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Vaie e il suo Delizioso Canestrello

Ormai sono passate due settimane, ma mi preme raccontare della mia esperienza alla Sagra del Canestrello, perchè si tratta di parlare di un prodotto tipico legato al territorio.
Ci troviamo in Valsusa, precisamente a Vaie, e il canestrello ricorda per la forma reticolata e per la sua preparazione in piastre di ghisa quadrettate altre preparazioni delle vallate limitrofe: i gofri della Val Chisone, i canestrelli a cialda canavesi e biellesi, le tegole valdostane e via discorrendo…
L’origine è comune, questi dolci venivano cotti sulle piastre usate anche per confezionare le ostie da consacrare, nei conventi, dove, da Nord a Sud, era comune la preparazione di dolci in occasione delle festività religiose.
Il canestrello di Vaie è legato al suo patrono, S.Pancrazio, ma l’impasto differisce da altri che sono semiliquidi.
Si tratta infatti di una “pastafrolla sbagliata” come ci ha spiegato il mastro pasticcere Luca Gioberto, poichè il burro viene fuso, prima di essere mescolato a farina, zucchero ed uova. Completano un pizzico di lievito e la buccia grattugiata di limone, molto abbondante, che rappresenta l’unico aroma e il gusto predominante dopo il burro. L’impasto risulta morbido e facilmente lavorabile. Viene diviso in tante palline grosse come albicocche che vengono poi pressate nella piastra di ghisa che conferisce loro il disegno caratteristico e il nome che deriva dal dialetto canesterlè, che significa formare un reticolo.
La caratteristica
piastra di ghisa è tutt’altro che maneggevole, un tempo veniva rigirata
direttamente sul fuoco e sulla stufa sfruttandone un’estremità come
perno; sui fornelletti è tutt’altra cosa e ci siamo fatte aiutare da
Luca Gioberto, ma il risultato finale è stato anche un po’ merito
nostro.

<<Il canestrello ha una ricetta che non si può sbagliare, perchè è già sbagliata>> ci ha ripetuto Luca Gioberto, minimizzando la nostra soddisfazione; si tratta piuttosto di rigore, velocità e disciplina, perchè i canestrelli siano tutto della stessa dimensione e con lo stesso grado di cottura. Lui si regola senza orologio, preparando le palline di impasto; quando ne ha fatte un certo numero sa che la cottura delle altre è giunta al termine. Ma le varianti sono tante, anche l’altezza della fiamma e naturalmente la qualità degli ingredienti.

Grazie al lavoro rigoroso dei produttori, il Canestrello di Vaie è entrato nel Paniere dei Prodotti Tipici della Provincia di Torino, tra i Prodotti Agroalimentari Tradizionale della Regione Piemonte, ed è marchiato anche Dolce Val Susa e Prodotti della Valle di Susa, mentre alcuni produttori si fregiano del riconoscimento Eccellenza Artigiana Piemontese.
Vaie non è solo canestrello. Proprio grazie alla purezza delle sue acque il birrificio SorA’laMA’, di origine langarola ha deciso di insediarsi qui. Qui si producono una grande varietà di birre crude, non pastorizzate, dai profumi ed aromi con un forte carattere personale. 
In occasione della Sagra del Canestrello proprietario del birrificio ci ha spiegato con grande passione e competenza il procedimento di trasformazione dell’acqua in birra e poi abbiamo potuto mangiare tutti insieme, nel ristorante attiguo, deliziosi piatti in abbinamento alle diverse birre della gamma, premiate da Slowfood.
Le birre Sor’Ala’MA le potete assaggiare nei punti M**Bun ed acquistare anche sull’e-shop Sor’AlaMA’.
ai fornelli

La Soppressata Calabra e la Cipolla Rossa di Tropea si danno appuntamento per uno spuntino

Ci sono quei giorni in cui non si ha molta voglia di cucinare…a Torino non sta facendo troppo caldo, ma oggi avevo un po’ di commissioni da fare e quindi il pranzo si è risolto con qualcosa che c’era in frigo.
Beh, non proprio una cosa arrangiata, visto che il pane l’ho fatto io e il salume con cui l’abbiamo farcito era della Soppressata piccante originale made in Calabria!!! 😀
Per i panini ho usato l’ormai consueta ricetta del pane veloce, ma ci ho voluto mettere le cipolle rosse di Tropea che con la Soppressata Calabra andavano a nozze!!!
Ho semplicemente tagliato a cubettini minuscoli due cipolle medie, le ho velocemente rosolate in padella e poi asciugate dall’olio in eccesso, aggiungendole all’impasto del pane prima della lievitazione.
Passate due ore ho disposto l’impasto sulla teglia a cucchiaiate, in modo da ricavare dei paninetti rotondini. Eccoli qui:
Passiamo alla Soppressata.
Con questo nome vengono indicati salumi di diverse regioni italiane, anche molto diversi per conformazione e contenuto. Il termine deriva da “soppressare”, “stringere con soppressa”, ma a parte il procedimento il contenuto del budello può essere diversissimo. 
Ad esempio la soppressata senese è un salume composto da parti di scarto, ad esempio la testa, la lingua e le cartilagini del maiale, unite a spezie e poi cotte e stagionate; invece la soppressata molisana è un salume pregiatissimo, confezionato solo con le parti migliori e più magre del maiale.
In Calabria la soppressata viene prodotta in diverse varianti, può essere ad esempio supprizzata ‘ffumicata, ovvero sottoposta ad affumicatura, oppure con la denominazione del luogo dove viene prodotta, famosa è quella di Decollatura, prodotta da maiali allevati solo a ghiande e crusca.
Può essere dolce, aromatizzata con il pepe nero, o ancora piccante, cioè addizionata di un buon quantitativo di peperoncino che non solo le dà un gusto particolarissimo, ma aiuta anche la conservazione perfetta della carne, essendo un antimicrobico.
La Soppressata Calabrese è un salume DOP, denominazione di origine protetta, e viene garantito che per produrla sono stati utilizzati solo maiali allevati in Calabria. La produzione viene fatta in zone montane, ad un clima asciutto e fresco. 
Le parti di carne utilizzate sono sceltissime, coscia, spalla e filetto, e vengono tagliate a coltello, a grana un po’ più grande della salsiccia. Poi vengono miscelate con un 3% di grasso proveniente dalla parte vicina al capocollo. Gli ingredienti aromatici naturali sono sale, spezie e il peperoncino calabrese, per la nostra soppressata piccante. 
Le sacche di budello in cui la carne viene messa sono ricavate dall’intestino crasso del maiale. Vengono riempite, legate e bucate e lasciate asciugare all’aria. Dopo due settimane tutte le soppressate vengono stese su un telo di lino, lasciando tra l’una e l’altra lo spazio di un centimetro. Ricoperte con un altro telo, viene posta al di sopra una tavola di legno con dei pesi che “soppressano”  il salume. Dopo una settimana di pressatura la soppressata va messa a stagionare.
La stagionatura deve durare almeno un mese e mezzo, ma ancor meglio se viene prolungata a tre mesi.
A me piace moltissimo, deve piacere il piccante ovviamente, ma ne esistono anche varianti dolci e quindi, trovandosi da quelle parti, bisogna assolutamente provarla!!!
Ed eccola qui, finalmente affettata e avvolta dal panino. 
Basta accompagnare il tutto da una fresca insalata e il pranzo è risolto!!! 😀
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