Le friselle, il buco con il pane intorno Il tipico pane biscottato pugliese, la sua storia
I pani regionali italiani sono una mia passione da sempre, o almeno da quando ho iniziato a scrivere sul blog. Ognuno nasconde una storia e la racconta poi, morso dopo morso.
Quindi mi sono ritrovata nuovamente ad impastare e ad attendere che acqua e farina diventassero un pezzettino di storia italiana.
L’origine si perde nella leggenda.
Tirandola per i capelli, qualcuno ha visto più di una semplice somiglianza con questi knäckebröd:
e d’altronde i vichinghi erano l’altro popolo di navigatori per eccellenza e probabilmente trasportavano il loro pane facendovi passare una cordicella nel buco centrale.
Il pane dei Crociati
Le prime testimonianze storiche si hanno però soltanto attorno al ‘300, quando la frisella viene indicata come Pane dei Crociati diretti in Terrasanta, soprattutto dai porti della Puglia. L’alimentazione era un elemento essenziale per la riuscita di una guerra o di un assedio, come ci ricorda Franco Cardini nel suo romanzo storico “L’avventura di un povero crociato” dove si pone il giusto accento sugli aspetti quotidiani del viaggio e della guerra. I Crociati passavano dal Sud Italia durante il viaggio verso la Terrasanta e i porti di Campania, Puglia e Calabria erano l’ultima “terraferma” prima del viaggio per mare, quindi proprio qui i Crociati facevano scorta di pane biscottato, in questi luoghi rappresentato dall’immancabile frisella o dal vascuotto (il biscotto).
Il rito dell’inzuppo
Da allora ad oggi le regole di cottura e d’inzuppo si sono articolate in un codice complicato e precisissimo, nel quale, un vostro approccio eccessivamente semplificato alla Nobile Frisella, potrebbe rivelarsi un errore, se non addirittura un’eresia.
Il pane appena sfornato va tagliato con uno spago a metà, in modo da ottenere la caratteristica superficie ruvida. Questo taglio va effettuato poco dopo la cottura, quando il pane è ancora tiepido: assolutamente vietato battere la fiacca e rimandare a più tardi. I pani tagliati da freddi, biscottano in modo diverso e diventano troppo secchi per essere imbevuti nel modo corretto.
Fondazione Terra d’Otranto ci spiega:
«Alcuni la profanano direttamente sotto il rubinetto, altri la pongono in
una ciotola e sommergono di acqua, altri, la bagnano a rate con
piccole, timide mestolate d’acqua.»
Tutte queste pratiche sono errori e sebbene la solennità del gesto corretto ci strappa un sorriso, l’unico modo per ottenere una frisella davvero appetitosa è questo: in tavola va posta una ciotola piena d’acqua fresca e ciascun commensale deve essere dotato di fondina; la frisella deve essere afferrata con tre dita, bagnata 3 volte nell’acqua della ciotola, con la parte rugosa verso l’alto, poi posta nella fondina, dove sarà già stata messo qualche cucchiaio di acqua fredda. A questo punto si può procedere con il condimento. Un giro di parole per dire “la frisella è mia e me la bagno e condisco io”.
Le friselle originali sono di farina di grano duro e di orzo, anzi quelle più popolari erano confezionate interamente con farina d’orzo. Le più nobili, al contrario, sono preparate con farina di grano tenero e con l’aggiunta di poco olio che le rende acora più friabili.
Friselle di grano tenero
250 g di farina di grano tenero tipo 0
135 g di acqua
3 g di lievito di birra fresco
1 cucchiaino di sale
1 cucchiaio di olio extravergine d’oliva
Sciogliere il lievito nell’acqua ed impastare almeno per dieci minuti. Aggiungere l’olio ed infine il sale e continuare ad impastare finchè l’impasto non è perfettamente liscio ed elastico.
Lasciar riposare al coperto per 1 ora circa o poco più finchè non sarà raddoppiato. Dividere l’impasto in 4 pezzi uguali per ottenere 8 friselle. Lavorare ogni porzione come un lungo filone.
Il procedimento per la formatura lo trovate da Tinuccia, spiegato benissimo.
Vi aggiungo anche le foto, prese direttamente dal suo blog:
Prima che siano completamente fredde tagliarle in due con un coltello affilato (con lo spago bisogna essere più pratici) e mettere poi le metà in forno a biscottare per 20 minuti a 150°C con la faccia rugosa verso l’alto.
Per condire le friselle: pomodorini, cetriolo, olio buono, origano… e ancora tonno, acciughe, olive: quello che più vi piace!
Meravigliosa tu, i tuoi post sempre interessantissimi e i tuoi piatti… non ho parole, le foto sono evocative e i sapori devono essere proprio deliziosi <3 <3 Complimenti, di cuore…!
Grazie Ely, è sempre un grandissimo piacere leggere i tuoi commenti! Un super abbraccio!! 😀
Ciao che belli i tuoi post! E poi io adoro le friselle, legate ai ricordi della mia infanzia! Grazie per avermele ricordate, un abbraccio
Paola
Sono felice di averti evocato un ricordo, sperando di essere stata il più corretta possibile!! Un abbraccio!! 🙂
Bellissimo post! Quante curiosità storiche…
Il difficile è stato sintetizzare tante informazioni e non mettere troppa carne al fuoco!! 😉
Ho letto con immenso interesse questo post, devi sapere che mio padre mi ha appena riportato dalla Calabria un tipo di frisella particolare, senza buco, bellissima e buonissima, l'ho già inaugurata per una ricetta che presto vedrai nel blog 🙂 Sei stata grandiosa a farle in casa, sono bellissime e ora ho anche capito il perchè del buco!
Ti confesso di aver visto svariate volte mio padre calabrese bagnare la sua frisella direttamente sotto il rubinetto ^^!
Io uso il metodo della ciotola 🙂
Bravissima Ale e grazie per questo bellissimo post!
Laura
Che bello, Laura, non vedo l'ora di vedere la tua ricetta! Pare che il metodo della ciotola sia il più corrretto…ma in queste cose ogni paese e addirittura ogni famiglia ha la sua usanza radicata…è quello il bello!
Un bacione!
Bellissimo questo post…avrei voluto farle quest'anno ma il tempo è tiranno e poi devo far fuori la scorta comprata in Puglia lo scorso giugno…
Ora dovrò decidere se far prima le griselle o il pane carasau!!
Anche a piccole dosi, Silvia, sono da provare tutte e due! Trovo che sia affascinante ritrovare questi pani antichi anche tra le mura domestiche… 😉
La Frisella deve essere afferrata con tre dita… sembra quasi un rito! Che bello scoprire quanta storia dietro ad un semplice alimento e grazie a te che l'hai riportata a galla per noi!
Combinazione anche io di recente ho parlato di pane, ma dell'altra parte del mondo 🙂
ciao Ale un abbraccio!
Patrizia
Patrizia, ci piacciono le stesse cose, mi sa…ho letto il tuo post e ne sono rimasta incantata…quel tondo panino al formaggio lo voglio proprio rifare!!
A casa mia mi ricordo che mio nonno ci diceva sempre:
Passatele sott'áll'acqua o tiempo iust' pe' di Ammen…( passatele sotto l'acqua solo il tempo di dire Amen..). Spesso erano le nostre merende estive ed ancora oggi per me sono un confort food. Odori, colori e sapori che mi riportano indietro.
Ecco, Velia, vediamo così quanto valore ha la semplicità…io mi ricordo il pane, olio e sale…le friselle invece ho imparato ad apprezzarle che ero già grande, ma anche se in ritardo ne percepisco la magia! 🙂