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Insalata di spaghetti con fragole e fagiolini Una golosa idea fredda, per le giornate più afose

Anche se latito dal blog, non vuol dire che non stia più cucinando…

Quindi per gli affezionati vi pubblico anche qui quello che compare altrove (anzi, pian piano completiamo la lista e ridiamo vita al blog!)

La ricetta è rivisitata da un libro francese che mi ha letteralemente incantata e che è continua fonte di ispirazione… tornerei a Parigi solo per i libri di cucina!

Il procedimento lo trovate qui: Insalata di spaghetti con fragole e fagiolini

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Sedici: l’alchimia dei sapori – il contest – ep.13 Sale & Salamoia

troccoli bacon vongole e asparagi_slideshow_mini

Come vola il tempo, sembra ieri che abbiamo iniziato e siamo già alle tredicesima famiglia della Grammatica dei Sapori. Ci ritroviamo di nuovo tra aprile e maggio con la perenne acqua alla gola, ma ce la faremo!

Tanto per cominciare bene, vi annuncio i vincitori della famiglia degli Speziati.

Vincono la crostata meringata con curd al limone e basilico di Tiziana Ricciardi e i i ravioli di ricotta di capra, noce moscata e riduzione di vino alla vaniglia di Elisabetta Origgi.

Eccole:

vincitori speziati

E veniamo ora alla nuova famiglia, i Sale & Salamoia, ingredienti particolarmente saporiti che vi stupiranno per gli abbinamenti particolari.

Schermata 2016-04-17 a 11.09.03Io ho scelto il “bacon” che in realtà comprende tutta una sottofamiglia dalla pancia del maiale: bacon striato, pancetta affumicta e non, e pure quella arrotolata e infine prosciutto cotto e affumicato. Uno degli insaporitori migliori, dice la Segnit (ricordiamo che l’autrice è anglosassone), vediamo a cosa si può abbinare:

Bacon & ananas, anice, arancia, avocado, banana, blackpudding, broccolo, carciofo, cardamomo, cavolo, chiodi di garofano, cioccolato, cipolla, fegato, formaggio con crosta lavata, formaggio erborinato, formaggio stagionato, frutti di mare, funghi, maiale, manzo, mela, ostrica, pastinaca, patat, peperoncino piccante, peperone, pesce bianco, piselli, pollo, pomodoro, prezzemolo, rafano, salvia, tartufo, timo, uovo, zucca.

Con i Sale & Salamoia si gioca fino al 13 maggio!

troccoli bacon vongole e asparagi_2

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Pappardelle al vino Chianti

 

 Un piatto ispirato da due giorni di pioggia…poi è tornato il sole, ma il clima è ancora freschino, quindi fatele subito o dovrete aspettare l’autunno.
Sono pappardelle, rustiche, spesse e corpose condite con un sugo al Chianti dal sapore intensissimo.
Le pappardelle sono un tipo di pasta di origine toscana, anche se oggi conosciuto in tutta Italia; si tratta di grosse tagliatelle all’uovo, più larghe delle sorelle tagliatelle e dei fratelli tagliolini. Un tempo venivano fatte con farina di grano e farina di castagne e acqua, oggi sono più diffuse come pasta all’uovo. Il lo ro nome deriva dal verbo pappare, mangiare, usato anche nella più dichiaratamente toscana “pappa col pomodoro”.
I sughi classici con cui esse si abbinano sono il ragù di lepre, tipico della zona di Arezzo, e quello di cinghiale più diffuso in Maremma.
Le cita anche Boccaccio nella sua opera Corbaccio, facendoci sorridere per il suo modo di raccontare una voracità fuori dal comune: 

P { margin-bottom: 0.21cm; }

 

«…e le pappardelle col formaggio parmigiano similmente: le quali non in scodella ma in un catino a guisa del porco bramosamente mangiava, come se pure allora per lungo digiuno fosse dalla torre della fame uscita. (…)P { margin-bottom: 0.21cm»

La ricetta: Pappardelle al vino Chianti
per le pappardelle:
200 g di farina
2 uova medie
1 pizzico di sale

1 litro d’acqua
250 ml di vino Chianti
per lessare la pasta

per il condimento:
1 cipolla media
2 cucchiai d’olio
100 g di salsiccia sbriciolata
250 ml di vino Chianti
peperoncino
sale

Preparare le pappardelle: impastare farina e uova col il pizzico di sale per almeno dieci minuti, fino ad ottenere un impasto liscio ed omogeneo. Lasciar riposare in un panno per circa mezz’ora. Stendere la sfoglia e ritagliarne delle lunghe strisce da 2 cm di larghezza.
Portare ad ebollizione 1 litro d’acqua con 250 ml di vino.
Nel frattempo  far soffriggere la cipolla nell’olio e quando comincerà ad essere morbida aggiungere la salsiccia sbriciolata e il peperoncino. Bagnare con il vino e lasciar poi restingere il sughetto a fuoco lento. Regolare di sale.

Quando l’acqua bolle, salare e cuocervi le pappardelle.
Condire con il sugo di vino appena preparato.

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Spaghettoni con zafferano e zucchine

Perchè il cacio e pepe si può fare anche così, colorato. Solo che al
posto del pepe nero ci metti un po’ di pepe bianco e poi ti viene in
mente che un po’ di zucchine saltate non guastano e poi ancora che con
le zucchine ci sta bene lo zafferano: diventa un altro piatto…buono
però e con tutto il colore del sole!

La ricetta: Spaghettoni con zafferano e zucchine
(per 2 persone)
170 g di spaghettoni
1 zucchina grande
30 g cipolla
1 bustina di zafferano
40 g di Parmigiano Reggiano grattugiato
olio
sale
pepe bianco
Mettere l’acqua per la pasta a riscaldare, nel frattempo lavare e tagliare le zucchine a cubetti e la cipolla a pezzettini minuscoli. 
In una padella versare due cucchiai d’olio e rosolare leggermente la cipolla, poi aggiungere le zucchine, rigirando per qualche minuto. Togliere dalla padella e tenere da parte.
Da parte, in una tazzina di acqua già calda sciogliere lo zafferano.
Salare leggermente (perchè il parmigiano porterà sapidità) l’acqua e versarvi la pasta. Far cuocere per cinque minuti.
Con un grosso forchettone prelevare gli spaghetti e travasarli nella padella, aggiungendo anche 2 mestoli dell’acqua di cottura. Far proseguire la cottura della pasta in padella, aggiungendo acqua bollente quando è necessario. Quando la pasta risulta quasi cotta aggiungere lo zafferano precedentemente disciolto e il parmigiano grattugiato e mescolare rapidamente formando un sughetto e aggiungendo ancora qualche cucchiaio d’acqua bollente se necessario. Assaggiare e regolare eventualmente di sale e di pepe. Per ultimi versare le zucchine per una veloce rigirata in padella e servire.
 

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Culurgiones di baccalà con catalogna saltata in padella

Ho ricevuto un bellissimo regalo da Valeria: lei è venuta da me, si è lasciata coccolare, ha assaggiato con molta professionalità, ha fotografato e preso appunti e dopo aver curiosato nella mia piccola dimora ha scritto una bellissima recensione sulla mia cucina, toccando argomenti che non mi sarei aspettata.
Sono tanto felice che abbia notato la mia cura per la resa finale dei miei piatti, un po’ per perfezionismo innato (sono del segno della vergine) un po’ perchè letteralmente adoro vedere un sorriso sulla faccia di chi assaggia i miei piatti.
Questa è una delle ricette che ho preparato per lei. La mia pasta ripiena preferita, che avevate già visto anche qui, nella loro veste più tradizionale, per l’occasione si è riempita di baccalà e si è rotolata in un tuffo gioioso tra l’amaro della catalogna e il dolce dell’uvetta. Un piatto per me perfettamente riuscito per l’equilibrio dei sapori e delle consistenze, che mi farà davvero piacere riproporre in altre cene.

La ricetta: Culurgiones di baccalà con catalogna saltata

Per i culurgiones:
200 g di farina di semola di grano duro
acqua tiepida qb
sale

In una ciotola larga ho messo la semola con un bel pizzico di sale. Ho cominciato ad aggiungere l’acqua tiepida, prima mescolando con la forchetta, poi impastando con una mano, fino a formare un impasto compatto, morbido ma asciutto. L’ho messo a riposare per una mezz’oretta; nel frattempo ho preparato il ripieno.

Per il ripieno:
400 g di baccalà ammollato e dissalato
3/4 cucchiai di latte
aglio in polvere qb
olio extravergine di oliva

Ho messo il baccalà in acqua fredda con il latte e portato a lievissimo bollore a fuoco molto basso. L’acqua non deve mai bollire violentemente, altrimenti il pesce si indurirà. 
Quando i pezzetti di baccalà erano cotti, li vedrete sodi, li ho scolati e lasciati leggermente intiepidire.
In una ciotola dai bordi alti ho messo i pezzi di pesce e li ho pestati con il mestolo di legno fino a ridurli in poltiglia. Sempre battendoli ho aggiunto a filo l’olio extravergine fino a formare un composto morbido e ben amalgamato. Ho aggiunto l’aglio in polvere e mescolato ancora accuratamente.

Ho steso la pasta e creato dei cerchi di 8 cm di diametro. Ho formato i culurgiones deponendo su ogni cerchio una noce di ripieno. Se non vi ricordate come si fanno guardate qui il procedimento.
Per il condimento:
1 cespo di catalogna
1 grosso spicchio d’aglio (o 2 più piccoli)
1 acciuga sott’olio
1 peperoncino secco
1/2 bicchiere di vino bianco
una bella manciata di uva passa
olio
sale
4 cucchiai di pangrattato
1 cucchiaio di pinoli

Ho lavato, tagliato a pezzi e lessato la catalogna in acqua leggermente salata. Una volta morbida l’ho immersa in acqua fredda e poi scolata e tagliata a pezzettini molto più piccoli.

In una padella capiente ho messo lo spicchio d’aglio schiacciato con 4 cucchiai d’olio, un peperoncino sbriciolato e un’acciuga sott’olio. Li ho fatti sfrigolare per qualche istante e poi ho aggiunto la catalogna. Ho sfumato con il vino e poi ho aggiunto l’uva passa ammorbidita in acqua tiepoda e fatto proseguire la cottura.

Da parte, mentre l’acqua per i culurgiones raggiungeva il bollore, ho fatto tostare i pinoli in un padellino antiaderente, aggiungendo poi il pan grattato e abbrustolendo anch’esso.

Ho lessato i culurgiones e poi li ho passati nella catalogna ad insaporire.
Ho composto i piatti ed ho decorato ciascuno con una manciata di pangrattato ai pinoli.

 

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Frittata di Scammaro per i “giorni di magro”

In Italia la religione molto spesso ha condizionato il modo di gustare il cibo. In questo caso faccio riferimento alla Quaresima, ma si può allargare questo concetto a qualsiasi festività religiosa: ogni festa è legata ad un cibo particolare o, al contrario, a un divieto.
Durante la Quaresima si mangia di magro, e la celebrazione ridondante del Carnevale con fritture e carni grasse altro non era che uno sfogo prima del periodo di temperanza. Tolti i poveri che già carne non ne mangiavano neppure in altri periodi liturgici, la gente laica poteva osservare il vincolo solo nei venerdì di quaresima e durante la settimana santa. La gente di chiesa, invece, doveva dare il buon esempio ed evitare il consumo di carne per tutti i quaranta giorni precedenti la Pasqua. In particolar modo, dovevano farlo i monaci, che vivevano tutti insieme, e quando qualcuno di loro, particolarmente anziano e debole non poteva evitare di consumare un poco di carne, lo poteva fare nella propria celletta, per non generare insane acquoline nei suoi compagni.
Da qui la spiegazione del termine napoletano scammaro: mangiare in camera, cammerare, voleva implicitamente dire “mangiare proteine animali”; al contrario mangiare fuori della camera, scammerare, passò per estensione ad indicare il “cibo di magro” consentito in quaresima, fino ad indicare la quaresima stessa.
Ippolito Cavalcanti, duca di Buonvicino e discendete dal famoso Guido, amico di Dante, nel 1837 inserisce questa ricetta nel suo libro Cucina Teorico Pratica , una vera e propria enciclopedia della cucina napoletana; evidenti le influenze della cucina francese, ma dalla seconda edizione si arricchisce di un’appendice tutta dedicata alla cucina contadina e delle classi meno abbienti. Tra le ricette proposte anche la frittata di scammaro, che non contiene uova, e che sta insieme per magia…
Marinella Penta de Peppo racconta un’altra leggenda sull’origine di questa frittata, attribuendone l’invenzione ad un famigerato mago Cico.
 

Io vi consiglio di vedere tutto il suo video, anche (e soprattutto!) perchè ci insegna il metodo di cottura delle frittate di pasta. Questo metodo, un po’ lungo, ma che garantisce un risultato perfetto, permette a questo timballo di maccheroni di rapprendere senza che vi siano uova nell’impasto.
Il consueto abbinamento di uva passa e pinoli alla ricetta salata è tra quelli che adoro e quindi ho utilizzato esattamente gli stessi ingredienti, variando leggermente le proporzioni.

La ricetta: Frittata di Scammaro

ingredienti (per 4 persone):
280 g di spaghetti
2 spicchi d’aglio
100 g di olive nere tagliate a pezzettini
30 g di capperi
50 g di uva passa
30 g di pinoli
4 filetti di acciuga sott’olio (o due acciughe sottosale, da diliscare e sciacquare sotto l’acqua corrente)
olio d’oliva extravergine

Per prima cosa ho lessato gli spaghetti al dente.
Nel mentre ho rosolato in cinque cucchiai d’olio extravergine d’oliva l’aglio sminuzzato finemente aggiungendo poi capperi e olive e dopo poco uva passa e pinoli. Ho tolto dal fuoco questo sughetto e vi ho aggiunto le acciughe tagliate a pezzettini.
Con questa salsa ho condito gli spaghetti tenendone da parte un paio di cucchiai per aggiungerli al centro della “frittata”.

Ho messo a riscaldare sul fornello una padella ben unta d’olio; quando l’olio era caldo  ho versato gli spaghetti, aggiungendo al centro il condimento che avevo tenuto da parte.
Dopo aver rosolato la frittata per 2-3 minuti a fuoco vivace, ho spostato la padella sul fornellino più piccolo. La frittata di scammaro segue la regola di cottura di tutte le frittate di maccheroni. Occorre infatti tenere il fornello non al centro della padella, ma costantemente sul bordo, ruotando la padella di 90° ogni 3-4 minuti; dal bordo il calore si diffonderà fino al centro, cuocendo tutta la frittata in modo uniforme. Trascorsi i 12-16 minuti, ho girato la frittata con l’aiuto di un piatto piano ed ho fatto cuocere nello stesso modo anche l’altro lato. Dopo quest’altro giro di cottura ho messo la frittata di scammaro su un piatto da portata, tagliando a spicchi direttamente in tavola.

 

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Cicatielli Irpini con broccoli e pancetta

Eccoci al primo post del 2013 con i buoni propositi per il nuovo anno.
Mi sono chiesta cosa vorrei continuare a scrivere in questo mio spazio e mi sono ritrovata a sfogliare le pagine che più amo con le ricette più riuscite.
Voglio continuare a sperimentare ricette che hanno una storia, cibi che parlano e che raccontano le loro origini; voglio dare nuovamente spazio alla rubrica Tea Time, con nuove idee, e a quella del Panificiocon nuovi esperimenti lievitati; voglio conoscere e condividere le ricette di altri paesi e lo farò grazie alla mia partecipazione all’Abbecedario Culinario; e vorrei imparare ancora molto da tutti voi che passate da queste parti.

Comincio l’anno con una pasta fresca speciale che di storia ne ha tanta.
E’ una pasta del sud, precisamente dell’Irpinia, che è diventata il simbolo di Montecalvo Irpino e che è tradizionalmente preparata con la farina di grano duro di quella zona.
La leggenda narra che sia stata inventata da una moglie che aveva appena scoperto il tradimento del marito. Nel formare questa pasta i pezzetti vengono fatti rotolare sulla spianatoia, comprimendoli con due o tre dita della mano, “ciecandoli” insomma con rabbia e forza. Chi ha già lavorato la pasta di grano duro sa quanta energia ci voglia!!
Pare che la moglie tradita grazie a questo piatto di pasta riuscì a riconquistare il marito infedele… Io, dopo averla assaggiata, vi dico che ne vale la pena anche senza dover sanare incomprensioni domestiche.
Anche il condimento tradizionale si rifà ad una simbologia: c’è il ragù con la braciola, detta braciola della moglie, c’è il sugo di pomodoro insaporito con la ricotta salata, e c’è la variante più adatta a questa stagione: i cicatielli co’ ruoccoli e scardella. I broccoletti, i ruoccoli, sono della varietà napoletana; la scardella è un particolare tipo di pancetta dell’Irpinia.
E se volete sapere cosa significa il detto “chi si magna lu ruoccolo s’adda
sta fermo cu lu paruoccolo
“,
andate a leggere qui.

La ricetta tradizionale prevede tutta farina di grano duro, nella variante campana saraolla, e prodotti del territorio per il condimento. Io ho rivisitato la ricetta con quello che sono riuscita a trovare qua, ottenendo ugualmente un ottimo piatto. Naturalmente, se vi trovaste in quei luoghi sarebbe un sacrilegio non provarli con i prodotti originali, tanto più che l’Irpinia è una terra di ottimi vini!!
La ricetta originale prevede che i cicatielli vengano lessati assieme ai broccoletti e poi saltati insieme in padella con la pancetta, mentre io ho fatto sbollentare i broccoli in precedenza.

La ricetta: Cicatielli con broccoletti e pancetta.
per la pasta: 
150 g di farina di semola di grano duro 
50 g di farina 00
acqua calda
sale

250 g di broccolo fresco
70 g di pancetta a dadini
1 spicchio d’aglio

Ho impastato i due tipi di farina con il sale e l’acqua calda, fino a formare un impasto sodo.
L’ho lasciato riposare per 20 minuti.
Ho preso una porzione di pasta e vi ho ricavato un serpentello lungo del diametro di 1 cm. Ho tagliato il serpentello in pezzetti di 3 cm e poi con tre dita ho schiacciato ogni pezzetto di pasta, facendolo rotolare sulla spianatoia infarinata.
Ho ripetuto fino ad esaurire la pasta.

Ho preparato il condimento, lavando e lessando i broccoli e schiacciandoli leggermente con la forchetta.
In un’ampia padella ho messo lo spicchio d’aglio in due cucchiai di olio evo. L’ho fatto leggermente rosolare ed ho aggiunto la pancetta a dadini, lasciando che si dorasse per bene. Poi ho aggiunto i broccoli e ho fatto proseguire la cottura, aggiungendo all’occorrenza un goccino d’acqua calda. 

Ho lessato i cicatielli in abbondante acqua salata e li ho fatti saltare in padella con il condimento finché erano ben insaporiti.

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Ravioli di formaggio di capra insaporiti con miele e more

Il miele è un alimento ricco di storia. Testimonianze sull’uso del prezioso dolcificante si trovano nella Bibbia ed era praticamente usato da tutti i popoli dell’antichità. Gli Egizi gli attribuivano anche un potere rituale, poichè accanto alle mummie venivano deposte ciotole piene di miele per corroborare i defunti durante il viaggio nell’aldilà. I Sumeri lo utilizzavano per preparare cosmetici mentre i Greci lo consideravano cibo degli dei e Hammurabi nel suo codice di leggi tutela gli apicultori dal furto del prezioso nettare. In realtà la storia del miele si perde ancora più lontano nel tempo e si hanno tracce delle prime arnie costruite dall’uomo nel VI millennio a.C.
Nel medioevo il miele veniva usato per dolcificare qualsiasi cibo, dalla carne alle torte salate ed addolciva anche le bevande, in combinazione con il vino, come accadeva per l’Hypocras e il Chiaretto o con l’acqua, quando dava vita all’Idromele.
L’avvento della canna da zucchero gli fece perdere un po’ di fama, ma ultimamente è tornato all’antico splendore, per le sue tante proprietà benefiche, come disinfettante e antibatterico, come calmante del sistema nervoso e corroborante dell’apparato circolatorio. A queste proprietà si aggiungono quelle specifiche dalla pianta da cui il nettare è estratto. 
Il miele di tiglio che ho usato per questa ricetta è tra i mieli più profumati e pare anche essere calmante e un aiuto per chi soffre di emicrania.
E’ naturale abbinarlo ad un formaggio di capra, dal tipico gusto sapido e pungente. Più particolare è condire con il miele questi saporiti ravioli, mentre le more danno colore e una punta di acidulo ad un piatto equilibratamente dolce e salato. 
La ricetta: Ravioli di formaggio di capra con miele di tiglio e more
(per 2 persone)
per la sfoglia all’uovo:
200 g di farina 00
2 uova intere
1 pizzico di sale
per il ripieno:
circa ½ caprino fresco di latte di capra Alta Langa (quello fatto a tronco di cono che trovate sfuso dal formaggiaio)
150 g di toma piemontese di pura capra (sfusa, proveniente dalla zona di Cuneo)
per il condimento:
100 g di more fresche
1 cucchiaio di miele di tiglio
40 g di burro
cannella
pepe bianco
Ho preparato la pasta per i ravioli: ho messo la farina a fontana, ho rotto le uova intere al centro, ho aggiunto un pizzico di sale ed ho cominciato a formare un impasto, prima con la forchetta poi con le mani. Ho impastato per qualche minuto, poi ho messo la pasta a riposare avvolta in un tovagliolo di cotone.
Ho preparato il ripieno semplicemente tagliando a pezzettini molto piccoli la toma di capra e amalgamandola con il caprino fresco.
Ho steso la sfoglia e ho ricavato tanti cerchi con un coppapasta del diametro di 6cm. Su metà dei cerchi ho deposto una nocciola di ripieno. Ho bagnato leggermente il bordo rimasto libero con il dito inumidito d’acqua ed ho completato i ravioli con un cerchio vuoto, facendo ben aderire i bordi.
Completati i ravioli, ho messo a bollire l’acqua per cuocerli e nel frattempo ho fatto sciogliere in un padellino il burro a fuoco bassissimo. Ho aggiunto il miele e l’ho fatto scaldare e fluidificare. Poi ho aggiunto anche il succo di qualche mora schiacciata e passata al colino. Ho spento e tenuto in caldo.
Quando l’acqua bolliva, l’ho salata e vi ho cotto i ravioli; poi li ho scolati con delicatezza e li ho deposti nei piatti.
Nel padellino del burro ho aggiunto le more restanti, ho riscaldato il tutto ed ho usato il burro e miele per irrorare i ravioli. Ho spolverato il tutto con cannella e pepe bianco e servito.
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Il colore viola e “Tutti i colori del cibo”

Per la sfida tra blogger “Tutti i colori del cibo” ideata da Paola mi è capitato il colore viola.
Nel mondo occidentale il viola è sempre stato, dall’avvento del cristianesimo, il colore legato alla Quaresima, periodo durante il quale venivano vietati tutti gli spettacoli, che all’epoca si svolgevano nelle piazze su palchi improvvisati all’aperto. Ciò significava per gli attori un periodo di ristrettezze economiche e di digiuno obbligato, non per fervore religioso, ma perché la saccoccia restava vuota… Da ciò deriva la credenza che il viola porti sfortuna in teatro e nel mondo dello spettacolo e perciò nessuno attore si sognerebbe di indossarlo durante una rappresentazione. 
Detto ciò sembrerebbe che questo colore fosse ormai destinato ad assumere solo connotazini negative, invece a seconda del momento storico e del quadro culturale assunse sempre diversi significati.
In epoca precristiana il viola rappresentava la carestia, ma anche il rinnovo e il cambiamento e in seguito questo colore si legò spesso allo sfoggio di prestigio e di potere. Il viola è il colore dei vescovi e dei principi e una stoffa viola foderava in passato le corone d’oro dei regnanti. Per gli orientali è il colore del settimo chakra, la realizzazione della completa beatitudine, e chi lo porta è un maestro illuminato.
Per molte culture il viola è il colore del lutto e nella cultura romantica, a partire da Goethe, evoca scenari apocalittici, sentimenti cupi, terrore… eppure tutt’altro che terrificante è il fiore che dà il nome a questo colore; per Leonardo Da Vinci viola era il colore che aumentava di dieci volte l’espressione della fantasia e stimolava la saggezza e per la Psicologia dei Colori esso rappresenta la temperanza, poiché unisce lo slancio drammatico del rosso e la tranquillità serena del blu.
Va detto che, a vantaggio della sfida, il viola è un colore davvero ricco di sfumature che vanno dai colori più vicini al blu fino alle sfumature più vicine al fucsia e al porpora.

Visto che qui badiamo alla sostanza mi sembra giusto aggiungere che i cibi viola e blu-viola sono nemici dei tumori e delle patologie cardio vascolari perché contengono antocianine. I frutti di bosco sono ottimi per me, che soffro di fragilità capillare, ma sono utili anche a prevenire le infezioni urinarie e ad aiutare l’intestino pigro. I carotenoidi contenuti in molti cibi blu-viola contrastano l’insorgere di ictus, l’aterosclerosi e l’accumulo di colesterolo cattivo, ma anche l’invecchiamento cellulare e la cataratta.
Largo quindi ai cibi che virano verso il viola, prugne, more, mirtilli e lamponi, radicchio, melanzane, ma anche i fichi. E poi ce n’è uno che è tra i miei ingredienti favoriti: la Cipolla Rossa di Tropea, che rossa non è, ma è viola!!!
Ho scelto una palette che va dal violetto melanzana all’orchidea profondo:
E poi ho cercato di unire l’Italia, dalla Calabria all’Alto Adige con due sapori, il dolce e l’affumicato, che si sposano benissimo!!!

La ricetta: Gnocchi di patate alla rucola con Cipolla Rossa di Tropea D.O.P. caramellata e Speck Alto Adige I.G.P.

ingredienti (per 2-4 porzioni a seconda che li mangiate come piattounico o come primo piatto):
per gli gnocchi:
350 g di patate a pasta gialla
4 cucchiai colmi di farina 00
1/2 uovo sbattuto
una ventina di foglie di rucola (+ qualcuna per decorare)
sale

Ho lessato le patate in acqua bollente; le ho fatte intiepidire, le ho sbucciate e poi passate ancora tiepide con lo schiacciapatate. Ho aggiustato di sale, poi ho aggiunto le foglie di rucola, ben lavate e tritate finemente. Ho aggiunto il 1/2 uovo sbattuto, facendo attenzione a non inumidire troppo l’impasto. Poi la farina, che a seconda dell’asciuttezza delle patate sarà di più o di meno. Con patate umide, aggiungere meno uovo, giusto quel che basta per far rapprendere l’impasto. Dalla palla che si è formato ho preso porzioni di impasto ed ho formato dei serpentelli e poi gli gnocchi. Se volete potete renderli più belli e cavi passandoli velocemente su un cesto ben infarinato e cavandoli con il pollice. Oppure potete lasciarli a tocchetti come ho fatto io. 
 

per il condimento:
4 cipolle di Tropea di grandezza media
vino bianco (o un rosso leggero per un colore più vivace)
1 cucchiaino di aceto balsamico
4 cucchiai di zucchero
sale
4 fette di speck (+ un paio per decorare) 

Ho sbucciato le cipolle, e le ho messe a bagno per pochi minuti in acqua fredda. Le ho tagliate a mano a striscioline sottili.
In una padella larga ho messo un filo d’olio e poi subito le cipolle finchè non hanno iniziato a rosolare. Ho aggiunto il cucchiaino di aceto balsamico e un dito di vino e ho lasciato sfumare. Poi ho versato lo zucchero e rigirato bene. Dopo aver prodotto un po’ di liquido iniziale, lo zucchero asciugherà le cipolle e quindi per proseguire la cottura finchè non sono morbide bisognerà aggiungere un poco d’acqua, facendo sempre attenzione a non annacquarle. Dopo 15 minuti saranno morbide ma ancora sode; a questo punto ho regolato di sale e fatto asciugare le cipolle senza aaggiungere più acqua: diventeranno belle lucide.

Cottura degli gnocchi:
Ho versato gli gnocchi in acqua bollente (con un cucchiaio d’olio per non farli attaccare) ed ho atteso che venissero a galla, ci vogliono 5 minuti. 
Ho riacceso il fuoco sotto le cipolle e ho versato in padella le fettine di speck tagliato a striscioline, che con il calore diventerà un po’ più chiaro delle cipolle. Ho aggiunto anche una mezza tazzina d’acqua in padella e poi fatto colare questo liquido insaporito di cipolla e speck in una zuppiera, dove poi ho fatto girare gli gnocchi scolati, man mano che venivano a galla. Gli gnocchi assorbiranno il liquido.
Infine ho deposto gli gnocchi nei piatti e ricoperti con il condimento di cipolla caramellata e speck e decorato il piatto con una rosellina di speck e due foglie di rucola.

Con questa ricetta viola partecipo alla sfida tra blogger “Tutti i colori del cibo
Potete vedere a questo link la ricetta viola della mia avversaria e poi votarmi, se la mia ricetta vi piace, non qui, ma sul blog di Paola—–>qui, a partire da domani 10 agosto, fino a giovedì 16 agosto, così che possa accedere alla fase successiva!!
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Pisarei e fasò per Emilia Mon Amour – parte III

Quando cercavo una ricetta per il mercoledì social di questa settimana ho scorso l’elenco delle ricette emiliane; servivano primi e secondi piatti ed io, tutto sommato sulle minestre vado forte.
Leggo pisarei e fasò e penso: «mmm… i piselli non mi piacciono molto…» poi però cerco questa ricetta per vederne i dettagli e scopro che i pisarei con i piselli non c’entrano per nulla!! 
La parola pisarei deriva da pigiare, in quanto i pezzetti di pasta si schiacciano sulla spianatoia, un incrocio tra tra orecchiette, cavatelli e gnocchetti sardi, con la particolarità di usare il pangrattato insieme alla farina per l’impasto!
E quindi, subitaneamente, ho deciso: che pisarei e fasò sia!!!
Non è esattamente una ricetta estiva, perché si usano i borlotti e un soffritto di lardo o pancetta, ma la soddisfazione per il palato è davvero superlativa. 
E’ una di quelle minestre quasi asciutte che adoro, che sanno di vecchia cascina, di campagna, di luce di candele e di lavoro…perché fagioli e pisarei mica si tirano su in un attimo. 
Che siano di auspicio a chi subito si rimette in gioco, ai tanti che stanno lavorando sodo per tornare alla normalità!!
E anche con questa ricetta, originaria della zona di Piacenza, lo dico e lo ribadisco: Forza Emilia!!!

La ricetta che ho utilizzato è tratta da Il Grande Manuale della Cucina Italiana a cura di Stella Donati, un libro un po’ datato e che, nel mio caso, cade a pezzi. Prima era di mia mamma, ora ce l’ho io, e anche se non so se la ricetta sia filologicamente corretta, vi assicuro che questa versione è una meraviglia.

La ricetta: Pisarei e fasò
(per 2 persone)
Per i pisarei:
150 g di farina
50 g di pangrattato
acqua

Per i fasò:
150 g di fagioli borlotti lessati
1 pezzettino di burro e 3 cucchiai d’olio (nella ricetta originale tutto burro)
30 g di lardo tagliato fine
3 foglie grosse di basilico
1 ciuffetto di prezzemolo
1 grosso spicchio d’aglio
1 carota
1 costa di sedano
½ cipolla piccola
2-3 pomodori pelati

Per prima cosa si preparano i pisarei: in una ciotola capiente ho mescolato insieme la farina e il pangrattato, aggiungendo un pizzico di sale e tanta acqua da formare un impasto lavorabile ed elastico. Ho impastato bene e ho messo a riposare nella pellicola per almeno mezz’ora.
Nel frattempo ho preparato le verdure, carota, sedano e cipolla,  tritandole a cubettini sottili.
A parte ho preparato un trito con il lardo, il basilico e il prezzemolo e l’aglio e l’ho tenuto al fresco.
Passato il tempo di riposo della pasta ho ricavato dei serpentelli di pasta, lunghi e sottili come una grossa matita. Ogni serpentello va tagliato a pezzettini, sulla spianatoia ed ogni pezzettino va schiacciato con il pollice e poi fatto rotolare come per fare un piccolo gnocchetto.

Eccoli:

Ho continuato così  fino ad esaurire tutta la pasta, poi ho cosparso di farina e ho cominciato a preparare il sugo di fagioli.
In una casseruola con il fondo spesso ho fatto sciogliere il burro e l’olio e vi ho versato il trito di lardo, facendolo rosolare per qualche istante. Poi ho aggiunto le verdure. Ho lasciato cuocere per una decina di minuti, badando che non si attaccasse nulla. Poi ho aggiunto i fagioli. Ho insaporito anche loro per qualche minuti, rigirando spesso ed infine ho aggiunto i pomodori pelati schiacciati con la forchetta. Ho lasciato cuocere, aggiungendo qualche mestolo di brodo vegetale che avevo già pronto per puro caso, ma in mancanza va benissimo anche acqua calda.
Mentre il sugo cuoceva ho messo a bollire l’acqua in una pentola capiente, ho aggiustato di sale sugo e acqua e poi ho versato i pisarei, mescolando con un mestolo per fa sì che non si attaccassero gli uni agli altri. Quando vengono a galla sono cotti. Li ho tirati su con un mestolo forato e deposti in una zuppiera e poi conditi con il sugo di fagioli.
E qui sotto cosparsi con una bella spolverata di Parmigiano!!
ai fornelli

Nidi al pesto di zucchine gratinati con provola affumicata

E con le zucchine fresche e succose perché non farci un pesto? Che poi propriamente pesto non è… in realtà è una crema, ma richiama un pesto per la presenza, non dei pinoli ma delle mandorle. Viene fuori un ottimo condimento per una pasta estiva.
Anzi, se avete ospiti a cena, potete preparare il piatto con un po’ di anticipo, scolare la pasta bene al dente, comporre i nidi nella teglia e gratinarli in forno per pochi minuti solo poco prima di servire.




La ricetta: Nidi di tagliolini al pesto di zucchine gratinati con provola affumicata
(per 2 persone)
2 zucchine grandi + 1 per la decorazione
un cipollotto fresco
1 manciata di mandorle spellate + qualcuna per decorare
1 cucchiaio colmo di parmigiano
½ bicchiere di vino bianco
qualche foglia di menta fresca
180 g di tagliolini (o spaghetti alla chitarra)
provola affumicata
aceto balsamico
sale
olio


Ho messo a bollire l’acqua per cuocere la pasta.
Ho tagliato le zucchine a rondelle.
Ho fatto soffriggere la cipolla tagliata fine in un cucchiaio d’olio, poi ho aggiunto le zucchine, facendole insaporire con due dita di vino bianco, facendole saltare senza farle ammorbidire troppo. Ho aggiustato di sale, poi le ho fatte intiepidire e ho passato tutto al mixer, aggiungendo anche le mandorle, la menta e il parmigiano e se occorre qualche cucchiaio d’acqua per rendere il composto cremoso.
Ho fatto cuocere la pasta e l’ho scolata al dente, lasciandola umida; ho condito la pasta con metà del pesto di zucchine. Su una teglia foderata di carta da forno ho formato dei nidi con la pasta, girandoli con la forchetta. Al centro di ogni nido ho messo ancora un po’ di crema di zucchine e della provola affumicata grattugiata grossolanamente.
Ho infornato in forno caldo a 180° per una decina di minuti.
Mentre i nidi erano in forno ho ricavato dall’ultimo zucchino delle striscioline sottili e verdi. Le ho fatte ammorbidire per pochissimi istanti in padella con un filo d’olio e qualche goccia di aceto balsamico.
Prima di servire decorare i nidi con le zucchine all’aceto balsamico e qualche mandorla intera.
Con questo primo piatto partecipo allo Spring Food Contest di Spadellatissima.

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