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Gli gnocchetti di caprino di Paola e #piemonteliguria con BITEG

Persa e sballottata tra tutti gli eventi mi sembrano passati secoli dall’ultima ricetta pubblicata. Mentre riprendo le fila del discorso e metto a posto milioni di foto scattate che forse non verranno mai pubblicate mi preparo ad un nuovo entusiasmante viaggio.
Ancora una volta (oggi!) partirò alla scoperta della mia regione con un press-trip d’eccezione, organizzato da BITEG per la stampa italiana ed estera
Vi ricordate di Nice To TwEAT You? Ecco, proprio in quell’occasione avevo vinto il biglietto dorato per la fabbrica della felicità enogastronomica: quasi 4 giorni di visite, degustazioni, laboratori culinari e cene speciali.
L’hashtag dell’evento è #piemonteliguria ed è così che potrete seguirmi su Twitter, mentre degusterò per voi, visitando posti splendidi.
Però non volevo lasciarvi senza una ricetta, e ne approfitto anche per tessere le lodi di Paola, che ogni volta mi stupisce con piatti veloci da preparare ma anche eleganti e sofisticati. È il caso degli gnocchetti di farro e caprino con scorzette d’arancia e pistacchi: ditemi voi se non riuscite già ad assaporare l’armonia di questi gusti… 
Lei li ha riproposti anche con gli scampi, io, dopo averli scoperti sul suo blog, non ho resistito al volerli provare, non solo come aperitivo, ma come primo piatto. Li ho conditi con asparagi insaporiti in padella e salame strolghino di culatello a striscioline; la seconda volta ho sostituito il salame di culatello con la coppa piacentina, in entrambi i modi il piatto è una vera delizia. Scegliete un tomino fresco di pura capra, saprà ripagarvi!! 😉

La ricetta: Gnocchetti di farro e caprino con asparagi e coppa piacentina
150 g di farina di farro
150 g di caprino fresco
2 cucchiai di parmigiano grattugiato
1 pizzichino di sale
200 g di asparagi (crudi) 
4/5 fettine di coppa piacentina (o strolghino di culatello) tagliate a striscioline
olio
sale
1 pezzetto di cipolla tagliata a brunoise (circa un cucchiaio)

Ho pulite gli asparagi e li ho tagliati a rondelle spesse 1 cm, lasciando da parte tutte le punte.
Ho messo in una padella capiente la cipolla a dadini minuscoli e due cucchiai d’olio, l’ho fatta dorare e poi ho aggiunto gli asparagi (rondelle) facendoli insaporire. Ho bagnato con poca acqua e fatto proseguire la cottura, aggiungendo dopo 10 minuti anche le punte. Ho regolato di sale e pepe e lasciato cuocere finchè non erano morbide.
Nel frattempo ho messo a bollire l’acqua per lessare gli gnocchetti.
Ho preparato gli gnocchetti, mescolando insieme la farina di farro, il pizzico di sale, il caprino e il parmigiano grattugiato. Si forma prima un impasto sbricioloso, come una frolla, poi, pian piano, prende consistenza e diventa lavorabile. Ho preso delle porzioni d’impasto, formato dei serpentelli e poi tagliato ognuno con il coltello a pezzettini grossi quanto un’unghia.
Ho lessato gli gnocchetti in acqua salata per qualche minuto, calcolato dopo che sono saliti tutti a galla, poi li ho scolati e fatti saltare in padella insieme agli asparagi, aggiungendo alla fine anche la coppa (o il salame) tagliata a listarelle.

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Cascina Fontanacervo: la visita al caseificio

Cascina Fontanacervo è un posto speciale vicino a Villastellone. La famiglia Crivello ci vive e ci lavora dal XVII secolo ed io trovo affascinante immaginare questi campi, che sono ora coltivati a foraggio per il bestiame, ancora attraversati dai cervi e dalla selvaggina. 
Il nucleo originario della cascina è quello del ‘600 e molte delle attività vengono svolte con la stessa naturalità e semplicità di un tempo, anche se ora ci sono i macchinari ad alleggerire il lavoro.
Dal semplice allevamento di mucche da latte, la famiglia Crivello è passata alla trasformazione in yogurt negli anni ’90 e successivamente alla produzione di formaggi.
Oggi sono Maestri del Gusto, ciò significa che hanno ottenuto un riconoscimento dalla Camera di Commercio di Torino per aver svolto il loro lavoro in modo sano e genuino.
La filiera produttiva è interamente svolta in cascina e nei campi limitrofi, con un’evidente minimizzazione dei trasporti e dell’inquinamento ambientale.
Proprio davanti alla cascina vengono coltivati erba e granoturco destinati al bestiame, senza l’uso di concime chimico, ma con il solo utilizzo del liquame animale. 
A pochi passi dai campi, le mucche, di razza Frisona e di razza Jersey, vengono foraggiate con alimenti completamente naturali e la media produttiva è tenuta volutamente bassa per dare una migliore qualità della vita all’animale: ogni mucca produce mediamente 20 litri di latte al giorno, contro i 35 degli allevamenti intensivi.
Il latte subito dopo la mungitura viene trasportato senza venire a contatto con l’aria esterna fino ai locali per la lavorazione. Questa è affidata al Mastro Casaro e ad altri specialisti che trasformano il latte in yogurt e formaggi senza utilizzare ingredienti chimici, né addensanti e coloranti, ma solo latte, caglio e sale. 
Anche gli imballaggi sono ridotti al minimo, e si privilegiano quelli riciclabili, come il cartone e il vetro.
I prodotti sono davvero tanti; il latte e la panna, innanzitutto, seguita dal burro, dalle creme-dessert, dagli yogurt, in tanti gusti diversi e nella variante probiotica; poi vengono i formaggi freschi, i tomini e i tomini a rotolo (quelli da fare elettrici o al verde), la freschissima, la crema contadina (che è come lo stracchino), poi il primo sale, la mozzarella, le robiole e poi la ricotta; infine ci sono dei formaggi a media stagionatura: la Turineisa (30 giorni), la Granda (60 giorni), la Sabauda (90 giorni) e poi le mie preferite, le tenere Paglierine con stagionatura di 20 giorni, che un tempo venivano poste a maturare sulla paglia e mentre all’esterno si formava una crosta bianca, su cui restava impresso il reticolo di paglia sul quale erano appoggiate, l’interno si trasformava rapidamente in una crema morbida e delicata.
Infine un tocco di golosità: Fontanacervo produce anche del gelato delizioso…io l’ho assaggiato ed è ricco e cremoso. A proposito di gelato voglio parlarvi di un appuntamento che i golosi e i curiosi non possono farsi scappare: sabato 25 maggio, dalle 11 alle 18, ci sarà l’Open Day di Fontanacervo, durante il quale sarà possibile visitare la cascina e il caseificio, vedere le mucche e i vitellini e capire come vengono prodotti i loro formaggi. Inoltre sarà possibile assaggiare il gelato Fontanacervo ed il ricavato dalla vendita delle coppette sarà interamente devoluto in beneficienza alle Figlie di Maria Ausiliatrice per l’acquisto di un generatore in Congo. 
Trovate ulteriori informazioni sul loro sito e sulla pagina Facebook dell’evento. Occorre registrarsi!!
Spero di avervi suscitato un po’ di curiosità e vi lascio con una ricetta fatta apposta per la deliziosa Paglierina, un flan di asparagi delicatissimo che ben si sposa con la crema dolce del formaggio e con il croccante del pane azimo.
La ricetta: Flan di Asparagi con Paglierina Fontanacervo e Pane Azimo cotto in padella
500 g di asparagi 
1/2 cipolla piccola
erba cipollina
olio
sale
pepe bianco
2 uova
parmigiano grattugiato
Ho lavato gli asparagi e, tenendo le punte da sbollentare a parte, ho tagliato i gambi a rondelline sottili.
In una padella con 2 cucchiai d’olio ho fatto rosolare la cipolla sminuzzata e le rondelline di asparagi, stufandole con acqua finché non sono diventate morbide. Ho regolato di sale e pepe e profumato con dell’erba cipollina.
Ho frullato questo composto finemente, poi ho messo da parte qualche cucchiaio di purea di asparagi e nella restante ho aggiunto le uova e due cucchiai di parmigiano grattugiato.
Ho diviso il composto in pirottini di silicone ed ho infornato a bagnomaria a 190° finchè non sono diventati sodi. 
Nel frattempo ho preparato il pane azimo, la ricetta è questa del blog Cris e Max in cucina.Ho usato 200 g di farina, 50 ml d’acqua, un pizzico di sale e 1 cucchiaio d’olio. L’impasto deve riposare un quarto d’ora e poi può essere cotto in padella.
Ho servito i flan ben caldi deponendoli su una cucchiaiata di purea di asparagi, con sopra le puntine sbollentate in acqua salata, con un’insalatina di valeriana, gli spicchi di Paglierina e il pane azimo.
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La Maggiorana, dal biscottificio Maggiora alla Scuola di Cucina di Eccellenza

Come sapete amo i posti ricchi di storia e La Maggiorana è uno di questi: la prima scuola di cucina di Torino è nata nel 1973 in un laboratorio del dismesso biscottificio Maggiora, per l’iniziativa di Elena Chissotti Maggiora. Da allora il percorso si è svolto in famiglia, con grandi successi e progetti sempre più ambiziosi e fulgidi.Dal 1999 Erica Maggiora insegna agli allievi e da qualche anno è supportata dalla figlia Camilla. Questa storia è perciò un esempio di riuscita imprenditoria al femminile, e un bel riscatto per il biscottificio Maggiora che nel tempo era stato fuso con la Talmone ed era scomparso come marchio.

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Il primo #socialchefpiemonte con Walter Ferretto de Il Cascinale Nuovo di Isola d’Asti

#socialchefpiemonte non è solo un hashtag, ma rappresenta un inizio: chef stellati e non che si avvicinano con consapevolezza ai nuovi strumenti social per comunicare la loro idea di cucina e i prodotti che prediligono usare. 
Il primo è stato lo chef stellato Walter Ferretto (su Twitter @FerrettoWalter) del ristorante Il Cascinale Nuovo di Isola d’Asti, grazie all’iniziativa di Carlo Vischi, della BITEG, Borsa Internazionale del Turismo Enogastronomico, e di noi foodblogger che abbiamo amplificato il messaggio su Twitter, Instagram e Facebook
All’inizio Ferretto, che ci ha accolto con grandissima cortesia, era un po’ scettico sull’utilità di questi mezzi di comunicazione. Gli stessi produttori a cui abbiamo fatto visita con grande curiosità e golosità, hanno risposto nello stesso modo alla domanda “avete un profilo Twitter o Facebook?”: <<sì, ma non abbiamo molto tempo per seguirlo>> Come se la comunicazione social non fosse, grazie alla sua intrinseca interattività, un sistema efficacissimo per entrare in contatto con i consumatori.
Durante la due giorni di Isola d’Asti, Walter Ferretto ha avuto modo di ricredersi, vedendo le risposte dei followers, che non aspettavano altro che uno spunto per mettersi in contatto con lui.
Qui, qui e qui trovate gli storify redatti grazie al live-twitting.
Qua sotto parte il riassunto fotografico dell’esperienza del primo #socialchefpiemonte, con tutte le golosità degustate e un percorso delineato che avrà interessantissimi sviluppi per la crescita del turismo enogastronomico nella nostra regione.All’arrivo al Cascinale Nuovo si inizia con il pranzo: una meraviglia di bagna caoda con l’aj ‘d Caraj, il famoso aglio di Caraglio, e tante deliziose verdure fresche.

 
Nel pomeriggio la visita alla torroneria e cioccolateria Davide Barbero, tra torrone, uova di Pasqua e  una storia iniziata nel 1883 e che prosegue ancora oggi con la stessa cura.
 

  

 

 

 
 
 
 

La giornata prosegue da Elio Perrone, una storia che si declina lungo quattro generazioni di viticoltori, dalla fine dell’800 ad oggi. Si produce in massima parte moscato, ma anche Barbera d’Asti. Assolutamente da assaggiare il Gi, da uve Chardonnay e Moscato, un vino dagli aromi freschi, perfetto con un antipasto di pesce o di verdure.

 

Al ritorno al Cascinale Nuovo, lo show cooking di Walter Ferretto, tra plin e papi in elezione, turcet e tweet… poi la cena. Piatti deliziosi e curati, frutto dell’esperienza e dell’amore di Walter per i prodotti del territorio.

 
 

 

 

 
 
Il giorno seguente si parte con la visita a Il Tonchese di Agostino Renzo Artuffo, allevatore di galletti e gallinelle in località Tonco d’Asti. Anche qui possiamo sentire la stessa passione per le cose fatte con cura e nel rispetto dei ritmi di natura. 
 
 
 
Concludiamo questa due giorni con un appuntamento dolcissimo presso la pasticceria Daniella di Asti. Un piccolo laboratorio artigiano dove ogni giorno Raffaella e Daniela, amiche da una vita, sfornano delizie. Mi faccio conquistare dalla Nocciolla, sofficissima torta di nocciole, e dai pasticcini con amarena e pasta di mandorle, ma anche il salato è sublime.
 
 
Se volete approfondire ulteriormente il discorso su #socialchefpiemonte ci vediamo al Digital Festival, nell’ambito dei Digital Food Days, qui a Torino dall’11 al 19 maggio!!
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Tra colombe e moscato, a Mango per Dolce di Natura

Travolta da un un trasloco, che si protrarrà tra le mura domestiche ancora per qualche settimana, tra scatoloni da svuotare e mobili da montare, avevo non ho ancora avuto occasione di raccontare cosa è successo a Mango il 10 e 11 marzo.
Si è svolto Dolce di Natura, un gustosissimo incontro tra il Moscato d’Asti DOCG, il re dei vini dolci, e la colomba artigianale preparata con lievito madre. 

Ecco, scordate l’approssimativa parvenza di morbidezza delle colombe prodotte industrialmente: la colomba di pasticceria si scioglie letteralmente in bocca, impossibile resistere!! Quelle che abbiamo potuto assaggiare a Mango, presso l’enoteca regionale Colline del Moscato erano assolutamente superlative, alcune profumate dall’aroma del moscato, altre arricchite dai marroni, un’esperienza da veri golosi.

Dopo la degustazione ho assistito alla conferenza stampa dedicata all’evento, condotta da Maria Bianucci. Il racconto di come il lievito madre vada seguito ed accudito con impegno e pazienza viene fatto da due oratori d’eccezione i pasticceri Achille Brena e Sergio Conti. Dalle loro parole traspare la dedizione con cui hanno sempre svolto il loro lavoro: il lievito madre è vocazione ed Achille Brena ne possiede uno di 130 anni, che lui accudisce da oltre 50 anni. Dall’amore per le cose fatte con cura è nato Pa”lin, una vera e propria scuola del lievito naturale che insegni all’utilizzo della pasta madre nelle creazioni di pasticceria e panetteria.
Parlando di colomba non si può non parlare di Moscato, un giro di 100 milioni di bottiglie prodotte nei 52 comuni del Moscato d’Asti ed esportate in tutto il mondo.

Il moscato un tempo si abbinava a salame cotto, robiola e bagna caoda, perchè quelli erano i cibi consumati in cascina, dunque era un vino strettamente legato al territorio, ora porta l’eccellenza piemontese in giro per il mondo.
Ad affiancare il discorso enogastronomico, la straordinaria mostra di Sandro Chia. L’artista espone all’Enoteca Regionale Colline del Moscato, per tutto il mese di aprile, la serie di dipinti ispirati a La Malora di Beppe Fenoglio, che proprio in queste zone visse e scrisse, nella ricorrenza del cinquantesimo anniversario della sua morte.
La cena dedicata ai produttori si è svolta al ristorante “Campagna Verde” di Castiglione Tinella. Ingredienti della tradizione piemontese hanno trovato un volto nuovo e una presentazione d’eccezione nei piatti preparati per noi dallo chef Massimo Arione. In abbinamento abbiamo potuto assaggiare gli altri vini dei produttori del Moscato, Dolcetto, Barbera, Nebbiolo ed altri. 

Dopo la cena io ho avuto il piacere di pernottare presso l’agriturismo Finestre di Langa, presso l’Azienda Agricola Cerrino, di Sergio Cerrino, uno dei produttori. L’agriturismo si trova nell’assoluta tranquillità di Trezzo Tinella in località Cappelletto, con solo tre ampie e gradevoli stanze e un’atmosfera piacevolmente semplice e familiare. 
Il risveglio è stato allietato da una colazione deliziosa, con la torta di nocciole della padrona di casa, e con lo sciogliersi lento della bruma sull’arco delle colline di Langa.
Il signor Sergio mi ha fatto visitare la cantina, ma è arrivato presto il momento di partire alla volta di Neive, con la speranza di tornare presto per degustare i suoi vini.
Ad aspettarci un’appendice piacevolissima di Dolce di Natura con la lezione tenuta da Achille Brena e Sergio Conti alla Scuola dell’Arte Bianca di Neive, dove i due Maestri hanno parlato ai ragazzi, i pasticceri di domani, trasmettendo loro la propria passione. 
L’evento Dolce di Natura si è rivelato una splendida occasione per approfondire tematiche di grande interesse legate al territorio delle Langhe, anche fuori dai soliti circuiti.
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Golosaria tra i castelli del Monferrato

Dopo il tour al Salone del Gusto tra alcuni produttori del Monferrato Astigiano, e il foodblogger tour Monferrato2Taste nella provincia di Alessandria, non poteva mancare, a coronamento del mio appena scoccato colpo di fulmine per questa regione affascinate e ricca di stimoli,  un riferimento a Golosaria Monferrato 2013, che partirà tra pochi giorni, il 1°marzo, per due weekend consecutivi, e che si svolgerà nel territorio monferrino, tra borghi e castelli.
Il territorio del Monferrato ha sempre avuto confini labili, sui quali sono avvenute, nel corso dei secoli, scorribande e razzie, da parte di barbari e saraceni, ma sui quali si è intessuta una storia complicata e ricchissima. I castelli del Monferrato portano, sulla loro “pelle” fatta di pietra e mattoni, questa intricata storia, ed andare per castelli, qui, rappresenta davvero una lezione affascinantissima.
Quando poi la storia si fonde con il buon cibo, il nutrimento della pancia diventa nutrimento anche per la mente e tutti possiamo esserne arricchiti. Forse a questo si deve la scelta azzeccatissima di intrecciare gli eventi di Golosaria con i castelli e i borghi del territorio.
La rassegna di Golosaria si aprirà la sera del 1°marzo con l’Aperitivo alla Marengo. Io ho avuto occasione di assaggiare il Napoleone, delizioso brut Marengo con succo di mela verde presso il Mezzo Litro, ma le rivisitazioni non mancano.
Il 2 e il 3 marzo, la manifestazione proseguirà con le feste nei paesi del Monferrato alessandrino e casalese, con i produttori del Golosario, provenienti da tutta italia, che faranno assaggiare i loro prodotti. 
Nella cornice di questa festa all’insegna del cibo buono e di qualità, sarà possibile fare altre esperienze, ad esempio la visita guidata alle segrete del Castello di Casale Monferrato. Impossibile citare tutti gli eventi legati alla rassegna; ha catturato la mia attenzione la cena con delitto che si svolgerà il 2 al Castello di Camino, le visite guidate al Castello di Gabiano (che è uno fra tanti ad offrire questa possibilità), la presentazione ufficiale della nuova De.Co del comune di Vignale, la fricia, che altro non è che il fritto misto alla maniera monferrina.
Per conoscere tutti gli eventi consultate il programma completo e scaricate l’invito gratuito.
La rassegna proseguirà l’8-9 e 10 marzo nel Monferrato astigiano.
Anche in questo caso, moltissimi eventi in programma, tutti disseminati in questo territorio ricco di storia e di fascino. Solo per citarne alcuni: ad Asti ci sarà la Fiera dei Vini della Luna di Marzo e il Festival delle Sagre Invernali, con i piatti cucinati dalla pro-loco; a Montiglio si svolgerà l’evento parallelo GolosExpo con il convegno “Grandi Donne della Storia del Monferrato” e la cena ad esso legata incentrata sulle Donne del Monferrato; a Murisengo ci sarà la cena a tema “Il cuoco piemontese”.
Il 10 proseguono le degustazioni e le visite guidate; nel paese di Castagnole Monferrato, patria del Ruchè, la mostra di auto e moto d’epoca; a Moncalvo ci sarà l’esposizione degli antichi mestieri; a Montiglio il Banchetto dei Marchesi e nel pomeriggio le danze occitane.
Anche in questo caso bisogna consultare il programma completo per scegliere gli eventi più congeniali a ciascuno, e ce n’è davvero per tutti i gusti.

Qui sotto troverete alcune foto della passata edizione, gentilmente prestatemi da Sarah Scaparone.

Con questo post, spero di avervi incuriositi un po’ e, se non avevate già in programma una gita in Monferrato per Golosaria 2013, fateci un pensierino!!!

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Cubetti di polenta farciti con Cögnà all’albese

In estremo ritardo (scade tra 27 ore!!) partecipo anch’io alla seconda raccolta di Valentina di Cucina & Cantina con i prodotti di Mariangela Prunotto.
Questa volta la raccolta era incentrata sulle ricette del Natale, con la libertà di scegliere un qualsiasi prodotto Prunotto e una qualsiasi categoria di ricetta. 
Io ho scelto la cögnà all’albese e, con la scusa, ne parlo a chi non la conosce. 
Si tratta di una salsa, a volte viene definita mostarda, ma non è del tutto esatto; io, da profana, la definirei più simile ad una marmellata.
Comunque la si voglia catalogare è una specialità unica che, manco a dirlo, ha una lunghissima storia. Ho letto che un paio di generazioni fa gli albesi non sapevano neppure cosa fosse la cögnà dei loro antenati…la ricetta si era quasi perduta. Poi qualcuno l’ha riportata in auge ed ora viene sempre proposta tra le salse per i bolliti di carne e tra le confetture d’accompagnamento ai formaggi.
La ricetta non è unica, anzi varia da cascina a cascina, ma il componente principale è sempre il mosto d’uva, di solito uve raccolte tardivamente. 
Al mosto, passato al setaccio per togliere i vinaccioli, venivano aggiunti quei frutti che facilmente si trovavano nelle cascine nel periodo di preparazione della cögnà: mele, mele cotogne e pere; qualche ricetta prevede l’aggiunta di fichi. Il tutto viene fatto cuocere per 14/16 ore a fuoco lento. L’aggiunta di zucchero non è necessaria, perchè il mosto fa da conservante naturale per la frutta. A fine cottura vengono aggiunte anche le noci e le nocciole, che rendono questa conserva ancora più golosa. 
Tradizionalmemte veniva conservata nelle tupine, dei grandi vasi di coccio, tenuti al fresco nelle cantine e coperti semplicemente da un piatto.
La cögnà, come potete immaginare non è molto dolce, ma è una vera sorpresa dal punto di vista dei tanti sapori diversi che ne emergono.
Se oggi è servita coi formaggi e le carni, un tempo rappresentava un insaporitore per la polenta.
Io ho voluto seguire la tradizione e farne un simpatico finger food. I cubetti di polenta sono di per sè già saporiti, ma il contrasto con il dolce delicato della cögnà è sorprendente.
Questa storia di abbinamenti è perfetta per introdurre i pranzi dei giorni di festa.
La ricetta: Cubetti di polenta farciti con Cögnà all’albese di Mariangela Prunotto.
(per 6 cuboni)
75 g di farina di mais precotta per polenta
250 ml d’acqua
1/2 cucchiaino di sale
parmigiano grattugiato 
50 g di gorgonzola
1 cucchiaino di burro
In un pentolino ho portato ad ebollizione l’acqua. L’ho salata e vi ho versato a pioggia la farina di mais, sempre mescolando. Ho continuato a mescolare finchè tutta l’acqua era assorbita, poi ho versato il gorgonzola tagliato a cubetti e il parmigiano grattugiato. Ho inumidito un recipiente quadrato con acqua fredda e vi ho versato la polenta, livellandola con il dorso di un cucchiaio bagnato.
Ho lasciato raffreddare per almeno un’ora, meglio di più.
Ho sformato il parallelepipedo di polenta su una teglia da forno, foderata di carta forno e l’ho tagliato in 6 cubi. Con uno scavino da melone ho scavato i cubi, tenendo da parte la prima semisfera e poi rendendo il buco più profondo, fin quasi in fondo al cubetto. Poi ho riscaldato tutto in forno per qualche minuto.
In ogni cubo ho deposto 2 cucchiaini di cögna Mariangela Prunotto. Ho completato con la calottina tenuta da parte ed ho servito su cavolo rosso affettato finissimamente.
 Come detto sopra con questa ricetta partecipo alla raccolta di Valentina del blog Cucina e Cantina, in collaborazione con Mariangela Prunotto “Raccolta di Natale”.

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Monferrato2Taste, un Monferrato da gustare

Ecco giunto il momento di mettere nero su bianco quella che è stata la bellissima avventura del Monferrato2Taste. Un gruppetto di foodblogger, grazie alla Borsa Internazionale del Turismo EnoGastronomico e all’Ente Turistico di Alessandria, accompagnate dal brio energico di Lara Bianchi e dalla dolcezza scoppiettante di Lisa Devincenzi di Alexala, con la compagnia anche di Emanuela Sarti nella giornata di sabato, hanno avuto la possibilità di conoscere meglio zone, prodotti e produttori del Monferrato alessandrino: io ero tra di loro, con Valeria, Anna, Lia e Ale.
All’arrivo ad Alessandria, dopo una breve sosta al nostro hotel, Alli Due Buoi Rossi, antico edificio in pieno centro, siamo partite per la visita alla città con le nostre guide Lisa e Lara.
Alessandria mi ha lasciato la sensazione di una città dall’aria distinta ed elegante. Molti i palazzi signorili che danno un volto compiuto alle sue strade dritte, sebbene le origini della città siano medievali. Le sue vie e le sue piazze sono piene di storia, come tutte le città a cui ho promesso amore incondizionato. Impossibili da dimenticare l’imponente Palazzo Rosso con i suoi tre quadranti e il galletto segnavento, Palazzo Ghilini di Benedetto Alfieri, il campanile art decò del Duomo, il mosaico del futurista Gino Severini sulla facciata della sede delle Poste e Telegrafi, la statua di Andrea Vochieri con la mano sul petto. Peccato non aver potuto fare foto a causa del buio, ma sono tutte cose che dovreste vedere!!! 
Non importa che l’aria sia pungente e gravida di nebbia; passeggiamo tra le strade eleganti e diritte del capoluogo monferrino e, mentre ascoltiamo i racconti di Lisa, ci perdiamo in un limbo senza tempo. <<Alessandria è una comoda poltrona: ti siedi e ti addormenti>>, diceva Umberto Eco, sbocconcellando la più famosa farinata della città.
Non è proprio così, ma l’atmosfera rilassata si sente.

Per l’aperitivo approdiamo al Mezzo Litro che, con la frizzante ospitalità di Monique Monica Moccagatta, promotrice del Capodanno Alessandrino che si festeggia alla fine dell’estate, fa da contraltare a questa rilassatezza. Provare il Napoleone, succo di mela e Cortese DOC del Monferrato, è d’obbligo, mentre divoriamo gli stuzzichini messi a disposizione.

Per la cena un altro posto caldo e accogliente ci attende, Il Grappolo dello chef Beppe Sardi, che sarà la nostra guida nella mattinata di sabato e il nostro maestro di cucina nel pomeriggio. 
E sono di nuovo sorrisi e chiacchiere sul cibo e su di noi, in un’atmosfera amichevole che subito si è instaurata anche senza conoscerci da lungo tempo. 
Assaggiamo gli agnolotti di Beppe – più che un assaggio era un piattone – e il bollito misto, un classico piemontese, accompagnato da ben 12 tra salse e sali aromatici. Il dolce ci lascia senza fiato, tanto siamo piene, e subito siamo pronte a ripartire alla volta dell’hotel, salutando Lara che non ci accompagnerà nel resto del tour.

La mattina seguente arriva Emanuela Sarti di BITEG. Insieme incontriamo Beppe Sardi alle 8 in punto, e con lui, e lo chef Mattia, ci avviamo alla volta dei negozi più tipici di Alessandria per fare la spesa per la nostra cena. Dalla Galleria Guerci al corso Lamarmora, Alessandria ha un’anima commerciale davvero spiccata. Tante le botteghe alimentari con prodotti di altissima qualità, tanti i caffè, le pasticcerie, le enoteche. In ogni negozio in cui entriamo Beppe ci illustra le eccellenze del territorio e, dove possiamo, assaggiamo, come il nostro status di foodies-foodblogger ci impone!!

Completata la spesa in Alessandria, con tanto di deliziosi Krumiri Rossi, ci dirigiamo verso il caseificio Adorno, in località Cravarezza, che è anche fattoria didattica. Per gustare al meglio un prodotto bisogna conoscerlo, e sicuramente ora la Robiola di Roccaverano la apprezzeremo ancor di più. Visitiamo l’allevamento di capre e vacche e il caseificio ed assaggiamo i formaggi, anche la toma stagionata un anno e la mostarda d’uva.

A questo punto non ci resta che viaggiare in direzione Crevi per la visita all’Azienda Vinicola delle Sorelle Marenco. L’azienda è condotta ormai dalla 4°generazione dei Marenco, e loro portano con molto orgoglio il titolo di donne del vino. Anche qui abbiamo modo di assaggiare i vini, prodotti con passione e sacrificio, e i cibi messi a disposizione dalla cantina: il filetto baciato è una vera esplosione di sapore: si tratta di filetto a pezzo intero insaccato all’interno di una pasta di salame aromatizzata con sale, pepe, noce moscata, aglio e vino rosso.

La Scuola di Formazione Alberghiera di Acqui Terme ci attende; qui si svolge per noi una vera lezione di cucina, tenuta da Beppe Sardi, per la preparazione della cena della sera stessa. L’Istituto è enorme e l’aula che ci accoglie sembra per noi il paese dei balocchi.

Ecco cosa abbiamo preparato:

Baccalà alla Mediterranea
Insalatina  di petto di tacchino
Risotto al Cortese
Salamino del Mandrogno con cipolla rossa e vino rosso
Zabaione con Krumiri

Sullo zabaione, ormai stanche, è tutto un declamare di versi: 

Evviva i Krumiri
dolcezza squisita
che molce il dolore

e allieta la vita!

L’ultima giornata in giro per il Monferrato è dedicata al relax. Raggiungiamo Camino Monferrato e ci lasciamo coccolare dal Wine Resort & Spa Ca’ San Sebastiano, un agriturismo ricavato da un’antica cascina.

Le immagini parlano da sole e la sensazione provata entrando in questi luoghi è esattamente quella evocata dalle immagini. Un luogo sereno e senza tempo, dove il tepore e la tranquillità la fanno da padroni ed io mi sono immaginata, più che seduta in poltrona, in una cucina come questa a preparare una cenetta degna di un re.

Alla fine ci siamo fatte coccolare davvero: grande vasca idromassaggio con getto d’acqua fatto apposta per massaggiare la cervicale, sauna, e vinoterapia. 
Uscite dalla Spa, siamo andate a mangiare qualcosa…ormai avevamo preso il vizio! Il ristorante di Ca’ San Sebastiano è decisamente all’altezza. I piatti sono particolari e curati, e la menzione solenne va al loro delizioso brasato che letteralmente si scioglie in bocca.

Ormai è giunto il momento dei saluti. Alcune compagne di viaggio partono da lì per il rientro. 
Io, con Anna, ho il tempo di ascoltare ancora un bellissimo brano di Giovanni Goria, scovato da Lisa e perfettamente intonato all’occasione: si parla di convivialità ma non solo. 
Si parla tra le righe anche un po’ di noi che in tre giorni abbiamo conosciuto questo angolo del Piemonte di cui ancora si parla poco ma che è ricco di spunti turistici. E il bello è poter scoprire a tavola che non esiste un solo Piemonte, ma mille altri ancora sconosciuti ai più, basta saper assaggiare! 😉

NB. altre foto le trovate qui.

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Salone del Gusto 2012 – terza puntata

E dopo la seconda puntata eccoci giunti alla terza!

Come anticipato qui, il 25 ottobre grazie all’iniziativa di Francesca Martinengo e al coordinamento di Emanuela Sarti della BITEG sono stata tra le protagoniste, al Salone del Gusto, di un bel tour virtuale alla scoperta di prodotti e produttori eccellenti piemontesi. 
In particolare il mio tour era incentrato sul Monferrato e siamo state accompagnate nel tour da Clio Amerio.

Il territorio è in linea di massima quello compreso nelle province di Alessandria ed Asti e si estende verso sud fino a confinare con le province di Genova e Savona.  Viene suddiviso in quattro zone, l’Alto Monferrato di Acqui, Ovada e Gavi, il Monferrato Casalese, il Basso Monferrato Astigiano e l’Alto Monferrato Astigiano.
Il territorio è intriso di storia, lo testimoniano i suoi tanti castelli ben conservati, alcuni dei quali ricostruiti all’inizio del ‘900 in stile neomedievale.

Il Monferrato nacque come entità politica attorno all’anno Mille, quando l’Imperatore Ottone I di Sassonia beneficiò il marchese Aleramo di un territorio composto da 15 corti.

La leggenda racconta che Aleramo, “cavaliere particolare” e “mescitore di vini” alla corte di Ottone I, si fosse innamorato della figlia di Ottone, Alasia, e che, d’accordo con lei, fossero scappati insieme sfuggendo all’imperatore. Aleramo fece il carbonaio per molti anni, ma poi finì per partecipare e distinguersi per il suo valore durante la battaglia di Brescia. L’imperatore Ottone lo riconobbe, lo perdonò e lo nominò Marchese. Nel gesto di volergli far dono di un territorio, gli diede un cavallo e gli disse che i confini del suo marchesato sarebbero stati quelli che Aleramo sarebbe riuscito a percorrere in tre giorni di cavalcata. Da questa leggenda deriva anche la spiegazione più affascinante del nome Monferrato, che deriverebbe da mun, mattone, e fra, ferrato, in quanto Aleramo sprovvisto di altri strumenti, si ingegnò a ferrare il suo cavallo con l’aiuto di un mattone. Le altre etimologie fano riferimento a mons ferax, monte fertile e mons farratum, monte coltivato a farro.

Dopo secoli di storia, che a un certo punto si fuse con quella del regno di Savoia, attualmente il Monferrato è candidato per essere inserito nel patrimonio mondiale dell’Unesco.  

Al Salone del Gusto di quest’anno il Monferrato ha preso il posto di tutto rispetto che merita! Per questo ha messo in piedi il Monferrato Circus, un vero e proprio tendone circense al di sotto del quale si esibivano naturalmente i cuochi, ma anche trapezisti ed acrobati, facendo di una cena uno spettacolo a 360°.

Gli chef protagonisti di questo evento sono stati Walter Ferretto, del ristorante Il Cascinale Nuovo di Isola d’Asti e Andrea Ribaldone, fino a questa primavera, chef e socio del ristorante La Fermata a Spinetta Marengo.

Walter Ferretto ha avuto anche la bella responsabilità di guidare noi foodblogger 2.0 alla scoperta di prodotti deliziosi, ma talvolta ancora poco conosciuti.

Siamo partiti da Tonco d’Asti alla scoperta dell’azienda Artuffo, nata ormai 35 anni or sono, dove si pratica l’allevamento del “rurale all’aperto”. Non c’è solo l’allevamento del Tonchese, una qualità avicola pregiata, ma anche la filiera circostante, dal mais al frutteto. Gli animali dell’azienda Artuffo vivono a terra e all’aperto, rientrando al coperto solo di notte. Si parla di gallinella o galletti, e non di polli, poichè raggiungono la maturità sessuale; i galletti ad etichetta blu vivono dai 130 ai 160 130 giorni, quando i polli di comuni allevamenti raggiungono mediamente i 50 giorni di vita e un peso doppio.

E’ bello sentir raccontare di come Artuffo sia partito con l’allevamento in conto terzi, per riuscire dopo molti anni ad avere la propria azienda, e a garantire un prodotto assolutamente naturale; è ancor più bello poter assaggiare la sua gallinella cucinata da Walter Ferretto con verza stufata, castagne lessate e servita con una purea di zucca e mele.

Dopo Artuffo conosciamo Marco Garando, il giovane imprenditore del Caseificio Pepe 1924, di Costigliole d’Asti. Marco è stato cuoco nel ristorante di Walter Ferretto, poi ha deciso di aprire un caseificio, dedicandolo al nonno Giuseppe. Ci racconta come sia difficile in quella zona procurarsi il latte, dovendosi spostare giornalmente di 30 km, ma nonostante ciò Marco crede in quello che fa, lavorando in un laboratorio a vista, dove ogni trasformazione avviene alla luce del sole. 
Assaggiando i suoi formaggi e il suo yogurt capisco quanto grande sia la sua passione.

Ci vengono brevemente presentati anche il Montebore Vallenostra e il Salame Nobile del Giarolo.

Poi viene la volta di conoscere la pasta di Antignano, pasta prodotta con semola di grano duro e farina di mais ottofile. La coltivazione di questo tipo di mais era stata abbandonata durante il XIX secolo, perchè scarsamente produttiva. E’ stata poi riscoperta grazie a Nandino, contadino di Antignano, e riportata in vita. Il mais ottofile di Antignano viene macinato rigorosamente a pietra e da esso si ottiene un’eccellente qualità di polenta e una pasta “da accarezzare”. 

Accanto alla pasta di Antignano, usciamo per qualche istante dalla provincia di Asti, per cogliere l’occasione di assaggiare anche le conserve “come una volta”  della Signora Cuniberto. L’Azienda è situata a Govone, in provincia di Cuneo, e le sue composte e sughi hanno il profumo delle cose antiche, in perfetto stile piemontese.

A questo punto ci spostiamo a Nizza Monferrato dall’Azienda Agricola Colle San Michele,  a conoscere il Cardo Gobbo Nicese, presidio Slow Food, ingrediente irrinunciabile della bagna caoda, e di tante altre ricette piemontesi. Un entusiasta agricoltore ci spiega nei dettagli tutta la faticosa coltivazione di questo ortaggio, che è gobbo, in quanto viene piegato e coperto dalla terra perchè si mantenga bianco e dolce. Ed è dolcissimo davvero, per ripagare i suoi coltivatori della tanta fatica. 

Accanto al Cardo Gobbo, nella stessa Azienda, ci sono Le Delizie di Rosanna, confetture, erbe aromatiche lavorate, salse e mostarde, tutte preparate secondo le ricette della tradizione piemontese; Rosanna ha anche un progetto bello ed ambizioso, dei laboratori pratici per insegnare a giovani studenti l’arte della coltivazione e trasformazione delle erbe aromatiche.

Per ricordare questo viaggio tra le delizie del Monferrato, ho voluto preparare il galletto Tonchese Astigiano secondo una ricetta della provincia di Alessandria. 

Il Pollo alla Marengo si dice sia stato gustato da Napoleone dopo la vittoria della celebre battaglia omonima contro l’esercito austriaco, presso Spinetta Marengo. 
Si combattè per 15 ore, e si può ipotizzare che l’Empereur fosse decisamente affamato. Il suo cuoco di campo gli preparò un sostanzioso piatto con quello che aveva facilmente a disposizione, un pollo o un galletto ruspante, delle uova, dei gamberi di fiume. Difficilmente questo cuoco si mise a cercare dei funghi alle 11 di sera del 14 giugno e assolutamente remote sono le possibilità che li trovasse per caso. Ma la tradizione vuole che la ricetta sia passata alla storia così, con i funghi e tutto il resto, e così l’ho preparata.
Ho sostituito il brodo di pollo con del brodo vegetale e i gamberi di fiume con delle mazzancolle. Naturalmente al posto del pollo ho usato un galletto tonchese, che ben si è prestato a questa cottura in umido.
Regalo questa ricetta alla BITEG, in ringraziamento dell’interessante tour che ha dedicato a noi  foodblogger rappresentanti del Piemonte.

La ricetta: Galletto Tonchese alla Marengo

1 galletto Tonchese selezione blu
2/3 pomodori pelati
1 spicchio d’aglio
1/2 cipolla
1/2 bicchiere di vino bianco
brodo vegetale (o di pollo)
6 mazzancolle  (o gamberi di fiume)
300 g di funghi freschi 
2 uova
2 grosse fette di pane casareccio
2 cucchiai di olio extravergine
sale
pepe
prezzemolo
Ho preparato del brodo vegetale con acqua, carota, patata, sedano, cipolla, prezzemolo, olio e sale.
Ho tagliato a pezzi un galletto e l’ho spellato. Ho sciacquato i pezzi e li ho asciugati con cura; poi li ho passati nella farina.
Ho fatto scaldare l’olio in una pentola e poi vi ho rosolato bene i pezzi di galletto, insaporendo con sale e pepe. Li ho tolti e nello stesso olio ho rosolato per qualche istante la cipolla affettata, l’aglio e i pomodori pelati privati dei semi e tagliati a pezzettini. Ho sfumato con il vino bianco.
Ho rimesso in pentola i pezzi di galletto, li ho rigirati nel sughetto ed ho aggiunto un paio di mestoli di brodo. Ho fatto prendere il bollore a fuoco vivace e poi ho coperto per far cuocere, rigirando di tanto in tanto.
Dopo una ventina di minuti ho aggiunto i funghi tagliati a cubi e ho fatto completare la cottura, con una spolverata di prezzemolo tritato.
Ho stufato le mazzancolle in poco vino bianco, regolando di sale e pepe.
Ho rosolato le fette di pane in padella con un filo d’olio e le ho tenute al caldo. 
Ho fritto le uova in una padella unta d’olio.
Ho composto il piatto: da un lato ho adagiato la fetta di pane con sopra l’uovo all’occhio di bue; poi ho messo i pezzi di galletto, ben coperti dal loro sughetto con i funghi, ho contornato con le mazzancolle e servito!

Noi, in tema Monferrato, abbiamo aperto una bottiglia di ottimo Ruchè di Castagnole Monferrato, e il galletto, con questo sugo saporitissimo, ha retto benissimo il colpo!

ai fornelli, eventi&co

Salone del Gusto 2012 – seconda puntata

Come promesso nella prima puntata, in questo post vorrei mettere l’accento su quello che al Salone del Gusto mi ha colpito di più in “zona Piemonte“.
Innanzitutto il Paniere dei Prodotti Tipici della Provincia di Torino, reso per l’occasione una zona fisica del Salone, che si poteva esplorare e toccare. Qui erano raccolte tutte le eccellenze dei 315 comuni che costituiscono la provincia torinese.
Alcuni prodotti li conoscevo già, altri hanno suscitato la mia curiosità, confermando il fatto che la provincia torinese è “da scoprire” anche sotto l’aspetto della cultura enogastronomica.

Un prodotto di cui non avevo mai sentito parlare è il Salampatata del Canavese, che si produce con carne grassa e magra di maiale, patate lessate e aromi naturali, si fa asciugare per un giorno e poi si mette in commercio. Va consumato entro 20 giorni, al naturale oppure cucinato.

Altra ricchezza della provincia di Torino sono le sue mele. Delle oltre 400 varietà di mele facenti parte della stupefacente biodiversità del patrimonio dell’intero Piemonte, 8 sono classificate con la dicitura Antiche Mele Piemontesi e vengono coltivate in provincia di Torino. Hanno nomi pittoreschi come Grigia di Torriana, Buras, Runsé, Gamba Fina, Magnana, Dominici, Carla e Calvilla bianca e rossa. Messe da parte a inizio ‘900 per la loro bassa produttività, sono state riscoperte da poco e recuperate, prestandosi ad una grande varietà di utilizzi in cucina.

Il Peperone di Carmagnola non ha bisogno di presentazioni. Forse però bisogna specificare che sotto questa dicitura si celano quattro varietà: il Corno di bue, il Quadrato, il Trottola e il Tumaticot, ognuno dei quali si presta ad una diversa preparazione.

Meno conosciuta è questa varietà di sedano, il Sedano Rosso di Orbassano, riconducibile all’antica varietà del Sedano Violetto di Tours. La tipologia è molto antica e a costa rossa. Negli anni le erano state preferite le qualità a costa bianca o autoimbiancanti ed il sedano rosso odierno è frutto di una lunga ricerca e recupero. 

E tutte queste non vi sembrano buone ragioni per andare a gustare i #saporitorinesi?

Abbandonando la zona del Paniere mi sono poi addentrata fra i produttori di golosità:
Il cioccolato anzitutto, con nomi davvero eccellenti: Guido Castagna… 
Domori
Peyrano
Un altro prodotto tipico che fa subito pensare al Piemonte è la Torta di nocciole senza farina, una vera prelibatezza, tra l’altro senza glutine e che quindi possono mangiare tutti-proprio-tutti!!
In tema di nocciole, era doveroso offrire un mio tributo ai due produttori storici del Nocciolino di Chivasso, Bonfante e Fontana, dopo che mi hanno ispirato nella rivisitazione del Pinguino Pepino. Eccoli entrambi nei caratteristici incarti rosa.
Da ricordare anche le farine del Mulino Marino, che vengono macinate con un mulino così:
e sono quelle utilizzate dai pizzaioli dell’Università della Pizza.
Infine ritengo doveroso farvi fare un salto tra i formaggi per farvene scoprire uno tipicissimo, il Macagn, che è uno dei pochi formaggi che viene lavorato a crudo, due volte al giorno, con il latte ancora caldo da mungitura.  
L’ultimo “assaggio” è dedicato alla vastissima produzione di Beppino Occelli, come sempre da guardare ed ammirare tra i suoi molti formaggi speciali, uno fra tanti quello affinato tra le foglie di castagno.
Nella terza e ultima puntata vedrete cosa ho imparato durante il “foodblogger 2.0 tour“. Qui ne avevate avuto uno breve assaggio.
ai fornelli, ricette tradizionali

Tartrà per tutte le stagioni, ai peperoni o alla zucca, per La Svizzera nel Piatto.

Per La Svizzera nel Piatto, il contest organizzato dal Consorzio Formaggi della Svizzera in collaborazione con il blog di Teresa, Peperoni e Patate, bisognava elaborare una ricetta tradizionale italiana e reinterpretarla con l’utilizzo dei formaggi svizzeri più famosi.
Per questa prima ricetta – ma ne arriverà prestissimo un’altra – ho scelto lo Sbrinz, il più antico formaggio svizzero, il cui commerciò è documentato già nel 1530, quando mercanti a dorso di mulo portavano in Italia, attraverso i valichi alpini le enormi forme di Sbrinz scambiandole con sale e vino.
Lo Sbrinz è fatto con latte di vacca, non pastorizzato. La maturazione minima è di 16 mesi, ma diventa ideale a 18 mesi, quando diventa friabile e tenero ma piacevolmente piccantino e aromatico.
Lo Sbrinz possiede il marchio AOC (appellation d’origine controllèe) dal 2002 ed è un componente ideale per i taglieri ma anche il classico formaggio da grattugia.
Per la ricetta da presentare al contest sono andata a scovare una tradizionalissima ricetta piemontese, la tartrà. Si tratta di un budino di latte e panna, insaporito con tante erbe aromatiche dal gusto delizioso che ben si sposano con un formaggio prodotto con latte di mucche che si sono nutrite di grasse erbe alpine. La tartrà è un piatto versatilissimo che a seconda delle stagioni si può reinterpretare con un accompagnamento diverso.
Io ne ho proposte due versioni, una, per il primo autunno, con i peperoni e le acciughe e un’altra, per l’autunno avanzato, con la zucca e la pancetta.
La ricetta: Tartrà piemontese accompagnata da salse di verdura.
Per la tartrà (6 budini):
2 uova + 1 tuorlo
250 ml di latte intero
100 ml di panna da cucina
100 g di Sbrinz AOC grattugiato
1 porro
un trito composto da salvia, timo, rosmarino e alloro
20 g di burro
sale e pepe
Per la salsa al peperone:
1 peperone grande
1 grosso spicchio d’aglio
4 filetti di acciuga
olio d’oliva extravergine
50 ml di vino bianco
Per la crema di zucca:
300 g di zucca già pulita e lessata
½ cipolla piccola
70 g di pancetta affumicata
1 rametto di rosmarino
Ho fatto sciogliere il burro in un pentolino, aggiungendo il trito di erbe aromatiche e il porro tagliato finemente. Ho lasciato ammorbidire il porro per qualche minuto poi ho aggiunto la panna liquida, spegnendo quasi subito la fiamma e continuando a mescolare fino ad intiepidimento. A questo punto molti filtrano il tutto; io ho  invece lasciato le erbe aromatiche e il porro, in modo che il sapore fosse più intenso.
Ho sbattuto le uova con una bella presa di sale e una spolverata di pepe, aggiungendo lo Sbrinz grattugiato e il latte tiepido.
Ho unito i due composti e mescolato con cura; poi ho suddiviso in 6 pirottini da muffin grandi di silicone ed ho messo a cuocere in forno caldo a 190° a bagnomaria; in pratica in una teglia larga ho messo due dita di acqua calda e vi ho deposto tutti i pirottini con la tartrà liquida.
Quando i budini si saranno solidificati saranno pronti, nel caso si scurissero troppo coprirli con un foglio di alluminio.
Per la salsa di peperoni:
Ho tagliato il peperone a pezzettini minuti e l’ho messo a rosolare con l’aglio e un giro d’olio evo. Ho sfumato con il vino proseguendo la cottura Quando era morbido ho aggiunto le acciughe tagliate a pezzettini e le ho fatte sciogliere. Ho passato tutto al frullatore, togliendo l’aglio e regolando di sale.
Per la crema di zucca:
Ho fatto rosolare la cipolla tagliata sottile in un filo d’olio. Ho aggiunto la zucca lessata a cubetti, e insaporito con del rosmarino. Quando il tutto era morbido, ho frullato e regolato di sale. Da parte ho stufato della pancetta a cubetti, con un filo di vino.
Per comporre il piatto è sufficiente liberare la tartrà dal pirottino ed accostarvici la salsa che avete scelto. Per quella di zucca, decorare con i cubetti di pancetta.
Con questa ricetta partecipo al contest La Svizzera nel Piatto del blog Peperoni e Patate in collaborazione con il Consorzio Formaggi della Svizzera.
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