀

Con questa ricetta vorrei partecipare nella categoria “salati” al contest “Capolavori da Gustare” di Fujiko del blog “La ricetta della felicità” in collaborazione con ConGusto, scuola di cucina.

ai fornelli

Mini pancakes alla salsa di mele speziata

 
Per il contest della Cuochina Sopraffina avevo cucinato dei bei pancakes salati, dove spiccava lo splendido verde di una salsa ai broccoli…peccato che al momento di postare mi sono accorta che i broccoli vanno forte tra i sostenitori della Cuochina!!!
Insomma non volevo mettere l’ennesimo broccolo nella lista…
E quindi ho rifatto i pancakes, questa volta in versione dolce, farcendoli con una salsa preparata con le mele.
 
I pancakes si preparano velocemente e la loro consistenza è a nuvoletta. Sono sostanziosi, ma mentre li si mangia sembra di gustare la cosa più leggera del mondo. Sono perfetti per la domenica, quando ci si alza tardi e non si sa se fare colazione o pranzo!!!
Per la salsa ho scelto la mela renetta, che è adattissima da cuocere. Si tratta di una mela piemontese, precisamente della provincia di Cuneo, che viene raccolta proprio intorno alla metà di ottobre. La sua caratteristica è quella di essere bassa e larga e molto rugginosa, ovvero puntinata: in piemontese è detta pum ruslen, pomo arrugginito. La buccia è spessa, proprio a causa dei puntini di ruggine e la polpa è densa e bianco-perlacea.
Ora, visto che ha tanti antiossidanti quanto il broccolo, mi è sembrata una degna sostituta; dolce-acidula al punto giusto è perfetta con questo mix di spezie, ma la sua preparazione tradizionale  sarebbe intera, con la buccia e cotta in forno.
 
La ricetta: Mini pancakes con salsa di mele speziata
Per la salsa:
due mele renette
due cucchiai di zucchero
15 g di burro
due dita di vino bianco
2 chiodi di garofano
1 cucchiaino di cannella
1/2 cucchiaino di curcuma
1 spolverata di zenzero
1 spolverata leggera di pepe bianco
 
Ho sbucciato le mele e le ho tagliate a pezzetti. Le ho messe in una casseruolina con il burro e lo zucchero e, quando hanno cominciato a sfrigolare, ho rigirato velocemente con un mestolo e poi ho fatto sfumare con il vino bianco.
Dopo cinque minuti di cottura ho aggiunto tutte le spezie. Le quantità sono indicate, ma si possono regolare a piacere. Quando ho visto le mele ammorbidirsi, le ho tolte dal fuoco, le ho fatte leggermente intiepidire e le ho frullate nel mixer, aggiungendo qualche cucchiaio di acqua tiepida per rendere il tutto più fluido. Infine ho riversato il tutto nel pentolino, in attesa di essere riscaldato al momento di servire.
 
Per i pancakes (io li ho fatti piccolini, di circa 6 cm di diametro)
100 ml di latte
1 uovo
15 g di burro
95 g di farina
un cucchiaino di lievito per dolci
un cucchiaio colmo di zucchero
 
Ho fatto sciogliere il burro nel padellino che servirà poi a cuocere i pancakes, senza farlo friggere. L’ho mischiato al latte e al tuorlo dell’uovo sbattuto velocemente, con un pizzico di sale. In un’altra ciotola ho messo la farina con il lievito e, sempre mescolando, ho versato la miscela di latte, burro e tuorlo.
Da parte ho montato a neve l’albume con lo zucchero e l’ho aggiunto all’altro impasto, quando la padellina per cuocere i pancakes era già calda.
L’impasto si depone nella padellina con un cucchiaio, (io avevo un piccolo mestolino), e si fa cuocere un minuto; poi si gira dall’altra parte e si fa cuocere un altro minuto. I pancakes vanno poi impilati, perchè non si raffreddino troppo, nell’attesa di essere tutti pronti.
Con queste quantità ne sono venuti 14, del diametro di 6cm.
 
Presentazione finale: 
Io preferisco portare in tavola i pancakes già farciti dalla salsa, che coli un po’ sui lati, e impilati.
Poi sta a ciascuno decidere se mangiarli uno ad uno, smontando la torre, o tagliarli in verticale con il coltello, svelando tutti gli strati. 
Ho riscaldato la salsa per un minuto, ne ho messo una cucchiaiata nel piattino e poi i pancakes intervallati alla salsa e in cima, per completare, qualche filo di miele di acacia e qualche semino di papavero.
 
 
Con questi pancakes e la loro salsa partecipo al contest Salsina Sopraffina, fai felice la Cuochina di Veru in collaborazione con Food&Life.
 
 
ai fornelli

Vellutata ai funghi con focaccine di segale alle noci

Un post veloce veloce perchè come al solito arrivo sul filo di lana.
Funghi & noci…funghi & noci… mi sono ripetuta come un mantra per alcuni giorni, alla ricerca di un’idea carina…poi mi è passato di mente e me ne sono ricordata che il contest era quasi scaduto!!!
Si tratta di Piccola Bottega di Campagna del mese di ottobre di Ambra del Gattoghiotto, in collaborazione con Malvarosa Edizioni. Ogni mese Ambra sceglie due o tre ingredienti, rigorosamente di stagione, con i quali elaborare una ricettina a piacere. Il contest si rinnova di mese in mese con ingredienti sempre nuovi. Trovate tutti i dettagli qui e qui.
Io propongo una ricetta semplice, che è adattissima ai primi freddi che stiamo sentendo in questi giorni.
E’ una vellutata di funghi a cui aggiungo del formaggio spalmabile in vaschetta, per renderla più cremosa, al posto della solita panna, che è più grassa. Di base ho usato i funghi orecchione, che con una delicata stufatura diventano morbidi e perdono la loro caratteristica consistenza coriacea. Alla vellutata ho accompagnato delle focaccine di farina di segale con le noci, velocissime da preparare e cotte rapidamente in padella come fossero piadine. La ricetta da cui ho tratto spunto, l’ho trovata qui, ma io ho ottenuto un risultato più rustico e ruvido con la farina di segale e i pezzettini di noce.
Anche stavolta un piatto unico, sostanzioso, caldo e rassicurante come una coccola…

La ricetta: Vellutata di funghi con focaccine di segale alle noci

per la vellutata, per 2 persone:
400 g di funghi orecchione (Pletorus Ostreatus)
una manciata di funghi porcini essiccati
500 ml di brodo (preparato sul momento con una coscetta di pollo, mezza carota, mezza cipolla, una patata*, alcune foglie di verza, un piccolo gambo di sedano)
un grosso spicchio d’aglio
mezzo bicchiere di vino bianco
un ciuffo di prezzemolo
un cucchiaio di formaggio spalmabile (tipo philadelhia)
olio evo
sale
pepe

*mezza di questa patata servirà anche per rendere cremosa la vellutata

Ho messo ad ammorbidire in acqua tiepida i porcini secchi.
In un pentolino ho messo a preparare il brodo, con gli ingredienti indicati, un cucchiaio d’olio e un cucchiaino di sale.
In una padella larga e dai bordi alti ho fatto soffriggere in due cucchiai d’olio il grosso spicchio d’aglio, pulito e tagliato a metà, poi ho aggiunto i funghi freschi ben lavati e la manciata di funghi secchi ammollati e strizzati.
Ho aggiunto dopo poco due dita di vino bianco, ho fatto sfumare e poi ho proseguito la cottura, aggiungendo man mano mestoli di brodo bollente.
I funghi orecchione sono coriacei e quindi perchè ben si possano ridurre a vellutata bisogna stufarli a lungo. Dopo un po’ ho aggiunto anche mezza della patata che stava lessando nel brodo e l’ho fatta insaporire con i funghi.
Nel frattempo ho preparato l’impasto per le foccacine.
Poi ho ripreso i funghi, ormai pronti e li ho messi nel mixer e ridotti a crema, aggiungendo il brodo avanzato ed eventualmente dell’acqua.
Poi ho versato il tutto in un pentolino e riscaldato solo al momento di servire, regolando di sale e di consistenza (eventualmente con ancora un pochino di acqua tiepida) ed aggiungendo un cucchiaio di formaggio spalmabile.

per le focaccine, ingredienti per 8-10 pezzi, diametro 6 cm:
125 g di farina per pane di segale
50 g di formaggio spalmabile (tipo philadelhia)
1 cucchiaio d’olio
circa 50 g di acqua
mezzo cucchiaino di sale
i gherigli di 4 o 5 noci

Ho impastato tutti gli ingredienti e formato una palla lavorabile a cui ho aggiunto le noci spezzettate grossolanamente.
Ho lasciato riposare per un quarto d’ora mentre frullavo la vellutata.
Passato questo tempo si divide l’impasto in palline, si stendono con il mattarello, infarinandole, e poi si cuociono in una padella, su cui avevo passato un tovagliolino imbevuto leggermente d’olio. Devono cuocere poco più di un minuto per lato e dorarsi leggermente.
Ho presentato il tutto in ciotoline, accompagnato dalle focaccine con una spolverata di pepe nero e un po’ di prezzemolo fresco tagliuzzato fine.


Concludo con la formula di rito: con questa ricetta partecipo alla Piccola Bottega di Campagna di ottobre di Ambra del blog Gattoghiotto, in collaborazione con Malvarosa Edizioni.
  
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