ai fornelli

Soppa tal qara ahmar da Malta per l’Abbecedario Culinario d’Europa

Questo mese per l’Abbecedario Culinario d’Europa tocca a Malta, paese ospitato dal blog Torta di Rose.
Inizio col dire che è un piccolo stato che mi affascina infinitamente, così, circondato dal mare, un arcipelago formato da tre isole. Si trova solo a 80 km dalla Sicilia e vicinissimo (si fa per dire, circa 300 km) dall’Africa. 
Il clima è caldo tutto l’anno, d’inverno la temperatura media è di 12° C e il sole la bacia per 3000 ore annue e deve essere davvero bello abitarci visto che Malta è lo stato più piccolo e densamente popolato di tutta l’Europa.
Le dominazioni si sono succedute nei secoli passati ed hanno fatto di Malta uno stato via via, fenicio, greco, cartaginese, romano, arabo, normanno, aragonese, francese ed inglese, senza scordare la più importante dominazione quella dei famosi Cavalieri di Malta: erano cavalieri monaci benedettini, costituiti come Cavalieri dell’Ordine dell’Ospedale di San Giovanni di Gerusalemme, durante la prima Crociata in Terra Santa, vassalli del Regno di Sicilia, stabiliti a Malta dal 1530, dopo la cacciata da Rodi, e fino al 1798, quando Napoleone, che come è risaputo era tutt’altro che religioso, li espulse dall’isola.
Dall’isola, i Cavalieri di Malta, con poche navi, ma con doti eccezionali di navigatori osteggiavano le razzie dei corsari ottomani attraverso il Mediterraneo. Attirarono le loro ire e furono cinti d’assedio nel 1565. Dopo 4 mesi i difensori di Malta erano ridotti da 9000 a 600. I turchi vennero finalmente messi in fuga dai rinforzi provenienti dalla Spagna, ma solo dopo aver perso 30000 uomini.
A quel punto, poichè era in rovina la vecchia capitale Mdina, fu necessario costruire una nuova capitale, e per farlo venne chiamato un ingegnere italiano, Francesco Laparelli, che per la vita interessante meriterebbe da solo un post tutto per sé, e che aveva già lavorato al Vaticano e Castel Sant’Angelo ed era validissimo ma anche “raccomandato” dal Papa. 
Jean Parisot de la Valette
La Valletta, che prese il nome dal Gran Maestro dell’Ordine, Jean de La Valette, nell’immagine qui accanto con un sobrio abito, fondata quindi nel 1566, venne edificata negli edifici di base nel giro di un paio d’anni, ed era completamente fortificata nel 1571, alla vigilia della famosa Battaglia di Lepanto, con attenzione estrema al progetto, con strade perpendicolari e tutte le caratteristiche di una città all’avanguardia per l’epoca. Nel giro di 15 anni, anche la cattedrale e le altre fortificazioni, furono ultimate, fatto straordinario se pensiamo alle fabbriche del Duomo di Milano o di Notre Dame. Oggi è Patrimonio Mondiale dell’Unesco, ma all’epoca della sua fondazione il promontorio era completamente deserto, una roccia della penisola del Monte Sceberras, a picco sul mare, con due insenature naturali molto profonde ed adattissime a divenire porti.
Laparelli ebbe la possibilità di progettare la città perfetta e un complesso sistema di infrastrutture: tubazioni per portare l’acqua fresca in tutta la città, il miglioramento delle condizioni igieniche attraverso le fognature ed addirittura una sorta di condizionamento dell’aria attraverso le strade strette per la particolare angolazione, rispetto alle coste, con la quale furono tracciate. La bella città finì per attirare gli abitanti delle isole vicine, non solo per la sicurezza dei suoi bastioni, ma anche per le ottime condizioni abitative.
Veduta di La Valletta del 1680

Intorno al 1630 La Valletta ospitò Caravaggio, che era stato accolto nell’Ordine dei Cavalieri di Malta per le sue doti di artista ed era in fuga da Roma, dove aveva ucciso un uomo nel corso di una rissa; anche a Malta, però, finì per mettersi nei guai e dovette scappare di nuovo!

Dopo Napoleone e la Francia nel 1798, l’arcipelago di Malta venne preso dagli inglesi per la sua posizione strategica lungo le rotte tra Gibilterra e l’istmo di Suez.
A Malta si sviluppò un forte sentimento filoitaliano dagli inizi del ‘900, con un vero e proprio picco nel 1919, quando l’esercitobritannico fece fuoco su un gruppo di manifestanti maltesi, scontenti per alcune tasse troppo alte. L’episodio è commemorato ancora oggi come Sette Giugno (in italiano), ed è festa nazionale. La simpatia maltese per l’Italia venne ancora repressa nel 1934, quando venne eliminato l’italiano dall’elenco delle lingue ufficiali a favore dell’inglese e del maltese. eppure ancora oggi molti lo parlano,
o quanto meno lo comprendono, potere dei canali tv italiani, che dalla Sicilia si prendono fin lì.
Malta ottenne l’indipendenza dalla Gran Bretagna nel 1964 e dieci anni dopo diventò Repubblica.

Per la ricetta da presentarvi sono andata a cercare qualcosa che avesse un sapore tutto mediterraneo. Mi è balzata agli occhi questa zuppa, che unisce il pomodoro e la zucca al semolino, molto usato nei piatti mediorientali.

 

Non fatevi impressionare dal nome maltese, è semplicissima da preparare e diversa dalle solite creme di zucca, per l’equilibrio che l’acidulo pomodoro conferisce al dolce ortaggio autunnale e per la consistenza che ricorda un po’ una morbida polentina.

Se volete accompagnarla in modo tradizionale, preparate per tempo il tipico pane maltese a lievitazione lunga e a tre tempi.
[le immagini e le informazioni sono estrapolate da wikipedia, visitmalta.com e da ilovefood.com.mt]
La ricetta: Soppa tal qara ahmar (zuppa di zucca e pomodoro con semolino)
(ricetta leggermente modificata da http://www.ilovefood.com.mt)
ingredienti per 3 porzioni:
450 g di zucca, pulita e tagliata a cubi
250 g circa di polpa di pomodoro
35 g di semolino
1  cipolla 
1 cucchiaio di olio
Sale e pepe
Parmigiano grattugiato
3 fette di pane a cubetti e tostate in forno 
Ho sminuzzato finemente la cipolla e l’ho messa a dorare in un cucchaio abbondante d’olio, rigirando continuamente. Ho aggiunto il pomodoro e la zucca a cubetti ed ho lasciato insaporire per 5 minuti, mescolando continuamente. Poi ho aggiunto circa 1/2 litro d’acqua ed ho portato ad ebollizione. Ho regolato di sale e di pepe e lasciato cuocere, scoperto, finchè la zucca non era morbida, finchè quindi non potevo infilzarla facilmente con la forchetta.
Ho frullato il tutto e riportato ad ebollizione. A questo punto ho aggiunto a pioggia il semolino e fatto cuocere, sempre mescolando, per dieci minuti circa, a fuoco lentissimo.
Servire, non troppo bollente, con i cubetti di pane tostato e parmigiano a parte.

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