Tag

dolci

ai fornelli

Mini pancakes alla salsa di mele speziata

 
Per il contest della Cuochina Sopraffina avevo cucinato dei bei pancakes salati, dove spiccava lo splendido verde di una salsa ai broccoli…peccato che al momento di postare mi sono accorta che i broccoli vanno forte tra i sostenitori della Cuochina!!!
Insomma non volevo mettere l’ennesimo broccolo nella lista…
E quindi ho rifatto i pancakes, questa volta in versione dolce, farcendoli con una salsa preparata con le mele.
 
I pancakes si preparano velocemente e la loro consistenza è a nuvoletta. Sono sostanziosi, ma mentre li si mangia sembra di gustare la cosa più leggera del mondo. Sono perfetti per la domenica, quando ci si alza tardi e non si sa se fare colazione o pranzo!!!
Per la salsa ho scelto la mela renetta, che è adattissima da cuocere. Si tratta di una mela piemontese, precisamente della provincia di Cuneo, che viene raccolta proprio intorno alla metà di ottobre. La sua caratteristica è quella di essere bassa e larga e molto rugginosa, ovvero puntinata: in piemontese è detta pum ruslen, pomo arrugginito. La buccia è spessa, proprio a causa dei puntini di ruggine e la polpa è densa e bianco-perlacea.
Ora, visto che ha tanti antiossidanti quanto il broccolo, mi è sembrata una degna sostituta; dolce-acidula al punto giusto è perfetta con questo mix di spezie, ma la sua preparazione tradizionale  sarebbe intera, con la buccia e cotta in forno.
 
La ricetta: Mini pancakes con salsa di mele speziata
Per la salsa:
due mele renette
due cucchiai di zucchero
15 g di burro
due dita di vino bianco
2 chiodi di garofano
1 cucchiaino di cannella
1/2 cucchiaino di curcuma
1 spolverata di zenzero
1 spolverata leggera di pepe bianco
 
Ho sbucciato le mele e le ho tagliate a pezzetti. Le ho messe in una casseruolina con il burro e lo zucchero e, quando hanno cominciato a sfrigolare, ho rigirato velocemente con un mestolo e poi ho fatto sfumare con il vino bianco.
Dopo cinque minuti di cottura ho aggiunto tutte le spezie. Le quantità sono indicate, ma si possono regolare a piacere. Quando ho visto le mele ammorbidirsi, le ho tolte dal fuoco, le ho fatte leggermente intiepidire e le ho frullate nel mixer, aggiungendo qualche cucchiaio di acqua tiepida per rendere il tutto più fluido. Infine ho riversato il tutto nel pentolino, in attesa di essere riscaldato al momento di servire.
 
Per i pancakes (io li ho fatti piccolini, di circa 6 cm di diametro)
100 ml di latte
1 uovo
15 g di burro
95 g di farina
un cucchiaino di lievito per dolci
un cucchiaio colmo di zucchero
 
Ho fatto sciogliere il burro nel padellino che servirà poi a cuocere i pancakes, senza farlo friggere. L’ho mischiato al latte e al tuorlo dell’uovo sbattuto velocemente, con un pizzico di sale. In un’altra ciotola ho messo la farina con il lievito e, sempre mescolando, ho versato la miscela di latte, burro e tuorlo.
Da parte ho montato a neve l’albume con lo zucchero e l’ho aggiunto all’altro impasto, quando la padellina per cuocere i pancakes era già calda.
L’impasto si depone nella padellina con un cucchiaio, (io avevo un piccolo mestolino), e si fa cuocere un minuto; poi si gira dall’altra parte e si fa cuocere un altro minuto. I pancakes vanno poi impilati, perchè non si raffreddino troppo, nell’attesa di essere tutti pronti.
Con queste quantità ne sono venuti 14, del diametro di 6cm.
 
Presentazione finale: 
Io preferisco portare in tavola i pancakes già farciti dalla salsa, che coli un po’ sui lati, e impilati.
Poi sta a ciascuno decidere se mangiarli uno ad uno, smontando la torre, o tagliarli in verticale con il coltello, svelando tutti gli strati. 
Ho riscaldato la salsa per un minuto, ne ho messo una cucchiaiata nel piattino e poi i pancakes intervallati alla salsa e in cima, per completare, qualche filo di miele di acacia e qualche semino di papavero.
 
 
Con questi pancakes e la loro salsa partecipo al contest Salsina Sopraffina, fai felice la Cuochina di Veru in collaborazione con Food&Life.
 
 
ai fornelli, ricette originali

Torta al cacao farcita di crema al lampone, dedicata a te!

Come molti di coloro che mi leggono sanno, domenica scorsa è stato il compleanno di una persona per me molto speciale…
Ci tenevo proprio a fargli una Supertorta e perciò quando il frutto del mio lavoro è rimasto appiccicato, come cemento a presa rapida, al fondo della tortiera che avevo imburrato per benino (non così benino, a quanto pare…) sono rimasta proprio male!!!
Tant’è!!!
Dopo una breve crisi isterica di circa 3 minuti e conseguente fase depressiva, sono andata a ricomprare gli ingredienti che mi servivano, accompagnata dalla SPS (suddetta persona speciale), perchè mi trovavo in luogo a me semi-ignoto…
Insomma, dopo essermi di nuovo rimboccata le maniche – e nel mezzo della preparazione di un pasto decente, caldo e tradizionale a 5 stanchi figuri che rientravano dalle vacanze, ho tirato fuori questa tortina qui:
Avevo pensato a lungo ai sapori che mi sembrano più adatti ad esprimere il mio sentimento… passione del caldo cacao e tenerezza del fresco lampone!
Inutile dire che l’abbinamento è stato uno spettacolo!!!
Ancora Auguri, Amore Mio!!!
La ricetta: Torta al cacao farcita di crema al lampone
Per la base da farcire:
25 g maizena
25 g farina
60 g zucchero
2 uova
1 cucchiaino di lievito per dolci
3 cucchiai colmi di cacao in polvere zuccherato
Ho ben montato i tuorli con lo zucchero finchè non sono diventati chiari.
Ho setacciato insieme farina, maizena, lievito e cacao e li ho aggiunti gradualmente ai tuorli amalgamando bene.
Il composto che si ottiene è molto denso.
Ho montato gli albumi a neve e li ho uniti all’impasto rendendolo di nuovo larabile, ma senza smontarli.
Infine ho trasferito il composto in una teglia di 24 cm di diametro (carta da forno, non rischiate con l’imburratura se non siete fiduciosi nella vostra teglia) e ho infornato a 170° per circa 35 minuti. La torta non deve sgonfiare al centro dopo la cottura, quindi regolatevi con il vostro forno; meglio tenere la temperatura leggermente più bassa e lasciare che la cottura duri un po’ di più!!!
Una volta che la torta era perfettamente fredda l’ho divisa a metà trasversalmente per farcirla.
Per la farcitura e la decorazione:
250 g di lamponi
125 g di mascarpone
100 ml di panna da montare
zucchero (mi sono regolata assaggiando e ho perso il conto dei cucchiai… :-/) 
due cucchiaini di zucchero a velo
Ho messo da parte metà dei lamponi per la decorazione finale. 
Ho scaldato in pentolino i restanti lamponi con un cucchiaio di zucchero e un cucchiaio di acqua. Si disfano subito, senza farli cuocere, schiacciarli con una forchetta e lasciar raffreddare.
Ho lavorato il mascarpone con qualche cucchiaio di zucchero, regolandomi man mano per la dolcezza.
Poi ho montato la panna e l’ho mischiata al mascarpone; infine ho aggiunto la poltiglia di lamponi. Non l’ho passata al setaccio, perchè i semini non risultavano fastidiosi.
Ho messo la crema così preparata in frigo perchè si amalgamassero tutti i gusti e diventasse ben soda.
Sulla metà della torta ho messo circa metà della crema, spalmando bene. Ho messo l’altro disco di torta e ho schiacciato leggermente perchè aderisse.
Sulla cima ho versato l’altra metà della crema , più abbondante verso il bordoo esterno e più bassa al centro, riempendo poi il centro con i lamponi che avevo messo da parte.
Infine ho spolverato i lamponi con lo zucchero a velo.
ai fornelli, ricette originali

Cioccolato + Albicocca = Torta AlbiCioccola

Per i romani era la mela armena, perchè in Armenia venne scoperta da Alessandro Magno. Ma le origini dell’albicocca sono geograficamente più lontane, nella Cina Settentrionale, al confine con la Russia e risalenti a 2000 anni prima di Cristo.
Nel suo nome è nascosto il significato di primizia: praecocum la chiamavano i latini, letteralmente “precoce”. Ed è come primizia che va consumata quando è matura e succosa ma non molliccia, perchè l’albicocca troppo matura diventa pastosa. 
Sulla bocca degli arabi diventa al-berquq e di qua alla nostrana albicocca il passo è breve.
Il periodo più adatto per consumare le albicocche è giugno-luglio ma io, ancora al 12 agosto avevo delle albicocche da salvare prima che facessero fagotto e migrassero sconsolate dal frigo, però non volevo farne marmellata e quindi ho pensato al modo più veloce per utilizzarle a pezzetti. Ne è uscita una ricetta-lampo, una specie di clafoutis, ma al cacao, quindi con una nota golosa in più.
Devo dire che è venuto benissimo, bello soffice, e che il sapore del cacao si sposa benissimo con l’asprigno dell’albicocca.
La ricetta: Torta AlbiCioccola 
Ingredienti:
6-7 albicocche grandi
3 uova
140 g di zucchero
100 g di farina
4 cucchiai di cacao zuccherato in polvere
Ho lavato le albicocche e le ho tagliate a spicchi sottili, spruzzandole di qualche goccia di limone, giusto per non farle annerire.
Ho montato le uova con lo zucchero e ho aggiunto poi la farina, mescolando bene, ed infine il cacao setacciato.
In una teglia rettangolare coperta da carta forno, ho disposto gli spicchi di albicocca, fitti-fitti, fino a riempire tutta la superficie. Poi sopra ho versato  il composto al cacao in uno strato uniforme.
Poi ho messo subito in forno già caldo a 175° per circa 25 minuti.
Quando la torta era fredda l’ho capovolta e ho staccato la carta forno in modo da scoprire le albicocche che si erano saldate nell’impasto.
Questa torta è in superficie quasi cremosa, per l’umidità rilasciata dai frutti; il giorno dopo è rimasta sofficissima e la nota acidulina è proprio piacevole!!! Al terzo giorno non arriverà!!! 😀
ai fornelli

La chiamavano Nastrina…

Alla ricerca della colazione perfetta, sto provando – in gran segretezza nei miei laboratori sotterranei duemetriperdue – a confezionare vari tipi di dolcetti e torte da prima colazione. Prima o poi arriverò a pubblicare tutti gli esperimenti arretrati, alcuni anche piuttosto gustosi, ma che necessitavano di perfezionamento, chi nella cottura, chi nella farcitura.
Questa ricetta invece la pubblico subito, anche se la sfoglia a mio parere doveva essere tirata più sottile, per ottenere una sfogliatura uniforme e anche se, come vedete dalle foto, la forma è tutt’altro che perfetta.
Dovevano essere simili alle Nastrine del Mulino-che-tutti-conoscono, ma con la seconda lievitazione si sono deformate…beh, non importa!!! Perchè le loro pieghine croccantine ci sono piaciute ugualmente.
Sono poco dolci, sebbene abbia aumentato la dose di zucchero, rispetto alla ricetta originale della Cucina di Marble e di Frutta&Zafferano. Forse ci andrebbe una più generosa spolverata di zucchero che caramelli, poco prima di sfornare.
Il sapore del burro invece non è affatto invadente. 
La ricetta: La chiamavano Nastrina
Con queste dosi ne vengono 6 pezzi (vedrete strane dosi, ma ho preferito farne poche perchè come al solito la conservazione è la loro pecca)
112 g farina 
un pizzicotto (circa 3 g) di lievito di birra
50 ml  di latte tiepido
30 g zucchero
15 g burro (a temperatura ambiente!)
1/2 uovo (l’ho aperto, sbattuto con la forchetta e poi pesato)
1 pizzico di sale

per sfogliare:
50 g di burro
30 g di zucchero

Ho prima sciolto il lievito e la punta di un cucchiaio di zucchero in un po’ di latte intiepidito.

In uno scodellone ho messo la farina e vi ho aggiunto il latte con il lievito, mescolando. Ho poi aggiunto il restante zucchero, l’uovo sbattuto con il pizzico di sale e il restante latte.
Ho poi rovesciato l’impasto sul tavolo e, aggiungendo un po’ di farina perchè non si attaccasse, ho cominciato ad impastare a mano. L’impastatura deve essere energica e durare a lungo fino ad ottenere un impasto liscio.
A questo punto ho aggiunto il burro (i 15 g) spalmandolo sul palmo della mano e amalgamandolo all’impasto finchè non viene assorbito completamente.
Poi ho messo l’impasto in una ciotola, l’ho coperta con un velo di farina e la pellicola per alimenti e l’ho messa a lievitare in un luogo riparato. Deve raddoppiare. Con il caldo di questi giorni ci sono volute due ore circa, io l’ho lasciato anche un pochino in più.
Poi ho proceduto con la sfogliatura.
Ho preparato la crema al burro, montando il burro morbido (i 50g) con lo zucchero.
Ho deposto l’impasto sulla spianatoia infarinata, l’ho lavorato velocemente per sgonfiarlo un po’. Poi l’ho steso in una sfoglia lunga-lunga e larga circa 12 cm. Tirate questa sfoglia molto sottile, circa 2 millimetri. La mia non era sottilissima e poi la sfogliatura ne risente.
Bisogna spennellare la crema al burro su metà sfoglia, e ripiegare sopra l’altra metà. Lo strato di crema deve essere sottile ma uniforme.
Si ripete l’operazione per quante volte riuscite, tenendo conto che la sfoglia tende un po’ a ritirarsi e che bisogna fare almeno 5 o 6 pieghe. Si mette sempre la crema su metà strato e si ripiega sopra l’altra metà. (spero che sia chiaro il procedimento, ma per chiarezza andate a guardare le foto qui)
Una volta effettuate tutte le pieghe, si schiaccia leggermente con il matterello  ho tagliato delle strisce di circa 2 cm. A volerle fare più sottili a me usciva il burro di lato.
A quetso punto si depongono sulla teglia, distanziate perchè cresceranno ancora, effettuando una mezza torsione come con l’incarto delle caramelle.Si lasciano lievitare fino al raddoppio, circa 30 o 40 minuti. 
Infine ho spennellato con uovo sbattuto e zucchero e infornato in forno caldo a 180°.
Le mie hanno cotto in 25 minuti e prima di sfornarle le ho bagnate con acqua e zucchero e tenuto in forno ancora un minuto. 
Il suggerimento è di congelarle, trasferirle in frigo la sera prima e scaldarle poi in forno al mattino, prima di gustarle.
ai fornelli

Biscotti con le impronte digitali di Pasticci & Pastrocchi

Come ogni domenica mi è venuta voglia di preparare un dolcino. La scelta è caduta sui dei deliziosi biscottini che sembrano pasticcini. Li ho trovati sul blog di Claudia, Pasticci & Pastrocchi e li ho copiati facendo solo delle piccole modifiche.
Sono velocissimi da preparare, perfetti per un improvviso attacco di golosità. E con il cioccolato al caffè sono una pausa merenda perfetta!!!
Ora li metto sottochiave e domattina li riproviamo a colazione!!!

La ricetta: Thumbprints cookies
Per 36 biscotti:
100 g di farina bianca + 60 g di farina integrale (originale: 160 g di farina bianca)
100 g di burro a temperatura ambiente;
100 g di zucchero di canna;
2 cucchiai di latte;
100 g di cioccolato ripieno al caffè Ritter (originale: 100 g di cioccolato al latte Venchi)
In una ciotola ho mescolato burro e zucchero fino ad ottenere un composto cremoso.
Ho aggiunto il latte e continuato a mescolare.
Ho ho incorporato la farina con una forchetta e successivamente ho impastato con le mani.
Seguendo la ricetta originale ho diviso l’impasto in tre parti e fatto 3 rotolini di impasto. Poi ho diviso ciascun rotolo in dodici pezzetti e formato con ognuno di essi una pallina.
Ho posizionato le palline su una placca da forno rivestita di carta da forno e formato una piccola cavità in ognuna di esse infilandoci il pollice.
Infine si inforna a 180° per circa 10/15 minuti, a seconda del forno.
Li ho tolti dal forno e li ho fatti raffeddare.
Poi ho fatto sciogliere a bagnomaria il cioccolato fino a farlo diventare una crema fluida e l’ho fatto colare nei biscotti con un cucchiaino e lasciato asciugare un po’.
Le indicazioni di Pasticci&Pastrocchi sono perfette, vengono esattamente 36 biscotti/pasticcini.
Io ne ho farcito 35, uno era già finito in pancia!!!

ai fornelli, storia & cultura

L’uovo sospeso di Piero e la torta 4 albumi al limone

Dovendo cercare un’immagine artistica che si potesse facilmente collegare alle uova il primo pensiero è andato alla Pala di Brera di Piero della Francesca, intitolata Sacra conversazione.
Piero della Francesca – Sacra conversazione con Santi e Federico da Montefeltro – 1472 circa.
 Questo dipinto rinascimentale, in origine forse collocato nella chiesa di San Bernardino ad Urbino, mi è rimasto ben impresso nella mente dalla prima volta che l’ho visto per tre motivi principali: Federico da Montefeltro, il bambinello che scivola e l’uovo.
Battista e Federico da Montefeltro ritratti da Piero della Francesca
Il faccione di Federico di Montefeltro a cui si devono tra l’altro i palazzi ducali di Urbino e di Gubbio, visto una volta non lo si scorda più!
A proposito del palazzo ducale di urbino Baldassarre Castiglione scrisse: «Federico] edificò un palazzo, secondo la opinione di molti, il più bello che in tutta Italia si ritrovi; e d’ogni oportuna cosa sì ben lo fornì, che non un palazzo, ma una città in forma di palazzo esser pareva.»
Federico fu un grandissimo mecenate e amico di Piero della Francesca, ma la storia parla di lui anche come di un signore duro e crudelissimo con i suoi antagonisti.
Pare che ricevette in battaglia una ferita all’occhio destro e che da allora si fece ritrarre sempre volgendo l’altro profilo all’osservatore.
Il bambinello che sta sulle ginocchia della Madonna sembra scivolare giù non trattenuto dalle braccia della madre assorta in preghiera.
Questo bambino potrebbe in realtà rappresentare il piccolo figlio di Federico, Guidobaldo, nato proprio in quegli anni, mentre la Madonna potrebbe essere ragionevolemente la personificazione di Battista Sforza, moglie di Federico, morta poco dopo il parto. Alla luce di queste premesse è facile comprendere come Federico da Montefeltro non fosse esattamente un tipo modesto.
E poi c’è l’uovo!!!
Cosa ci fa quell’uovo sospeso alla volta della chiesa? La funzione dell’uovo all’interno delle chiese viene spiegata egregiamente qui .
In pratica, citando il testo del 1284 di Guillaume Durand de Mende, vescovo del XIII secolo, viene chiamata in causa l’antica simbologia dell’uovo di struzzo: secondo una leggenda lo struzzo, smemorato, abbandona le sue uova sotto la sabbia; poi, illuminato da non si sa quale stella, recupera la memoria, ritorna presso di esse e comincia a covarle.
Assimilando questa leggenda alla simbologia mistica cristiana, anche l’uomo, abbandonato Dio a causa del proprio peccato, illuminato all’improvviso dalla luce divina dello Spirito Santo  può ritornare sui propri passi pentendosi e ritornando alla fede.
Secondo un altro filone i mistici medievali ritenevano le uova di struzzo fecondate dalla luce del sole e quindi «Se il sole può far schiudere le uova di struzzo perché una Vergine non potrebbe generare per opera del vero sole?» aveva detto Alberto Magno, riferendosi al mistero dell’Immacolata Concezione.
Il fatto più singolare è che l’uovo sia appeso nell’interno di una volta a cassettoni, presumibilmente la volta di una chiesa, visto che di sacra conversazione si tratta, e sospeso ad una lunga catenella dorata. Possibile che Piero della Francesca si sia inventato di sana pianta questa cosa solo per avere un punto di fuga nella sua architettura prospettica immaginaria e un centro per il gioco di circonferenze che sembra reggere tutta l’equilibrio della composizione?
In effetti nella liturgia antica bizantina viene documentata la presenza di uova appese a catenelle come ornamento di chiese; esse simboleggiano la cura di Dio per il suo popolo.
Antonio Paolucci, grande storico dell’arte, in una delle sue pubblicazioni parla dell’uso diffuso di sospendere fisicamente uova di struzzo all’interno di importanti edifici religiosi, come il duomo o il battistero di Firenze, luoghi che Piero della Francesca conosceva bene. Non si trovano molte fonti sull’argomento, ma se così fosse sarebbe in effetti la prova che l’usanza era effettivamente abituale.
Naturalmente l’uovo, rapportato visivamente alla conchiglia alle sue spalle, potrebbe anche essere assimilato ad una perla che per nascere all’interno della conchiglia stessa non ha bisogno della fecondazione maschile, facendo riferimento all’Immacolata concezione avvenuta nello stesso modo.
Resta che, osservato da vicino, quello è nettamente un uovo, non una perla!
La ricetta: torta ai 4 albumi, con crema al limone e gelatina di limone
Uova che si mangiano e porzioni di uova che restano in frigo quando servono solo i tuorli…questa volta sono rimasti in frigo i tuorli perché ho voluto preparare la torta 4 albumi. Questo tipo di torta, da gustare anche da sola, è leggera e soffice, arricchita dalle mandorle, e una farcitura come la crema al limone è adattissima a darle un tocco in più.
Per la torta quattro albumi (io l’ho presa da Coquinaria, ma in rete si trova un po’ dappertutto!) ho usato:
4 albumi
45 g di mandorle tritate
40 g di farina
125 g di zucchero
80 g di burro
sale
Ho fatto sciogliere il burro a bagnomaria e l’ho lasciato intiepidire.
Ho tritato le mandorle e le ho mescolate alla farina e allo zucchero.
Ho montato a neve gli albumi freddi di frigo con un pizzico di sale.
Ho unito gli albumi alla miscela di farina, mescolando dall’alto in basso, e per ultimo ho aggiunto il burro fuso.
Ho infornato per 30 minuti a 180°C.
Per la crema al limone (senza uova!!) ho usato:
250ml latte
70g zucchero
20g farina
la buccia grattugiata di 1 limone non trattato
80ml di panna da montare
Ho messo a scaldare il latte in un pentolino
In un altro pentolino ho mischiato farina, zucchero e buccia di limone
Ho poi aggiunto qualche cucchiaio di latte a formare una pstella morbida e poi il restante latte, ormai caldo, a filo.
Ho rimesso sul fuoco e mescolato con un cucchiaio di legno finchè non rassoda.
Ho fatto raffreddare la crema e poi aggiunto 80 g di panna montata, zuccherata poco.
Poi ho diviso a metà la torta e sopra il fondo ho messo la crema al limone e poi ricoperto con l’altra mezza torta.
Sulla superficie ho spalmato della gelatina di limone preparata con il succo di un limone e tanto zucchero quanto il peso del succo.
Si fa sciogliere sul fuoco e raddensare. Poi si lascia colare sulla torta, già decorata con fette di limone.
dolci, storia & cultura, torte

Gerard Ter Borch – Donna che sbuccia le mele (e la torta di mele caramellata alla francese!)

Gerard Ter Borch – Donna che sbuccia le mele – 1650 circa
 
 
 
Gerard ter Borch nacque nel 1617 a Zwolle nei Paesi Bassi. Cominciò a disegnare all’età di 8 anni e fu allievo di suo padre Gerard detto il Vecchio.
 
Dal 1632, dopo un breve soggiorno ad Amsterdam dove fu incoraggiato da diversi artisti, entrò nello studio di  Pieter de Molyn, ad Harleem, dove rimase fino al 1635, e da cui acquisì il gusto per la semplicità della composizione.
 
Nel 1635 si mise in viaggio visitando prima Londra e successivamente la Germania, la Francia, la Spagna e l’Italia. Nel 1641 si hanno sue notizie a Roma dove dipinse il piccolo ritratto su supporto di rame Jan six and the young lady.
 
Dopo il 1648 venne invitato a Madrid presso Filippo IV, dove poté studiare lo stile di Velasquez, ma a causa di un intrigo di corte presto si vide costretto a tornare in Olanda.
 
Si sposò nel 1654 con una delle sue nipoti a Deventer, dove divenne il borgomastro e dove i notabili della città si disputarono l’onore di farsi fare un ritratto da lui.
 
Morì a Deventer nel 1681.
 
 
 
Ter Borch fu un eccellente ritrattista, ma ancor di più pittore di genere, dedicandosi principalmente a riprodurre scene di vita domestica e familiare. Riprodusse con uno stile estremamente fedele la gente del suo tempo, dando particolare evidenza all’espressività dei personaggi, senza alcuna traccia di leggerezza o grossolanità.
 
Egli raggiunse l’eccellenza nella riproduzione di tessuti e di drappeggi, del rilucere di un vaso d’argento o nel rendere la trasparenza di una coppa di cristallo o la texture di un tappeto. I suoi colori sono sempre vibranti ed è evidente l’armonia della luce.
 
 
 
 
 
[Fonti:
 
 
Kunsthistorisches Museum, in Musei del Mondo, collana diretta da Carlo Ludovico Ragghianti, Mondadori, pp. 142-143.]
 
 
 
Il dipinto, di data incerta, ma appartenente alla piena maturità dell’artista, rappresenta una scena di intimità domestica, dove una donna sbuccia delle mele davanti allo sguardo attento di quello che potrebbe essere il figlioletto.
 

Ter Borch non si sofferma su molti particolari, ma la sua trattazione è quasi impressionista ante litteram, vista la morbidezza del colore e della luce.

 
L’attenzione dell’osservatore si sofferma principalmente sul triangolo formato dagli sguardi della donna, verso le proprie mani e del bambino verso il volto della madre. Infatti ciò che mi colpisce è il fatto che il bimbo, vero centro geometrico dell’opera, non stia aspettando le mele, quanto piuttosto sia in attento ascolto di ciò che la madre gli sta raccontando. La luce evidenzia la gota del bimbo dandogli un’espressione di morbida tenerezza.

 

Gli altri oggetti nella stanza fanno da cornice alla scena principale. Le mele nel piatto di ceramica, rese con fedeltà ma senza cadere nella maniera, e sul tavolo una lunga buccia di mela; il candelabro d’argento, anch’esso luccicante sotto i raggi di luce; la tovaglia di velluto scuro.

 
 

Ter Borch dimostra la sua perizia anche nel rappresentare l’abito con bordi di pelliccia della donna. La stoffa manda bagliori dorati e le bordure chiare sono rese con tale maestria da sembrare a rilievo.

 

Ai piedi della donna un altro particolare narrativo: il cesto con la biancheria da ricamare o rammendare, con la grossa scatola del cucito, attende che tutte le mele siano state sbucciate.

 

 
 
 
 
 

La ricetta: Torta di mele caramellata alla francese

 
Ho trovato questa idea su un blog francese e subito mi è sembrata di una golosità straordinaria e quindi l’ho voluta riproporre modificando un po’ gli ingredienti.

 

 
 

 

 
 
 
 
In Francia hanno una cosa, chiamata sucre glace, che viene utilizzato per fare il caramello. Altro non è che zucchero a velo, addizionato di fecola, così che il caramello rapprenda.
 
Non avendo questo prodotto, ho utilizzato dello zucchero normale e dopo averlo fatto caramellare con l’acqua ho aggiunto la maizena per far inspessire lo sciroppo.
 
 
 
 
 
Per una tortiera di 23 cm di diametro occorrono:
 
 
 
Fondo della torta:
 
1 pasta sfoglia pronta
 
qualche cucchiaino di zucchero
 
 
 
Mele:
 
4 mele piccole
 
25 g di burro
 
qualche cucchiaio di zucchero di canna
 
 
 
Caramello:
 
200 g di zucchero
 
½ bicchiere d’acqua
 
2 cucchiaini colmi di maizena
 
½ bicchiere di latte intero (o panna, ma io non ce l’avevo)
 
30 g di burro
 
1 pizzico di sale
 
 
 
 
 
Fondo della torta:
 
Ho messo la sfoglia in una teglia, arrotolando un bel bordo e colmandola di fagioli e l’ho fatta cuocere a 180° per 20 minuti. Poi ho tolto i fagioli e spolverato di zucchero il fondo e rimesso in forno per qualche minuto ancora, per renderla croccante.
 
 
 
Caramello al latte:
 
In un pentolino ho fatto sciogliere lo zucchero con l’acqua a fuoco lento, aggiungendo dopo la maizena. Poi fuori dal fuoco, ho aggiunto il latte e il burro e mescolato ancora per un po’, aggiungendo anche un bel pizzico di sale.
 
 
 
Mele:
 
Le ho lavate, sbucciate, tagliate a fettine e irrorate di succo di limone. Poi le ho passate in padella con il loro succo e qualche cucchiaio di zucchero di canna e 25 g di burro. Quando le mele avevano perso un po’ del loro succo, le ho messe nel fondo della torta, prima preparato e ho irrorato con un po’ di caramello al latte.
 
Ho rimesso in forno il tutto per ancora 1o minuti e infine fatto caramellare per qualche minuto sotto il grill.
 
 
 
Per servire, versare nel piattino qualche cucchiaiata di caramello al latte, tiepido, con sopra la fetta di torta e (se li avete) qualche confetto sbriciolato (io ci ho messo pezzettini di mandorla e di cioccolato).

 
 
 
 
ai fornelli, ricette originali

Pannacotta Tricolore

In tema dei 150 anni dell’Unità d’Italia, festeggiamo anche a tavola…


La ricetta: Pannacotta Tricolore – Tristep

Step.1 – Gelatina di fragole
250 g di fragole
3 fogli di gelatina
5 cucchiai di zucchero
2 cucchiai di Porto
Ho pulito le fragole liberandole del picciolo, le ho tagliate a pezzetti e le ho messe in un pentolino con lo zucchero e un cucchiaio d’acqua.
Le ho fatte scaldare per 4-5 minuti, poi intiempidire; infine le ho frullate e ho setacciato la polpa.
Ho fatto ammollare in acqua fredda la gelatina per 10 minuti, poi l’ho messa per pochi istanti sul fuoco facendola sciogliere nei due cucchiai di porto.
Ho aggiunto la gelatina alla purea di fragole e ho mescolato bene.
Ho riempito il fondo di sei bicchieri.
Dopo averli fatti intiepidire li ho messi in frigo, fino a solidificazione, almeno 2 ore.
Step. 2 – Pannacotta
Ho usato un preparato per pannacotta, aggiungendo 200 ml di panna fresca e 300 ml di latte.
Una volta intiepidita l’ho suddivisa sulla gelatina di fragole precedentemente solidificata.
Ho rimesso il tutto in frigo lasciandolo tutta la notte.
Step. 3 – Gelatina di basilico
Circa 30 grosse foglie di basilico
Ghiaccio
Zucchero (a piacere, basta assaggiare)
Un filo d’olio
Qualche granelllo di sale grosso
½ foglio di gelatina
Ho messo nel bicchiere del frullatore le foglie di basilico spezzettate, con un filo d’olio e qualche cubetto di ghiaccio pestato. Ho frullato ad intermittenza, senza far scaldare la salsa, aggiungendo lo zucchero e qualche granello di sale per bilanciare.
Intanto ho ammollato ½ foglio di gelatina in acqua fredda, poi l’ho strizzato e fatto sciogliere in un cucchiaio d’acqua calda ed infine aggiunto alla salsa di basilico preparata in precedenza.
Anche questa volta ho suddiviso la salsa in uno strato sottile nei sei bicchieri, dove c’era già la gelatina di fragole e la pannacotta solidificata.
Ho lasciato rassodare in frigo anche questa volta, almeno due ore.
Ho servito con una fogliolina di basilico come guarnizione.
(Volendo si può fare il terzo strato con la salsa al basilico, senza farla gelificare, ma così l’aspetto è più scenografico, e mentre si mangia, non si perde d’occhio la bandiera, fino all’ultima cucchiaiata!!!)

al cucchiaio, dolci, ricette tradizionali, storia & cultura

Il Tiramisù Il dolce al cucchiaio italiano più celebre e amato nel mondo

Il Tiramisù è davvero il dolce italiano, almeno tra quellli al cucchiaio, più amato al mondo, forse per la scarsa presenza fuori dai confini nazionali del mascarpone che gli conferisce il giusto sapore. Come nasce? Dove nasce? il dibattito è sempre aperto.

Read more

Il Tiramisù Il dolce al cucchiaio italiano più celebre e amato nel mondo" class="facebook-share"> Il Tiramisù Il dolce al cucchiaio italiano più celebre e amato nel mondo" class="twitter-share"> Il Tiramisù Il dolce al cucchiaio italiano più celebre e amato nel mondo" class="googleplus-share"> Il Tiramisù Il dolce al cucchiaio italiano più celebre e amato nel mondo" data-image="https://www.ricettedicultura.com/wp-content/uploads/2011/04/tiramisù1.jpg" class="pinterest-share">
error

Enjoy this blog? Please spread the word :)