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Felice Casorati – Scodella e zucchini |
È un’invenzione medievale quella della torta (o pasticcio, pastello o coppo…) con cui si indicava un recipiente di pasta, messo al forno, al duplice scopo di contenere e cuocere un ripieno.
Questo tipo di preparazione era conosciuto anche nella cucina romana, ma non era stato adeguatamente valorizzato.
A partire dal Medioevo i libri di cucina iniziano a fiorire rigogliosamente di torte, con una preparazione ben più complessa dell’adattabile prodotto da forno in pastasfoglia (o in pasta brisé!!!) che ci è familiare.
Il Liber de Coquina trecentesco prevede per la Torta Parmesana, almeno sei differenti strati di ripieno dentro l’involucro di pasta:
- pezzi di pollo fritto con cipolla e spezie
- ravioli al formaggio bianchi e verdi
- salsicce di carne e prosciutto
- fette di carne di maiale con formaggio e uova
- salsicce di interiora
- ravioli insaporiti con mandorle e zucchero
…e via dicendo altri strati.
Il tutto veniva richiuso con un altro strato di pasta, decorato di prugne e cotto aggiungendo lardo. Il tutto viene poi presentato al signore del castello con “gran pompa”.
Questa ricercata presentazione ha fatto supporre che parmesana derivi, non dalla città di Parma, ma da torta a forma di torre.
Ora più che della derivazione del nome mi preoccuperei del sopraggiungere di ipertensione a coloro che si avventuravano nell’assaggio di questa bomba!!!
A parte questa mostruosità della Parmesana, la cultura medievale associa le torte soprattutto alle verdure.
Il Platina, l’umanista rinascimentale che tradusse in latino tutte le ricette del Libro de Arte Coquinaria di Maestro Martino, scrisse «la pietanza che chiamiamo comunemente torta, credo prenda il nome dal fatto che le verdure, di solito usate per confezionarla, vengono tagliate e tòrte, cioè strizzate».
Chi poteva ci metteva dentro anche pasticci di carne, soprattutto di pollame o cacciagione da piuma.
Chi non poteva si mangiava la buccia, come i cittadini di Parma (sempre Parma!!!) che durante la carestia del 1246 si accontentavano di cuocere torte senza ripieno, ed è drammatico se si pensa che spesso l’involucro di pasta non era fatto per essere mangiato, ma era una vera e propria imitazione del recipiente di cottura, durissimo – durior et forcior – e bruciacchiato.
Il cuoco rinascimentale Bartolomeo Scappi ci illustra tre diverse tipologie di fondo: pasticci, crostate e torte.
Il pasticcio era l’involucro alla medievale, di pasta dura, non necessariamente da mangiare; le crostate e le torte avevano il fondo di pasta a strato sottile, simile alla nostra pasta sfoglia e condita con il burro o con lo strutto. Le crostate avevano nel ripieno pezzi interi di carne, pesce, verdura o frutta; le torte, invece,erano riempite con un impasto amalgamato.
Alla luce di ciò quella che ho preparato oggi è più una crostata che una torta…sicuramente è più leggera della Parmesana medievale…
La ricetta: Torta delicata allo stracchino e zucchine al profumo di menta
Ingredienti (per 2 porzioni abbondanti da piatto unico, per intenderci)
1 zucchina grossa di circa 300 g
150 g di stracchino allo yogurt
12-15 foglie di menta fresca
2 cipollotti freschi
sale, olio
un dito di vino bianco
1 pasta sfoglia già pronta
Preparazione:
Ho affettato il cipollotto e l’ho messo a soffriggere leggermente in un filo d’olio, quando era ammorbidito, prima che colorasse ho aggiunto le zucchine, tritate a julienne. Ho lasciato insaporire qualche minuto, poi ho aggiunto il vino, lasciato sfumare, aggiustato di sale.
Quando le zucchine avevano perso un po’ di croccantezza le ho tolte dal fuoco. Devono essere asciutte.
Sulla sfoglia stesa ho messo lo stracchino a tocchetti e completato con il trito di zucchine, ripiegato gli angoli di pasta in eccesso e messo in forno già caldo a 170° finchè non mi è sembrata cotta.