Il tartufo bianco d’Alba e i Tajarin Piemontesi per Ville in Italia
Basta sfogliare le proposte per iniziare a sognare fin da subito.
Da qualche tempo a questa parte Ville in Italia è anche un blog che racconta il vivere italiano e le curiosità artistiche, culturali ed enogastronomiche del nostro paese.
un tubero che nasce vicino alle radici degli alberi, sviluppandosi come
parassita della pianta stessa. A seconda dell’albero accanto al quale si forma,
cambieranno il colore e gli aromi del tartufo stesso.
fin dall’antichità, era presente nelle cucine dei sumeri che lo utilizzavano
combinato ad orzo e legumi e, successivamente, dei greci, latini e arabi.
Vecchio ne diede una definizione naturalista: “fra quelle cose che nascono ma non si possono seminare” e
proprio questa caratteristica di casualità determinò la fortuna e il mistero
legato allo strano e imprevedibile tubero.
cercatore medievale |
La sua storia
è segnata da periodi bui – si fu in dubbio, addirittura, se fosse di natura
vegetale o animale – e nel Medioevo, considerato un’escrescenza del terreno
dotata di vita propria, era ritenuto cibo adatto solo alle streghe e ai
diavoli.
più facile da trovare, vista la maggior diffusione di boschi e foreste e per il
suo aroma, intenso ma adatto ai palati fini, venne soprannominato “aglio del
ricco”.
In Piemonte
l’utilizzo diventò particolarmente importante a partire dal XVII secolo, ad
imitazione della cucina francese. Il tartufo nero, più diffuso, veniva usato
nelle farciture, mentre quello bianco più pregiato era usato a profusione nelle
salse e nei condimenti.
ormai vero e proprio prodotto di lusso, veniva cercato dai nobili per
divertimento, in vere e proprie “battute di cerca”.
Re Carlo Emanuele di Savoia nel 1751 ci fu anche un tentativo di influenzare il
gusto britannico, diffondendo anche lì il piacere della battuta di cerca e
della grattata di tartufo sulle pietanze ed effettivamente qualche piccolo
tartufo venne trovato anche in terra inglese.
eccellenti personalità, tra cui Lord Byron che lo teneva sulla scrivania al
fine di stimolargli la creatività e Alexandre Dumas che lo definì il Sancta Sanctorum della tavola, il tartufo
d’Alba come è conosciuto oggi ottiene la sua fortuna in tempi recenti con l’albergatore
e ristoratore albese Giacomo Morra.
Giacomo Morra [immagine da gazzettadalba.it] |
Nel 1949
l’intuizione: per risollevare l’economia dopo il secondo conflitto mondiale Giacomo
Morra puntò sul tartufo per farlo diventare un prodotto riconosciuto e il simbolo
di una manifestazione che attirasse l’attenzione di tutto il mondo sulle Langhe.
Regalò il miglior esemplare raccolto quell’anno all’attrice più amata del
tempo, Rita Hayworth. Da lì ogni anno i tartufi migliori vennero donati a
personalità di rilievo tra cui Churchill, Marilyn Monroe, Sofia Loren,
Hitckcok, Pavarotti e molti altri…ed ebbero il merito di diffondere il mito
di Alba e del suo tartufo bianco nel mondo.
il tartufo è sinonimo di Alba, anche se lo stesso prezioso tubero è raccolto in
diverse zone del Piemonte. È il pretesto che ci spinge ogni anno a compiere
quell’ora di viaggio da Torino per la Fiera Internazionale del Tartufo, per annusare
l’aria profumata, per gustare gli ottimi vini del territorio che con questo
prodotto si sposano ottimamente, e per assaggiare piatti prelibati della
tradizione, insaporiti con il preziosissimo tubero.
spiccano i tajarin, i tradizionali
tagliolini piemontesi, pasta all’uovo già diffusa nel XV secolo. Sottilissima è la sfoglia ed altrettanto sottili vengono “affettati”,
circa 2-3 millimetri. Vengono conditi per tradizione con il “comodino”, un sughetto
preparato con i fegatini e altre frattaglie di pollo, oppure
semplicemente con burro fuso e profumatissimo tartufo: sono i miei preferiti.
ricetta per farli in casa: Tajarin
porzioni)
farina di grano tenero
sale
di brodo di carne
tartufo
farina sulla spianatoia creando una fossetta centrale.
uova intere e i tuorli, con il pizzico di sale, e cominciare ad impastare,
prima con la forchetta e poi con le mani inglobando man mano tutta la farina.
L’impasto deve risultare liscio e sodo, quindi in caso di necessità
aggiungere ancora un poco di farina oppure al contrario lavorarlo con le mani leggermente umide.
l’impasto sulla spianatoia per almeno dieci minuti, finché non è perfettamente liscio ed elastico.
un panno pulito inumidito e lasciarlo riposare per un’ora o due.
sfoglia ottenuta di semola o di farina di mais ed arrotolarla su se stessa. Con
un coltello affilato tagliare i tajarin molto sottili, in fettine di 2-3 mm di larghezza, srotolarli man mano e
disporli in mucchietti.
tutti pronti, lessarli in abbondante acqua salata per 5 minuti.
tartufo con delicatezza, con l’aiuto di uno spazzolino dalle setole morbide e
di un panno.
far sciogliere il burro in una padella capiente, stemperandolo con un po’ di
brodo.
tajarin e metterli nella padella, facendoli insaporire con il burro fuso.
grattugiarvi sopra il tartufo bianco.
…e se non è stagione di tartufi…sono buoni già così! 😉
Anche per me tartufo é sinonimo di Alba! Che profumati ricordi!
Interessantissimo, come sempre, il tuo post!
Ciao
Grazie Elisa! So che esistono altri tipi di tartufo in giro per l'Italia, ma quello di Alba mi è rimasto nel cuore…e i tajarin non potevano mancare sul mio blog!! 😉
Che bel post Francesca!
Sai che ho mangiato i tajarin per la prima prima volta poco tempo fa durante un mio viaggio a Torino e mi sono piaciuti un sacco.
alla fine quasi ogni regione ha il suo tagliolino, ed è fantastico assaggiarlo sul posto 🙂
Io poi amo la pasta fatta in casa 🙂
Sono contenta di avere scoperto il tuo blog.
un bacione :)))
Grazie Michela! Per la prima volta sono riuscita a stenderli davvero sottili, altre volte mi ero lasciata tentare dalla macchinetta per la sfoglia, ma non è la stessa cosa!! Anch'io amo la pasta fatta in casa…ma soprattutto quella ripiena!
Un bacione a te! 😀
PS. Tu continui a chiamarmi Francesca, ma io mi chiamo Alessandra! 😉
Ecco appunto 😀 infatti ti ho appena scritto su fb per scusarmi.
Che figura barbina….ma poi…Francesca dove l'ho preso??
Chissà a che pensavo!! 😀
PeDDOno!! :)))
Figurati, Michela! Come ti ho già scritto su FB, poteva andarmi peggio…avresti potuto chiamarmi Asdrubala!! 😀
Interessante questa storia del tartufo, che io non amo particolarmente, mi piace che si senta giusto poco poco… ma quando ero ad Alba per lavoro non potevo non assaggiare ogni volta qualche piatto locale che lo contenesse! Complimenti per quanto sei riuscita a fare sottili i tajarin!
Ciao!
Ah, certo! Del tartufo solo il profumo…d'altra parte con quel che costa!! Ma sulla pasta all'uovo e sulle uova, è proprio "la morte sua"!! 😀 Un abbraccio!
Io amo molto il tartufo.
Complimenti per il post e per i tajarin che non sono facilissimi da fare.
Lo amo molto anch'io, Fra…ma questa volta non ne ho visto neanche un po'! 😀
Questa volta con i tajarin ho preferito tirarli a mano…con la macchinetta ho notato che la pasta non si lavora altrettando bene e tendono a tornare indietro e a inspessirsi. La soluzione migliore è sempre la pazienza e il mattarello! 🙂
Ale cara, i tuoi post sono proprio libri stampati credimi, ogni volta ci regali notizie, storia, racconti e qualche particolare entusiasmante e per nulla scontato, vuoi che sia un prodotto, vuoi che sia una ricetta, vuoi che sia una tradizione straniera… e per questo ti faccio i miei complimenti. Siamo in tanti a far cucina nel web ma tu ti distingui sempre … te lo dovevo dire….:) Venendo ai Tajarin non li ho mai preparati, pur avendoli ampiamente apprezzati nella terra di mio marito… la sfoglia che hai tra le mani parla da sola… bravissima!
un caro abbraccio a te:*
Ti devo ringraziare tanto, Simo…io cerco di fare del mio meglio e di mettere qualcosa di interessante in ciò che scrivo. Non sempre ci riesco, ma l'obiettivo è sempre quello di proporre qualcosa di nuovo, se non nel piatto, almeno in ciò che gli sta intorno. E soprattutto cerco di farmele entrare in testa tutte queste notizie, usanze, curiosità… Grazie, grazie davvero perchè non è da tutti dire cose come quelle che mi dici tu! Un enorme abbraccio! :)))
Complimenti Ale, un bellissimo post e i tajarin semplicemente perfetti!! Alla prossima ricetta francese, fra poco… bacio
Ahhahahah, Carla!! Mi fai venire in mente che il post di aprile devo ancora scriverlo!! Un bacione!! 😀