Questa è l’immagine più conosciuta di Niccolò Machiavelli, ma il ritratto dipinto da Santi di Tito riproduce davvero le sembianze dello scrittore e politico fiorentino?
Santi di Tito, artista fiorentino, nacque a Borgo San Sepolcro nel 1536, quando Machiavelli era già morto da 9 anni.
Probabilmente Santi di Tito si ispirò al busto conservato a Palazzo Vecchio, in quello che doveva essere l’ufficio dello statista, probabilmente a sua volta modellato sulla maschera mortuaria.
Ebbene, degli altri dipinti che ritraggono Machiavelli, anche in età più avanzata, nessuno sembra penetrare come questo la natura misteriosa del politico e letterato che incarnò l’uomo rinascimentale per antonomasia, le labbra strette in un enigmatico sorriso, lo sguardo intelligente che cerca l’osservatore senza reticenza, enfatizzato dall’ampia fronte.
Si narra che Niccolò Machiavelli fosse anche un buongustaio e non si facesse mai mancare a tavola qualche fetta di finocchiona e che poi intrattenesse i suoi convitati con narrazioni sull’origine e gli scopi di questo particolare salume.
La finocchiona nasce nella Firenze medievale; la tradizione vuole che fosse preparata con gli scarti di altri salumi, rifilature del prosciutto, guanciale e altro grasso di maiale, poi fortemente aromatizzati con sale, pepe, aglio, vino e naturalmente semi di finocchio che le conferiscono il caratteristico aroma e che si dice venissero utilizzati in origine per mascherare l’odore particolarmente forte.
Un detto dei norcini del Chianti fa riferimento alla credenza che questo salume mascherasse gli altri sapori in abbinamento; pare infatti che il termine infinocchiare derivi proprio dalla finocchiona che i contadini facevano assaggiare a coloro che andavano ad acquistare vino sfuso. Il seme di finocchio, dall’aroma particolarmente forte, anestetizzava le papille gustative, facendo passare per buono anche un vino mediocre.
La finocchiona viene tuttora preparata e insaccata in budello naturale e fatta maturare per circa una settimana in ambiente riscaldato, aerato più volte al giorno. Dopo questo periodo necessita di una stagionatura di almeno cinque mesi in un luogo fresco prima di venir consumata.
Particolarmente rinomata è quella della zona del Chianti, parte senese, e delle comunità montane di Rufina e Pontassieve.
Esiste anche una variante dall’impasto più magro, meno compatto e dalla più breve stagionatura, chiamato sbriciolona, ma si tratta di un prodotto di impronta decisamente più industriale.
Di difficile abbinamento per il suo gusto forte, tradizionalmente si accompagna ad un Chianti dei Colli Fiorentini giovane “governato all’uso chiantigiano”, ovvero con rifermentazione per aggiunta di mosto d’uva appassita.
[Fonti:
Antonella Imbesi, Il meglio dei salumi italiani, in Sapori e piaceri, anno 8, pp. 84-93.
http://www.taccuinistorici.it/ita/news/medioevale/dsalumi—carni/FINOCCHIONA-toscana.html
http://it.wikipedia.org/wiki/Niccol%C3%B2_Machiavelli
http://www.toscanaitalia.it/cosa-vedere/cucina-tipica-toscana/prodotti-tipici-toscani.html]
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