Dovendo cercare un’immagine artistica che si potesse facilmente collegare alle uova il primo pensiero è andato alla Pala di Brera di Piero della Francesca, intitolata Sacra conversazione.
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Piero della Francesca – Sacra conversazione con Santi e Federico da Montefeltro – 1472 circa. |
Questo dipinto rinascimentale, in origine forse collocato nella chiesa di San Bernardino ad Urbino, mi è rimasto ben impresso nella mente dalla prima volta che l’ho visto per tre motivi principali: Federico da Montefeltro, il bambinello che scivola e l’uovo.
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Battista e Federico da Montefeltro ritratti da Piero della Francesca |
Il faccione di Federico di Montefeltro a cui si devono tra l’altro i palazzi ducali di Urbino e di Gubbio, visto una volta non lo si scorda più!
A proposito del palazzo ducale di urbino Baldassarre Castiglione scrisse: «Federico] edificò un palazzo, secondo la opinione di molti, il più bello che in tutta Italia si ritrovi; e d’ogni oportuna cosa sì ben lo fornì, che non un palazzo, ma una città in forma di palazzo esser pareva.»
Federico fu un grandissimo mecenate e amico di Piero della Francesca, ma la storia parla di lui anche come di un signore duro e crudelissimo con i suoi antagonisti.
Pare che ricevette in battaglia una ferita all’occhio destro e che da allora si fece ritrarre sempre volgendo l’altro profilo all’osservatore.
Il bambinello che sta sulle ginocchia della Madonna sembra scivolare giù non trattenuto dalle braccia della madre assorta in preghiera.
Questo bambino potrebbe in realtà rappresentare il piccolo figlio di Federico, Guidobaldo, nato proprio in quegli anni, mentre la Madonna potrebbe essere ragionevolemente la personificazione di Battista Sforza, moglie di Federico, morta poco dopo il parto. Alla luce di queste premesse è facile comprendere come Federico da Montefeltro non fosse esattamente un tipo modesto.
E poi c’è l’uovo!!!
Cosa ci fa quell’uovo sospeso alla volta della chiesa? La funzione dell’uovo all’interno delle chiese viene spiegata egregiamente
qui .
In pratica, citando il testo del 1284 di Guillaume Durand de Mende, vescovo del XIII secolo, viene chiamata in causa l’antica simbologia dell’uovo di struzzo: secondo una leggenda lo struzzo, smemorato, abbandona le sue uova sotto la sabbia; poi, illuminato da non si sa quale stella, recupera la memoria, ritorna presso di esse e comincia a covarle.
Assimilando questa leggenda alla simbologia mistica cristiana, anche l’uomo, abbandonato Dio a causa del proprio peccato, illuminato all’improvviso dalla luce divina dello Spirito Santo può ritornare sui propri passi pentendosi e ritornando alla fede.
Secondo un altro filone i mistici medievali ritenevano le uova di struzzo fecondate dalla luce del sole e quindi «Se il sole può far schiudere le uova di struzzo perché una Vergine non potrebbe generare per opera del vero sole?» aveva detto Alberto Magno, riferendosi al mistero dell’Immacolata Concezione.
Il fatto più singolare è che l’uovo sia appeso nell’interno di una volta a cassettoni, presumibilmente la volta di una chiesa, visto che di sacra conversazione si tratta, e sospeso ad una lunga catenella dorata. Possibile che Piero della Francesca si sia inventato di sana pianta questa cosa solo per avere un punto di fuga nella sua architettura prospettica immaginaria e un centro per il gioco di circonferenze che sembra reggere tutta l’equilibrio della composizione?
In effetti nella
liturgia antica bizantina viene documentata la presenza di uova appese a catenelle come ornamento di chiese; esse simboleggiano la cura di Dio per il suo popolo.
Antonio Paolucci, grande storico dell’arte, in una delle sue pubblicazioni parla dell’uso diffuso di sospendere fisicamente uova di struzzo all’interno di importanti edifici religiosi, come il duomo o il battistero di Firenze, luoghi che Piero della Francesca conosceva bene. Non si trovano molte fonti sull’argomento, ma se così fosse sarebbe in effetti la prova che l’usanza era effettivamente abituale.
Naturalmente l’uovo, rapportato visivamente alla conchiglia alle sue spalle, potrebbe anche essere assimilato ad una perla che per nascere all’interno della conchiglia stessa non ha bisogno della fecondazione maschile, facendo riferimento all’Immacolata concezione avvenuta nello stesso modo.
Resta che, osservato da vicino, quello è nettamente un uovo, non una perla!
La ricetta: torta ai 4 albumi, con crema al limone e gelatina di limone
Uova che si mangiano e porzioni di uova che restano in frigo quando servono solo i tuorli…questa volta sono rimasti in frigo i tuorli perché ho voluto preparare la torta 4 albumi. Questo tipo di torta, da gustare anche da sola, è leggera e soffice, arricchita dalle mandorle, e una farcitura come la crema al limone è adattissima a darle un tocco in più.
Per la torta quattro albumi (io l’ho presa da Coquinaria, ma in rete si trova un po’ dappertutto!) ho usato:
4 albumi
45 g di mandorle tritate
40 g di farina
125 g di zucchero
80 g di burro
sale
Ho fatto sciogliere il burro a bagnomaria e l’ho lasciato intiepidire.
Ho tritato le mandorle e le ho mescolate alla farina e allo zucchero.
Ho montato a neve gli albumi freddi di frigo con un pizzico di sale.
Ho unito gli albumi alla miscela di farina, mescolando dall’alto in basso, e per ultimo ho aggiunto il burro fuso.
Ho infornato per 30 minuti a 180°C.
Per la crema al limone (senza uova!!) ho usato:
250ml latte
70g zucchero
20g farina
la buccia grattugiata di 1 limone non trattato
80ml di panna da montare
Ho messo a scaldare il latte in un pentolino
In un altro pentolino ho mischiato farina, zucchero e buccia di limone
Ho poi aggiunto qualche cucchiaio di latte a formare una pstella morbida e poi il restante latte, ormai caldo, a filo.
Ho rimesso sul fuoco e mescolato con un cucchiaio di legno finchè non rassoda.
Ho fatto raffreddare la crema e poi aggiunto 80 g di panna montata, zuccherata poco.
Poi ho diviso a metà la torta e sopra il fondo ho messo la crema al limone e poi ricoperto con l’altra mezza torta.
Sulla superficie ho spalmato della gelatina di limone preparata con il succo di un limone e tanto zucchero quanto il peso del succo.
Si fa sciogliere sul fuoco e raddensare. Poi si lascia colare sulla torta, già decorata con fette di limone.