Il Monferrato entra ufficialmente a far parte del Patrimonio dell’Unesco proprio in questi giorni, assieme a Langhe e Roero.
Qualcuno di voi si ricorderà del mio video di presentazione per
#feelingoodmonferrato, il format-blog-tour inventato da
Alexala, ente turistico della Provincia di Alessandria, per far conoscere le attrattive del proprio territorio girando e giocando e comunicando a livello dei social media.
Conoscevo già qualcosa del Monferrato, ma visitare in questa nuova chiave il territorio alessandrino è stato stimolante ed arricchente...
Prima di cimentarmi nel racconto del mio personale #feelingoodmonferrato, mi sono chiesta quale fosse il modo migliore per descrivere i posti visti e le esperienze vissute. Talvolta, riportati per iscritto, alcuni viaggi del cuore risultano sminuiti e quindi ho sì fatto un diario puntuale e fedele, sulla falsariga delle mie pubblicazioni in tempo reale su instagram, (e le trovate qui sul blog, nei post precedenti a questo) ma ho anche deciso, per il post ufficiale da condividere sul sito di Alexala, di esternare ai miei lettori le suggestioni di questo weekend intenso e ricco, arricchito altresì da persone che molto avevavano da condividere in termini di carattere e interiorità, quello che mi ha colpito ma anche quello che vorrei vedere, che vorrei ancora conoscere di questa terra così ricca di spunti.
Partiamo dal principio: una superba accoglienza all’
Hotel Alli Due Buoi Rossi e la gentilezza del nuovo chef che ci ha preparato una cena particolarmente curata.
Potete leggere tutto a questo link e tener presente questo albergo, se cercate un posto che sia proprio nel centro di Alessandria, a 5 minuti dalla stazione ferroviaria ed altri 5 dalle vie dello shopping.
Il nostro primo giorno iniziava proprio da qui, con un sms: “farai una GITA IN CAMPAGNA con l’abito giusto: trovalo!”.
Da negata dello shopping, pensavo che per cercare un outfit per una determinata occasione bisognasse farsi un’idea in testa ed andare di negozio in negozio cercando di realizzarla. Mi è stato detto, invece, (grazie
Giusy) che l’approccio è sbagliato. Meglio avventurarsi con la mente a tabula rasa per farsi conquistare dai colori e dalle linee. Se anche voi siete della corrente “Chi cerca trova” provate questo nuovo approccio. Girate per negozi –
noi ad Alessandria ne abbiamo girati ben 11 – toccate anche quegli abiti che non vi sembrano congeniali di primo impatto, e di sicuro, nella grande offerta a disposizione, troverete quello che fa per voi.
Alessandria è una città che assomiglia a una gran dama e lo shopping tra le sue vie tocca boutiques davvero eleganti e raffinate, ma lontane dalla moda più mainstream del momento, per un’eleganza attuale ma davvero senza tempo.
Questo l’outfit scelto da me per una giornata in campagna nel delizioso negozio
La Maison75 di Galleria Guerci:
Se volete sbirciare tra i negozi visitati e dove abbiamo fatto un delizioso pranzetto con vini davvero ottimi,
trovate tutto a questo link.
To do list per una prossima visita:
– un lungo giro da foodblogger nella via San Lorenzo, la via dei negozi di alimentari e gastronomie, perchè ad Alessandria se c’è qualcosa di speciale a tavola allora “viene da via San Lorenzo”;
– visitare la fabbrica Borsalino, doe nasce il cappello più famoso al mondo, che ha dato tanto all’economia di questa città;
– assaggiare la Polenta di Marengo, la torta più celebre di Alessandria a base di farina di mais.
Diciamocelo, la sola idea delle Terme mette nel cuore un’idea di relax che già in partenza fa molto. La
Spa Lago delle Sorgenti di Acqui è particolarmente accogliente e raffinata e ha un percorso olistico completo.
La ragione per cui dovreste sceglierla tra tante è il percorso dei suoni, le campane tibetane all’interno della stanza di vapore e, soprattutto, il bagno di gong, che risveglia emozioni sopite e profonde e libera di tutto quello che vorremmo lasciar andare ma ancora teniamo dentro.
Acqui Terme è da visitare, non solo per le sue terme, ma per il nucleo storico più alto, medievale, con le viuzze che si snodano tra antichi palazzi, come carrugi liguri, fin quando si apre all’improvviso la piazza del Duomo, alta e in pendenza.
Da fotografare e toccare La Bollente, che da sotto l’edicola ottocentesca sgorga a 74,5° risalendo dalle profondità della terra.
Menzione d’onore da parte mia va al ristorante dove abbiamo cenato, l’
Osteria Enoteca La Curia, con una cena di piatti del territorio, con plin grassottelli e saporiti, stupefacenti per chi come me è abituato a quelli piccolini, ma meno corposi dell’albese.
Notevole anche il filetto baciato, specialità pregiata e rara di Ponzone – perchè, si sa, non esiste un albero dei filetti… – ottenuto avvolgendo il filetto in pasta di salame ed effettuando la stagionatura in budello sintetico che meglio accompagna la riduzione di volume dei due prodotti accostati.
To do list per una prossima visita:
– vedere da vicino quel che resta dell’antico acquedotto romano;
– fare un giro a Visone da Canelin, rinomatissima dolciaria del territorio che produce torroni al miele con le nocciole della zona;
– provare una delle ricette acquesi a base di baccalà, che ricorda quanto questa zona sia vicino alla liguria e al mare;
– scoprire qualcosa dell’antico quartiere ebraico di Acqui.
Il nostro secondo giorno di visite e sfide ci dà un assaggio dell’alta concentrazione dei castelli del Monferrato, tra la zona della Val Bormida e quella dell’
Alto Monferrato Ovadese. Ci siamo trovati, all’
Agriturismo Podere La Rossa, a Morsasco, circondati da colline alcune più dolci, altre più aspre; alcuni punti erano particolarmente boschivi altri si aprivano con sprazzi di vigna; ogni collina sulla visuale aveva il suo castello in cima: Rocca Grimalda, Cremolino, Trisobbio ed altri. Non era facile distinguerli con la foschia, ma da lì dovevano essere visibili almeno tre, che un tempo comunicavano tra loro per difendere il territorio.
Questa zona è stata accomunata alla Francia per i suoi castelli, ma anche per i suoi vini. Il
Dolcetto di Ovada, che non è un vino dolce, lo dico per i non-piemontesi, ma del quale si ha notizia a partire dal XVIII secolo, coltivato ad
Acqui e ad Alessandria. Naturalmente amabile non ha bisogno di lungo invecchiamento o di affinatura in botte di legno e si abbina agli antipasti piemontesi, alla pasta ripiena, alle carni non troppo elaborate.
Qui producono anche dell’ottima Barbera, questa sì, che più si presta all’invecchiamento.
Se volete scoprire qualcosa di più dell’esperienza “Vedo -Tocco-Annuso” all’Agriturismo La Rossa, che è un percorso dedicato ai bimbi e ai grandi,
trovate tutto a questo link.
To do list per una prossima visita:
– visitare uno di questi castelli, anche più di uno se possibile, tutti diversi per epoca, storia, tesori nascosti;
– fare una scorpacciata di Brachetto in quel di Strevi per accompagnare tutti i miei prossimi dolci;
– scoprire un piatto antico e tipico come la Perbureira, minestra tradizionale del paese di Rocca Grimalda, con fagioli e lasagne.
A Novi Ligure, le mie aspettative di serena e rilassante passeggiata tra le colline monferrine è stata disillusa.
Sfida di potenza e gara su mezzi improbabili mi hanno spezzato all’istante la digestione. Se amate come me le lunghe (e placide) passeggiate in bicicletta, potete recuperare l’outfit “giornata in campagna” corredarlo di cesta da pic nic ed avventurarvi su una vecchia
graziella per i dolci pendii del Monferrato.
Se avete un animo più sportivo potete noleggiare una mountain bike qui a Novi e fare lo stesso giro, magari un po’ meno romantico. A Novi si trova
però una tappa che non ci si può perdere: il Museo dei Campionissimi.
Si tratta di un grande museo, unico nel suo genere in Italia, con una serie infinita di reperti ciclistici: da Leonardo da Vinci ai nostri giorni, dalla prima bicicletta Bianchi al femminile a quella interamente costruita in legno, ai più bizzarri cicli da lavoro, ovviamente insieme alle bici da corsa che hanno fatto la storia del ciclismo italiano.
To do list per una prossima visita:
– fare questa benedetta rilassante passeggiata sulle colline;
– scoprire qualcosa di più su Novi Ligure che è bellissima, una piccola Genova dai palazzi nobiliari dipinti e dai superbi misteriosi cortili.
Dopo le fatiche ciclistiche del pomeriggio, un breve viaggio ci attende per svelarci un paesaggio completamente nuovo ed affascinante. Siamo in Val Borbera. Il nome del torrente significa “acqua che scorre vorticosamente” ed è proprio così: in fondo ai crinali ecco scorrere laggiù il torrente Borbera.
Sui fianchi delle colline che sono qui quasi montagne ecco i calanchi, formazioni argillose brulle, dove l’erba non attecchisce. La difficile accessibilità ha fatto sì che il dialetto parlato nei paesi della Val Borbera resti una forma del dialetto ligure, diversa dal piemontese di altre zone.
Il paese dove si trova l’
Agriturismo Vallenostra, Mongiardino Ligure conta circa 180 abitanti e il formaggio che vi si produce, il
Montebore, presidio Slowfood, è qui un’istituzione. Come tutte le cose difficili da produrre si stava perdendo e solo un rigoroso recupero ha fatto sì che tornasse agli onori della cronaca, dopo essere stato nei tempi passati il formaggio scelto da Leonardo da Vinci per il banchetto di Isabella d’Aragona. La sua
composizione è mista ed è rigorosamente di latte crudo vaccino e ovino (e talvolta anche caprino). Le formette vengono sovrapposte a tre a tre per ricordare la sagoma delle torri del territorio e vengono lasciate stagionare.
Esiste anche il Monteborone, composto da 5 forme sovrapposte e molto più stagionato.
Vallenostra produce anche un’altra vasta gamma di formaggi a latte crudo e se non potete farci un salto, val la pena di fare un ordine per provare le sue prelibatezze.
Dei formaggi deliziosi abbiamo avuto un soddisfacente assaggio (lo chiamiamo assaggio? Io mi sarei fermata lì!) a inizio cena, insieme a tanti piatti semplici e saporitissimi, tanto che nessuno voleva rinunciare a nulla, sebbene si fosse tutti parecchio sazi.
To do list per una prossima visita:
– mangiare tutto – ma proprio tutto, anche quello che stavolta non ci stava- l’Agriturismo Vallenostra è da incorniciare in quanto a qualità del cibo, con la certezza che tutto quello che arriva sulla vostra tavola è prodotto da loro stessi;
– fare un giro nei paesi fantasma, paeselli della zona che a causa dell’emigrazione hanno perso gran parte dei propri abitanti;
– trovare una cantina di Timorasso per una degustazione guidata: è un vino che merita!
Il nostro terzo giorno inizia con un paesaggio che ci stupisce.
Siamo nel territorio di Casale Monferrato, le colline cambiano forma e colore per darci il benvenuto.
Casale è stata per secoli la rivale naturale di Alessandria, tanto da riuscire a rubarle, durante una scorreria, un preziosissimo crocifisso medievale in argento, oggi conservato nel Duomo di Sant’Evasio. Sotto il dominio dei Gonzaga divenne una delle più belle ed avanzate cittadelle monferrine.
Casale ebbe per secoli un’importantissima ed ingente comunità ebraica tra i suoi abitanti, tanto che in una delle sue piazze più importanti troneggia una statua del Re Carlo Alberto che concesse con lo Statuto Albertino la libertà di culto a tutte le minoranze nel regno di Savoia, anche se in realtà fu dal 1570 che Guglielmo Gonzaga concesse agli ebrei di Casale e di altri centri del Monferrato di professare liberamente la loro religione, decretendo così lo sviluppo economico di questa città.
Se volete dettagli sulla sfida culinaria potete guardare questo link.
Qui il nostro pranzo kosher, sintetizzato in un’immagine:
Nel pomeriggio ci aspetta la Sinagoga, la più bella del Piemonte, perchè gli ebrei di Casale subirono l’influsso del decorativismo cattolico e vollero una sinagoga altrettanto magnificiente, sebbene dall’esterno non si intuisca nulla, in linea con quelle che erano le regole pre-Statuto Albertino. Peccato non aver potuto fotografare nulla…
Subito dopo tocca a Sant’Evasio, il Duomo, capolavoro del romanico perfettamente conservato:
Non possiamo passare da Casale senza rendere omaggio ai suoi Krumiri, i biscotti nati in una serata di bisboccia, dedicati ai baffi dell’allora Re d’Italia Vittorio Emanuele.
Prendiamo giusto un biscotto per darci la carica e per consentirci di arrampicarci fino in cima alla Torre Civica, 60 metri di altezza, dalla quale si gode la vista di tutta Casale.
L’ultima visita la merita il Teatro Municipale, coevo del Teatro alla Scala di Milano, una vera bomboniera ottocentesca, considerato uno dei più belli del Nord Italia per gli interni, paragonabili a quelli del Teatro Carignano di Torino, e ancora centro della vita culturale di Casale.
To do list per una prossima visita:
– una più lenta visita della città: ci sono molti palazzi e monumenti da visitare, alcuni molto belli che meritano più tempo;
– il castello dei Paleologi, 900 anni di storia, per me da non perdere;
– un giro per il Monferrato casalese, la cui dolcezza abbiao potuto solo intuire e che vanta luoghi e viste davvero commoventi.
Un ringraziamento speciale va ad
ATL Alexala, a Mirella Maestri – preparatissima – a Lara Bianchi, alle due Valentine, a Sara Fiorentino, a Giorgio, dal quale temiamo il frutto delle sue riprese, a Franco del Podere La Rossa, per avermi premiata,
a tutti coloro che hanno cucinato per noi – così tanto e così bene!
Per ultimi voglio ringraziare i miei compagni di viaggio,
Giusy,
Anthea,
Gian Luca,
Valentina e
Manuela, con i quali abbiamo creato un gruppo affiatato,
il primo ingrediente e quello fontamentale per far sì che un viaggio, qualunque viaggio, sia un successo.
Spero che i miei ricordi, insieme ai miei propositi, possano ispirare qualcuno che si approccia alla visita della terra così
multiforme e varia che è il Monferrato.
Se il mio
post vi è sembrato interessante e avete piacere di esprimere una
preferenza, sono in gara con gli altri blogger per il post/diario di
viaggio più bello.
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